Sala dei Quaranta all'Università di Padova. Sotto la cattedra di Galileo

Sotto la cattedra di Galileo

Questa visita guidata al Palazzo del Bo non era prevista, e forse per questo vi si aggiunge la meraviglia per un destino così poetico.
Sto vestendo di nuovo i panni di un Cicerone improvvisato che mostra la propria città d’adozione, Padova “la dotta”, agli amici giunti da Parigi. E ben potete comprendere il mio imbarazzo, perché rispetto all’immensità della capitale francese qui ho davvero pochi numeri da giocare, ma sono tesori di tutto rispetto. Comincio sempre col raccomandare la prenotazione alla Cappella degli Scrovegni, perché i posti sono davvero limitati, con solo quindici minuti di permanenza all’interno, con l’aerazione controllata per evitare agli affreschi i danni dell’umidità. Il blu del cielo stellato di Giotto mi toglie il fiato, rischio il torcicollo perché non riesco a smettere di fissare il soffitto.
Non si può passare per Padova e non salutare il suo più illustre abitante nella sua maestosa casa, la Basilica di Sant’Antonio. Anche se non siete religiosi, è un pezzo davvero unico di architettura e storia della città. Un amico, guida turistica accreditata, mi spiegò una volta quanto la Basilica sia ricca di tombe, oltre a quella del Santo nel suo lungo altare in marmo. Ovunque ti giri c’è un’arca funebre, un sepolcro in pietra, un reliquiario, di tutte le casate nobili che hanno costruito Padova nelle diverse epoche. E’ uno dei santuari più visitati al mondo, con circa 7 milioni di fedeli ogni anno, perché a Sant’Antonio sono attribuiti diversi miracoli. E’ protettore dei viaggiatori, delle donne incinte, delle famiglie, dei matrimoni e degli oggetti smarriti. Noi Padovani invochiamo il suo aiuto, recitando i Sequeri, quando perdiamo qualcosa e non riusciamo proprio a trovarla. Sono scettica, dovrebbe aver di meglio da fare che ascoltare me, eppure funziona! A pochi passi da lì, già la si intravvede dal viale principale, c’è la piazza più grande d’Europa: il Prato della Valle. Contrariamente a quel che si pensa, non è il centro storico cittadino. Questa zona era un enorme mercato all’aperto, per le fiere agricole, le corse dei cavalli e le parate militari. Con le piogge o le piene dei fiumi, rischiava anche di diventare paludosa. La sua attuale configurazione, con l’isola al centro di una canaletta, contornata da diverse statue da ogni sponda, risale alla fine del 1700 per opera di Andrea Memmo (e infatti l’isola viene chiamata Memmia). Ad oggi il Prato viene utilizzato ogni sabato per il mercato cittadino, tutta la piazza si riempie di ambulanti di frutta, verdura, abbigliamento, giardinaggio, casalinghi, e qualche domenica per l’antiquariato. Da qui partono anche le manifestazioni importanti, come la Padova Marathon o la Pink Run. Un anno il Prato ha pure ospitato il glorioso Festivalbar per dire.
Oltre ad essere attorniato da bellissimi palazzi storici, come la Loggia Amuleia, in uno dei suoi angoli potete ammirare un’altra chiesa importante, la Basilica di Santa Giustina. Spesso viene scambiata per il Santo per la sua posizione, ma il suo interno è decisamente differente, più spoglio e per questo più arioso. Lo spirito si eleva e vola tra le sue cupole.
Nascosto tra il Santo e Santa Giustina, in un vicoletto però ben indicato, potete entrare nell’Orto botanico di Padova. L’orto antico risale al 1545 ed è l’unico al mondo ancora nella sua struttura originale. Appartiene all’Ateneo padovano che ne richiese la costruzione per coltivare e studiare le piante officinali. Negli anni 2000 è stato aggiunto il Giardino della biodiversità, un lungo edificio in vetro che mostra le piante di tutto il mondo, organizzate per fasce climatiche. Va visitato però in primavera, la stagione migliore per godere appieno dei suoi colori nella parte esterna.
Dal Prato della Valle si raggiunge il vero centro di Padova risalendo Via Umberto I e poi in linea via Roma, lungo le quali trovate diversi ristoranti e negozi alla moda. Si riempie velocemente di padovani a passeggio nei sabati pomeriggio di bel tempo, fino a raggiungere le piazze: Piazza delle Erbe e Piazza della Frutta, con in mezzo lo straordinario Palazzo della Ragione, un soffitto tutto in legno a forma di carena di nave rovesciata. Noi lo chiamiamo il Salone, perché nella parte alta vi è appunto questa enorme sala, 80 metri per 27, ricca di affreschi importanti, alcuni di Giotto. Appena più avanti entriamo in Piazza dei Signori con la Torre dell’Orologio che la sovrasta, mentre la Colonna Marciana con il leone di San Marco e la Loggia del Consiglio si trovano sulla sinistra.
Tornando indietro dalle piazze, incrociamo prima la Torre degli Anziani, attualmente in restauro, e Palazzo Moroni, un complesso di edifici di diversa epoca, sede dell’amministrazione comunale della città. Al suo fianco, potete ammirare il portico neogotico dello storico Caffè Pedrocchi, caffetteria e luogo di incontro per intellettuali e letterati, che risale agli inizi dell’800. Viene citato da Stendhal anche nel suo libro La Certosa di Parma: “È a Padova che ho cominciato a vedere la vita alla maniera veneziana, con le donne sedute nei caffè. L’eccellente ristoratore Pedrocchi, il migliore d’Italia.”
Sapete cosa si dice di Padova? E’ la città dei “tre senza”: il Santo senza nome, perché noi Sant’Antonio lo chiamiamo solo “il Santo”, senza dover specificare altro; il Prato senza erba, perché nella sua conformazione originale il Prato della Valle era una piazza commerciale, in terra battuta, senza l’attuale parte centrale con i canali, i quattro ponti, l’isola erbosa e ricca di alberi; il Caffè senza porte, riferito al rinomato Caffè Pedrocchi, dove si ritrovavano professori e studenti dalla vicina Università, da tarda notte fino all’alba, tanto che le porte non venivano mai chiuse, era sempre aperto.

