L’incidente di mia madre
In edicola su Confidenze
La storia vera che trovate da oggi in edicola sulla rivista Confidenze mi è costata molta fatica, a livello mentale quanto meno. Sia la raccolta delle informazioni chiacchierando con la protagonista che la stesura stessa della storia mi hanno richiesto un notevole sforzo per le sensazioni che mi davano, la rabbia innanzitutto, ma anche una profonda tristezza. Il titolo, “L’incidente di mia madre” scelto dalla stessa figlia, non si riferisce a un evento traumatico a carico della madre, ma alla definizione che ahimè la donna dava di questa bambina non desiderata, proprio di fronte a lei. Non ho nemmeno dovuto immaginarmi questa bimba piccolina, paffutella e dolcissima nello sguardo, perché ho potuto ammirarla in vecchie foto un po’ sgualcite. E pensare che qualcuno l’abbia definita addirittura un “incidente”, specie io che non ho potuto avere figli, fa davvero male al cuore. Ne avessi avuti, di “incidenti” così! Anche tre di fila, li avrei accolti a braccia aperte!
Pensate che c’è stato addirittura un momento, immersa dentro le parole di questa storia, in cui ho dubitato della sua veridicità. “Non può essere così terribile, sul serio!” Gli episodi che mi raccontava la protagonista Monica, in alcuni punti con singhiozzi e lacrime, ma la maggior parte del tempo con una voce candida e serena, come se non le appartenessero davvero, erano fuori dalla mia portata, oltre la mia concezione. Come si può essere così perfidi e per giunta con una parte di noi, quale un figlio?
In effetti ho compreso che è piuttosto indolore inserire dettagli cruenti in un racconto di pura fantasia, come autore stai causando sofferenza a personaggi fittizi, esistono solo sulla carta, nessuno si sta davvero facendo male. Ma in una storia vera quella sofferenza è reale e sebbene sia già avvenuta, sia un passato vivo solo nei ricordi, puoi ancora sentirne la suo eco attraverso la voce di chi te la racconta.
Poi una sera mi è capitato di vedere in televisione, trovato quasi per caso, il film L’estate addosso, scritto e diretto da Gabriele Muccino. Il tema è quello dell’uscita dall’adolescenza verso l’età adulta, in quell’unica estate di spensieratezza prima di decidere il corso della propria vita futura. Ma non è questo ad avermi colpito.
Marco e Maria, due compagni di scuola, appena terminata la maturità partono dall’Italia per un viaggio negli States, con il piano di dormire in casa di amici, cugini, conoscenti. A San Francisco vengono ospitati da Matt e Paul, una coppia gay, nemmeno trentenni. Lei prima reagisce con forza, accusandoli di essere dei pervertiti, ma poi cerca di comprenderli, affascinata dai loro caratteri socievoli. L’amicizia cresce e, alla domanda curiosa di Maria, Matt e Paul raccontano di come si sono conosciuti: Paul è il fratello minore dell’ex fidanzata di Matt. Quando rivela in famiglia il suo amore per Matt, distruggendo i sogni della sorella, è proprio in quella scena che irrompe furiosa la cattiveria dei genitori. “Non puoi farci questo!” gridano imbestialiti.
Gli occhi del padre, così miti e amorevoli verso il figlio, diventano all’improvviso sprezzanti, disgustati da quella verità.
Per essere sereni con sé stessi e inseguire un briciolo di felicità, Matt e Paul hanno alla fine abbandonato le rispettive famiglie, cambiando addirittura nazione per lasciarsi la loro ferocia alle spalle.
A volte i genitori sono davvero il male dei loro figli.
Dopo aver visto quel film, che è comunque finzione cinematografica, non ho avuto più remore a scrivere questa storia vera. Intanto questa trama ha un finale migliore, anche se è costato molto alla nostra protagonista. Ma soprattutto ho compreso che la stavo osservando dal punto di vista sbagliato. Mi stavo dimenticando che pure il cattivo di una storia ha le sue motivazioni.
Quando una storia vera
supera ogni immaginazione
Scrivere una storia vera non è come scrivere un racconto, questo l’ho capito fin dalla mia prima esperienza per Confidenze. Nella finzione è l’autore a calibrare tutti gli elementi, a crearli e modellarli così da essere funzionali alla riuscita della trama. Almeno per il mio modo di scrivere, ho bene in mente quale direzione seguire, tanto da avere già chiaro il finale prima dello svolgimento.
