Compagno di sbronze
di Charles Bukowski

“Consiglierebbe il mestiere di scrittore?” mi ha chiesto una matricola.
“Stai cercando di fare lo spiritoso?” gli ho detto.
“No, no, parlo sul serio. Consiglierebbe di lanciarsi nella carriera di scrittore?”
“La scrittura sceglie te, non sei tu a sceglierla.”
consiglierebbe il mestiere di scrittore?, Charles Bukowski in Compagno di sbronze

 

Di Charles Bukowski ve ne avevo parlato all’inizio di quest’estate: una delle sue citazioni, sovente utilizzate nel content marketing e copywriting, “The secret is in the line” (trad. Il segreto è nella linea), mi aveva guidato da lontano nella riduzione di una storia da 17 mila battute a sole 10 mila battute, un’impresa titanica perché se scrivere è già di per sé faticoso, tagliare può essere estremamente doloroso. Alla fine ci sono riuscita e ho scritto un piccolo vademecum in questo post, per chi volesse cimentarsi in un esercizio simile: Come editare e ridurre un testo del 40%

Da un po’ Bukowski era nella mia lista di lettura, mi incuriosiva come autore e come poeta, ma mi sono poi finalmente decisa acquistando appunto il cartaceo di Compagno di sbronze, un’antologia di racconti nello stile anticonformista e provocatorio dell’autore, ritenuta dai suoi affezionati lettori la sua miglior opera in assoluto. Quando è arrivato il libro, l’ho sbirciato qua e là, qualche frase sconcia, sesso spinto tra le righe, un paio di battute nei dialoghi, titoli dei racconti discutibili e parecchio alcol, talmente tanto da rischiare di inzuppare le pagine… Come vi avevo spiegato nel post Come si scelgono i libri estivi?, avevo inserito Bukowski nella categoria “libri completamente differenti dai tuoi gusti”, fuori dalla propria zona comfort, per stimolare nuove idee e riflessioni. Così l’ho infilato nello zainetto e portato in ferie con me.

Com’è andata la mia lettura? Direi controversa, dibattuta, ancora adesso non riesco a formulare un’opinione precisa. Non posso dire che Charles Bukowski non mi sia piaciuto, ma non posso nemmeno dire che mi sia piaciuto completamente.
Alcuni suoi testi sono geniali, come il primo racconto, La macchina strizza-fegato. Altri sono… Violenza gratuita? Oscenità a buon mercato? Disperazione di fronte all’inevitabile? Solitudine? Non so cosa sono esattamente. Come se mi stesse dicendo qualcosa, che non riesco a intendere del tutto. Sembra inafferrabile, per me. Perché la sua vita è stata, per fortuna o per disgrazia, così diversa dalla mia. Perché ciò che lui si è concesso mi è quasi precluso, e in fondo nemmeno lo desidero. Il vitalismo sfrenato all’eccesso, la sessualità senza freni, forse a discapito dell’amore, la precarietà e l’alcolismo, l’ossessione per il gioco, la mancanza di legami duraturi. E’ troppo lontano da me. A cominciare dall’alcol, visto che io non riesco proprio a sbronzarmi.

Innanzitutto non sopporto proprio l’odore del vino, come risultato del fatto che da piccola mi hanno chiuso per errore in un’enorme cantina (il mio nonno materno era produttore vitivinicolo con marchio d.o.c.), al buio tra le botti grandi quanto la mia cameretta e nel bel mezzo della fermentazione del rosso, credo merlot e cabernet. Riesco ancora a sentirlo alle mie narici, intenso da svenire.
Poco più tardi ho visto persone della mia famiglia trasformarsi in belve umane nei fumi dell’alcol e siccome ero solo una bambina di dieci anni, la cosa ha inciso profondamente il mio carattere, quelle scene sono altrettanto indelebili nella mia memoria. Non voglio in nessun modo rischiare di diventare come loro, nemmeno per mezzo secondo.
Quindi detesto il vino e pure la birra non mi dice granché. Però adoro il whisky, il rum, il gin, vari tipi di liquori e amari, le grappe, la vodka. Non sono astemia, potrei sbronzarmi di whisky per dire, ma i superalcolici su di me funzionano meglio del Roipnol: nemmeno un bicchierino e scendo lentamente tra le braccia di Morfeo, in un lungo sonno ristoratore, di solito senza sogni. Un sasso, bello pesante. Con sommo dispiacere di quei maschietti che pensavano di rallegrare la serata… 😀

Rileggo ancora oggi questi racconti e mi chiedo quale sia lo scopo di Bukowski in quelle pagine.
Probabilmente scioccare è il suo unico intento, scuotere la tranquillità di una vita ordinaria e costringerti a pensare. Su questo, ci riesce benissimo, un risultato quasi scontato. Quasi non importa cosa e quale sarà la nostra risposta, ma l’importante è instillare il dubbio.
E se avesse ragione lui, dopotutto? Se avessimo solo paura di vivere davvero, fino in fondo?

Charles Bukowski
tra alcool, donne e scrittura

Henry Charles Bukowski, per gli amici “Hank”, nacque in Germania nel 1920, poco dopo la Prima Guerra Mondiale, da madre tedesca e da padre soldato americano di istanza in Germania, il nonno paterno di origini polacche e tedesche. Quando non aveva nemmeno tre anni compiuti, a causa dell’economia in difficoltà dopo la guerra, i suoi genitori emigrarono negli Stati Uniti, prima a Baltimora, nel Maryland, e poi si stabilirono definitivamente a Los Angeles, in California, vicino alla famiglia del padre. Durante l’infanzia di Charles Bukowski, suo padre era spesso disoccupato e per questo violento, sia fisicamente che mentalmente, picchiando suo figlio per il più piccolo malanno immaginato. Bukowski in un’intervista ammise che suo padre l’aveva colpito con una cinghia da rasoio tre volte a settimana, dai sei agli undici anni. Ma che questo aveva comunque aiutato la sua scrittura, poiché era arrivato a comprendere il significato del dolore immeritato.

Dato che parlava in inglese con un forte accento tedesco e vestiva con abiti considerati “da femminucce”, il giovane Bukowski veniva anche deriso dai figli dei vicini di casa. Per questa discriminazione, soffriva di timidezza e solitudine, condizione poi aggravata anche da una forma grave di acne. Quel periodo rafforzò la sua rabbia, costruendo gran parte della sua voce e del materiale per i suoi scritti futuri.
Nella sua prima adolescenza, grazie all’amico William “Baldy” Mullinax (che diventerà il personaggio Eli LaCrosse nei suoi racconti autobiografici), scoprì il suo amore per l’alcol e l’aiuto che questo gli poteva fornire, per venire a patti con la propria esistenza.

Dopo essersi diplomato alla Los Angeles High School, Bukowski frequentò il Los Angeles City College per due anni, seguendo corsi di arte, giornalismo e letteratura, prima di abbandonare gli studi all’inizio della Seconda Guerra Mondiale. Subito si trasferì a New York City per lavorare come operaio, viste le difficoltà finanziarie con il sogno di diventare uno scrittore. Poco dopo che l’America si unì alla guerra, Bukowski cominciò a viaggiare in varie città del paese, trascorrendo la maggior parte del suo tempo tra Filadelfia e New Orleans.

Mentre era “on the road”, Charles Bukowski fu pubblicato per la prima volta sulla rivista Story. Era il 1944 e lui aveva solo 24 anni. A quel tempo era principalmente uno scrittore di racconti, solo occasionalmente scriveva poesie. Due anni dopo, un altro racconto fu pubblicato dalla Black Sun Press nel numero III di Portfolio: An Intercontinental Quarterly, una raccolta a tiratura limitata. Non riuscendo però ad entrare nel mondo letterario, Bukowski smise di scrivere per un decennio, un periodo che chiamò “una sbronza di dieci anni”. Ma proprio allora raccolse gran parte del materiale necessario per tutto quello che scrisse in seguito.

Nel 1947 tornò a vivere a Los Angeles, occupato in una fabbrica di sottaceti per breve tempo, ma anche vagando in giro per gli Stati Uniti, lavorando saltuariamente, quel tanto che gli consentisse di vivere, e alloggiando presso affittacamere a buon mercato. All’inizio degli anni ’50, accettò pure un lavoro come portalettere a Los Angeles, ma si dimise con nemmeno tre anni di servizio.
La svolta arrivò nel 1955, quando si trovò in bilico tra la vita e la morte per nove giorni. Dopo aver bevuto all’eccesso con la compagna Jane, venne ricoverato per un’ulcera perforante al Los Angeles County Hospital. Venne salvato dalle trasfusioni di sangue del padre. Fu dopo aver lasciato l’ospedale, vivo per miracolo, che Charles Bukowski iniziò a scrivere quasi solo poesie e divenne rapidamente una delle voci più uniche e influenti della poesia americana del ventesimo secolo.

