Come editare e ridurre un testo del 40%
The secret is in the line. Il segreto è nella linea.
On writing. Sulla scrittura di Charles Bukowski
Charles Bukowski mi perseguita già da un po’, nonostante io non abbia ancora letto nulla di questo scrittore (però ho in arrivo una spedizione di libri con dentro Compagno di sbronze, una raccolta di racconti anticonformisti, selvaggi e provocatori, ritenuta una delle sue migliori opere). E’ proprio questa frase a perseguitarmi: Il segreto (di una buona scrittura, si intende) è nella linea. In ogni singola, maledetta linea. Anche la più banale. Una linea alla volta.
Questa frase è contenuta in un saggio, On Writing, dove l’editor Abel Debritto ha selezionato vari testi inediti di Charles «Hank» Bukowski, dalla sua corrispondenza privata, completa di schizzi e disegni scarabocchiati quale corollario alle sue geniali e controverse idee. In Italia è stato tradotto e pubblicato da Guanda in occasione del centenario della nascita dello scrittore americano, con il titolo Sulla scrittura. Non è un manuale di scrittura creativa, nonostante il titolo in comune con un altro famoso saggio più adatto allo scopo, On Writing di Stephen King. Sono i pensieri e le riflessioni di Bukowski sulla sua vita con la scrittura, cosa significava per lui mettersi alla macchina da scrivere, bevendo e fumando, lasciarsi possedere dalle parole per ore e ore, scrivere e riscrivere la medesima linea, pigiando ossessivamente sugli stessi tasti (non c’era ancora l’uso del computer, anzi! Bukowski stesso ha stimato di aver perso centinaia di scritti per aver spedito gli originali battuti a macchina agli editori, niente copie carbone, che poi non restituivano nemmeno il lavoro rifiutato!) E ci sono momenti di saggezza come questi:
“Non riesco a capire nessuno scrittore che smette di scrivere. È come se ti strappassi il cuore dal petto per scaricarlo nel cesso con gli stronzi. Scriverò fino al mio ultimo dannato respiro, fregandomene se qualcuno pensa che sia bello o brutto. La fine come il principio. Era scritto che fosse così. È semplice e profondo. Adesso la smetto di scrivere di questo, così posso scrivere di altro.”
“Quando tutto funziona a meraviglia non è perché tu hai scelto di scrivere ma perché la scrittura ha scelto te. È quando impazzisci per scrivere, è quando ti riempie le orecchie, le narici, e te la ritrovi sotto le unghie. È quando non c’è speranza se non la scrittura.”
Ma torniamo a quel suo segreto nella linea. Quella citazione l’ho incrociata spesso in chi si occupa di content marketing e copywriting, non ultimo Robert Bruce, autore su copyblogger.com dell’articolo Charles Bukowski’s “Secret” of Good Writing (trad. Il segreto di Charles Bukowski sulla Buona Scrittura). In effetti, se devi scrivere un testo corto (poiché l’attenzione del consumatore è breve) ma che sia d’impatto, tale da catturare l’attenzione sul prodotto, devi proprio concentrarti su una singola linea.
Mentre Charles Bukowski era prima di tutto un poeta: in cinquant’anni di scrittura, ha scritto solo sei romanzi, centinaia di racconti ma migliaia di poesie (e non pensiamo a quelle perdute dagli editori che l’hanno rifiutato!), per un totale di oltre sessanta libri. Quando si scrive una poesia, non c’è nessun dubbio che il segreto sia su ogni singolo verso! Ma Bukowski è diventato un’icona della letteratura americana perché questa sua filosofia sulla scrittura l’ha applicata a qualsiasi testo, nelle poesie, nei racconti e nei romanzi da sessantamila parole: l’attenzione per ogni singola linea.
Quando mi hanno chiesto di ridurre, per esigenze di pubblicazione, una storia da 17 mila battute a sole 10 mila battute… volevo spararmi.
Una storia breve, di per sé, è già un condensato. Il suo testo è proprio l’essenziale di quello che vuoi raccontare. Se volessi “allungare il brodo”, allora diventerebbe più facilmente un romanzo. Ma ci sono storie che nascono per essere brevi, altre pure brevissime, altre ancora stanno così strette in un romanzo da dover pure diventare una trilogia, se non addirittura una serie completa. Dipende dalla storia, è lei che comanda.