Quando si raccoglie una storia vera, in genere da un’intervista telefonica, da un incontro di persona, come pure da una mail (a volte mi inviano pagine e pagine di memorie personali in formato Word), occorre mettere in ordine nella confusione, trovare dove tutto è cominciato e capire quale potrebbe essere il punto fermo raggiunto, il nostro possibile finale.
Nel caso di Monica, non avevamo alcun dubbio che il termine “incidente” l’avesse segnata profondamente e da lì occorreva partire. Dopo però si susseguivano diversi fatti, ricordi spesso ingarbugliati nella sua mente, difficile anche collocarli nella linea del tempo. Alcuni particolari erano fin troppo cattivi, come quella bimba piccina eppure così coraggiosa, lasciata fuori di casa, sola sul pianerottolo per ore, a volte anche al buio. Una pena infinita leggerne nei suoi appunti, anche se Monica ne parla con leggerezza.
Abbiamo tagliato molto nella storia vera oggi pubblicata, sia per questioni di spazio della rivista sia perché abbiamo preferito concentrare in poche immagini nitide, una sorta di Show don’t tell.
Scriverla è stato comunque un turbinio di emozioni forti: ansia, rabbia, spavento, dolore e tristezza. Ma siamo riuscite, perché il lavoro in questo caso è stato imponente da parte di entrambe, a dare un senso compiuto al tutto quando abbiamo cercato di seguirne l’origine, quando oltre alla sua infanzia abbiamo collegato le vicissitudini della madre, indagando sul rapporto genitori-figli.
Non solo le cronache, ma anche i pettegolezzi del quartiere ci restituiscono vicende famigliari alquanto controverse, a danno della prole: figli usati per rinsaldare la coppia o costringere l’altro a rimanere; figli come merce di scambio nelle condizioni economiche di un divorzio; figli che diventano il cestino dove scaricare le proprie frustrazioni; figli quali riscatto sociale o lavorativo dei propri genitori, che si realizzano attraverso loro. E chissà quante piccole cattiverie quotidiane ci vengono sottaciute.
I figli sono un dono, non un mezzo.
Ma il punto focale è in verità un altro. Un genitore non è infallibile, è un essere umano che si porta dietro le proprie miserie e, se non viene aiutato nelle sue debolezze, le trasmette al più debole della cerchia. E i figli, che guardano alla madre e al padre per vivere e imparare quanto possibile, sono proprio questo: l’individuo più indifeso.
Così è stato per Monica, la protagonista di questa storia vera. Si è trovata respinta da una madre che in realtà stava già combattendo una dura battaglia con sé stessa, con le proprie paure e le proprie ambizioni. Nemmeno quando i tasselli sembravano al loro posto, ha saputo abbracciare quella figlia a lungo rifiutata.
Ma come i fiori più colorati e forti nascono dall’aridità delle macerie, così anche questa bambina ha saputo crescere solare e splendida, entusiasta verso il futuro e fiduciosa nel prossimo. Monica è stata anche aiutata dalla psicoterapia, lo ammette senza nessuna remora. E si è creata una famiglia meravigliosa: un marito, tre figli, un cagnolone, due gatti e un criceto. Tanta confusione in casa sua, l’ho percepito fin dalla prima telefonata, ma un’esplosione di amore che avvolge anche il più estraneo. Le parole di Monica che maggiormente mi hanno colpito sono state riportate proprio sul finale:
“In fondo, il passato non si cancella, ce lo portiamo sempre un po’ addosso. Ma il futuro è tutto da scrivere ed è solo nostro.”
