
Bugiardo
(Liar)
Per me Halloween significa immergermi nelle atmosfere della mia serie preferita, la storia di Liam e Caitlyn, e continuare a scrivere del loro amore diviso tra due mondi. Quest’anno sono al nono racconto di questa serie, nata per caso mentre ascoltavo un vecchio album dei Seether, che continuano a ispirarmi nuove avventure con le loro canzoni. Dove eravamo rimasti con i nostri protagonisti?
Liam aveva recuperato la memoria ed era tornato tra le braccia della sua spettrale Caitlyn, ogni sera al calar delle tenebre. Si era però ritrovato in casa anche il fratellastro Nicholas, adolescente problematico, proprio mentre in città una misteriosa assassina squartava i suoi giovani amanti. Anche l’amico Joen e la piccola Lize gli avevano nascosto qualcosa, ma alla fine era contento per loro due.
Se avete perso le puntate precedenti, le potere leggere qui nella nuova pagina a loro dedicata: La storia di Liam e Caitlyn
Il velo tra i vivi e i morti si assottiglia nella notte di Halloween. E tu non sai più dove sei.
Devi stare attento. Rischi di perderti in uno dei due mondi, per sempre.
Liam sentiva la voce del nonno chiamarlo in lontananza. Avanzò verso la stanza da dove proveniva il suo nome e aprì la porta. Il nonno si trovava di fronte alla finestra, si girò verso di lui mostrandogli una vecchia scatola di latta, la vernice rossa stinta dal tempo. Il nonno gli sorrise, abbassandosi verso di lui, come quando Liam era bambino e gli arrivava appena al fianco.
“La morte non esiste, Liam…” gli sussurrò il nonno. Poi aprì la scatola e tirò fuori qualcosa. Liam strizzò gli occhi per mettere a fuoco l’oggetto, mentre si rigirava nervoso nel letto, ma non riusciva a distinguere cosa fosse. Il nonno continuava a ripetergli quelle stesse parole. “La morte non esiste… la morte non esiste…” Liam cercava di afferrare quello che lui gli offriva, ma si allontanava sempre di più nel buio. “Prendi la scatola Liam…”
Si svegliò con la vibrazione dell’orologio digitale al suo polso, sincronizzato mezz’ora prima dell’alba, gli ultimi minuti da trascorrere insieme a Caitlyn, prima che lei svanisse nell’altro mondo. Lei era lì, dolcemente appoggiata al suo fianco, in attesa.
“Hai avuto una notte agitata. Non hai fatto altro che dimenarti e mugugnare, ma non sono riuscita a capire cosa stessi farfugliando.”
Liam si sollevò sui gomiti e si appoggiò alla testiera del letto.
“Ho sognato mio nonno. O forse non era proprio un sogno, sembrava così reale… è stato qui?”
“No, non ho percepito nessun altro.” Caitlyn si stese sul suo petto, guardandolo. “Non sottovalutare però i sogni. Credo siano un altro modo per comunicare, da un piano differente. Che cosa ti ha detto?”
“Solo una frase: la morte non esiste… e in un certo senso, ha ragione.” Liam accarezzò i lunghi capelli biondi di lei. Decise in quel momento di non dirle nulla della scatola, non sapeva nemmeno lui perché. La ricordava bene quella scatola, l’aveva vista diverse volte da bambino. Una vecchia scatola di biscotti rettangolare, rossa con dei disegni colorati, forse natalizi. Il nonno si chiudeva in camera sua con quella scatola e rimaneva là per ore. Ma non aveva mai permesso a Liam di aprirla, nemmeno di toccarla.
Ora gli stava chiedendo di cercarla? Cosa diamine c’era dentro? Non era proprio riuscito a distinguere quella cosa che il nonno aveva in mano nel sogno, solo una macchia scura, sfocata.
“Sta per sorgere il sole”, gli ricordò Caitlyn mentre le sue labbra fredde lo salutavano con un ultimo bacio.
“Ci vediamo stasera” fece appena in tempo a sussurrare Liam prima di osservarla svanire al chiarore.
Il profumo di Caitlyn, quella lieve nota di iris, si dissolse con lei nella stanza, mentre dalla cucina saliva quello del caffè appena fatto. Nicholas stava preparando la colazione, un compito che gli piaceva e gli riusciva pure bene. Il suo fratellastro viveva ancora con loro, nello studio dabbasso trasformato in camera da letto. Dall’ultima caccia al fantasma, Liam aveva rimediato solo qualche escoriazione, ma Nicholas non se l’era cavata con così poco. Prima era stato accusato insieme agli altri del branco, poi scagionato dalle riprese delle telecamere, lo mostravano di passaggio e senza alcun legame con gli assassini. Gli erano però state comminate duecento ore di servizio alla comunità, come inserviente presso il centro per anziani e come assistente domiciliare ad alcuni disabili, ragazzi della sua età costretti su una sedia a rotelle. Era una buona cosa, dovette ammettere Liam, perché lo teneva impegnato e lo aiutava a non pensare troppo alla sorellina Julie. Lei stava un po’ meglio, una nuova cura sperimentale sembrava avere dei benefici, anche se i medici erano scettici.
Nel frattempo Nicholas si era iscritto alla scuola locale, non avrebbe potuto spostarsi dalla contea fino al termine del servizio civile.
“Uhm, questi devono essere pancake… ”
Liam si vestì e poi sollevò la finestra di qualche centimetro, per lasciare entrare un po’ d’aria fresca. Fuori era oramai giorno, anche se una densa coltre di nubi lasciava passare una flebile luce ovattata. Da due settimane il sole si intravedeva solo per pochi momenti.
“E pioverà anche oggi, non se ne può davvero più.”
Liam aveva cercato la scatola del nonno per tutta la mattina, avendo la casa libera tutta per lui. John era al lavoro, sua madre presso un cliente e Nicholas a scuola. Aveva rovistato con cautela nella camera del nonno e poi nel garage dietro la casa, nel suo banco di lavoro e in tutti gli scaffali, ma invano. Non aveva trovato nulla, nemmeno un indizio. Gli mancavano gli armadietti della cantina, ma li aveva riordinati lo scorso inverno e non ricordava nessuna scatola di latta. Stava rientrando in cucina dalla veranda quando notò una colonna di fumo nero salire al cielo qualche miglio verso nord. In quella direzione, non molto distante da lì, il quartiere si allungava verso la statale, con gli ultimi edifici, alcuni davvero malconci. Si sentivano le sirene dei pompieri e della polizia che dalla città si concentravano verso quel punto. Quando un’autopompa sfrecciò a tutta velocità proprio davanti al loro vialetto, decise di seguirla e si trovò a camminare veloce sul marciapiede insieme agli altri residenti incuriositi.