Anche in seguito la sua vita continuò ad essere travagliata. Si sposò con la poetessa Barbara Frye, ma divorziarono dopo tre anni appena, e Bukowski ricominciò a bere pesantemente. Tornò a lavorare nell’ufficio postale di Los Angeles, stavolta come impiegato all’archiviazione, e riuscì a rimanerci per quasi un decennio. Fu stravolto dalla morte della sua prima ragazza, Jane Cooney Baker, e sfogò tutto il suo dolore in una serie di potenti poesie sulla morte e sull’amore. Nel 1964 nacque la sua unica figlia, Marina Louise, anche se non amava poi così tanto la sua compagna, la poetessa Frances Smith. Nel 1969 lasciò il suo lavoro per dedicarsi a tempo pieno alla scrittura, mentre la sua vita privata vagava tra relazioni passeggere e incontri occasionali.

Nel 1976 conobbe Linda Lee Beighle, proprietaria di un ristorante e aspirante attrice, con la quale cominciò una storia burrascosa, fatta di convivenze e litigate, scioperi della fame e preghiere. Si sposarono quasi dieci anni dopo, perché lei era comunque riuscita a tenerlo sobrio il più possibile. Proprio per il suo attaccamento all’alcol, le letture dal vivo di Bukowski sono diventate leggendarie: una folla chiassosa ubriaca che litigava con il poeta arrabbiato, anch’esso ubriaco. Ne scrive anche in un racconto autobiografico, proprio dentro l’antologia Compagno di sbronze.

Nel 1988 si ammalò di tubercolosi, ma continuò comunque a scrivere e pubblicare senza sosta. Morì invece nel 1994, all’età di 73 anni, stroncato da una leucemia fulminante, dopo aver terminato il suo ultimo romanzo, Pulp. Nel giugno 2006, l’archivio letterario di Bukowski è stato donato dalla vedova alla Biblioteca di Huntington a San Marino, California. Copie di tutte le edizioni del suo lavoro, pubblicate dalla Black Sparrow Press, sono conservate presso la Western Michigan University, che ha acquistato l’archivio della casa editrice dopo la sua chiusura nel 2003. Oltre la metà delle raccolte di Bukowski sono state pubblicate postume, anche per suo proprio volere, probabilmente per ridere della morte, com’era nel suo stile anche da vivo.

Se volete approfondire la sua produzione letteraria, la risorsa migliore è il sito web bukowski.net. Creato nel 1996, raccoglie tutte le informazioni disponibili su Charles Bukowski, il risultato di decenni di ricerche sulla sua vita e sulla sua scrittura, da diversi giornalisti, scrittori, lettori appassionati. Trovate anche le immagini dei manoscritti originali, compresi i disegni dalla stessa penna di Bukowski! 🙂

“corrono col fuoco al culo verso qualcosa che non esiste. è soprattutto la paura di affrontare se stessi, è soprattutto la pena di essere soli. io invece ho paura della folla, della folla che corre col fuoco al culo”
appunti di un potenziale suicida, Charles Bukowski in Compagno di sbronze

 

Compagno di sbronze
racconti forti, crudi, selvaggi, feroci

L’antologia Compagno di sbronze di Charles Bukowski raccoglie venti racconti, quasi tutti autobiografici, forti, crudi, selvaggi nella scelta delle parole, feroci in alcune scene violente. Questo libro è in realtà la seconda parte della pubblicazione originale del 1972 col titolo Erections, Ejaculations, Exhibitions and General Tales of Ordinary Madness (trad. Erezioni, Eiaculazioni, Esibizioni e Storie generali di ordinaria follia). In Italia il libro è stato tradotto e suddiviso nei due volumi Storie di ordinaria follia e Compagno di sbronze.

Questi racconti erano usciti su diverse pubblicazioni, tra giornali clandestini, magazine maschili e riviste letterarie, come Open City, Nola Express, Knight, Adam, Adam Reader, Pix, The Berkeley Barb e Evergreen Review. Sono scritti sia in prima persona, nello stile parzialmente autobiografico di Bukowski, dove persone e luoghi reali cambiano solo nome, che in terza persona, nelle storie immaginarie e surreali. I temi sono quelli tipici della sua produzione: alcolismo, sesso, gioco d’azzardo, violenza, solitudine, scrittura, libertà.

Alcuni di questi testi presentano una particolarità: non utilizzano la lettera maiuscola all’inizio di una frase o dopo un punto. Anche la punteggiatura a volte viene tralasciata, come se seguisse un lungo discorso senza pause, ma sono soprattutto le maiuscole a mancare. Fanno eccezione solo i nomi propri di persona (Barney, Herman, Vicky), alcuni pezzi di dialogo completamente in maiuscolo per sottolineare il tono di rabbia e prepotenza o qualche paragrafo in maiuscolo per l’eccezionalità dell’affermazione, come alcune citazioni. Ci ho messo un po’ ad accorgermene, perché comunque ero concentrata sul testo, ma qui sotto ve li indico con un asterisco * a lato. Non so dire se questa scelta indichi la provenienza di questi racconti da un periodo preciso dell’autore, più anticonformista di altri, o della loro pubblicazione nella stessa rivista, con questa strana regola editoriale.

la macchina strizza-fegato *
In un futuro distopico, una macchina toglie alle persone il fegato, simbolo del coraggio di ribellarsi allo schiavismo lavorativo, e non solo.
“si è fatto coglionare con ‘sta gran cazzata dell’anima ed è così che noi gli faremo il culo. non c’è anima. è tutto un imbroglio. non ci sono eroi. è tutto un imbroglio. non ci sono vincitori – è tutto un imbroglio è tutta una cazzata. non ci sono santi, non ci sono geni – è tutto un imbroglio, sono tutte favole, fa andare avanti il gioco. ognuno cerca di resistere e di essere fortunato – se riesce. tutto il resto sono stronzate.”

3 polli *
Racconto altamente alcolico, brutale, cinico, sporco. Probabilmente autobiografico (Vicki sarebbe Jane Cookey Baker, primo amore di Bukowski), mostra il rapporto morboso tra il protagonista e la sua compagna, fatto di bottiglie, litigate, botte, tradimenti. Fatico a trovarci un vero significato, se non quello di “chi si somiglia, si piglia”.
“ero sorpreso di averle rotto i denti finti. ed ero uscito e avevo comperato una certa supercolla a presa rapida e le avevo incollato i denti. per un po’ ha funzionato e poi una sera mentre stava bevendo forte, vino, si era trovata la bocca piena di denti rotti. il vino era così forte che aveva smollato la colla. disgustoso.”

10 seghe *
Il vero Bukowski va a trovare un amico, il vecchio Sanchez, scrittore non interessato alla fama che sembra invidiare per la sua vita tranquilla e felice, con una giovane donna in una baracca costruita da solo, attorniato da riviste, libri, cassette musicali, fotografie, pubblicità, disegni, frammenti di roccia, pelle di serpente, teschi, preservativi secchi, fuliggine, argento e macchie di polvere dorata.
“ho proprio paura di crollare,” gli dico, “undici anni con lo stesso lavoro, le ore che si trascinano su di me come merda molliccia, wow, e tutti i volti si fondono annientandosi verso lo zero, blaterando, ridendo del nulla. non sono uno snob, Sanchez, ma a volte è un vero spettacolo dell’orrore e l’unico finale possibile è la morte o la pazzia.”
“la sanità mentale è imperfezione,” dice ficcandosi un paio di pillole in bocca.

tutti i grandi scrittori *
Questo racconto è geniale, divertentissimo nella sua folle ironia. Nel suo studio, un editor incontra il solito aspirante scrittore che ha appena ricevuto un rifiuto alla pubblicazione. Ma pure qui compare Bukowski tra le righe, e la sua ossessione per il sesso spinto.
“senta, signor Burkett, si chiama lavoro. se pubblicassimo tutti gli scrittori che esigono che lo facciamo perché ciò che scrivono è straordinario, non dureremmo molto. dobbiamo stilare giudizi. se sbagliamo troppo spesso siamo finiti. questo è pacifico. stampiamo roba buona che vende e roba pessima che vende. siamo nel campo delle vendite. non facciamo beneficenza e, francamente, non ci preoccupiamo molto di migliorare l’anima o il mondo.”

la politica è come cercare di ficcarlo in culo a un gatto *
Non un racconto, ma una riflessione cinica, serissima, illuminante sulla politica americana. Eccezionale.
“ecco quello che conta: il bel sogno svanito, e quando svanisce è finito tutto. il resto sono solo giochini del cazzo per i Generali e per gli accumula-soldi. e rimanendo in tema – mi si dice che un altro bombardiere USA pieno di bombe H è fischiato giù dal cielo di nuovo – QUESTA volta in mare al largo dell’Islanda. i ragazzi sono piuttosto negligenti con i loro aeroplanini di carta quando IN TEORIA starebbero proteggendo la mia vita, il Dip. di Stato ha dichiarato che le bombe H erano “disinnescate”, qualsiasi cosa voglia dire. poi continuiamo a leggere che una delle bombe H (smarrita) si era aperta in due e stava spargendo merda radioattiva dappertutto mentre in teoria mi stavano proteggendo QUANDO in realtà io non l’avevo mai chiesto in prima battuta. la differenza tra Democrazia e Dittatura è che in Democrazia prima voti e poi prendi ordini; in Dittatura non stai a perdere tempo a votare.”