L’incidente di mia madre in edicola
e in digitale sulla nuova app Confidenze
“Tu sei stata solo un incidente. Non eri prevista. Non ti stavo cercando. Sei arrivata, purtroppo.” Mi diceva così mia madre e io avevo solo sei anni. Non capivo allora cosa significassero quelle parole. Mi colpiva però lo sguardo atterrito di mia nonna Rosalia, che mi afferrava tra le braccia e mi portava nell’altra stanza a giocare, prima che potessi ascoltare altre cattiverie. Ero il frutto proibito di una relazione clandestina, scoperta proprio con la mia nascita. Portavo il cognome di mia madre perché mio padre non mi aveva legalmente riconosciuta, non aveva voluto, anche se frequentava la nostra casa con regolarità. Abitavamo in periferia, in un appartamento in affitto nello stesso edificio dove si trovava quello dei miei nonni. Un pianerottolo più sotto viveva infatti nonna Rosalia e io passavo la maggior parte del mio tempo lì, da quando nonno Armando se ne era andato in cielo a cantare con gli angeli. Qualche volta veniva a trovarci pure zia Antonietta, la sorella minore di mia madre, che non aveva potuto avere figli e le brillavano gli occhi quando la abbracciavo stretta. Restava qualche giorno, dormiva nella sua stanzina da ragazza, e mi coccolava per tutto il tempo. Spesso mi sono ritrovata a pensare di essere nata dalla sorella sbagliata…”
La storia vera continua sul numero 39 di Confidenze in edicola questa settimana, da oggi martedì 26 settembre.
Se passate qui sul blog dopo la lettura, fatemi sapere che ne pensate.
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Comments (22)
Daniele
Set 26, 2023 at 10:28 AM ReplyScrivere una storia vera è senza dubbio diverso dallo scrivere una storia di fantasia. Devi anche decidere cosa dire e cosa non dire.
Quanti ne hai scritti per la rivista finora?
Valuta la creazione di un’antologia coi tuoi racconti.
Barbara Businaro
Set 26, 2023 at 3:32 PM ReplyPiù che altro, sono le protagoniste (finora tutto al femminile) a decidere cosa far pubblicare e cosa no.
Al momento sono arrivata a 9 storie vere per Confidenze.
In quanto ai racconti invece, non so quanti siano qui sul blog. Un’antologia l’avevo fatta all’epoca, ma diventa complesso legare insieme racconti di genere differente. Purtroppo mi piace spaziare. 🙂
Daniele
Set 26, 2023 at 4:04 PM ReplyIntendevo un’antologia che raccolga quelli apparsi sulla rivista. Il legame c’è.
Barbara Businaro
Set 26, 2023 at 5:31 PM ReplyUn’antologia che raccolga le storie vere – che non sono racconti – della rivista.
Si lo posso fare, perché comunque dopo qualche mese dall’uscita del cartaceo non ci sono problemi.
Magari aspetto di arrivare a 10 storie pubblicate. 🙂
Daniele
Set 26, 2023 at 5:37 PMRegolati con la lunghezza, in modo da creare un’antologia corposa. Non dico 400 pagine per forza, ma neanche 100.
Barbara Businaro
Set 26, 2023 at 6:08 PMEh allora ne devo scrivere ancora… Ogni storia vera sono 4 pagine circa di rivista, circa 14.000 battute. Con 10 storie arriviamo a 140.000 battute, circa 78 cartelle editoriali. Poi dipende dal formato, per capire quante pagine diventano, ma mi sembrano ancora pochine.
Daniela Bino
Set 26, 2023 at 11:31 AM ReplyUn incidente… che dejà vu!
Non deve essere stato per niente facile elaborare questo racconto. Fa male al cuore avere la consapevolezza che un figlio è una benedizione e sapere che in giro, a piede libero, ci sono donne (evidentemente non così madri) che li definiscono, e, senza alcuna remora, a voce alta “incidenti”. Una tristezza unica! E quanta angoscia nel figlio che si sputare in faccia questa dura verità! E questo sarà il figlio che, in cerca di un briciolo d’amore, sarà al fianco della non – madre nel bene e nel male. Ripeto, non è facile scrivere un racconto su questo infinito dolore. Ti abbraccio per tutto ciò che tu sai.
Tornando alla rivista: solo cartacea, sennò, l’autografo, dove lo mettiamo???
Barbara Businaro
Set 26, 2023 at 3:58 PM ReplyTi abbraccio anch’io, ma spero anche presto davanti a un caffè. 😉
Per il cartaceo, purtroppo pare che qui a Padova abbiamo un serio problema di distribuzione della rivista.
Stamattina alla mia cartoleria edicola di fiducia 1 sola copia. Come mai? “Ah non so, questa arriva” mi risponde il proprietario. Uhm.
Giro l’auto e corro nel tabacchino-edicola nascosto dalla statale: nessuna copia. “Forse arriva domani” mi dice. Ma come? La distribuzione non fa un giro unico?
Risali in auto e vai vero il centro, parcheggia e corri attraversando la strada trafficata. Qui trovo 2 copie, ne prendo una e gli chiedo se ne arriveranno altre. “No, mi arrivano in un colpo solo, a volte due, a volte quattro”. Uhm uhm.