Una delle abitazioni in ristrutturazione, attorniata dalle impalcature, aveva preso fuoco dal pianterreno. In poco tempo le fiamme stavano avviluppando l’intero stabile, mentre gli uomini cercavano di domarle con gli enormi getti d’acqua degli idranti. Arrivarono anche le ambulanze per fornire assistenza medica alle persone salvate dall’incendio. Una donna appena soccorsa, il viso pieno di fuliggine, urlava contro un agente di polizia, mentre un medico cercava di medicarla. “La mia bambina… la mia bambina è là dentro… stava giocando nella cameretta, al secondo piano…” Dall’altra parte il capo dei vigili sbraitava ai suoi ragazzi di allontanarsi. “Fuori, fuori tutti, c’è troppo fumo, via!” Ma un uomo corse alle sue spalle e con un balzo saltò dentro l’edificio. Lo chiamarono a gran voce, mentre i secondi passavano inesorabili. Si sentì uno scoppio che fece temere il peggio, ma poi l’uomo riemerse dal rogo, tossendo senza sosta, con una ragazzina svenuta tra le braccia. Mentre tutti gli altri operatori accorsero ad aiutarlo, dalla folla raccolta si levò un applauso.
Pochi istanti dopo i giornalisti e le videocamere si accalcarono per strappare qualche parola all’eroe, dopo aver trasmesso il salvataggio quasi in diretta sulla televisione locale. Lui però rifiutava con gentilezza e si nascondeva dietro i suoi colleghi per non essere ripreso.
Liam tornò indietro verso casa, rassicurato che, almeno per quel giorno, non c’erano vittime e dunque nemmeno nuovi fantasmi in circolazione. Il giorno successivo la notizia era sulla prima pagina di tutti i giornali, con una foto in primo piano del pompiere e di sua moglie, da poco trasferiti nella contea. Nello scatto, senza la tuta ignifuga e con un sorriso aperto, dimostrava appena trent’anni. Al suo fianco, una ragazza di bassa statura, con i capelli chiari alle spalle, lo guardava con ammirazione. Per la sua azione coraggiosa, sebbene imprudente, l’uomo aveva ricevuto un encomio dal corpo dei vigili. Nel quartiere intanto si era diffusa la puzza di bruciato, come se tutti gli abitanti avessero carbonizzato il barbecue della domenica. La pioggia, stavolta gradita per spazzare quell’odore insopportabile dalla zona, si lasciava desiderare. Le nubi ferme non concedevano nemmeno un alito di vento.
La sera, mentre stava sistemando i piatti puliti assieme a Nicholas, Liam notò dalla finestra una giovane donna che giocava sul marciapiede con un bambino piccolo. Indossava un abito estivo leggero senza maniche, un giallo intenso sopra la sua carnagione scura e quei lunghi capelli neri fluenti, quasi alla vita. Per quanto le temperature fossero sopra la media, quell’abbigliamento stonava con l’autunno avanzato. Camminava pure scalza, saltellando insieme al bimbo, anche lui vestito con pantaloncini corti e maglietta.
“Che strana quella donna… ” borbottò Liam soprappensiero, richiudendo lo stipetto a lato.
Nicholas gli era alle spalle. “Quale donna?”
Liam si girò nuovamente verso la finestra, per indicarla là fuori, ma lei non c’era più.
“Questo odore non se ne vuole proprio andare.”
Liam stava tornando dal suo pomeriggio al laboratorio del signor Forrester, un’occasione per respirare aria pulita visto che da due giorni il quartiere era ostaggio di una cappa di fumo, non denso ma persistente, di cenere e legna bruciata. Liam salì in camera sua, incerto se aprire la finestra perché il ricambio d’aria non sarebbe stato così vantaggioso. Caitlyn lo attendeva nella stanza, seduta sul letto di lui, intenta a sfogliare il giornale.
“Qualche notizia che ci possa interessare?” Lasciò lo zaino vicino alla scrivania e la raggiunse. Si accomodò dietro di lei, abbracciandola dalle spalle.
“Non ne sono sicura… Guarda qui. Hanno trovato una ragazza in fin di vita, ieri sera. Le sue urla hanno fatto intervenire un vigilante, era di passaggio, stava andando al lavoro in bicicletta. Ha fatto scappare l’aggressore, non l’ha visto in faccia, solo la corporatura.” Caitlyn indicava il trafiletto sulla pagina del quotidiano. Liam continuò a leggere a voce alta i punti salienti.
“Uhm… trasportata in ospedale d’urgenza… caspita, era incinta di otto mesi… ha perso il bambino, è entrata in coma… cazzo!”
“Non è tutto. Senti questo.” Caitlyn girò il foglio, dove l’articolo proseguiva. “Abitava nell’edificio che ha preso fuoco, qui nel quartiere. Non lo so, lo trovo alquanto singolare… La riconosci?”
Oltre alla fotografia del luogo dove si erano svolti i fatti e un primo piano del vigilante accorso in aiuto, c’era l’immagine della vittima presa dai suoi documenti, il tipico scatto con sfondo neutro e espressione contenuta che fa sembrare tutti colpevoli. Mostrava il viso di una ragazza con i capelli corti, un caschetto rosso ramato, due occhi verdi vispi contornati dalle lentiggini. Un accenno di sorriso esprimeva simpatia da subito.
“No, non l’ho mai vista. Posso anche averla incrociata per strada, ma niente di che.” Liam terminò di scorrere il resto dell’articolo, ma non notò niente altro di particolare. “Stanno cercando di rintracciare i parenti… mah. Forse è stata una tentata rapina finita molto male, purtroppo.”
Sospirò e poi affondò il naso tra i capelli di Caitlyn, respirando a pieni polmoni il suo sensuale profumo di iris. No, non avrebbe aperto la finestra, bastava la presenza di lei a fargli dimenticare qualsiasi stanchezza. Anche se il loro mondo era confinato nella notte e in bilico tra la vita e la morte.
“C’è un’altra cosa…” Caitlyn girò velocemente le pagine del quotidiano, scovando un trafiletto verso il fondo. “Questa ragazza trovata morta, malmenata, stuprata e dissanguata, a circa duecento miglia verso nord.”
Liam riportò la sua attenzione al presente. “E tu pensi che sia lui? Il tuo…” Non aveva il coraggio di pronunciare la parola “assassino” quando si riferiva alla tragedia di Caitlyn e all’essere spregevole che li aveva separati per sempre.
“Beh, hanno preso qualcuno, un ragazzo è in carcere. Credono sia responsabile degli altri omicidi. Però non sono convinta. Avrebbero dovuto scrivere che è un evaso, che è già fuggito da una prigione, invece non è menzionato.”
Liam con uno sbuffo si rimise in piedi e si spostò verso l’armadio. Allungò una mano dietro al mobile, dove questo si accostava al muro. Tirò fuori un pannello di sughero dove aveva incollato una carta geografica dell’intera nazione, sulla quale avevano segnato in rosso ogni probabile spostamento dell’assassino di Caitlyn. Per la verità aveva anche una mappa digitale salvata in rete con le stesse informazioni, ma in caso di necessità, se gli fosse successo qualcosa, magari un’altra perdita di memoria, quel pannello sarebbe stato più semplice da trovare per lui o per chiunque altro.
“Duecento miglia verso nord…” Rilesse nuovamente la pagina del giornale che Caitlyn gli porgeva. Prese un pennarello rosso dalla scrivania e segnò una X sulla zona citata. “In realtà si sarebbe allontanato dall’ultimo caso tracciato, se fosse davvero lui. Possiamo ancora stare tranquilli.”