quella culona di mia madre *
Potrebbe essere un momento autobiografico, la polizia che tenta di entrare in un appartamento dove il protagonista si diverte con le due coinquiline alle tre del mattino, in un’orgia continua di sesso e alcol. All polizia dice di giocare a scacchi con madre e sorella.
“erano due brave ragazze, Tito e Baby, sembrava fossero sui sessanta ma invece erano più vicine ai quaranta. tutto quel vino e le preoccupazioni. io ne avevo ventinove ma sembravo più vicino ai cinquanta. tutto quel vino e le preoccupazioni. io avevo preso l’appartamento per primo e poi loro si erano trasferite. l’amministratore del condominio era preoccupato e anche solo al minimo rumore ci mandava subito gli sbirri. era da infarto. avevo persino paura di pisciare nel centro della tazza del cesso.”

il demonio
Questa storia è davvero terribile ed è stata molto contestata dalla critica all’epoca della sua pubblicazione. Descrive ina maniera quasi fotografica lo stupro di una bambina da parte di un vicino di casa alcolizzato. Il punto di vista è quello del violentatore. Lucido e terrificante, talmente verosimile da mettere i brividi a leggerlo.
“Mentre la osservava aveva notato che indossava una specie di giubba alla marinara, bianca, e sotto alla giacchetta, aveva una gonnellina rossa corta corta tenuta su da bretelle. Quando strisciava sull’erba, quel poco che c’era di gonna rossa, si sollevava, e aveva addosso delle mutandine davvero interessantissime – rossicce, un po’ più chiare della gonnellina. E le mutandine avevano delle piccole balze rosse qua e là.
Martin si alzò e bevve un bicchiere, continuando a fissare quelle mutandine mentre la bambina strisciava. L’uccello gli venne duro molto in fretta.”

l’assassinio di Ramon Vasquez
Questo racconto è quasi una ricostruzione di un fatto vero, l’assassinio dell’attore Ramon Novarro, piuttosto famoso nel cinema degli anni ’20 e ’30, soprannominato il “Latin Lover”, morto assassinato nel 1968 per mano di due fratelli che cercavano di derubarlo del denaro nascosto, che in realtà non possedeva. In questa storia diventa Ramon Vasquez e viene rielaborata quella fatale notte.
“Ramon era sull’ampio letto a due piazze. Ramon era coperto di sangue. Anche le lenzuola erano coperte di sangue. Lincoln aveva in mano un bastone da passeggio. Era il celebre bastone che Il Grande Amatore usava nei film. Il bastone era tutto insanguinato.”

compagno di sbronze
Un racconto senza speranza, la spiegazione del circolo vizioso dell’alcolismo con i suoi terribili effetti. L’amicizia con il collega di lavoro Jeff che, in una notte delle tante notti alcoliche insieme, arriva quasi ad ammazzare una donna incinta. Pericoloso, ma interessante, scrive Bukowski.
“Tutte le mattine, a lavorare, con il doposbronza… era il nostro passatempo privato. Tutte le notti puntualmente ci ubriacavamo di nuovo. Cosa può fare un poveraccio? Le ragazze mica cercano un semplice operaio; le ragazze vanno a caccia di dottori, scienziati, avvocati, uomini d’affari e compagnia bella. A noi le ragazze arrivano quando gli altri non le vogliono più, e cioè quando da un pezzo non sono più ragazze – noi ci becchiamo quelle di terza mano, le deformi, le malate, le pazze. La bottiglia aiuta.”

la barba bianca
Tre uomini lavorano duramente alla raccolta della frutta, in un non precisato luogo dell’America latina, con bombardamenti al confine. Si ritrovano a consolarsi con una prostituta in un bar. Nel racconto ci sono dei giochi di parole con la situazione paradossale: “eravamo alla frutta” (sono raccoglitori di frutta), “ingoiando semi e seme” (stavano mangiando l’anguria quando incontrano la ragazza), “eravamo fuori di seno” (mentre stanno ammirando il seno abbondante di lei).
“Che senso aveva, non lo sapeva nessuno. Eravamo stanchi e non ci importava niente; eravamo a migliaia di miglia da casa in un paese straniero e non ce ne fregava niente. Era come se avessero scavato una buca orrenda nella terra e ci avessero sbattuti dentro.”

storie dal carcere
Come il titolo indica, sono alcune storielle ironiche o violente dal carcere: divertenti, crude, brutali, forse vere (ma Bukowski non è mai stato in carcere). Forse un monito dell’autore per evitare di finire in quel delirio.
“Mettevano sempre quelli nuovi a pulire merda di piccione e mentre la pulivi, i piccioni si avvicinavano e ti scagazzavano ancora un po’ sui capelli faccia e vestiti. Non ti davano il sapone – solo acqua e spazzola e la merda era dura da togliere.”

gabbia di matti a est di Hollywood
A casa di Hank (racconto autobiografico quindi) si presenta Jimmy il Matto, per mostrargli il suo panama nuovo e continuare a chiamare col suo telefono una donna che non gli risponde, forse la stessa che l’ha citato in tribunale. Nella storia compare anche la figura di Arthur, il suo giardino pieno di statue di cemento gigantesche, uomini e donne completamente nudi, una viene anche distrutta per errore dallo stesso Hank. Un panorama folle e divertente, strappa più di qualche risata.
“Ma quando sono arrivato alla porta mi sono trovato un cazzo di cemento in tasca. Il dannato affare sarà stato lungo almeno settanta centimetri. Sono andato fino alla cassetta delle lettere della mia padrona di casa e gliel’ho ficcato tra la posta, con una bella porzione che spuntava, curva e immortale, incoronata da una cappella enorme, lasciata alla discrezione del postino.”

consiglierebbe il mestiere di scrittore?
La descrizione, assolutamente autobiografica, affidata al suo alter ego Chinaski, delle letture delle sue poesie al pubblico in alcune università americane, viaggi aerei, party esclusivi e bevute colossali compresi. Da qui è presa la citazione all’inizio del post.
“Ho trovato i gradini che portavano al palco. C’erano una sedia e un tavolo. Ho piazzato la mia sacca da viaggio sopra al tavolo e ho cominciato a tirare fuori cose.
“Sono Chinaski,” ho detto a tutti, “e questo è un paio di mutande e qui ci sono un po’ di calze e qui una camicia ed ecco il mio bottiglione di scotch e qui c’è qualche libro di poesia.”

i grandi poeti muoiono in pitali di merda fumante *
Mentre fa la spesa, Bukowski viene fermato da un suo accanito lettore. Nel testo riusciamo a capire alcune delle scelte di vita di Bukowski: non partecipa alle letture in pubblico perché “li considero una forma di prostituzione”, si ritiene “un buono a nulla, non ho nessuna competenza specifica”, come poeta non è riuscito ad avere sovvenzioni o aiuti ma “ho ottenuto una bella lettera di rifiuto prestampata”, non è rimasto sposato, ci aveva provato, con una donna ricca per giunta, ma il matrimonio “aggiunge gelosia e conflitti”. Usa spesso qui il tutto maiuscolo.
“SI RICORDA DI QUELLA POESIA CHE HA SCRITTO SU DI SE’ CHE ANDAVA IN SPIAGGIA E SCENDEVA DAGLI SCOGLI FINO ALLA SABBIA E VEDEVA TUTTI QUEGLI INNAMORATI LAGGIU’ E LEI ERA SOLO E VOLEVA ANDARSENE IN FRETTA, CHE POI SE NE ERA ANDATO COSI’ IN FRETTA CHE AVEVA LASCIATO LE SCARPE GIU’ INSIEME A LORO. ERA UNA GRANDE POESIA SULLA SOLITUDINE.
era una poesia di quanto DURO fosse riuscire a ESSERE solo, ma non gliel’ho detto.”

una città infernale
Frank è in visita in città, alloggia presso un hotel, con uno strano portiere che lo considera matto. In una serata autunnale esce e se ne va al cinema, dove proiettano un film muto pornografico, con la sala piena di uomini affacendati. Anche al bagno del cinema si ritrova spiato da un estraneo al gabinetto. Quando rientra in hotel, comincia a scrivere alla madre lontana di come il male sia presente in quel posto, ma viene interrotto. Può essere più demoniaco il sesso consenziente di un assassinio a sangue freddo?
“Madre cara, questa è una città infernale. Il Diavolo siede al tavolo di comando. C’è sesso dappertutto e non viene utilizzato come strumento di Bellezza come Dio voleva che fosse, ma come strumento Demoniaco. Sì, la città è certamente caduta nelle mani del demonio, in mani Demoniache.”