A metà mattina vado nel centro commerciale vicino, c’è un’altra tabaccheria. Solo 1 copia anche qui, e mi conferma che non ne riceverà altre. Solo al supermercato, cha fa zona edicola ma ahimè apre alle 9.00, trovo ben 5 copie. Come mai le edicole sono meno fornite di un supermercato?! Dovevo recuperare due copie per delle amiche che, in effetti, hanno difficoltà a reperire la rivista. E ci credo!
Sandra
Set 26, 2023 at 2:59 PM ReplyUn incidente! Sfido a non venire segnati da affermazioni e comportamenti conseguenti di questo calibro.
Ho comprato subito la rivista, apprezzando la “tua” storia vera trattata con la tua consueta sensibilità, brava! Chiaramente la figura della zia mi ha stretto particolarmente il cuore.
E poi…beh, hai letto l’oroscopo della settimana?
Baci baci
Barbara Businaro
Set 26, 2023 at 5:27 PM ReplyIntanto, se non ho sbagliato i conti, ma non credo, il tuo è stato proprio il commento numero 9.000! Evvai!!! 😀 😀 😀
Anche a me la figura della zia ha colpito particolarmente, se non fossero le zie! 😉
Me lo sono anche riletto l’oroscopo, ma insomma. Non mi convince.
“Ancora un pochino di pazienza, i pianeti in opposizione stanno per andarsene. Sfrutta la loro provocazione per capire certe cose che non ti erano chiare: a volte sei troppo presa dalle tue idee per ascoltare punti di vista diversi. Ascoltare è la parola magica.”
Ancora con sta pazienza. E poi, come tu ben sai, è difficile ascoltare chi non parla… Speriamo si sbrighino sti pianeti!
Brunilde
Set 27, 2023 at 12:21 PM ReplyPrima di tutto complimenti! Raccogliere testimonianze e saperle riportare con sensibilità e misura non è semplice, tu ci sei portata, e adesso la tua esperienza ( già nove storie! ) ti consente di essere ancora più incisiva.
In quest’ultima storia, l’argomento è forte: l’incapacità di amare e di accogliere un figlio nel proprio cuore e nella propria vita ferisce chi non ha chiesto di nascere ma non per questo ha meno diritto di essere amato.
E ferisce la sensibilitò di chi avrebbe desiderato figli e non ne ha avuti, oppure chi ha vissuto la maternità come una benedizione, sia come figlia che come madre.
Brava! In attesa dell’antologia… un grande abbraccio!
Barbara Businaro
Set 29, 2023 at 4:03 PM ReplyGrazie Brunilde! 🙂
Alcune storie sono più complesse di altre, in quanto ad emozioni da gestire, magari anche sul proprio personale. Finché raccogli la testimonianza di un nuovo amore o anche di un amore finito, ma dove ognuno trova la propria strada, tutto bene. Ma qui, se non era per la leggerezza della protagonista, era dura lavorarci. L’argomento è forte anche per chi, per cause diverse ma conseguenze similari, si è ritrovato con una madre poco amorevole. Ho ricevuto diversi commenti in privato con un “anch’io, sapessi…”
Giulia Mancini
Set 28, 2023 at 7:16 AM ReplyPurtroppo ci sono donne che non hanno l’istinto materno o, forse, la giusta sensibilità per crescere un figlio (questo vale anche per i padri, ma la donna dovrebbe avere subito un forte legame con il bambino visto che lo partorisce). Credo però che dipenda anche molto dal contesto in cui si vive, dalla maturità e dall’intelligenza di ognuno, forse. Il mondo può essere profondamente ingiusto, c’è chi vorrebbe dei figli e non riesce ad averli e chi li butta nel cassonetto oppure li cresce come un peso scaricando addosso le proprie frustrazioni. Le parole dette a un bambino sono pietre che colpiscono in profondità e possono fare danni enormi, ma non tutti hanno la sensibilità di capirlo, anche delle madri amorevoli possono sbagliare, per esempio mia madre mi diceva sempre che avrei dovuto essere maschio, la cosa mi faceva rabbia, forse è anche per questo che da sempre ho cercato la mia indipendenza trasferendomi al nord, chissà.