Nel mio caso poi si trattava di una storia vera (eh già, save the date, segnatevi la data al calendario: ci vediamo in edicola su Confidenze il prossimo martedì 14 giugno! 😉 ), quindi devo fare i conti con una protagonista in carne ed ossa. Quelle 7 mila battute in più sono la sua voce, come fare a tagliarle, ridurle, comprimerle ulteriormente, senza devastare il significato stesso della storia (e non offendere la protagonista, che potrebbe aspettarmi fuori dalla porta di casa)? Qualcosina si può sempre sfrondare, togli qualche aggettivo, semplifica le frasi, ma si trattava di ridurre un testo del 40%, quasi la sua metà, tenendo saldo il cuore stesso del racconto. Come diavolo pensi di riuscirci?!
La risposta ha continuato a ronzarmi in testa per giorni, quasi come una sfida. Maledetto Bukowski.
Il segreto è nella linea. Una stramaledetta linea alla volta…
Diversi tipi di editing
Avevo letto tempo fa un articolo interessante su Medium di Sam Holstein sull’editing in 5 semplici mosse, focalizzato però sulla scrittura non narrativa: The 5-Step Guide to Editing Your Own Nonfiction Writing (trad. La guida in 5 passaggi per modificare la propria scrittura di saggistica). Modificare la propria scrittura è davvero complicato, perché in quanto autori non saremo mai abbastanza obiettivi e brutali con il nostro stesso testo, non quanto lo sarebbe un editor professionista, distaccato a sufficienza dalle linee che gli scorrono sotto la penna rossa. Per noi tagliare una riga, anche solo una parola, non è proprio così indolore. Però possiamo imparare a guadagnare quella distanza necessaria per un lavoro di buona qualità.
Innanzitutto, si distinguono almeno tre livelli di editing, in ordine di importanza e di impatto nel testo:
- editing evolutivo: modifica della trama della storia, delle informazioni fornite e del loro ordine, anche non cronologico, per verificare che abbiano senso e funzionino bene nell’insieme. Un paragrafo può essere eliminato senza indebolire la narrazione e l’impatto sul lettore?
- editing per linea: ritoccare il testo frase per frase, semplificandole nel contenuto, togliendo avverbi o aggettivi superflui, o accorciandole per aumentare la correlazione l’una con l’altra in sequenza. Questa linea mi sta dicendo qualcosa di nuovo o sto ripetendo il concetto della precedente?
- correzione di bozze o copyediting: correzione di grammatica, ortografia, punteggiatura, uso di sinonimi, delle forme attive al posto delle passive per migliorare la comprensione e la lettura. Quanti “dice” e quanti “che” puoi ancora cancellare e sostituire in quella porzione?
La parte più ostica è quel primo punto, l’editing evolutivo che intacca in modo invasivo la nostra storia, mettendo in dubbio la sua trama e la nostra scrittura. Questa fase del processo però è importante: non possiamo preoccuparci di sistemare la struttura dei paragrafi o delle singole frasi se le fondamenta del nostro testo hanno delle imperfezioni pericolose. Dobbiamo accertarci prima che la base sia solida, che possiamo tagliare delle parti senza compromettere il significato stesso della storia.
Per capire dove intervenire, cosa lasciare e cosa togliere, della trama dobbiamo chiederci:
Qual è il messaggio della storia che sto cercando di comunicare al lettore?
Questa azione/reazione della protagonista fa parte di quel messaggio?
Questo dialogo fra i personaggi aiuta il lettore a comprendere meglio quel messaggio?
In questo caso può venirci in soccorso la tecnica Feynman, che non è solo il modo migliore per imparare qualsiasi cosa, esattamente così come la utilizzava il professor Feynman per le sue lezioni di Fisica, ma anche un modello per organizzare e poi semplificare un discorso complesso. Immaginando di dover raccontare la nostra storia a un bambino, dobbiamo individuare le parti salienti, quelle che proprio non possono essere eliminate. Poi verificare se ci sono tutte le informazioni necessarie perché quel bambino possa capire la nostra storia, se non stiamo omettendo qualche dettaglio essenziale, che è nella nostra mente di autore, ma non scritto nero su bianco nel testo. Infine, osserviamo come abbiamo sistemato queste informazioni lungo la trama, se gli abbiamo dato il giusto spazio o se ne abbiamo concesso troppo, peggiorando la loro comprensione.