1 dollaro e 20 centesimi *
Un barbone di sessant’anni è il protagonista di questa triste storia. Viene deriso da alcuni giovani ragazzi e ragazze sulla spiaggia, che lo considerano una vita sprecata. In tasca ha solo 1 dollaro e 20 centesimi, quando rientra alla casa dei poveri, in attesa della sua fine.
“erano scoppiati ancora a ridere. non riusciva a capire. i ragazzi non erano così. i ragazzi non erano cattivi. cos’erano questi?
si era avvicinato a loro.
“la vecchiaia non è una vergogna.”
uno dei ragazzi stava finendo una lattina di birra. l’aveva gettata di fianco.
“gli anni buttati sono una vergogna, nonnetto. e a me tu sembri uno scarto.”

senza calzini *
Dopo una nottata in compagnia di Barney e una donna condivisa, Bukowski chiede all’amico Dan di presentargli qualche altra donna. Si trovano così in casa di Vera, con una bottiglia di vino. Per colpa dell’alcol però il suo approccio sarà alquanto violento verso la donna, che alla fine chiama la polizia e Bukowski viene messo in cella. Qui si accorgerà tristemente di non avere nessun amico a cui fare l’unica telefonata concessa.
“è stato a quel punto che ho notato che ero il solo lì dentro senza calzini. saremo stati in centocinquanta e in centoquarantanove avevano i calzini. molti erano appena scesi dai carri merce. ero l’unico a non averli. se toccavi il fondo poi trovavi un altro fondo. tutte balle.”

birra e poeti e chiacchiere *
Una serata di chiacchiere tra Bukowski stesso, Willie poeta non ancora pubblicato, Dutch che gestisce una libreria vicino a Pasadena e un altro amico di quest’ultimo. Tra birra, cippollotti e sigari, parlano di letteratura e poesia di quel tempo.
“guarda le gonne adesso, arrivano quasi al culo. ci stiamo evolvendo molto in fretta, e mi piace, non è una cosa negativa. ma chi è al potere è preoccupato della cultura. cultura è solidità. non c’è nulla di meglio di un bel museo, di un’opera di Verdi, di un poeta arrogante per impedire il progresso.”

donne come se piovesse *
Il protagonista è un certo Bogart, scommettitore di corsa di cavalli, divorziato (“il 13 affitto, il 14 alimenti per mia figlia, il 15 rata della macchina”), alquanto ossessionato dal gioco e dalle donne che incontra per la strada, dal meccanico, al supermercato, ma quando una di queste sembra proprio interessata, spaventato, lascia correre l’occasione.
“ho fatto il giro dell’isolato due volte, sono passato accanto a duecento persone e non ho visto nemmeno un essere umano. ho guardato qualche vetrina e non ho visto proprio nulla che volessi davvero. eppure tutto aveva un prezzo. una chitarra. ma ti immagini, che diavolo ci potevo fare con una chitarra? avrei potuto bruciarla. un giradischi. una tv. una radio. inutili, inutili. cianfrusaglie di merda. roba per intasare le budella della mente.”

appunti di un potenziale suicida *
Sono proprio appunti di Hank, dai netturbini che scoprono quale bevitore portentoso lui sia, al viaggio in auto con un ebreo e un tedesco verso l’osservatorio, un’orchestra sinfonica sulla costa est, i gusti letterari di Bukowski (“Guerra e pace per me è il fiasco più grosso dopo Il cappotto di Gogol” – questa non gliela perdono!), lo Spettacolo Aereo Acrobatico con tanto di schianto mortale.
“che roba. tutti quegli incidenti, il paracadutista, la figa.
poi tornammo a casa in bicicletta continuando a parlarne.
la vita sembrava proprio promettere bene.”

 

Al termine della lettura, riconosco a Charles Bukowski il pregio di raccontarci la verità, nuda e cruda, senza fronzoli. Mostrarsi per quello che era, senza speranza, senza illusioni, intrappolato nei suoi vizi. E d’altro canto, il pregio di farci comprendere che la sua vita dissoluta era in un certo senso più libera della nostra, sebbene fosse dipendente dall’alcol e dal sesso. “In vino veritas” dice un proverbio latino e magari la verità è riuscito a scriverla proprio perché si abbandonava all’alcol.
Forse rendendosi conto che la libertà assoluta non esiste per nessuno, si concesse quanto meno di vivere seguendo il suo piacere, senza limiti.

Meglio il poeta dello scrittore?

La lettura di Compagno di sbronze mi ha lasciato comunque perplessa: pur trovando tratti di genio nei suoi testi, oltre la volgarità di facciata, buttata là sulla pagine quasi per confondere le idee, quello stile non mi giustifica l’enorme popolarità raggiunta dallo scrittore. Così mi sono detta: se era prima di tutto un poeta, allora devi leggere qualche sua poesia, no?
Mi è bastata una veloce ricerca su Google per rintracciare qualche sua poesia tradotta in italiano, per esempio sul sito www.poesiedautore.it Vi riporto le tre che mi hanno più colpito, per la forma, la scelta delle parole, il non detto che riempie gli spazi d’intensità. La prima esprime speranza, la seconda è dedicata all’amore e l’ultima si perde nella solitudine.

Il cuore che ride

La tua vita è la tua vita.
Non lasciare che le batoste la sbattano nella cantina dell’arrendevolezza.
Stai in guardia.
Ci sono delle uscite.
Da qualche parte c’è luce.
Forse non sarà una gran luce ma la vince sulle tenebre.
Stai in guardia.
Gli dei ti offriranno delle occasioni.
Riconoscile, afferrale.
Non puoi sconfiggere la morte ma puoi sconfiggere la morte in vita, qualche volta.
E più impari a farlo di frequente, più luce ci sarà.
La tua vita è la tua vita.
Sappilo finché ce l’hai.
Tu sei meraviglioso gli dei aspettano di compiacersi in te.

L’hai amata, vero?

“L’hai amata, vero?”
Lui sospirò
“Come posso risponderti? Lei era matta”

Sì passò la mano tra i capelli

“Dio se era tutta matta. ogni giorno era una donna diversa
Una volta intraprendente, l’altra impacciata.
Una volta esuberante, l’altra timida. Insicura e decisa.
Dolce e arrogante.
Era mille donne lei, ma il profumo era sempre lo stesso
Inconfondibile
Era quella la mia unica certezza.
Mi sorrideva sapeva di fregarmi con quel sorriso
Quando sorrideva io non capivo più nulla
Non sapevo più parlare ne pensare
Niente, zero
C’era all’improvviso solo lei
Era matta, tutta matta
A volte piangeva
Dicono che in quel caso le donne vogliono solo un abbraccio
Lei no
Lei si innervosiva
Non so dove si trova adesso ma scommetto che è ancora alla ricerca di sogni
Era matta tutta matta
Ma l’ ho amata da impazzire.

Fuori posto

Brucia all’inferno
questa parte di me che non si trova bene in nessun posto
mentre le altre persone trovano cose
da fare
nel tempo che hanno
posti dove andare
insieme
cose da
dirsi.

Io sto
bruciando all’inferno
da qualche parte nel nord del Messico.
Qui i fiori non crescono.

Non sono come
gli altri
gli altri sono come
gli altri.

Si assomigliano tutti:
si riuniscano
si ritrovano
si accalcano
sono
allegri e soddisfatti
e io sto
bruciando all’inferno.

Il mio cuore ha mille anni.
Non sono come
gli altri.
Morirei nei loro prati da picnic
soffocato dalle loro bandiere
indebolito dalle loro canzoni
non amato dai loro soldati
trafitto dal loro umorismo
assassinato dalle loro preoccupazioni.

Non sono come
gli altri.
Io sto
bruciando all’inferno.

L’inferno di
me stesso.

Ora capisco il mito letterario di Bukowski.
Il segreto è nella linea, è vero. Della poesia però, non del racconto. 🙂

Avete mai letto Bukowski?

Leggerò ancora qualcosa di Charles Bukowski dopo questa prima esperienza? Non lo so. Mi hanno consigliato, sempre come antologie di racconti, A sud di nessun nord e Storie di ordinaria follia. Ma forse dovrei lasciar perdere la sua narrativa e immergermi nella sua poesia, magari con la raccolta Sull’amore oppure Quando eravamo giovani.
Voi avete mai letto qualcosa di Bukowski? Che effetto hanno avuto le sue parole?

“non credi di scrivere bene quanto loro?”
“solo a volte. il più delle volte, no.”
[…] la brutta scrittura è come una donna brutta: non puoi farci molto.
birra e poeti e chiacchiere, Charles Bukowski in Compagno di sbronze

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Comments (37)

Grazia Gironella

Ago 20, 2022 at 6:45 PM Reply

Non sono fatta per personaggi di questo tipo, oppure loro non sono fatti per me. Provo sempre un’istintiva avversione verso le persone così disordinatamente (e forse anche insensatamente) libere, magari perché mi trovo benone nella “folla che corre col fuoco al culo”, chi lo sa. Nel caso di Bukowski, a parte apprezzare qualche frase incontrata qua e là, diciamo che volendo uscire dalla mia comfort zone prenderò una direzione diversa, con tutto il rispetto per le esperienze che lo hanno segnato e reso la persona che era.