Sei molto brava a scrivere queste storie vere, è un grande impegno non solo in termini di tempo e di scrittura ma anche per il peso emotivo che comportano, brava brava…
Giulia Mancini
Set 28, 2023 at 2:51 PM ReplyOibò avevo scritto un commento che è sparito…
penso sia difficile scrivere delle storie vere ascoltandole dalla viva voce dei protagonisti, c’è un coinvolgimento emotivo molto forte, quindi sei davvero brava.
Riguardo alle madri (o ai padri) non tutti hanno l’istinto materno o la giusta sensibilità per crescere un figlio, a chi come noi ha desiderato un figlio senza averlo può sembrare inconcepibile. Le parole possono essere pietre che feriscono e incidono sulla personalità di un bambino che cresce.
Tuttavia anche una madre amorevole può commettere errori, mia madre mi diceva sempre che dovevo nascere maschio e io provavo una gran rabbia (magari è per questo che sono diventata indipendente a tutti i costi).
Barbara Businaro
Set 29, 2023 at 4:25 PM ReplyRecuperato Giulia! Non so perché, ma l’antispam l’aveva marcato come spam e spostato. Mah… avranno messo ChatGPT a lavorarci, ed ecco il risultato! XD
Li tengo entrambi, esprimono sfumature diverse.
Spesso quando, in un discorso sui figli, mi tacciono con un “eh, non puoi capire, tu non hai figli” a me vengono proprio in mente le sfortunate madri che buttano i propri nel cassonetto, o li ammazzano in un momento di follia (mi ricordo bene quel “ne facciamo un altro?” del delitto di Cogne). Non c’è un potere speciale che arriva come per magia dopo il parto. Che sia figlio tuo o meno, semplicemente gli devi volere bene. E non lo impari né sui libri né con un cordone ombelicale.
Soprattutto le questioni irrisolte di un genitore, magari verso la sua famiglia d’origine o fragilità della sua persona, cadono pesantemente su un bambino. Per spezzare la catena occorre un bell’aiuto dall’esterno, come in questo caso la nonna e la zia, ma non sempre è possibile.
Marina
Set 28, 2023 at 3:16 PM ReplyHo chiesto la rivista alla mia edicola di fiducia, ma era già finita. Mi rivolgerò a un’altra: da subito ho pensato a una disgrazia capitata alla protagonista, poi ho corretto il tiro: la nascita di un figlio/a può mai essere un incidente? Sai cosa si dice dei terzi figli, di solito, no? Questo non era previsto, ma l’amore poi si dispensa ugualmente. Quando, invece, la nascita rimane un problema, un “incidente”, appunto, inatteso e non voluto, allora tutto può essere più difficile. Dev’essere difficile anche parlarne, soprattutto a una persona sconosciuta. Spero (e sono sicura di sì) che il tuo racconto abbia reso giustizia a una storia così intima e delicata.
Barbara Businaro
Set 29, 2023 at 4:33 PM ReplyQualcuno lo dice anche dei secondi figli adesso. “Ops, siamo scivolati…” 😀
Però quella è una battuta, al giorno d’oggi quegli “incidenti” lì non sono proprio possibili, sono voluti. Anche quando accetti il rischio.