Ma soprattutto a Padova c’è lei, Universa Universis Patavina Libertas: tutta intera, per tutti, la libertà nell’Università di Padova.
Ha appena festeggiato 800 anni dalla sua fondazione, la seconda più antica d’Italia, dopo quella di Bologna, da dove si trasferirono in massa proprio docenti e studenti per creare questa nuova università, libera da controlli e pressioni politiche. E’ qui che si è laureata la prima donna al mondo, Elena Lucrezia Cornaro Piscopia, nel 1678 in Filosofia.
Di solito accompagno i miei amici a vedere il cortile antico del Palazzo Bo, aperto al pubblico anche nei weekend per il passaggio alla biglietteria e al negozio dell’Università (l’oggetto che regalo maggiormente è la famosa matita Perpetua). Non ero finora mai riuscita ad organizzare la visita guidata, per mancanza di tempo, per gli orari del tour che non coincidevano con altri impegni o perché la parte più interessante, il Teatro anatomico di Padova, il più antico in assoluto al mondo, era escluso dal giro. Ogni volta qualche inghippo mi rovinava la presentazione del “pezzo forte”, ma proprio oggi, che non vi avevo riposta alcuna speranza, sono rimasta piacevolmente sorpresa: adesso anche di domenica si può effettuare la visita dalla parte storica con audioguida, italiano o inglese. Avevo avuto l’occasione di percorrere quelle sale grazie all’associazione Alumni Università degli Studi di Padova, ancora nel 2019, ma stavolta, forse perché accompagnavo amici stranieri ed era mia responsabilità rispondere alle loro domande curiose, l’ho vissuta con molto più trasporto. Ma non per l’Archivio antico, l’Aula Magna, il Teatro anatomico o le sale di Medicina. L’emozione più grande arriva dopo l’Aula Magna, quando si scendono gli scalini nella Sala dei Quaranta, dove quaranta sono i ritratti di studenti stranieri eccellenti del XV e XIX secolo. Ma qui, signori miei, è custodito un vero tesoro.