Dopo aver cenato tutti insieme, con Caitlyn che li osservava silente dalla poltrona del nonno nell’angolo della sala da pranzo, loro due si spostarono fuori, sotto il porticato. Liam fingeva di ascoltare musica dalle cuffiette collegate al cellulare, ogni tanto borbottava come se stesse ripetendo qualche strofa. Invece attendeva le prime stelle nel cielo con Caitlyn tra le sue braccia e parlava a bassa voce con lei.
Finché non sentirono un urlo lancinante provenire dalla strada. Scattarono insieme all’istante, Liam con la schiena dritta e in ascolto, Caitlyn invece in corsa a mezz’aria verso la provenienza di quelle grida di dolore, miste a gemiti prolungati. Una donna incinta, con una pancia enorme a malapena contenuta sotto una lunga camicia, si trascinava lungo il marciapiede, lamentandosi in una lingua sconosciuta. Spagnolo o messicano, pensò Liam, ma non conosceva nessuno dei due. Caitlyn tornò nel tempo di un respiro accanto a lui.
“Quella ragazza sta cercando qualcuno. Non è del tuo mondo, ma del mio…”
Liam annuì e si avvicinò alla donna, che nel frattempo si era distesa a terra, toccandosi il ventre e contorcendosi per gli spasimi.
“La riconosco” ammise Liam. “E già stata qui, un paio di sere fa, ma stava ballando spensierata in compagnia di un bambino grande, camminava con lei…”
“Riesci a capire cosa sta dicendo?” Liam si era inginocchiato al fianco della ragazza, lei continuava a parlargli, a denti stretti, soffocando il dolore che scuoteva il suo giovane corpo. Era madida di sudore, i capelli appiccicati al viso, gli occhi strabuzzanti e il respiro affannoso. Dimenava le gambe e puntava i piedi scalzi sul terreno, in cerca di una posizione meno sofferente.
“Non comprendo le parole, ma ascolto direttamente la sua mente.” Caitlyn si era accovacciata alle spalle di lei e si era appoggiata la testa della donna in grembo, tentando di cullarla dolcemente. Le sussurrava qualche frase e le accarezzava la fronte, per provare a calmarla in qualche modo. “Si chiama Nayeli, giunge da lontano. No, non conosco questo nome… ” rispose Caitlyn rivolta alla ragazza. “Comunque viene dal nord del Messico.”
La donna soffocò un altro urlo e afferrò la mano di Liam, tenendogliela stretta per tutta la durata della contrazione, quasi rischiando di stritolargliela. Lui si ritrovò a trattenere il respiro insieme a lei.
Caitlyn si chinò per rassicurarla ancora. “Va tutto bene, siamo qui con te.”
Soffiando forte per contrastare le fitte, la ragazza parlò ancora nella sua lingua, supplicandola per qualcosa, una richiesta accorata.
Caitlyn cercava di leggere il suo pensiero. “Vuole che troviamo…”
“L’assassino, per darle giustizia” concluse Liam. Cercò di divincolare la sua mano da quella morsa feroce, ma invano. Tutto questo non è reale, continuava a pensare Liam, non esiste come materia, è puro spirito, poco più di qualche particella nell’aria, anche se io riesco a percepirlo come solido, e viscido, e nauseante, e non so quanto ancora il mio stomaco potrà reggere! Fissò il suo sguardo abbattuto su Caitlyn, che annuì lentamente comprendendo la sua angoscia.
La donna allora si portò una mano sotto la pancia, in mezzo alle cosce e poi la ritrasse. La osservò con orrore, era bagnata di sangue. Si mise a piangere e implorare verso loro due.
“Lei conosce il suo assassino, è il padre del bambino…” Caitlyn tradusse quelle suppliche. “L’ha ammazzata poco prima della nascita.”
“Il padre del… oh cazzo! Ma che sta facendo?! Cazzo! Non starà mica per…” Liam si morse il labbro per trattenere gli acidi che gli risalivano in bocca.
La ragazza aveva divaricato le gambe, leggermente sollevate da terra e piegate. Alzò la schiena in avanti soffiando e spingendo senza sosta. La camicia le si era sbottonata poco sotto i seni, mostrando completamente l’enorme pancia e qualcosa che laggiù voleva uscire con insistenza, in mezzo al sangue e ai tormenti.
Non è reale, non è reale, non è reale, continuava a ripetersi Liam, come un mantra per ancorarsi al mondo dei vivi.
Lei gli afferrò di nuovo la mano, ma stavolta la mise sotto di sé, verso quel punto dove una piccola testa stava spuntando dal sesso.
“Caitlyn… io… non posso… cazzo…”
Si guardò intorno disorientato. Sua madre e John stavano guardando la televisione in salotto, si vedevano le luci dello schermo nella stanza al buio. Nicholas doveva invece essere nella sua camera a studiare per la scuola l’indomani. La siepe, qualche metro più in giù dal punto del giardino dove si trovavano, li proteggeva dagli sguardi indiscreti dei vicini. Non avrebbe avuto spiegazioni plausibili per essere inginocchiato per terra in quella postura innaturale, illuminato appena dal lampione lontano della strada.
“Questo è il suo supplizio Liam. Sta vivendo, ora e per sempre, quello che le hanno strappato. Il miracolo della vita, diventare madre. Era il suo più grande desiderio.” Caitlyn tolse ancora una volta i capelli dal viso della ragazza, raccogliendoli dietro la schiena in una coda ordinata. Le parlava all’orecchio, mentre le sosteneva le spalle.
Non c’era più tempo per pensare, oramai la donna stava partorendo. Senza nemmeno rendersene conto, in una sorta di trance ipnotica, Liam si protese in avanti con entrambe le mani a coppa, per accogliere quella piccola creaturina. Tra le sue dita si contorceva, al pari della madre, insieme con i lamenti di lei.
Quando uscì completamente dal corpo della donna, Liam lo prese in braccio con delicatezza, un fagottino scuro e insanguinato. Aveva gli occhi chiusi e una smorfia di dolore, ma si aspettava di sentirlo piangere a squarciagola da un momento all’altro. Invece non emise alcun respiro, sembrava morto. E in effetti lo era, pensò Liam. Il neonato all’improvviso aprì le palpebre e lo fissò con uno sguardo pieno di rabbia e orrore. Cominciò a parlare, nella stessa lingua della madre. Si esprimeva come un adulto, con frasi compiute e articolate, anche se Liam non poteva comprendere quanto diceva. Era incattivito, forse per la nascita o forse per il suo tragico destino.
La ragazza alzò le braccia verso Liam, chiedendogli muta di lasciargli suo figlio. Se lo accoccolò al petto, il cordone ombelicale ancora li legava stretti l’uno all’altra. Si mise a canticchiare una ninna nanna sconosciuta e poco a poco lo addormentò.
La donna prese allora la mano di Caitlyn e se la portò alle labbra, per ringraziarla. Parlarono solo con gli occhi, tra di loro.
“Dobbiamo trovare il padre del bambino… non per vendicarla però… dobbiamo trovare la moglie di lui, perché è in pericolo… l’uomo vuole sbarazzarsi anche della moglie…”
“Uhm, e da dove cominciamo questa ricerca? Cosa sappiamo di lui?” Liam cercò di recuperare la sua lucidità.