Barbara Businaro

Ago 21, 2022 at 3:56 PM Reply

E quindi in realtà non uscirai dalla tua comfort zone. 😛
Diciamo che è difficile nella lettura uscire davvero dai propri gusti, perché la lettura è innanzitutto un piacere, perché dovremmo sprecarlo? Però in tante occasioni mi sono ricreduta, alcuni libri mi hanno sorpreso, per cui cerco di concedere almeno una prima lettura ad ogni autore. Magari dopo non leggerò altro, che ci sono talmente tanti autori da scoprire, ma almeno un’occasione gliel’ho data.

Grazia Gironella

Ago 21, 2022 at 9:09 PM Reply

Ci provo anch’io, a volte, ma mi sono accorta che poi il libro mi fa da “tappo”: voglio leggerlo per forza, lo tengo sul tavolino, cerco di andare avanti… e leggo un terzo del mio solito. Per questo adesso tendo a farmi guidare dagli impulsi di pancia, invece che da quelli di testa, quando voglio uscire dalla mia comfort zone.

Grazia Gironella

Ago 22, 2022 at 10:16 AM Reply

(Però, cavolo, le poesie sono notevoli. Forse passerò in biblioteca a cercare qualcosa di Bukowski, dopotutto.)

Barbara Businaro

Ago 22, 2022 at 7:25 PM

Grazia, tu che non hai problemi a leggere direttamente in inglese, dovresti trovare parecchie poesie già in rete sai. Prova un po’ a cercare. 😉

Barbara Businaro

Ago 22, 2022 at 7:23 PM Reply

Beh no, se la lettura è così tanto forzata, allora no. Non ho mai sentito questo per Bukowski, racconto dopo racconto ero comunque curiosa di vedere dove voleva arrivare. 🙂

Giulia Mancini

Ago 21, 2022 at 10:25 AM Reply

Non ho mai letto Bukowsky, leggendo il tuo post mi sembra che le poesie siano belle. Credo che sia uno scrittore che rappresenti una certa parte della società americana, quella imperfetta e non rispondente a certi canoni, forse é apprezzabile il fatto che abbia sublimato nella scrittura la sofferenza che lo faceva vivere attaccato alla bottiglia. Credo fosse uno spirito libero di quelli incapaci per indole a sottomettersi alle convenzioni sociali, forse il suo successo è dovuto anche al suo modo di essere, spietatamente e brutalmente sincero.

Barbara Businaro

Ago 21, 2022 at 4:08 PM Reply

Credo che il suo successo sia dovuto al fatto che ha intercettato i disillusi come lui, la caduta del sogno americano, la solitudine nella prima potenza economica, la povertà nascosta sotto il tappeto delle grandi città metropolitane. Non era di certo l’unico a vivere di stenti, ad annebbiarsi nell’alcol e nelle scommesse, ad arrancare per ogni fine del mese. Ebbe però il coraggio di scriverne, tanto che fu persino sorvegliato dall’FBI negli anni ’60, senza trovare per altro nulla di cui incriminarlo effettivamente.

IlVecchio

Ago 21, 2022 at 6:57 PM Reply

Ho letto qualche brano di Bukowski in gioventù, quando era ancora vivo. Non ricordo molto, forse ho letto qualcuno di questi racconti, dovrei rileggerli. Era cruento, un po’ maschilista (forse per questo poco comprensibile a una donna moderna), rude nell’usare le parole e togliere le virgole. Decisamente migliori le poesie, con il rischio però di interpretarle in maniera più buonista dell’intento con cui sono state scritte.

Barbara Businaro

Ago 22, 2022 at 7:23 PM Reply

Infatti sul racconto “i grandi poeti muoiono in pitali di merda fumante”, un suo lettore interpreta una poesia pensando parli della tristezza della solitudine, mentre Bukowski l’aveva scritta per l’agonia dell’affollamento, al contrario, la mancanza di solitudine. Le poesie hanno molti più spazi vuoti e ognuno riempie quegli spazi con quanto gli occorre in quel momento.

Sandra

Ago 22, 2022 at 8:34 AM Reply

Parto da ciò che più mi ha colpito, cioè la poesia Un cuore che ride, così potente e vera.
Di getto poi mi viene da pensare che tradurre Bukowski deve essere un lavoraccio, “fuori di seno”, l’originale come sarà stato? Perché traducendo poi si perdono tutti i giochi di parole, le assonanze.
Non ho letto nulla di suo e al momento non mi attira, sono sempre io, quella quacchera, e trovo che certe violenze siano molto respingenti per me, anche se di sicuro troverei, ora lo so grazie a questo tuo posto così articolato, qualcosa che aderisce al mio sentire.
Come quella frase iniziale: la scrittura sceglie te. E’ proprio così.

Barbara Businaro

Ago 22, 2022 at 7:25 PM Reply

Ho rintracciato quello che pare essere l’originale inglese del racconto “la barba bianca”, “the white beard”, esattamente a questo link: https://readfrom.net/charles-bukowski/page,25,138177-the_most_beautiful_woman_in_town.html
Eh beh, in effetti quei giochi di parole non mi convincevano, ma Bukowski era talmente strano che magari pure in inglese le aveva rese bene. Invece:
– “eravamo stufi marci, eravamo alla frutta” sarebbe la traduzione di Simona Viciani per Feltrinelli di “we were sick and tired, we were done”, letteralmente “eravamo malati e stanchi, eravamo finiti” – la frutta non c’è…
– “affondava i denti nell’anguria, ingoiando semi e seme di Herb” è la traduzione di “would bite into that melon, swallowing seeds and Herb’s come”, quindi è una traduzione corretta, ma non c’è alcun gioco di parole nell’originale, una casualità in italiano, non sappiamo quanto forzata dalla traduttrice.
– “Talbot le guardava i seni, Herb le guardava i seni, io le guardavo i seni. Eravamo fuori di seno: era come se si fosse manifestato per noi l’ultimo miracolo, e sapevamo che tutti i miracoli erano finiti” sarebbe la traduzione di (e ho preso un pezzo lungo per ben comprendere) “Talbot looked at her breasts, Herb looked at her breasts, I looked at her breasts. It was as if we had been visited by the last miracle, and we knew that all the miracles had ended.”, letteralmente “Talbot le guardava i seni, Herb le guardava i seni, io le guardavo i seni. Era come se fossimo stati visitati dall’ultimo miracolo, e sapevamo che tutti i miracoli erano finiti.” – quell’espressione “eravamo fuori di seno” non c’è…
Ecco, adesso questa cosa mi fa incazzare come una bestia. Perché per quel che mi riguarda un traduttore non dovrebbe prendersi certe libertà. 😐
E’ stato comunque l’unico racconto dove ho trovato questa stranezza, quindi mi auguro sia limitato lì.

Sandra

Ago 23, 2022 at 8:24 AM Reply

Grazie per la traduzione.
Dunque sick and tired è un’espressione che ricordo ed è proprio un rafforzativo, non solo malati e stanchi (traduzione letterale) ma proprio sfiniti,
Queste occasioni di confronto sono sempre utili e a me piacciono pure parecchio, sono molto affascinata dal mondo dei traduttori, ne conosco alcuni che hanno tradotto libri importanti.
Per esempio – aneddoto buffissimo – Silvia Castoldi che ha tradotto tra gli altri Elisabeth Strout fece con me un corso di scrittura creativa, era bravissima. Poi la ritrovai a un concorso di racconti che funzionava tipo gironi calcistici e si leggevano in una serata mangereccia per cui gli avventori votavano (ovvio che se uno si portava un fantastiliardo di amici poi vinceva) ma c’era anche il voto di qualità di un giurato speciale. Arriva sto trombone e valuta il racconto di Silvia come uno di “una persona che si vede che non bazzica il mondo dell’editoria!!!” Era esattamente il contrario.