Ero sicuramente nella Sala dei Quaranta quando hanno proclamato la mia laurea, una stretta di mano dopo la valutazione della tesi di compendio (perché io sono finita in quella grande confusione della riforma dell’ordinamento universitario) in una gelida mattina di febbraio, solo con i miei famigliari. Non sono invece certa di essere stata qui due anni prima di allora, per la discussione del mio diploma universitario, un torrido pomeriggio di luglio, tutti al mare tranne gli amici più fedeli. Stavolta sì con proiettore, tesi rilegata in pelle blu (proprio come il blu webnauta di oggi) e ben quaranta minuti di esposizione sul funzionamento di alcuni fondi comuni di investimento. Si scherzò parecchio dopo al rinfresco, per come i professori, all’ultima sessione del tardo pomeriggio, si risvegliarono all’improvviso dal torpore estivo appena cominciai a parlare di un argomento che interessa tutti, ma proprio tutti: il vile dio denaro.
Ricordo però un pensiero fugace di quel giorno stordito, quando il mio cervello era concentrato solo sull’ansia di dover parlare forte, chiaro e con convinzione, senza alcun tentennamento. Proprio io che all’esame orale di maturità anni addietro mi ero bloccata, scena muta, appena qualche sillaba, disfacendo in pochi minuti una media eccellente. Quel pensiero malandrino, entrata annaspando nella sala della discussione della tesi era rivolto a quel “brutto pezzo di legno pieno di tarli, che cavolo l’hanno tenuto a fare?!” Ora mi immagino il fantasma di Galileo Galilei sorridere da quell’angolo, scorgendo quella ragazzina bionda, impacciata nei movimenti, che cerca di guadagnarsi un posto nel futuro sgomitando il suo misero talento, un bel sorriso e due occhi blu come il cielo la sera.
Non gli chiederò mai scusa abbastanza per quel giudizio affrettato su una cattedra così carica di storia e di gloria. Un simbolo dell’uomo che l’ha usata, che ci è salito per trasmettere a giovani studenti la passione per le stelle, come per lo studio e la scienza.
Oggi torno qui dentro e mi si blocca il respiro. Mi sono laureata in questa sala, quasi venticinque anni fa, sotto la cattedra di Galileo Galilei. Che se uno vuole sentirsi stupido è proprio la maniera migliore, diciamolo. Difficilmente si potrà eguagliare una personalità del suo calibro. Giusto pochi giorni prima di questa visita improvvisata mi era capitato di trovare in televisione un documentario sulla vita di Galileo a Padova. Ben 18 anni ha vissuto, studiato e insegnato qui, avvalorando la teoria eliocentrica di Copernico, osservando con un telescopio potente, per i limiti strutturali dell’epoca, la Via Lattea, la Luna, i satelliti di Giove. In una lettera all’amico Fortunio Liceti, Galileo Galilei scrisse: “Non senza invidia sento il suo ritorno a Padova, dove consumai li diciotto anni migliori di tutta la mia età.” Questa frase, più di tutto il resto, mi ha colpito nel profondo.
Quando mi volto ad osservare i diversi ritratti nella Sala dei Quaranta, restaurati di recente, sorrido perché in mezzo a tutti c’è pure lui, Johan Ruthven da Edimburgo. Ebbene sì, uno scozzese! 🙂

 

L'abiura di Galileo Galilei - Una giornata particolare - Puntata del 31/1/2024 - LA7
L’abiura di Galileo Galilei – Una giornata particolare – Puntata del 31/1/2024 – LA7

 

Sala dei Quaranta. Johan Ruthven, scozzese, tra i ritratti
Sala dei Quaranta. Johan Ruthven, scozzese, tra i ritratti
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Comments (12)

Sandra

Feb 26, 2024 at 8:50 AM Reply

Grazie per questo felice tuffo nella Padova che ho visto per la prima volta proprio con te!

Barbara Businaro

Feb 27, 2024 at 6:15 PM Reply

Eh già, la mia prima volta da Cicerone è stata proprio col tuo gruppo in visita! 😀
Poi quella famosa mail dove avevo riassunto i luoghi principali, con i siti web per le prenotazioni o informazioni turistiche, l’ho già riutilizzata ben quattro volte!
La prossima potrebbe essere in occasione della mostra di Monet a Padova, dal 9 marzo al 14 luglio, con dei quadri in arrivo dal Musée Marmottan di Parigi. 😉

Giulia Mancini

Feb 27, 2024 at 6:14 AM Reply

Sono stata a Padova più volte, ma ormai sono passati degli anni dall’ultima volta. Quello che ricordo con più piacere è prato della valle, mia cugina abita lì, aveva avuto la prima figlia ed ero andata a trovarla con mia sorella e mia nipote (erano a Bologna per non so quale occasione e decidemmo di andare a Padova a conoscere la bambina). Pranzammo a casa sua e nel pomeriggio facemmo una passeggiata e ci fermammo a prato della valle, che meraviglia questa piazza, pensai.
Tornai a Padova altre volte, visitai la basilica del Santo, ma non la Cappella degli Scrovegni per cui non avevamo la prenotazione, resta quindi una visita tuttora da fare. Padova mi piace molto, sarebbe bello farci un giro, c’è ancora tanto da vedere. Grazie per questo bel racconto che fa venir voglia di visitare Padova.

Barbara Businaro

Feb 27, 2024 at 6:24 PM Reply

Prato della Valle è bellissima, soprattutto in primavera, nelle giornate di sole, quando l’isola si riempie di studenti che studiano sull’erba e bambini che giocano. Per fortuna non hanno vietato di stare sull’erba, perché sarebbe veramente un gran peccato. A me piace anche quando diventa tutta fucsia delle magliette della Pink Run, la domenica di metà maggio. Ci sono dei video dall’alto, girati con i droni, che sono un tuffo al cuore.
Però la Cappella degli Scrovegni non te la puoi perdere! Per quanti documentari tu possa vedere online, non è mai come essere lì dentro.
E pensa che lì di fronte hanno aperto da poco Ca’ Pelletti, cucina romagnola! 😉