La ragazza dapprima scosse la testa, poi si premette un dito sul suo petto, bisbigliando qualcosa.
Caitlyn interpretò il suo pensiero. “Prima dobbiamo trovare lei, Nayeli, il suo corpo. Nessuno sa che lei è morta. Sono passati due anni e nessuno la sta più cercando oramai.”
“Chi stiamo cercando stavolta? O cosa stiamo cercando…” Joen sollevò un sopracciglio in direzione dell’amico seduto vicino.
Liam si era precipitato in negozio durante la chiusura della pausa pranzo, gli bastava bussare alla porta del retrobottega per farsi aprire. Due colpi vicini ripetuti tre volte era il loro codice segreto da sempre. Sapeva che Joen, come fornitore del materiale informatico della polizia, nonché amministratore della loro rete interna, aveva accesso ai loro sistemi. Se occorreva individuare qualcuno negli archivi storici di segnalazioni e denunce, Joen era più affidabile dell’intero corpo di polizia, sezione crimini informatici compresa.
“Una donna scomparsa circa due anni fa, era incinta di nove mesi all’epoca. Venticinque anni come età presunta. Si chiama Nayeli, però è un nomignolo, non consideriamolo. Potrebbe essere fuggita dal Messico, ma non credo. Secondo me viveva già nel nostro paese. So che è messicana, questo sì.”
Joen digitava velocemente alla tastiera del proprio computer portatile per impostare gli elementi nel programma di ricerca della polizia.
“O meglio, lei parla messicano e io non capisco un accidente…” aggiunse Liam con disappunto. “Non sono mai stato bravo con le lingue straniere.”
“Ah, ma quindi tu l’hai trovata e vuoi rintracciare la famiglia?”
“No, non proprio… ” Liam avrebbe voluto spiegare che cercava il suo cadavere e da quello risalire poi al suo assassino, ma non era il caso.
Joen lo guardò di sbieco, intuendo i pensieri dell’altro. “Ok, niente domande. Meno ne so e meglio è, giusto?”
“Credimi, sì. E sei anche fortunato a non vedere nulla di quello che purtroppo talvolta tocca a me.” Liam deglutì ricordando l’ultima sua esperienza come ostetrico improvvisato di una fantasma partoriente.
“Immagino non siano tutte bionde e belle, come lei.”
“Proprio no.” Intendeva come Caitlyn, ovviamente. Joen aveva compreso le capacità particolari di Liam, il suo contatto con qualcosa di indefinito, spiriti, fantasmi o ectoplasmi che fossero. Sapeva che gli parlavano e lo guidavano, a volte lo mettevano pure in pericolo di vita. Però rimaneva ancora scettico sulla presenza della cognata defunta vicino al suo migliore amico, quella giovane che gli sorrideva serena dalle foto sul caminetto quando si trovava a casa della sua ragazza, la sorella minore di Caitlyn, che le assomigliava pure molto.
“A proposito, come va con Lize?” lo punzecchiò Liam.
“Bene, è un po’ meno gelosa del solito. Non me la ritrovo più in sala in palestra, ad osservare ogni mio minimo movimento nei confronti delle altre donzelle. Stava cominciando a mettermi ansia! Appena mi voltavo, me la ritrovavo addosso inviperita” ridacchiò tra sé, mentre attendeva i primi risultati sullo schermo. In pochi secondi comparve a video una pagina bianca, nessun esito pervenuto.
“Dunque, se restiamo nella nostra contea non c’è nulla, da qui a tre anni addietro. Proviamo ad allargarci per almeno trecento miglia in ogni direzione.” Digitò frenetico altri comandi prima di confermare una nuova analisi. “E con Nicholas invece?”
“Meglio, decisamente. Sembra essersi tranquillizzato. Quel servizio civile gli fa davvero bene. E poi ha scoperto che gli piace cucinare… ed è proprio bravo, gli viene naturale. Però se continua così… sarò io a perseguitarti in palestra!”
“Guarda, qui c’è qualcosa. Abbiamo una cinquantina di donne, ho lasciato l’età indicativa tra i venti e i trenta anni.” Joen cominciò a scorrere una ad una le foto segnaletiche, lasciando il tempo a Liam di osservare i vari volti. L’elenco si esaurì in fretta, ma nessuna traccia della giovane Nayeli.
“Già stiamo facendo un accesso non autorizzato alla banca dati della polizia… e nemmeno c’è. Sicuro ci sia la denuncia di scomparsa?” chiese Joen appoggiandosi allo schienale della sedia e incrociando le braccia sul petto.
“Non ho proprio idea. Ci speravo, ma no, non ne sono certo” ammise Liam.
“Potrebbe essere registrata come clandestina… magari ha attraversato il confine. Proviamo da quest’altra parte, la polizia utilizza tutto un altro registro per l’immigrazione, non ho mai capito perché.” Joen si rimise all’opera sulla tastiera, entrando in un’altra piattaforma e impostando una nuova analisi. Qualche minuto più tardi comparve un nuovo elenco, le immagini delle donne in primo piano rispetto ai loro dati anagrafici.
“E’ lei!” esclamò subito Liam, puntando il dito su una delle ultime righe. “Nella foto sembra più giovane, ma è lei, sì, senza dubbio.” Lo schermo gli mostrava un volto giovanissimo, i lunghi capelli neri di Nayeli le arrivavano appena alle spalle, le labbra erano serrate dalla tristezza.
“Dunque… era arrivata come lavoratrice regolare, in una fabbrica di scarpe. La denuncia della scomparsa è del datore di lavoro. Nessun parente in vita. Nessuna relazione stabile conosciuta. Ma tu dicevi che era incinta?”
“Uhm… quindi era sparita prima di mostrare la gravidanza… con chi se n’era andata?!”
“Così non va. Non abbiamo abbastanza elementi” sbuffò Liam, ripassando le informazioni sulla scheda stampata da Joen nel pomeriggio.
L’oscurità era già calata da un paio d’ore, avevano atteso che tutti in casa fossero andati a dormire prima di uscire e incontrarsi con Nayeli. Lei si era presentata di nuovo sorridente, col suo vestitino giallo estivo e il bambino che le saltellava divertito al fianco. Si erano accomodati sulla vecchia panca di legno a ridosso del muro del garage, in penombra della lampada notturna sopra il portone d’ingresso. Caitlyn sedeva nel mezzo, per tradurre in pensieri le parole di Liam verso Nayeli, nonché le risposte di lei in messicano. Il piccolino giocava davanti a loro con il pallone da basket di Nicholas, lasciato libero in giardino dall’ultima partita tra fratelli. Nell’aria quella terribile puzza di bruciato era ridotta da un soave profumo di dalia che le due nuove presenze portavano con sé.