Nella mia storia breve ho proprio sottolineato le parti che non potevo assolutamente eliminare. Per farvi un esempio, senza però svelarvi nulla di quanto ho scritto io: non posso mostrare Cappuccetto Rosso che saluta la mamma e poi nella scena successiva compare già dentro la casa della nonna. Il paragrafo in cui Cappuccetto Rosso attraversa il bosco e incontra il lupo è decisamente funzionale alla storia! 🙂
Non possiamo nemmeno omettere di raccontare che Cappuccetto Rosso indossa una mantella di colore rosso, i lettori non capirebbero il significato del suo nome. Invece possiamo limitarci a dire che Cappuccetto Rosso porta un cestino pieno di cose buone alla nonna, senza scendere nel dettaglio di quali pietanze effettivamente contenga il cestino. Sempre se più avanti nella storia non si osservi il lupo litigare con Cappuccetto Rosso perché vuole una mela dal suo cestino, e quindi magari dobbiamo tornare indietro e aggiungere che il cestino è pieno di mele.
Una volta terminato l’editing evolutivo, sarà molto più semplice proseguire con il taglio linea per linea, nonostante sul testo sia questa seconda fase quella decisamente più invasiva e quella che consente di ottenere una riduzione apprezzabile. Ma avrete rotto il ghiaccio e la vostra resistenza emotiva ad eliminare parole, se non addirittura intere frasi, dalla vostra storia sarà sicuramente minore.
Il funzionamento è lo stesso del decluttering: quando cominciamo a togliere gli oggetti superflui dalle nostre case, il primo impatto è devastante, troviamo terribilmente difficile lasciare andare le nostre cose, infilarle in uno scatolone per non vederle mai più, ci sembra di buttare una parte di noi. Ma una volta che le abbiamo eliminate, e col tempo ce ne siamo addirittura dimenticati, non ci pensiamo affatto e non ci mancano per niente.
Lo stesso per la nostra scrittura: è difficile selezionare e cancellare quelle parole, ci costa fatica sul momento, rappresentano i nostri sforzi per ore e ore alla scrivania. Ma dopo, a una rilettura rilassata, non ci accorgeremo nemmeno della loro mancanza. E se proprio qualcosa non scorre nella storia, possiamo sempre recuperarle, a differenza del vero decluttering.
Sì, mi raccomando: tenete sempre un backup della versione originale!! Vi ho già parlato delle diverse Strategie di backup per scrittori, no? 😉
Editare un testo per ridurlo
linea per linea
Anche per la mia storia breve sono partita con l’editing evolutivo, individuando e isolando gli elementi essenziali. Ho evidenziato nel testo le informazioni importanti sui protagonisti, perché aiutano il lettore a comprenderli meglio e immedesimarsi in loro, e i fatti salienti che delineano la trama, pure se non inseriti nel testo in ordine cronologico, magari contenuti dentro veloci flashback. Anzi, di solito una storia vera parte con un incipit al presente, narra tutta la storia al passato, con alcuni intermezzi ancora più lontani nel tempo, e ritorna al presente odierno.
Se togliere uno di questi elementi rende incomprensibile il fluire del racconto, allora non vanno proprio toccati.
Di conseguenza, occorre intervenire sulle altre parti rimanenti: i dettagli pressoché inutili sui personaggi secondari (serve sapere il lavoro dell’amico dell’amico, se non condiziona attivamente la storia?), l’eccesso di riflessioni mentali dei protagonisti (la nostra mente si arrovella tutto il giorno sui problemi, ma il lettore si annoierebbe a leggere quei discorsi lunghi e quelle continue domande, sempre sugli stessi temi), qualche paragrafo senza particolare spessore (la lettura dei pettegolezzi sui social dei personaggi sono proprio necessari?), punti dove la vicenda si cristallizza nell’inattività (un caffè al bar senza un dialogo significativo per la trama, a chi serve? troppo caffè fa male!).