IlVecchio

Mar 03, 2024 at 4:45 PM Reply

Questa tua visita virtuale mi ha riportato memorie antiche della mia giovinezza. L’ultima passeggiata per quei vicoli mi aveva lasciato un’enorme malinconia, nonostante molti riferimenti, negozi, caffetterie e specialmente librerie, siano scomparsi.
Avrei gradito invece essere tra il pubblico di quella esposizione sotto la cattedra di Galileo. Chissà che spettacolo! : -)

Barbara Businaro

Mar 04, 2024 at 7:50 PM Reply

Anche molti dei miei luoghi degli anni universitari non esistono più. Per esempio, mi si stringe il cuore passare per l’incrocio di Via del Santo con Via San Francesco, lì dove erano le due sedi della Facoltà di Statistica, ora dislocata nel bellissimo complesso di Santa Caterina. Notevole, lo vidi l’ultima volta che mi servirono dei certificati, ancora non digitali. Però non mi appartiene. Così come mi manca la storica Libreria Zannoni in Corso Garibaldi, sostituita da un negozio di detersivi. Tristemente simbolico.
Approfitto sempre dell’entusiasmo degli amici in visita e mi concentro sulle cose belle. 😉

Daniela Bino

Mar 03, 2024 at 7:35 PM Reply

Urbs Picta! È stata un’idea azzeccata portare le tue amiche a visitare una città elegante, ricca di tesori architettonici e pittorici. Padova è patrimonio mondiale UNESCO ed io sono onorata di essere lì, con i miei colleghi, volontari di Aperti per Voi del Touring Club Italiano, per permettere alle persone di godere di tesori che altrimenti sarebbero chiusi. E lo facciamo a titolo gratuito, senza chiedere nulla in cambio se non il sorriso soddisfatto dei visitatori. Ecco perché sono contenta che tu abbia scelto la nostra città ed i suoi luoghi del cuore: per chi, come noi, è stato studente della nostra università patavina, questa è la città che lascia un ricordo dolcissimo. Universa Universis Patavina Libertas!!!
Lodi, lodi e ancora lodi per la tua meritatissima laurea, con proclamazione sotto la cattedra di Galileo. E quest’ultimo è stato nostro ospite a lungo. Lo sapevi che frequentava l’Odeo Cornaro? Situato ad un tiro di schioppo dal Santo. Bellissimo!!!

Barbara Businaro

Mar 04, 2024 at 7:59 PM Reply

Ecco, mi hai ricordato altri due tesori della nostra Padova, che ancora non ho visto: il MUSME, Museo di Storia della Medicina di Padova, della cui apertura te ne occupi proprio tu insieme con gli altri volontari, e la Loggia e Odeo Cornaro, che è proprio dietro al Santo, ma con l’ingresso nascosto sotto il porticato. Li metto in lista per il prossimo giro turistico! 🙂

Daniela Bino

Mar 06, 2024 at 12:24 AM Reply

Molto bene! Ti manderò alcune foto dell’Odeo, un luogo caro al nostro Galileo Galilei che assisteva alle commedie nella loggia, magnifico esempio di frons scenae. E porta i tuoi amici anche al Battistero e alla Scoletta del Carmine, quest’ultima un gioiellino che noi volontari teniamo aperto per chi ama questi luoghi che entrano nel cuore. Ho amato Padova fin dal primo incontro. Si capisce?

Barbara Businaro

Mar 09, 2024 at 9:44 PM Reply

In uno dei vari giri turistici infatti, dato che avevano quasi quattro giorni di permanenza a Padova, ho proprio accompagnato degli amici a vedere il Battistero vicino al Duomo. Adesso c’è una sala multimediale, prima della visita vera e propria, dove una presentazione molto coinvolgente spiega tutti i dettagli degli affreschi. Eccezionale davvero. La Scoletta del Carmine invece mi manca, altro luogo che devo ancora scoprire! 🙂

Luz

Mar 14, 2024 at 6:13 PM Reply

Di Padova ho un ricordo dolcissimo, risale al 1998. Mia sorella era fidanzata con un giovane che abitava da quelle parti e una fine settimana siamo andati a trovarla. Scoprii per la prima volta la bellissima città, quel giorno era immersa in una bruma biancastra, il cielo era grigio, ma io trovavo tutto perfetto. Ho visto la Basilica di Sant’Antonio e poi tanto cammino in città. La fila per la Cappella degli Scrovegni era lunghissima e ci rinunciammo. Certo una città da rivedere e riscoprire. Grazie per questo viaggio virtuale. 🙂

Barbara Businaro

Mar 15, 2024 at 6:19 PM Reply

Quando vuoi trasformare il viaggio virtuale in viaggio reale, io sono pronta! 🙂
Dal 1998 in qua la città è parecchio cambiata, non nei suoi monumenti storici, ma nei servizi e nell’accoglienza turistica direi abbastanza. Certo, è ancora tutto perfettibile.

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