“Potremmo metterci anni con questa ricerca, Caitlyn. Abbiamo solo il suo ultimo indirizzo certo, piuttosto lontano da qui. Dovremmo recarci là e parlare con i vicini di casa, ammesso che dopo due anni siano pure le stesse persone. E sempre ammesso che lei avesse un rapporto di confidenza con loro. Di lui invece non c’è traccia, quel Diego, il cognome non riesco a pronunciarlo… era certamente un nome falso. Ci occorre qualcosa di più, un vero indizio che restringa il campo…”
Caitlyn annuì e si rivolse alla ragazza. “Puoi provare a ricordare gli ultimi istanti della tua vita mortale… non è difficile.” Prese entrambi le mani di lei nelle sue. “Chiudi gli occhi e torna indietro a quel momento. Dove ti trovavi?”
Nayeli fece un respiro profondo e sollevò la testa all’indietro, guardando nel vuoto buio sopra le loro teste. Cominciò a sussurrare qualche parola nella sua lingua, con lunghe pause di silenzio mentre cercava di ricollegarsi al passato.
“E’ precipitata in un pozzo” spiegò Caitlyn, ascoltando direttamente dalla sua mente. “Lui l’ha picchiata, lei era svenuta ma l’uomo la credeva morta. L’ha fatta cadere là dentro. Un pozzo senz’acqua, forse prosciugato.”
“Perché l’ha ammazzata? Non era contento della gravidanza?” chiese Liam a bassa voce.
Nayeli contrasse il viso in una smorfia, una lacrima le attraversò la guancia.
“Avevano vissuto insieme per un periodo, diceva di volerla sposare” tradusse Caitlyn per Liam. “Per il suo lavoro lui si spostava spesso e dall’ultimo viaggio non era più tornato. Lei era partita alla sua ricerca, finché lo aveva scovato da queste parti. Lo aveva incontrato la sera stessa in cui lui l’ha uccisa, due anni fa. Le aveva mentito, le aveva mentito da sempre…”
La ragazza si lasciò andare a un pianto disperato. Suo figlio la raggiunse e si accoccolò tra le sue ginocchia.
“Era un bugiardo. Aveva un’altra vita, un’altra casa, un’altra moglie…” concluse Caitlyn seguendo le parole di Nayeli.
“Se ho capito, lei è morta da queste parti, vicino alla nostra città. Lui vive ancora qui e la moglie è in pericolo?”
Nayeli ascoltò la richiesta di Caitlyn nella sua mente e poi annuì con la testa.
“Un pozzo dunque. Ci serve qualche altro elemento. Ci sono centinaia di pozzi nelle campagne dei dintorni, alcuni perduti tra la vegetazione. A volte nemmeno i proprietari del terreno ricordano di avere un pozzo chiuso sotto il terreno. Ricorda qualcos’altro? Un edificio particolare nei pressi? Un’insegna? Un suono, un rumore?”
Caitlyn la scrutò in viso per decifrare la risposta. “Nella sua mente vedo del fuoco e sento il rumore di un motore, un rombo forte, qualcosa che correva e poi si allontanava al tramonto.”
Liam era ancora più frustrato. “Non basta… e sono passati due anni, troppe cose sono cambiate da allora.”
All’improvviso Nayeli si illuminò e cominciò a gesticolare nell’aria, sorridendo della sua scoperta.
Caitlyn cercò di seguire velocemente le immagini nella mente della ragazza. “Un aeroporto… no, una pista… una pista privata…”
“Uhm, una pista richiede parecchio spazio libero… ” esultò finalmente Liam. “Forse dalle mappe aeree ancora si vede… e in effetti ricordo da bambino un piccolo campo volo, dove si facevano volare aeromodelli, deltaplani e ultraleggeri. Ci andavo con mio nonno…”
Liam afferrò le mani di entrambe le ragazze, ancora unite. “Forse ci siamo!”
Il piccolo aggiunse anche le sue manine paffute e lanciò un urletto entusiasta.
“Dove stai andando con quello zaino?” Caitlyn comparve alla destra di Liam appena l’ultimo raggio di sole era svanito dietro la collina.
Lui stava camminando per un viottolo della campagna, al limitare del bosco, poco distante dalla strada statale. Aveva lasciato l’auto parcheggiata davanti al fast food aperto ventiquattrore, già affollato per la cena, così da non attirare sguardi curiosi. Poi si era inoltrato per il sentiero che in mezz’ora circa l’avrebbe portato al vecchio campo volo.
All’arrivo di lei, Liam si fermò di colpo e lasciò cadere lo zaino a terra. Afferrò Caitlyn per la vita e la strinse a sé con forza, lasciando scorrere una mano lungo la sua schiena, su fino al suo collo perfetto, giocando con i suoi lunghi capelli. Sorrise appena prima di darle un lungo bacio. Pur appartenendo a due mondi differenti, le loro labbra si muovevano allo stesso modo, affamate d’amore.
“Non pensare di distrarmi…” sussurrò Caitlyn.
“Sei tu che lo fai… E comunque ti stavo aspettando. Andiamo!” Liam riprese lo zaino sulle spalle e proseguì la passeggiata insieme a lei.
“Perché non c’è Joen qui con noi? Sarei molto più tranquilla se tu non fossi in giro da solo.” La voce di Caitlyn era contrariata.
Liam ridacchiò, scuotendo la testa. “A parte che non sono solo se ci sei tu… beh, l’ho chiesto a Joen se vuoi saperlo. L’ho chiamato tre volte e non mi ha risposto. Gli ho mandato un messaggio e per un’ora almeno non l’ha visto. E quando finalmente mi ha scritto lui, non sono proprio certo che fosse lui. Diceva solo un laconico “Domani” senza chiedere cosa, dove e perché. Non è da lui, ho pensato. Allora l’ho chiamato nuovamente e pensa! Mi ha risposto tua sorella Lize! Mi ha intimato di lasciarli in pace, che questa è la loro serata! Chissà da chi ha preso, tua sorella…” Liam continuò a sghignazzare soddisfatto, mentre Caitlyn sbuffava. Una pallida luna comparve a illuminare il loro tragitto.
“Allora torniamo domani, con Joen” insistette lei.
“Non preoccuparti, non credo troveremo niente stasera. Ho passato ogni centimetro di questo posto sulle mappe in rete. Ho rintracciato facilmente la vecchia pista, ho trovato qualcuno che ne parlava in un vecchio forum di automodellismo, lì ho trovato l’ubicazione precisa. Sulle immagini aeree la pista si intravvede tra le rovine di una vecchia fattoria. Ed è lì che porta questo sentiero.”
Si bloccarono di fronte a un piccolo cancello di legno che chiudeva un muretto a secco. Liam lo aprì senza sforzo, era solo accostato.
“Comunque non si vede nessun pozzo. Non si distingue niente di circolare che possa far pensare ad un vecchio pozzo abbandonato, chiuso, coperto. E non me lo ricordo sinceramente. Quando il nonno mi portava da piccolo, nella mia memoria c’è solo la pista libera, l’erba tagliata bassa e diversi cespugli fioriti ai lati. All’inizio del campo avevano costruito un piccolo capanno. Ma nessun pozzo.”
“Non potevate magari venire voi due, di giorno?” Caitlyn si guardava intorno. Avevano lasciato indietro il bosco finalmente, ma laggiù si ergevano le ombre scure di alcuni edifici, la vecchia fattoria di cui parlava Liam.