Tutto questo in realtà potrebbe anche rimanere all’interno di un testo di ampio respiro come un romanzo, purché ovviamente le informazioni non siano ripetute a dismisura, rischiando quell’effetto denominato infodump. Con questo intendo che non è assolutamente sbagliato aver scritto tanto, essersi lasciati andare al racconto durante la prima stesura, averci inserito tutto quello che la storia e la protagonista ci suggeriva. Va bene, è parte integrante del processo della scrittura, esattamente come l’editing e il taglio oculato per raggiungere l’obiettivo di una storia breve e di qualità, ai fini della pubblicazione.
Al secondo passaggio ci si deve concentrare sui paragrafi rimasti, esaminandoli linea per linea, parola per parola, mettendo in discussione ogni singolo termine che compone la frase. Potremmo chiamarlo “metodo Bukowski”. Durante la prima stesura infatti, scrivendo di getto, a briglia sciolta dei nostri pensieri, rischiamo di concederci dei periodi troppo lunghi, delle frasi confuse e tortuose, con sovrabbondanza di aggettivi e avverbi, concatenamenti estremi di proposizioni subordinate, peculiarità linguistiche stridenti col contesto, fastidiosi svolazzi artistici fuori scala. Altre ancora le nostre frasi sono troppo brevi, concise, striminzite, non solo di testo ma di informazione, nascondendo il legame col resto del paragrafo.
Occorre analizzare ogni singola linea e modificare questi punti per snellirli, ottenendo la riduzione del numero di battute desiderata:
- frase troppo lunga: tagliatela a metà oppure in terzi, e delle frasi così spezzate provate a cancellarne almeno una;
- concentrazione di aggettivi, magari pure sinonimi: tenetene solo uno, al massimo due, oppure cercate un aggettivo che comprenda i loro significati (il dizionario dei sinonimi sarà il vostro più fedele amico di ventura);
- aggettivi arzigogolati: cercate un aggettivo più semplice e immediato per il lettore, soprattutto più corto (gli stranieri contano il numero di sillabe, io preferisco ascoltare la musicalità della parola e nelle storie brevi, con un numero di battute fisso, cerco di evitare termini che mi arrivano, ahimè o per fortuna, dalla lettura dei classici);
- cliché, frasi fatte e modi di dire: quelle espressioni tipiche del linguaggio parlato (“bella come il sole”, “fresca come l’aria”, “incavolata nera”, “con il dente avvelenato”, “bagnato come un pulcino”, ecc.) ma orribili all’interno di un testo narrativo, assolutamente da togliere, via via!
- avverbi: citando Stephen King, l’avverbio non è quasi mai vostro amico, spesso è una parola di riempimento che impoverisce la scrittura, provate a toglierlo, sostituirlo con un aggettivo (di solito più corto in caratteri) oppure cambiare il verbo a cui si accompagna;
- forma passiva: modificate la frase con il verbo in forma passiva (“L’incontro si sarebbe tenuto alle sette”) con la sua forma attiva (“L’incontro era alle sette”), risparmiate battute e migliorate l’azione;
- congiunzioni: potete cancellare alcune congiunzioni non strettamente necessarie (anche, però, quindi, comunque, infatti, ecc.) e sostituirne delle altre con la punteggiatura (cambiando una ” e ” con una virgola “, ” avete guadagnato uno spazio);
- pronomi relativi: andate a caccia dei “che” come pronomi relativi, di solito mettendo in relazione una frase subordinata alla principale, e provate a rovesciare completamente tutta la frase (nota: quest’idea di “rovesciare la frase” mi è arrivata dalla mia insegnante madrelingua inglese: “se non sai o non ricordi una parola specifica, rovescia la frase e descrivi cosa intendi”, vi assicuro che funziona!)
Ovviamente in queste fasi dell’editing sto dando per scontato che abbiate attivo il correttore ortografico e grammaticale nel vostro programma di videoscrittura. Prestate comunque attenzione perché alcuni errori non vengono intercettati (se la parola è scritta correttamente ma è nel punto sbagliato della vostra frase).