Barbara Businaro

Ago 23, 2022 at 4:31 PM Reply

Fa proprio sorridere il tuo aneddoto. Altro che “bazzicare” il mondo dell’editoria, i traduttori hanno in mano il destino di un testo in un’altra lingua. Da questo però a sostituirsi all’autore (e conosco altri casi, anche contemporanei), ce ne passa. Mi è capitato persino di leggere un traduttore che in un social si lamentava della qualità del testo originale, del valore della storia, dell’editore italiano e del compenso ricevuto, poi vantarsi di aver migliorato il testo (quindi modificando il senso del tradotto?!). Non c’è da stupirsi se poi è stato sostituito, su apposita richiesta dello scrittore in questione…

Marco Amato

Ago 23, 2022 at 11:09 AM Reply

Bukowski l’ho leggiucchiato, ma non mi ha mai fatto impazzire. Sarà che io avendo rifiutato qualsiasi tipo di dipendenza sin da giovane, eravamo troppo opposti. Io non bevo alcol, non fumo e non assumo caffè. Anche se, di recente, sto cercando di sforzarmi di bere qualche tazzina, perché gli ultimi studi scientifici evidenziano che i benefici del caffè superano i possibili effetti deleteri.
Al contrario di Bukowski, ho sempre ritenuto che la vera libertà dell’individuo si manifesta nel poter scegliere e determinare. La sua ribellione contro le norme sociali, l’ipocrisia dello stato, il malessere interiore, li affrontava da schiavo di sostanze che alteravano le sue capacità razionali. Tutto legittimo, ci mancherebbe, questo era il suo modo di stare sul mondo.
Resta il fatto che per noi maschietti lo scrittore maledetto, il libertino con tutte le licenze concesse, esercita un certo fascino. Anche la serie tv Californication, in qualche modo si ispira a Bukowski. Dove però allo scrittore sfatto e bruttino sostituisce l’immagine patinata del belloccio irresistibile.
Di Bukowski, nel mio personale manuale di scrittura su Scrivener, conservo invece la sua poesia sullo scrivere.
Non so se la conosci:

E così vorresti fare lo scrittore?
Se non ti esplode dentro
a dispetto di tutto,
non farlo
a meno che non ti venga dritto
dal cuore e dalla mente e dalla bocca
e dalle viscere,
non farlo.

se devi startene seduto per ore
a fissare lo schermo del computer
o curvo sulla macchina da scrivere
alla ricerca delle parole,
non farlo.

se lo fai solo per soldi o per fama,
non farlo
se lo fai perché vuoi
delle donne nel letto,
non farlo.

Se devi startene lì a
scrivere e riscrivere,
non farlo.
se è già una fatica il solo pensiero di farlo,
non farlo.
se stai cercando di scrivere come qualcun altro,
lascia perdere.

se devi aspettare che ti esca come un ruggito,
allora aspetta pazientemente.
se non ti esce mai come un ruggito,
fai qualcos’altro
se prima devi leggerlo a tua moglie
o alla tua ragazza o al tuo ragazzo
o ai tuoi genitori o comunque a qualcuno,
non sei pronto.

non essere come tanti scrittori,
non essere come tutte quelle migliaia di
persone che si definiscono scrittori,
non essere monotono o noioso e
pretenzioso, non farti consumare dall’autocompiacimento

le biblioteche del mondo
hanno sbadigliato
fino ad addormentarsi per tipi come te
non aggiungerti a loro
non farlo
a meno che non ti esca
dall’anima come un razzo,
a meno che lo star fermo
non ti porti alla follia o
al suicidio o all’omicidio,
non farlo
a meno che il sole dentro di te stia
bruciandoti le viscere,
non farlo.
quando sarà veramente il momento,
e se sei predestinato,
si farà da sé e continuerà finché tu morirai o morirà in te.

non c’è altro modo
e non c’è mai stato.

Ecco, questa poesia la conservo e ogni tanto la rileggo. Quando alcuni anni fa mi sono fermato con la scrittura, in qualche modo avevo compreso che Bukowski aveva ragione. Quello non era il momento buono per farlo.

Barbara Businaro

Ago 23, 2022 at 5:19 PM Reply

Non bevi caffè? Come non bevi caffè? Come diamine fai a non bere caffè?!!!! Io mi devo trattenere a tre tazzine al giorno…
Oppure dalle tue parti non sanno fare un buon caffè… Uhm, quando vieni su, avvisa, che ti porto a bere un caffè buono. Ma buono sul serio. 😉

Tornando a Bukowski, non avevo mai incontrato questa sua poesia, il titolo è proprio “E così vorresti fare lo scrittore?” (in effetti un altro libro interessante sarebbe proprio quel suo saggio Sulla scrittura, edito Guanda, sempre tradotto da Simona Viciani). Però non sono d’accordo con questi suoi versi…
E’ vero che ti deve esplodere dentro, che non dev’essere un’imposizione (non sempre, ma i perfezionisti rischiano di non scrivere mai), che non si scrive né per soldi né per fama (come cantava Morandi, “Uno su mille ce la fa”, gli altri… aprono una scuola di scrittura creativa, che fanno prima – cattiva, ma vera questa 😛 ) Però scrivere è fatica (lo sapeva anche lui), riscrivere è necessario (lo ha fatto anche lui), far leggere a qualcuno è consigliato e in fondo anche umano, certo scegliendo con cura le persone a cui affidare la prima opinione (Stephen King dichiara di scrivere innanzitutto per sua moglie, finora gli è andata più che bene, no?). E sorvoliamo proprio sugli altri scrittori, secondo lui monotoni e noiosi e pretenziosi, che affollano le biblioteche del mondo, detto da uno che ha definito Guerra e pace di Tolstoj “un libro di merda”. Dissento proprio!! E poi tutta sta tiritera per infilare là, in una righina appena, “se sei predestinato”. Ah beh, grazie. Allora, se sono predestinato, che lo faccia in un modo o nell’altro, cambia niente. 😎
Non solo ci sono altri modi per scrivere (così come ci sono altri modi di vivere, diversi da quello scelto da Bukowski), ma non c’è mai un momento buono per scrivere. Non perché lo dico io (è per altro proprio uno di quei trabocchetti mentali in cui cado anch’io, attendere il momento buono), ma centinaia di scrittori che raccontano le loro esperienze, da Diana Gabaldon per Outlander (rileggiti il mio post in proposito, Giochi mentali nella scrittura, lei scriveva di notte, con un lavoro all’università e una collaborazione con un giornale) a Stephenie Meyer per Twilight (rileggiti L’intervista di Stephenie Meyer. Le origini di Twilight, la sua fortuna fu di scrivere senza il peso della pubblicazione, solo per divertimento, ma scriveva con tre bambini piccolissimi a cui stare dietro… era il momento buono?!). Non è mai il momento buono…

Marco Amato

Ago 23, 2022 at 9:21 PM Reply

Certo, quando verrò a visitare quelle zone, mi affiderò a te per il caffè. Faccio pure da cavia, se occorre. 😛
Sulla poesia di Bukowski e le riflessioni successive sul tempo dello scrivere, concordo con te. Mentre l’impeto di Bukowski è un focosamente adolescenziale, tutto bianco o nero, Il tuo è un ragionamento di sapiente maturità. Di chi ha visto e conosce la vita nelle sue mille sfaccettature e contraddizioni. A volte si può avere l’impeto, a volte no. A volte si vorrebbe scrivere, ma i mille impegni te lo impediscono. A volte si ha il tempo, però in quel momento manca l’impeto.

Barbara Businaro

Ago 24, 2022 at 8:13 PM Reply

“…ragionamento di sapiente maturità.” Se, se, mi stai dando della vecchia, dimenticando che sei anche tu della stessa annata! 😛
Alla fine è una riflessione amara la mia, perché la mia mente trova ancora mille motivi per attendere quel “momento buono”. Non per la scrittura in generale, ma per il completamento di quella mezza bozza là nell’angolo. Mi sono data un anno di rodaggio per il nuovo lavoro, scade il prossimo novembre. Pure se sarà un periodo difficile (rimarrò da sola in un ufficio di tre persone, finché non assumeranno altri, e nel pubblico sono lenti ad assumere), dovrò proprio provarci, almeno un’ora al giorno, anche a fissare lo schermo bianco.

Marco Amato

Ago 25, 2022 at 10:35 AM

Secondo me avere una consapevolezza matura della vita è un complimento. E’ spettacolare riuscire a cogliere la complessità della vita. Per l’età non vale, siamo ancora giovani giovani. 😛

Però, se mi parli del procrastinare ha ragione Bukowski. Se ti brucia dentro, scrivi, non trovare più scuse. A meno che quelle scuse si fondano su ragioni strategiche. Sul prepararti un terreno migliore. E riguardo a questo, rispondo a Sandra.

Barbara Businaro

Ago 26, 2022 at 4:31 PM

Eh, sono dieci anni che preparo il terreno migliore. Sono scuse o sono ragioni? Il problema è che sono dannatamente brava a trasformare scuse in ragioni e ragioni in scuse. Lì la fantasia non manca mai e non c’è nessun blocco! 😛

Marco Amato

Ago 27, 2022 at 6:20 PM

E’ probabile che siano scuse. Il tuo inconscio ti frena. O ha paura di mettersi in gioco. O pensa che non sia ancora pronta. E’ difficile poter comprendere il motivo. Dal mio punto di vista devi provare a lanciarti. Come quando ci si deve tuffare in mare e l’acqua è freddissima. Si rimane lì, ad aspettare, quando tutto ciò che occorre fare e tapparsi il naso con due dita e buttarsi in acqua. Secondo me sei pronta. Lasciati andare e sorprenditi. 😉