“Sarebbe stato l’ideale, per sondare meglio il terreno alla luce del sole. Ma è proprietà privata, il proprietario vive in una villa di nuova costruzione e facilmente ci avrebbe visto arrivare e camminare lungo il suo podere.” Liam si voltò verso Caitlyn sorridendole. “L’oscurità a volte mi protegge, no?”
“A volte. Ma troppo spesso finisci in ospedale…” Caitlyn sospirò, poco convinta di quell’esplorazione.
“Se c’è qualcosa, tornerò con Joen, promesso… Siamo arrivati!” Liam allargò le braccia. “Questa qui davanti a noi è la vecchia pista!”
Estrasse il cellulare dal giubbotto e controllò la posizione sull’app del navigatore. “Sì, siamo nel punto giusto.”
Lasciò cadere lo zaino a terra, lo aprì e tirò fuori una torcia. Stava per accenderla quando notò qualcosa in lontananza.
“Cosa si muove laggiù?!” bisbigliò verso Caitlyn.
“Sta arrivando Nayeli” gli spiegò lei. “E’ stata richiamata qui dalla nostra presenza, ci stava cercando.”
La ragazza li raggiunse ondeggiando sul terreno sconnesso. Era ancora scalza, ma stavolta indossava un lungo abito scuro e tra le braccia, avvolto in una coperta, il suo neonato dormiva tranquillo. Mormorò qualcosa nella sua lingua, un ringraziamento per tutto quanto. Liam aveva intuito che si manifestavano entrambi in modi differenti, imitando ciò che la morte aveva loro tolto ingiustamente.
Perlustrarono tutto il campo, procedendo compatti. Liam lasciava scorrere la torcia a terra in cerca di indizi. Girarono per un po’, percorrendo anche il perimetro, ma non trovarono nulla. Qualche buca sul suolo, ma niente che nascondesse un pozzo profondo.
“Almeno qui si respira aria pulita… nel nostro quartiere ancora non se n’è andato quel puzzo tremendo di legna bruciata” commentò Liam mentre stavano per tornare al punto di partenza.
Nayeli aveva un’espressione affranta sul suo volto, mentre parlava a voce bassissima, una sorta di litania incomprensibile.
“Dice di sentire qualcosa…” tradusse Caitlyn.
“Eppure non c’è nulla. Temo che sia stato interrato completamente. E lei… è sotto metri e metri di terra” concluse Liam sconfortato.
Sentì qualcosa scricchiolare sotto la sua scarpa e poi all’improvviso il suo passo si ritrovò senza alcun appoggio, nel vuoto.
“Che accidenti…”
Lo schianto fu tremendo.
“Liam, mi senti?” Caitlyn cercava di svegliare Liam dal torpore, senza muoverlo troppo.
Alla fine era caduto proprio nel pozzo che stavano cercando, coperto da vecchie assi di legno e un terrapieno ricco di erba e muschio. Non l’avevano proprio visto, era impossibile distinguerlo alla scarsa luce della torcia. Non era poi così profondo, probabilmente il fondo era stato sollevato riempiendolo di terra, se davvero era servito per attingere all’acqua del sottosuolo. Era stata comunque una caduta di cinque o sei metri e Liam era svenuto dopo l’impatto.
Tossì lievemente e cercò di raddrizzarsi, poggiando la schiena alla parete della cavità. “Non credo di avere niente di rotto, ma faccio fatica a muovermi… sono atterrato su qualcosa di morbido… ” Tastò cauto con la mano sotto di sé. “E’ il mio zaino, a qualcosa è servito.”
La buca era illuminata dalla torcia, rimasta accesa nonostante la caduta. Illuminava un mucchietto d’ossa proprio di fronte a Liam.
“L’abbiamo trovata” mormorò Caitlyn.
Un teschio vuoto li stava osservando muto. Sul capo gli erano rimasti pochi filamenti dei lunghi capelli neri lucenti. Il resto dello scheletro era nascosto da un plaid logoro e strappato, in parte rosicchiato dagli animali di passaggio. Forse avevano banchettato anche con il suo corpo. Liam rabbrividì all’idea. L’unica speranza è che fosse morta molto prima di allora.
Lo spirito di Nayeli era seduto per terra lì accanto, cullava il suo bambino con una dolce ninna nanna nella sua lingua e ogni tanto lanciava uno sguardo malinconico alle sue ossa consunte. In mezzo a loro c’era un oggetto scuro alquanto voluminoso.
Liam con uno sforzo afferrò la torcia e vi puntò contro il fascio di luce. Era una borsa di pelle, ancora ben conservata.
“Non ti affaticare” Caitlyn gli stava accanto preoccupata.
“Sto bene. Dammi un minuto per riprendere fiato… ” Dallo zaino Liam recuperò la borraccia piena d’acqua e ne bevve un lungo sorso.
Provò a muoversi poi per afferrare la borsa, ma si bloccò con un lamento. “Una fitta alla schiena mi toglie il respiro, cazzo.”
Guardò verso l’alto l’imbocco del pozzo, quasi completamente aperto dopo la sua caduta. Poi tornò a fissare lo scheletro di fronte a lui.
“Come si può fare questo? Se non voleva quel figlio, se lo spaventata la responsabilità, poteva dirglielo… trovare un’altra soluzione… non lo so… ma ucciderla in questo modo? Che cosa spinge un essere umano a tanto… io proprio non lo capisco.”
Caitlyn gli strinse la mano tra le sue. “Tu cerchi sempre una spiegazione.”
“Perché in genere c’è una spiegazione!” sbuffò lui irritato. “Un atto ha una motivazione, sbagliata, controversa, stupida se vuoi, ma ce l’ha, accidenti! Ma qui faccio davvero fatica. Non solo lei… ma il bambino, che colpa poteva mai avere?!”
“Credimi Liam. Non c’è limite all’oscurità che si nasconde nel cuore umano. L’ho visto. L’ho sentito. Ha persino un odore. Di marcio.”
Caitlyn scosse la testa, per scacciare le immagini della sua stessa morte.
“Devo uscire di qui…” Liam prese il cellulare dal giubbotto, ma lo schermo si era incrinato nello schianto. “Merda, non c’è linea qua sotto per una chiamata. Provo a inviare un messaggio a Joen. Sempre se riesco a scrivere con il vetro così rovinato.”
“Devo andare a cercare aiuto. Posso arrivare da Lize e Joen, poi in qualche modo portarli qui” suggerì Caitlyn con convinzione.
“No, non lasciarmi da solo, per favore.”
“Qualcuno deve venire a tirarti fuori. Io non lo posso fare, non ci riesco, non ho così tanta energia” ammise Caitlyn con tristezza.
“Resta qui con me.” Liam poggiò la sua testa sulla spalla di lei.
“Non sperare di morire” gli sussurrò Caitlyn, baciandogli la fronte.
“Oh, lo so che non è così facile, purtroppo…”
“Anne! Non correre così avanti! Resta vicino a noi!”
“E sbrigatevi allora. Siete lenti voi due. Ecco, ci siamo!”
Sul fondo del pozzo, Caitlyn scosse Liam, appisolato tra le sue braccia per la stanchezza. “Svegliati! Sono qui, sono arrivati!”