Alla fine di questo lungo lavoro, non so dire quante passate del testo, in modalità “linea per linea”, mi sono occorse per arrivare all’obiettivo. Credo almeno sei o sette, diluite in circa tre giorni e letture in momenti differenti della giornata, così da avere la mente lucida sul testo. Sono riuscita pure a ridurlo ulteriormente, di qualche centinaio di battute in più, e modificare un po’ il finale. All’ultima lettura, mi è parso persino migliore della prima stesura. Un concentrato del concentrato, il gusto pieno della storia. 🙂
Il segreto è nella linea
Onestamente, non pensavo di riuscirci. Tagliare 7 mila battute da un testo di 17 mila, senza rovinarlo, renderlo incomprensibile e insipido, mi sembrava proprio un’impresa disperata. Invece di pensare però al risultato e alla scadenza prossima, ho deciso di prendere l’attività con maggiore leggerezza, come un esercizio di scrittura, una piccola sfida, vediamo un po’ cosa succede se taglio qui, e qui, e pure qui.
Questo metodo funziona sempre? No, non direi. E’ la storia che comanda. Ad esempio, non è stato possibile ridurre un’altra storia breve da 12 mila battute a 8 mila. Ci ho provato, ma perdeva significato e sapore, proprio per il genere del racconto e lo spazio riservato alle emozioni della protagonista. Tagliando così tanto, non aveva più alcun senso. Perciò si è deciso di tenerla più vicino alla sua versione originale, eliminando solo alcune informazioni burocratiche, superflue al lettore, arrivando alla soglia delle 10 mila battute.
Però ci ho provato, anche stavolta linea per linea. 🙂
Possiedi questo tipo di amore per le tue parole? Rispetti il tuo mestiere abbastanza da restringere la tua concentrazione all’attenzione di una singola linea? Non è facile. Non è veloce. Ma questa deve essere certamente la strada verso una scrittura immortale (e fortemente autorevole).
Robert Bruce su copyblogger.com
Comments (14)
Daniela Bino
Giu 10, 2022 at 11:29 AM ReplyMolto interessante! Ho litigato con una cliente che ha deciso di pubblicare sul suo sito testi anacronisticamente prolissi perdendo una quantità pericolosamente enorme di visite. Il lettore online, decisamente distratto e frettoloso, abbandona il sito dopo pochi secondi. Però devo dire che sto leggendo un romanzo di Sujata Massey molto corposo e, scoprendomi distratta, mi sto rimproverando e mi sforzo di non perdermi nemmeno una singola parola che rende questo romanzo unico nel suo genere. E sicuramente anche questa scrittrice, che apprezzo moltissimo, chissà quante riletture ha dovuto fare per adeguare la lunghezza del testo mantenendone la coerenza e il sentimento che deve essere condiviso integro con il lettore. Come hai esposto così bene, l’operazione deve essere complessa. E questo mi fa apprezzare ancor di più l’opera dello scrittore attento.
Non vedo l’ora di gustarmi il tuo nuovo racconto per vedere il frutto dell’applicazione delle regole che qui hai sapientemente descritto.
Barbara Businaro
Giu 12, 2022 at 2:30 PM ReplyE tu pensa a quanti caratteri hai utilizzato per scrivere “anacronisticamente prolissi”!! 😀 😀 😀
L’editing di un contenuto dipende dalla finalità del contenuto stesso. La scrittura per il web ha un editing differente dalla scrittura per una rivista e ancora di più dall’editing per un romanzo. E anche quando si scrive per il web, il contenuto va adeguato al sito dove andrà pubblicato. Per capirci, la descrizione di un prodotto non può essere lunga tanto quanto un articolo di approfondimento. Per qualcuno, anche i miei post sarebbero troppo lunghi, ma dimenticano che questo è un blog di scrittura. 😉
Daniele
Giu 10, 2022 at 11:42 AM ReplyPer un racconto da inviare a un concorso letterario ho dovuto tagliare 2-3000 battute, perché ne richiedevano al massimo 10.000. Non è stato semplice, quindi immagino il lavoraccio per tagliarne 7.000 da 17.000.