Qui la bambina era diventata l’emblema del “fallimento” della madre, in un certo senso. Solo l’essere diventata nonna l’ha probabilmente affrancata, non del tutto, dal rimuginare sul passato. Credo che Monica abbia preso questa storia vera per “mettere un punto”. Il primo “visto si stampi” me lo danno sempre i protagonisti. Se la storia non va bene scritta così a loro, non la invio proprio alla rivista. 🙂
PS. Se trovi difficoltà a reperire la rivista, mi puoi segnalare le edicole sprovviste. Così passo i contatti alla redazione e fanno un check con la distribuzione. Anche qui a Padova abbiamo notato una certa scarsità, anche in punti del centro molto frequentati. 🙂
Barbara Businaro
Ott 06, 2023 at 6:41 PM ReplyEbbene, “L’incidente di mia madre”, storia vera di Monica D. raccolta da me e pubblicata nel numero 39 di Confidenze la scorsa settimana, è stata la più votata dalle lettrici! ❤ ❤ ❤
Ora potete leggerla online, direttamente sul blog della rivista:
https://www.confidenze.com/cuore/l-incidente-di-mia-madre/
Io e la protagonista Monica – che la storia è la sua, io mi occupo solo di mettere in ordine le parole – ringraziamo tutte le lettrici per la loro preferenza! 🙂
paola sposito
Ago 02, 2024 at 11:12 AM ReplyCiao Barbara. Come promesso, continuo a leggere i tuoi racconti scritti per la rivista Confidenze seppur con molta discontinuità e lentezza
Che dire di questa storia? Veramente Incredibile nella sua profonda tristezza. Dover subire cattiverie e violenze psicologiche dalla propria madre che ha inteso la nascita della figlia come un insopportabile incidente che ha interrotto i propri iniziali progetti di vita è devastante e segna per sempre nell’animo. Perseverare poi ostinatamente nella distruzione del rapporto madre figlia è veramente diabolico: alla fine poi l’istinto materno sarebbe dovuto venir fuori in qualche circostanza! Menomale poi che Monica è riuscita a trovare la serenità e a dare a ben tre figli tutto quell’amore di madre che le era stato negato. Questa storia mi fa venire in mente la vicenda del principe Rodolfo figlio dei regnanti d’Austria (la madre era la Principessa Sissi) che fu deliberatamente privato dell’affetto materno e paterno ognuno per ragioni differenti . Ma la mancanza dell’affetto genitoriale segnò irrimediabilmente la vita del principe conducendolo per mano ad un omicidio suicidio a lungo premeditato. Questo a dimostrazione del fatto che l’ignoranza, l’ottusità, l’intolleranza anche verso i propri figli, nonché l’incapacità di adattarsi ai cambiamenti sono comuni ad ogni epoca ed in qualsiasi strato sociale.
Barbara Businaro
Ago 02, 2024 at 6:44 PM ReplyGrazie Paola di essere tornata qui a scrivermi la tua su questa storia vera. Leggi pure con i tuoi tempi, il blog è sempre qui e non scappa da nessuna parte. 😉
Ma sai che non sapevo del principe Rodolfo, figlio della Principessa Sissi? Mi sono fermata ai film degli anni ’50 con Romy Schneider, con la triste aggiunta della morte per malattia della primogenita Sofia, a soli due anni. Sono stata anche a Vienna, una delle gite scolastiche delle superiori, e ho visto la sua stanza da letto e la toeletta (era uno scandalo che volesse fare il bagno quasi tutti i giorni!) ma non ricordo proprio che la guida ci avesse spiegato del figlio Rodolfo e della sua altrettanto triste fine.
Puoi avere un enorme palazzo e un regno tutto per te, ma se ti manca l’affetto di una famiglia hai comunque poco. Monica, la protagonista di questa storia vera, è stata fortunata ad avere una nonna e una zia straordinarie.
Paola, la prossima storia vera scritta da me sarà in edicola questo martedì 6 agosto, e stavolta è proprio la mia storia vera, autobiografica. Non perdertela!! 😉
paola sposito
Ago 03, 2024 at 12:48 PM ReplyCiao Barbara. Ah vedi, non avevo capito che si trattava della tua storia stavolta. Un motivo in più per leggerla e infatti ho appena prenotato la rivista per la prossima settimana.
Si la vicenda di Rodolfo, principe ereditario della Corona d’Austria, è nota solo per il mistero che circonda la sua morte e quella della sua amante Maria su cui tanti, ancora oggi, si affannano a cercare una risposta e su cui è stato girato anche il film Mayerling del 1968.
Ne approfitto per segnalarti che su Instagram ti seguo con entrambi i miei profili: uno è quello che porta il mio nome e cognome e l’altro è scarlet.margherita attraverso il quale pubblicizzo ciò che pubblico sul mio blog. Purtroppo al momento molto raramente!
Ci risentiamo allora a lettura ultimata. Non vedo l’ora
Barbara Businaro
Ago 04, 2024 at 3:42 PM ReplyHai fatto bene a ricordarmi l’altro secondo profilo su Instagram, perché dalla notifiche vedo solo il nome scarlet.margherita. Anche se per seguire i blog io sono costretta ad affidarmi alle loro rispettive newsletter che notificano la pubblicazione del nuovo contenuto. Sui social media, avendo anche diversi gruppi Ambassador di My Peak Challenge da seguire, non riesco a vedere puntualmente i nuovi post degli amici di scrittura. Le newsletter invece arrivano nella mia casella email, organizzate in una cartella apposita, e da là vado a leggere.
Grazie per aver prenotato la rivista, ci leggiamo martedì allora! 🙂