Lui strizzò gli occhi per abituarsi nuovamente all’oscurità, aveva spento la sua torcia per risparmiare la batteria. Sopra la sua testa, fuori dal pozzo, vide un enorme fascio di luce che si muoveva in diverse direzioni, finché non illuminò l’apertura da dove era caduto.
“Liam, sei là sotto?” Quella era la voce tonante di Joen.
“Sì, sono qui” gridò Liam in risposta, anche se era rimasto senza fiato.
Joen si distese a terra e si affacciò al bordo del pozzo. Puntò quindi il grosso faro verso il basso, illuminando lo scheletro di Nayeli.
“Caspita… non stai tanto messo bene eh!” esclamò inorridito.
“Dall’altra parte, scemo!” gli sbraitò Liam. Il fascio di luce si mosse subito addosso a lui, accecandolo.
“Eccoti. Tutto bene? Tutto intero?”
“Credo di sì. Gambe e braccia sono a posto. Forse qualche costola, non respiro proprio benissimo…” ammise Liam a denti stretti, mentre Caitlyn lo osservava con sguardo furente. Le aveva mentito, dopo tutto.
Lassù in cima sentì parlottare fitto fitto. “Ci sono anche Anne e Lize con lui” gli spiegò Caitlyn che le aveva percepite.
Joen si affacciò nuovamente per parlargli. “Se ti lancio una corda, riesci a legartela intorno? Poi ti tiriamo su.”
“Si, ce la dovrei fare…” rispose Liam di rimando.
A fianco dell’amico, si mostrò anche il visetto della piccola Anne. “Sono davvero contenta di vedervi!”
Si sentì anche il tono cristallino di Lize. “Non preoccuparti Liam, siamo tutti qui per te!”
Passarono diversi minuti, mentre lassù in cima i ragazzi si stavano organizzando. Poi Lize tornò a parlare all’imbocco del pozzo. “Adesso ti caliamo la corda, ok? Tu legala stretta al fianco… cosa hai detto Joen?” La voce si allontanò per pochi istanti. “Dice di fare un nodo a gassa d’amante, ok? Hai capito Liam?”
“Sì, lo conosco. Non è il migliore dei nodi, ma va bene…” Appena gli lanciarono la corda, la prese e con fatica se la passò dietro la vita, fermandola poi con il nodo. Controllò la tenuta, si rimise lo zaino sulle spalle e poi urlò di procedere. Caitlyn era al suo fianco, cercando di sostenerlo per quanto le fosse possibile. La corda si tese e, con qualche tentennamento, iniziò a sollevarlo.
Quando Liam arrivò all’apertura fu Lize ad aiutarlo a sollevarsi per uscire fuori, mentre Joen teneva tesa la corda aggrovigliata tra le sue braccia. “Ecco a cosa servono i bicipiti” dichiarò tutto soddisfatto.
Anne aveva portato con sé la scatola di primo soccorso e disinfettò subito i piccoli tagli che Liam si era procurato sulle mani.
Dopo aver raccolto la corda, Joen gli puntò una piccola luce nelle pupille. “Stai davvero bene?”
“Più o meno, sì” rispose Liam prima di tossire ferocemente. “Ahi…” si premette una mano sul petto.
“Vado a prendere il furgone, è qui dietro” spiegò l’amico. “Abbiamo percorso l’ultimo miglio a fari spenti, per non farci notare. Ma almeno adesso non devi camminare.” Si avviò verso il sentiero, mentre le ragazze raccoglievano i loro zainetti dal terreno.
Il furgone giunse a fari spenti e Joen aiutò Liam a salire sul sedile del passeggero. Mentre gli allacciava la cintura di sicurezza, gli parlò a bassa voce per non farsi sentire. “Era lei, vero? Quella donna scomparsa che stavamo cercando?”
“Sì, era proprio lei. Dobbiamo avvisare le autorità in qualche modo… là sotto c’è ancora la sua borsa, credo con i suoi documenti.”
“Faccio io una telefonata… qualcosa mi invento… tipo che stavo facendo birdwatching e ci sono caduto dentro” ridacchiò per l’idea. “Adesso però ti porto in pronto soccorso, è meglio se ti fanno una lastra al torace. Scommettiamo su quante costole ti sei rotto stavolta?!”
Sulla via per l’ospedale, lasciarono prima Anne e Lize a casa loro, l’indomani era comunque un giorno di scuola ed era davvero tardi.
Mentre Anne rientrava in casa, salutandoli con la mano, Caitlyn sussurrò qualcosa alle orecchie di Liam.
“Perché ha usato il plurale? Ha detto… sono contenta di vedervi. Non vederti, ma vedervi, al plurale.”
Liam annuì silenzioso. Lo aveva notato anche lui.
“Tutto a posto. Ho avvisato Mike giù in centrale. Domani, alle prime luci dell’alba, due pattuglie andranno a verificare quel pozzo.”
Joen si sedette nella sedia in plastica vicino al lettino dove era disteso Liam, in attesa del referto della radiografia appena fatta. Il suo amico non poteva vederla, ma dall’altra parte, distesa leggera al suo fianco, poco più di una piuma, c’era anche Caitlyn a fargli compagnia.
Per un momento, Joen gli rivolse uno sguardo accigliato. “A volte ho la sensazione che tu lo faccia apposta” disse a voce molto bassa.
“Cosa?” Liam si voltò appena verso di lui, con una smorfia di dolore.
“Andartene in giro da solo a rischiare la vita…” aggiunse Joen mesto.
Caitlyn strinse il braccio di Liam. Lui sbuffò infastidito.
“Se lei ti vuole davvero bene” continuò l’amico, “non credo ti voglia dalla sua… parte… prima del tuo tempo.”
Liam stava per rispondergli, che non era così semplice, che quel mondo diviso era una dolce sofferenza, ma pur sempre una sofferenza. Ma furono interrotti dal medico di guardia che li raggiunse con le lastre in mano.
“Nessuna frattura, per fortuna. L’indolenzimento è dovuto alla caduta, le basterà un po’ di riposo. Per qualche giorno niente sforzi. Può tornare a casa.” Il dottore firmò il foglio delle dimissioni e lo consegnò all’infermiera in attesa alla reception.
Liam scese con cautela dal lettino e aiutato dall’amico, che lo teneva per la spalla, si diresse verso l’uscita. Caitlyn li precedeva di pochi passi, quando si fermò di colpo nell’atrio. Davanti a loro era appena comparsa Nayeli, il bambino ancora addormentato tra le sue braccia, come li avevano lasciati sul fondo del pozzo. La ragazza parlava in maniera concitata, nella sua lingua sconosciuta, l’espressione afflitta per qualche pericolo imminente.
“Aspetta…” Liam si bloccò dietro a Caitlyn.
“Che succede?” chiese Joen, guardandosi intorno. Dai movimenti di Liam comprese che non erano esattamente da soli.
“Lui sta venendo proprio qui” tradusse Caitlyn per loro. “Lei lo sta percependo, lui sta per uccidere di nuovo. Ci aveva già provato, è questo che l’aveva richiamata dall’altrove.”
Nayeli proseguì all’interno del corridoio, fino alla base delle scale. Si voltò verso di loro in attesa.