Io ho operato paragrafo per paragrafo, frase per frase per vedere cosa potevo e dovevo lasciare e cosa potevo tagliare. In alcuni casi ho tagliato interi paragrafi.
Ma non sapevi all’inizio quando battute chiedevano?
Barbara Businaro
Giu 12, 2022 at 2:41 PM ReplySi e no, la pubblicazione per una rivista segue tutt’altra strada rispetto al concorso letterario. C’è una certa variabilità di battute a seconda del numero di pagine che hanno disponibili e dal taglio grafico della rivista (indicativamente: 2 pagine sono 7.500-8.000 battute; 3 pagine sono 10.000-12.000 battute; 4 pagine sono 14.000-16.000 battute). Cercano anche di mettere insieme storie che siano legate da un tema principale per ogni numero della rivista e di mettere più storie possibili per ogni pubblicazione. Quindi tutte le storie vengono editate, qualcuna più, qualcuna meno, e si incastrano in un grande puzzle. Dalla parte di chi raccoglie la storia invece è difficile alla prima stesura capire cosa tagliare: ascolti il/la protagonista, metti insieme il tutto, gli dai una certa forma. Lì per lì tutti i paragrafi sembrano essenziali. C’è bisogno di una rilettura esterna (e lo fanno in redazione) per capire cosa dove intervenire, soprattutto in base alla destinazione finale di quella storia. E il tutto ripassa ennemila volte al “visto si stampi” del/della protagonista, dato che la voce è la sua.
Da un certo punto di vista, è una palestra formidabile questa. 🙂
Daniele
Giu 13, 2022 at 8:26 AM ReplyMa sei tu che decidi cosa tagliare o taglia la redazione?
Barbara Businaro
Giu 13, 2022 at 10:15 AM ReplyDipende Daniele. Dalla storia vera, dal numero dove sarà inserita, dal tema del numero, dalle pagine dove incastrarla. A volte persino il/la protagonista mi dice di tagliare un pezzo, perché in rilettura si accorge di non volere più pubblicare alcuni dettagli. L’ultima parola spetta comunque al correttore di bozze/grafico che prepara l’impaginazione finale.
Sandra
Giu 10, 2022 at 1:15 PM ReplyComplimenti tripli: per la pubblicazione, per i tagli effettuati e per il post, sempre interessante e articolato.
Sulle frasi fatte sono particolarmente agguerrita: le odio e oltre a portare via spazio narrativo, vanno evitate e in caso si debba esprimere quel concetto, sostituite con qualcosa di originale.
Secondo me il dono della sintesi nella forma scritta è anche un po’ innato, io ce l’ho, mia sorella no, al punto che un fantastiliardo di anni fa le riscrissi una lettera con cui intendeva lasciare il fidanzato. La sfidai: sarei stata in grado di dire tutto ciò che aveva espresso in una roba lunghissima, in una sola pagina. Il risultato fu talmente buono che l’ex ricevette la mia versione.
Gli avverbi in -ente, oltretutto, rubano un sacco di battute.
Mediamente a una prima rilettura, al di là della forma, sembra tutto indispensabile. E’ un esercizio che mi tocca fare spesso, e super malvolentieri, con le sinossi dei miei romanzi in valutazione sempre troppo lunghe le mia prima versione quando poi leggo le norme dettate dagli editori. Il risultato non mi soddisfa mai e se l’editore legge solo quella, beh non è il mio best e mi potrebbe non indurre manco a leggere l’intero manoscritto. Questo sembra un po’ una contraddizione avendo detto prima che ho il dono della sintesi, ma boh sulle sinossi entra in sciopero.
Barbara Businaro
Giu 12, 2022 at 2:53 PM ReplyGrazie Sandra! Anche per leggere ogni tanto le mie bozze e tirare fuori refusi e frasi fatte che mi scappano di penna!
Però la vicenda della sorella che scrive una lettera di addio al fidanzato della gemella… è una bella storia vera! La scriviamo?! 😀
Secondo me sulla sinossi interviene tutt’altra modalità: sai di giocarti il tutto per tutto in poche righe (la curiosità dell’editore, la lettura del manoscritto, la valutazione del testo, la pubblicazione del romanzo) e quindi diventa difficile capire come concentrare tutte le nostre carte nelle parole giuste, cosa tagliare e cosa tenere, mostrando il meglio del meglio di tutte le nostre fatiche!