Barbara Businaro

Ago 28, 2022 at 5:31 PM

Probabilmente è un miscuglio di tutto quello che hai detto tu. Con l’aggiunta di aver perso l’appeal con la storia in questione e aver sempre delle altre scadenze che mi corrono dietro (a settembre c’è il Munro Step Challenge, la sfida di passi di My Peak Challenge e io, admin ambassador, devo dare l’esempio… o mi trovi un modo per camminare, col fiatone, e scrivere!) Comunque mi sono finalmente decisa a risolvere una delle scuse e ho ordinato il portatile nuovo. Il piccirillo da cui scrivo ora, dopo più di 7 anni di onorato servizio, acquistato subito dopo la messa online di webnauta, mi sta lasciando… nel bel mezzo che scrivo, si frizza il monitor, sconnette tastiera e mouse, e posso solo spegnerlo dal bottone (dopo aver fatto una foto allo schermo di quanto stavo scrivendo e non ho fatto in tempo a salvare 🙁 ). Quello che arriva avrà già 16 Gb di ram. Dovrebbe riuscire a starmi dietro… 😀

Sandra

Ago 24, 2022 at 8:59 AM Reply

Marco sa sempre portare contributi interessanti e arricchenti, per cui torno qui volentieri a rimpolpare la discussione su Bukowski, o meglio, partendo da lui.
Anni fa, a un corso di scrittura, l’insegnante che aveva tra le altre cose pubblicato con Marcos y Marcos, editore che adoro, disse a mio marito che gli sembrava proprio che io avessi il “sacro fuoco” della scrittura. Penso sia così, ma nel tempo, l’episodio risale credo al 2015, troppe delusioni l’hanno affievolito. E’ di quel fuoco che parla Bukowski nella poesia, vero è comunque anche ciò che dice Barbara: il tempo giusto non esiste, mai.
Ho scritto in condizioni un po’ estreme: lavoro full time, padre ricoverato in un hospice lontanissimo e in tempi placidi: lavoro part time, senza troppi grattacapi. Ho scritto tantissimo durante la cassa integrazione del lock down, e i risultati non sono mai prevedibili, né direttamente né indirettamente proporzionati alle situazioni in cui ci si trova nel mentre.
Però, come dice invece Chiara Beretta Mazzotta, il blocco ti sta sempre dicendo qualcosa. E quello di Marco è stato un blocco, magari prolungato, magari non da fissare il pc col punto di domanda in testa, ma da uscire consapevolmente dallo studio e fare altro. Ecco, credo gli stesse dicendo semplicemente di fermarsi, di non accanirsi, si farà da sé, come dice Bukowski, il momento di tornare alle storie. Non sarà il momento perfetto, con quattro figli e chiare doti imprenditoriali Marco che momento perfetto potrà mai trovare? 🙂 ma quello giusto per infilarsi in quella fessura e prendersi il suo spazio.

Barbara Businaro

Ago 24, 2022 at 8:21 PM Reply

“il sacro fuoco della scrittura… troppe delusioni l’hanno affievolito.”
Già. Non è forse un caso che Bukowski ha scritto la maggior parte delle sue poesie quando non pensava minimamente a diventare uno scrittore. Che Diana Gabaldon si fosse messa a scrivere un romanzo quasi per gioco, partendo da una puntata del Doctor Who. Che Stephenie Meyer sia partita a scrivere Twilight da un sogno e di aver finito la prima stesura in una sola estate (di certo non era un’estate rovente come questa) solo per sapere come finiva la storia. Il sacro fuoco ce l’avevano perché non c’era l’editoria di mezzo? Eh, già. Forse proprio lì si annida un gran bel blocco. 🙁

Marco Amato

Ago 25, 2022 at 12:01 PM Reply

Sandra, come ben identifichi, il mio blocco è stato dovuto a ragioni di vita.
Ho fatto i conti con me stesso, ho compreso i miei sbagli e fallimenti. E ho deciso di sbracciarmi al massimo delle mie possibilità per fare andare le cose per come voglio. Credo d’essere sbagliato come persona. Non ho tutte le rotelle a posto, il che potrebbe starci per fare l’artista, ma poi ci si ritrova inevitabilmente sconfitti in una società che pone il Dio denaro al primo posto. Per scrivere ho trascurato molto il lavoro e mi sono ritrovato in una spirale continua di rincorsa ai soldi.
Per fortuna la pandemia mi ha dato una mano. Ha spazzato via il vecchio lavoro e mi ha dato l’opportunità di rimettermi in gioco, da zero. E nonostante i disagi, ho trovato commoventi i miei libri. Nel momento di massima difficoltà economica, loro hanno cominciato a vendere, anche grazie all’aiuto di Amazon che mi selezionava per le offerte del giorno. I libri, nel momento di massimo bisogno, mi hanno letteralmente aiutato a sopravvivere.
Dopo due anni di grandi sacrifici, lavorando mattina, pomeriggio, sera, sabato, domenica, natale, pasqua, ferragosto, adesso a livello economico le cose vanno bene, sto costruendo qualcosa di importante e se tutto andrà per come sto pianificando, fra due tre anni non avrò più bisogno di lavorare.
Sto provando a conquistarmi la moneta più preziosa di tutte, il tempo. Il tempo per scrivere, per assecondare le mie passioni, per viaggiare.
Ho calcolato che per raggiungere la mia libertà economica, pezzo dopo pezzo, dovrò spostare mille e ottocento tonnellate.
Il mio riscatto di vita vale quanto un mercantile.
Però, questa fatica, questi sacrifici, tutte le rinunce, mi hanno cambiato. Ho capito cosa voglio realmente, anche dalla scrittura.
E io voglio scrivere le storie che amo fregandomene di chi mi chiede un seguito che al momento non mi va. Voglio scrivere le mie storie senza compromessi: gialli, fantascienza, mainstream, tutto ciò che è sconsigliato per avviare una carriera io lo farò. Perché non sarò schiavo di riscontri, di successo, di tutto ciò che ci spinge ad avere aspettative. Io voglio che la scrittura per me sia un gioco. Il gioco del vivere.
Voglio divertirmi, essere creativo, affidarmi agli altri per crescere. Proprio come i bambini esenti da preoccupazioni possono giocare felici, voglio dedicare il resto della mia vita a ciò che mi piace sul serio. Sono sbagliato per questo mondo, ma tanto vale, che i miei difetti diventino la parte migliore di me.

Barbara Businaro

Ago 26, 2022 at 4:44 PM Reply

“…un seguito che al momento non mi va.” Ma come?! E me lo dici così??? 🙁 🙁 🙁
Però è strano. Se è vero che ogni blocco ti sta dicendo qualcosa, come mai non ti va più il seguito di “tu sai chi”? Ricordo che avevi preparato davvero tutto, una serie completa, a grandi linee ma il progetto c’era, l’entusiasmo pure. Ricordo un enorme “wall” con tutti i passaggi di quel piano dettagliato. Forse troppo carico emotivo? Forse quel piano non dava spazio al recupero psico-fisico? Chiedo per un’amica, che stava pensando di svuotare una parete per qualcosa di simile a quel “wall”. 😎

Marco Amato

Ago 27, 2022 at 7:20 PM Reply

In realtà, la questione è più complessa. Amo molto la serie del commissario e la porterò a termine. Però il mio problema riguarda sia una situazione di sistema, sia di scelta di vita.
Io sono uno scrivente un po’ atipico. A me piace la vita e la vita è ampia e si snoda in miriadi di sfaccettature. Cosa c’entra questo? C’entra perché sono tanti anni che sogno di fare lo scrittore, decenni, e in questo lasso di tempo ho ammonticchiato decine di storie da scrivere. E il mondo della pubblicazione, che sia self o che sia editoria, ha delle regole che vanno contro le mie voglie.
Gli scrittori si incasellano per identità predefinite. King è il re dell’horror, Simenon un grande giallista, Carrisi scrive thriller, Simoni romanzi storici fra medioevo e rinascimento, Clark era uno scrittore di fantascienza, Baricco è mainstream e così via.
Non può esserci uno scrittore che scrive mainstream, gialli, fantascienza e fantasy contemporaneamente.
Ogni scrittore, per sua spontanea inclinazione o perché le regole non scritte della pubblicazione lo impongono, può avere soltanto una, massimo due identità.
La Rowling stessa per pubblicare dei gialli ha dovuto utilizzare uno pseudonimo perché Harry Potter ha avuto un successo troppo grande. Il suo nome era così tanto legato al genere fantasy di magia che le era impossibile essere credibile come scrittrice di gialli. Invece pubblicare prima come Galbraith e poi rivelare che era la Rowling, le ha mantenuto il legame col brand, ma ha separato i due generi inconciliabili.
King stesso, già super famoso, per pubblicare un libro di racconti non di Horror, è stato costretto a intitolarlo Stagioni Diverse. Perché funziona così non lo so, ma funziona così. O meglio, la risposta c’è ed è semplice: perché i lettori incasellano gli scrittori in una data identità. Perché gli editori incasellano lo scrittore in una data identità. Perché i librai non concepiscono di collocare uno scrittore in due o tre scaffali differenti.
E questa concezione è peculiare dei romanzi. Per i registi non funziona così. Nolan può spaziare dal comic di Batman, alla fantascienza, allo storico, al thriller, senza alcun problema.
Ridley Scott pure. Lui addirittura può passare dalla commedia romantica, al dramma, alla fantascienza, allo storico romano e il pubblico mica si scandalizza. Non è che il Gladiatore lo guardano solo gli appassionati di storia romana, come accade per i romanzi storici romani che vengono letti solo dagli appassionati. Nel cinema il pubblico mainstream segue i registi a seconda del genere che viene proposto loro senza battere ciglio. Nei libri no, è vietato. Perché?

Quindi mettiti nei panni di uno come me svitato fino al midollo che è intenzionato a scrivere gialli, mainstream, una trilogia spaziale, un semi fantasy tipo Trono di Spade, Romanzi storici ambientati in tutte le epoche, dalla Grecia antica, a Roma, all’ottocento. Ma non mi manca il romanzo d’amore, la commedia romantica, il distopico, l’ucronico e via dicendo.
Cioè se un editore volesse sul serio pubblicarmi, al solo accennare dei miei propositi scapperebbe via come se fossi Satana in persona. E anche come self non me la caverei tanto bene. Se costruisci un pubblico di lettori di gialli, proprio come ho fatto io in principio, e subito dopo proponi la storia d’amore, ecco la storia d’amore viene letta al massimo dal 10% dei lettori del giallo.
Francamente io non lo so come facessero Camilleri e Simenon a scrivere sempre dello stesso genere senza averne mai a nausea. Io ho il bisogno, ma proprio un bisogno viscerale, di cambiare tema, personaggi, epoche, genere.
Per me è bellissimo sognare dentro una storia di fantascienza, vivere con i miei personaggi dentro un’epoca passata o essere lì a risolvere i misteri di un delitto.
Quindi non è che non voglio scrivere il seguito di tu sai chi. Semplicemente non voglio scrivere di seguito due/tre romanzi dello stesso genere, con lo stesso protagonista.
Lo so, sono io atipico. Ma non ho alcuna intenzione di retrocedere di scrivere ciò che mi piace quando mi piace.
Tempo fa avevo consultato un esperto di marketing libresco su come potermi muovere fra i vari generi da pubblicare e lui categorico sentenziò: tu ormai puoi scrivere soltanto di gialli, that’s it.

Beh, io non accetto queste regole non scritte della pubblicazione. Io farò a modo mio. Nella precedente esperienza ero troppo acerbo per far fronte alle problematiche del sistema. Adesso invece ho la maturità giusta, la consapevolezza del problema e un mucchio di piani per poter scrivere come mi pare e quando mi pare.
Mi piace l’idea di combinare un po’ di casini. E senza combinare casini, dove starebbe il divertimento?

Barbara Businaro

Ago 28, 2022 at 6:03 PM

Beh, qua la mano. Basta dare un’occhiata ai racconti qui sul blog per capire che sono uno scrivente atipico anch’io (togliendo il genere storico, perché sono una frana con la ricerca storica, non ho abbastanza pazienza, e la fantascienza, non ci sono portata, al massimo potrei scrivere fantascienza-comica in stile Guida galattica per gli autostoppisti 😀 😀 😀 )
Sul paragone editoria-cinema ti sei dimenticato di una figura importantissima: lo sceneggiatore. Se i registi possono spaziare attraverso diversi generi, gli sceneggiatori che scrivono il copione originale (lasciamo da parte quelli tratti da romanzi) si specializzano in un genere. Ridley Scott non mi risulta sceneggiatore delle sue stesse opere, mentre Christopher Nolan collabora spesso col fratello Jonathan per il genere fantascienza-fantasy-drama. Volendo restare nel paragone, come li trovi disposti i dvd dei film all’interno della videoteca? Sempre per genere, difficilmente per regista, e dello sceneggiatore purtroppo non si ricorda nessuno. La prevalenza è sul genere perché il consumatore tende a rimanere nello stesso genere, giusto o sbagliato che sia. L’errore, e su questo sono d’accordissimo con te, è che un autore non possa spaziare di genere.
Nota: J.K.Rowling ha sì scritto la serie poliziesca di Cormoran Strike sotto lo pseudonimo di Robert Galbraith, ma è stata quasi costretta a rivelare il vero nome per poter incrementare le vendite, considerate ancora troppo basse dall’editore. Al contrario, Stephen King pubblicò alcuni romanzi sotto lo pseudonimo di Richard Bachman “per raffreddare un po’ l’atmosfera, per fare qualcosa nelle vesti di qualcuno che non fosse Stephen King.” (Fonte: Stephen King Italia)
Ora, personalmente dissento da quanto ti ha detto l’esperto di marketing, perché tu, Marco Amato, non sei legato al giallo. Pensaci bene. 😉
E niente ti vieta di creare uno pseudonimo per ogni genere o per i generi più affini. Del resto ci sono momenti nella storia umana dove qualcuno si permette di sovvertire le regole, dimostrando che erano regole stupide. Se devo pensare a una persona che abbia tutte le carte per sovvertire questa specifica regola, sei proprio tu. Vai, incasina tutto e divertiti.

Marco Amato

Ago 31, 2022 at 4:51 PM

Oddio, uno pseudonimo per ogni genere? Già con la demenza senile che avanza mi confonderei su chi ha scritto un genere e chi un altro. 😛 No, sarò semplicemente me stesso. Se piacerà bene, se non piacerà amen. L’importante che io sia felice e soprattutto libero di scrivere quello che mi va.
P.s Grazie per l’incoraggiamento. In questo periodo di vita mi occorre tutto.

Barbara Businaro

Ago 31, 2022 at 5:18 PM

Vai a leggere il nuovo post… per me è stata un’altra iniezione di fiducia. 😉

Luz

Ago 30, 2022 at 11:01 AM Reply

Marco, avevo intuito che un grande cambiamento era avvenuto nella tua vita, un cambiamento soffertissimo.
Sono contenta che tu stia “risalendo” e del grande apporto offerto dai tuoi libri in questo.

Marco Amato

Ago 31, 2022 at 5:08 PM Reply

Grazie di cuore, Luana.

Marina

Ago 25, 2022 at 8:06 AM Reply

La fama di Bukowski mi ha sempre fatto dire: leggilo, ma proprio i temi trattati e le sue ossessioni “deviate” mi hanno tenuta lontana dalla lettura delle sue opere. Ora, però, devo dire che le tue osservazioni hanno fatto rinascere in me quello oscura curiosità, che forse adesso ho la maturità di soddisfare. I racconti sono di mio interesse, la poesia no. Primo perché, come sai, non amo la poesia, secondo perché quelle che ho letto qui nel post non mi hanno comunicato nulla di particolare.
(La differenza fra democrazia è dittatura è fantastica)

Barbara Businaro

Ago 26, 2022 at 4:28 PM Reply

Pensandoci, i suoi sono testi da leggere con una certa maturità. Non credo l’avrei compreso a vent’anni, forse nemmeno a trenta. Se si guardano le sue foto dell’epoca, senza saperne altro, si vede solo una vita sprecata nel vizio, tra l’alcol e il sesso. E’ nei racconti che ho trovato un senso alle sue scelte. E la biografia ha unito tutti i puntini rimasti isolati nel quadro.
Magari anche alle sue poesie ho dato un significato alla fine del tutto, chi lo sa.
(Quella riflessione sulla politica americana è potente, tragicomica e perfetta. Non sai se ridere, e ti scappa da ridere, o piangere perché ti rendi conto che è vero e che, con altri temi e altre nazioni, ahimè, non cambia nulla)

Sandra

Ago 25, 2022 at 3:12 PM Reply

@Marco, mamma mia che bella questa epifania!
Ero a conoscenza di buona parte del percorso, ma non dell’interessante e davvero commovente dettaglio che i libri ti abbiano salvato economicamente nell’ora più buia. Lo trovo magnifico.
Purtroppo, solo a sprazzi, riesco ad essere sufficientemente giocosa con la scrittura, quando accade è una meraviglia vera, ma non ho ancora capito come farlo durare. Lo era prima, prima che l’editoria mi inghiottisse e desse quei piccoli risultati che sembrano legittimare la scrittura invece non fanno che fagocitarla e renderla meno autentica.
Sto lavorando tantissimo su questa cosa,
E sarà uno dei programmi più intensi dell’autunno.
Grazie Marco.

Luz

Ago 30, 2022 at 10:57 AM Reply

Bukowski solletica la mia curiosità da un pezzo, è un autore che possiede quella dose altissima di provocazione in grado di scuotere, provocare una reazione, sia essa positiva o negativa. Per ora però mi lascerò ammaliare da libri come Lamento di Portnoy del mio amatissimo Roth, che pure non scherza. 🙂

Barbara Businaro

Ago 31, 2022 at 4:13 PM Reply

Non lo so, perché Philip Roth ancora mi manca come lettura. L’ho conosciuto grazie alle tue recensioni. Ho anche beccato in televisione un pezzo del film La macchia umana con Anthony Hopkins e Nicole Kidman, ma non ho potuto vederlo tutto, non ancora. Tra i suoi romanzi, mi tenta pure Lo scrittore fantasma (The Ghost Writer), un po’ per il titolo e un po’ per la trama. Vedremo, magari sarà nelle prossime letture vacanziere, invernali stavolta. 🙂

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