Sandra
Giu 12, 2022 at 10:25 PM ReplyCerto Barbara, se ti serve la storia vera, intervistami pure se si possono cambiare i nomi che la twin mi ammazza.
Barbara Businaro
Giu 13, 2022 at 10:10 AM ReplyQuasi sempre i nomi vengono cambiati nelle storie vere, per mantenere un minimo di privacy dei personaggi. Alla fine, solo l’autore conosce la vera corrispondenza con la vita reale e come contattare la protagonista. 😉
Giulia Mancini
Giu 11, 2022 at 7:28 AM ReplyÈ una bella sfida tagliare 7000 battute in una storia già scritta, complimenti per esserci riuscita, io avrei fatto fatica, soprattutto perché ho il problema contrario quando scrivo, tendo a scrivere poco, ogni frase che produco è una ricerca, cesello le parole, le frasi, le penso e le ripenso. Quando scrivo non sono mai un fiume in piena ma un ruscelletto che scorre placido, salvo rare eccezioni.
Con una storia vera forse è diverso, non so, però il tuo articolo é molto utile, da conservare per gli utilizzi eventuali e futuri.
Molto efficace l’esempio del decluttering!
Barbara Businaro
Giu 12, 2022 at 3:02 PM ReplyPer le storie vere, parto dall’intervista del/della protagonista (non ho ancora scritto di un protagonista maschile, ma magari capiterà). Raccolgo le sue frasi, le sue riflessioni, la trama così come gli viene, a volte anche confusa nei tempi, con parecchi flashback da rimettere in ordine. Poi inizio a lavorare a un’ipotetica “scaletta”: cosa dire prima, cosa dire dopo, a seconda della direzione da prendere, del finale da raggiungere. Più mi immedesimo nella storia e più riesco anche a colmare i vuoti, tanto che qualcuna è rimasta sorpresa: “io questo non te l’ho detto, ma hai capito a perfezione.”
Con i miei racconti, cioè fantasia pura al 100%, va tutto diversamente. Li elaboro in testa anche per mesi prima di arrivare alla stesura. A volte mi segno anche solo una frase, una parola. Poi ci penso e torno anche due settimane dopo con un pezzo di scena, e intanto ancora li riavvolgo e li rivedo nella mente (e la maggior parte del lavoro è nei momenti più impensabili: in mezzo al traffico, mentre corro sul tapis roulant, quando scorre la pubblicità in televisione, mentre sto stirando e la piega non vuole andarsene…) 🙂
L’esempio del decluttering è anche nell’articolo citato, ma l’ho letto spesso in tema di editing. Devo dire che funziona proprio così!
Darius Tred
Giu 13, 2022 at 9:53 PM ReplyIo taccio perché sono impeditissimo a tagliare.
A volte mi succede il contrario: parto con il voler tagliare e poi va a finire che aggiungo nuovi sviluppi.
E poi, se la storia comanda, non c’è niente da fare: se vuol “parlare”, quella parla. E tu non puoi far altro che scriverla.
Punto.
Qualcuno la troverà troppo lunga? Pazienza: se la trova troppo lunga, in fondo in fondo, vuol dire che la trova noiosa.
Perché se invece la trovasse sublime, il lettore la vorrebbe più lunga possibile.
Non credi?
Barbara Businaro
Giu 13, 2022 at 11:57 PM ReplyEh no, purtroppo dipende dal tipo di lettore. Personalmente preferisco le storie lunghe e non ne ho mai trovato una noiosa, anzi. Ma capita spesso di incontrare lettori che ritengano, ad esempio, le descrizioni ambientali un’inutile perdita di tempo e che prediligano storie brevi di sola azione. Tutto quello che manca lo aggiungono da sé o non gli importa. Una rivista poi ha maggior interesse a pubblicare un numero maggiore di storie brevi e soddisfare quanti più lettori possibili. Se volessero leggere storie lunghe, sceglierebbero un romanzo, non una rivista. 😉