“Vuole che la seguiamo, lei ci porterà da lui” spiegò Caitlyn.
“Ok, andiamo… Joen, dobbiamo salire…” Liam aveva bisogno dell’assistenza dell’amico per muoversi senza affanno.
“Le scale? Ma sei impazzito? Nelle tue condizioni, le scale proprio no. Prendiamo l’ascensore!” Joen lo accompagnò di fronte alle porte d’acciaio e pigiò il tasto di chiamata per gli ascensori.
“Ma lei sta salendo le scale… così la perdiamo!” si lamentò Liam.
“Non me ne frega un accidente. Che impari a usare la tecnologia!” bofonchiò Joen di rimando.
Caitlyn aveva richiamato la ragazza, così entrarono tutti insieme nell’ascensore quando le porte si aprirono.
“Che piano?” chiese Joen all’amico. Ma prima che Liam potesse rispondere, Nayeli aveva premuto il numero 4 sulla tastiera.
La faccia sgomenta di Joen fece ridacchiare Liam, che poi tossì per le fitte al petto. “Oh, l’hai chiesto tu… Sta usando la tecnologia…”
Quando arrivarono al quarto piano, il corridoio principale era alquanto silenzioso. Il bancone di accettazione in reparto era vuoto, ma si sentivano diversi passi e parole sommesse provenire dalle altre corsie. Un paio di operatori passarono trascinando un carrello pieno di scatole e materiale medico diverso. Gettarono appena un’occhiata a Liam e Joen, scambiando il primo per un paziente, e poi proseguirono in silenzio.
Nayeli girava in tondo, cercando di comprendere quale fosse la direzione giusta, dove si trovasse il suo assassino.
Udirono alcuni strilli soffocati provenire da una delle camere. Poi suonò una sirena insistente per tutto il piano. Un uomo in camice uscì velocemente da una stanza sul fondo e corse verso l’uscita di sicurezza poco oltre. Nayeli scattò in avanti per rincorrerlo, mentre si richiudevano le porte antincendio dietro di lui, e Caitlyn la seguì in velocità. Rumori di zoccoli pesanti si stavano avvicinando, mentre un poliziotto giunse imprecando, mentre con una mano cercava di chiudere la zip dei pantaloni. “Che cavolo! Chi ha fatto scattare l’allarme? Che succede?!”
Tre infermiere entrarono nella stessa stanza da cui era uscito il medico qualche secondo prima. Una di loro sgridò il poliziotto sopraggiunto. “Temo fosse l’aggressore… ha tentato nuovamente di ucciderla… Dove accidenti era lei?”
Liam e Joen intravidero dal corridoio la figura di una ragazza dormiente, diversi tubi che uscivano dal suo corpo, riconoscendo i capelli rossi della giovane donna incinta aggredita qualche giorno addietro.
Caitlyn comparve nuovamente al fianco di Liam, con due occhi tristi e affranti.
“L’ho visto. So chi è. Ecco perché lei continuava a vedere tutto quel fuoco…”
“Agente, credo di averlo riconosciuto. Era quel pompiere, quello che stava sui giornali per aver salvato la bambina dall’incendio.”
Fu Joen a fermare il poliziotto nel corridoio, dopo che Liam gli aveva spiegato la vera identità del medico che avevano visto scappare.
“Tornate a casa ragazzi. Non è una cosa per voi.” Poi parlò direttamente con la radio ricetrasmittente, mentre tornava nella stanza della paziente. “Centrale, mi servono rinforzi. Presunto assassino in fuga, uomo alto, corporatura media…”
Di fronte a loro era apparsa nuovamente Nayeli col suo bambino tra le braccia. Ancora più agitata di prima, strillava parole sconosciute e nel mezzo Liam riconobbe anche qualche imprecazione. Caitlyn tentò di calmarla e capire cosa stava farneticando con tanta inquietudine.
“Dice che non possiamo perdere tempo, lui è ancora libero e pericoloso…”
“Ma la donna è qui, adesso la sorveglieranno strettamente, non potrà certo riprovarci stanotte” bofonchiò esausto Liam. “Poi guarderanno le registrazioni delle telecamere dell’ospedale, rintracceranno il suo volto e alla fine andranno a prenderlo a casa…”
Nayeli si avventò addosso a Liam, urlando a squarciagola frasi incomprensibili. Caitlyn la trattenne per le spalle.
“Dice che un altro pericolo si sta avvicinando… lui ucciderà e sarà proprio stanotte…”
Liam sbuffò esasperato. “E chi altri dovrebbe uccidere adesso?!”
Dal suo cantuccio Joen faticava a seguire quel dialogo, mancandogli una parte essenziale, quella che non poteva né vedere né sentire. Lo entusiasmava come un film di fantascienza, ma gli faceva anche rizzare i capelli in testa pensare chi c’era davvero lì con loro.
Cercò dunque di concentrarsi sulle domande che gli affollavano la mente.
“Cosa sappiamo davvero di lui? Sui giornali c’era davvero poco sulle sue origini” disse rivolto all’amico.
“Beh, avrà certamente cambiato nome arrivando qui in città. L’aveva già fatto una volta, e forse anche di più…” concluse Liam, mentre si avviavano finalmente verso l’uscita dell’ospedale.
“Ragioniamo, cosa può volere in questo momento?” continuò Joen, mentre attraversavano le porte automatiche verso l’esterno. Caitlyn li precedeva di pochi passi, trattenendo la giovane Nayeli ancora alquanto sconvolta.
“Se fossi al suo posto, vorrei andarmene alla svelta, senza lasciare tracce o testimoni alle spalle… ”
“Maledizione!” esclamò Joen di botto. “Maledizione, maledizione, maledizione! Sua moglie!”
“Ma di che cosa parli?” gli chiese Liam, ancora appoggiato con una spalla all’amico.
“E’ sposato, capisci? C’era la foto di sua moglie sul giornale, quella con cui abita qui, in città! E se fosse lei ad essere in pericolo?!” Joen cominciò a camminare più veloce, sollevando quasi di peso Liam. Dovevano raggiungere il furgone in fretta.
Lo spirito di Nayeli si agitò ancora di più, svegliando persino il suo bambino che iniziò a strillare con affanno.
Caitlyn diede voce alle loro paure, quello a cui tutti stavano pensando.
“Potrebbe essere incinta anche lei…”
“La casa è quella lì di fronte, l’indirizzo corrisponde.” Joen fermò il furgone dall’altra parte della strada e controllò nuovamente sul navigatore. Aveva chiamato uno zio, che ogni tanto prestava servizio volontario presso i vigili del fuoco, e gli aveva chiesto dove abitava quel pompiere eroe che era stato sui giornali, perché qualcuno, non specificò chi, voleva fare una donazione a suo nome. Non aveva trovato altra scusa plausibile per quella telefonata a tarda sera, se non che continuava a dimenticarsi di chiedergli quell’informazione da giorni.
Scesero dal furgone e si guardarono intorno. Tutto sembrava tranquillo. Qualche edificio era già completamente al buio per la notte, mentre in qualche altro le finestre illuminate mostravano ancora attività da parte degli occupanti.
“Sento anche qui puzza di bruciato come nel nostro quartiere… o sono solo io?!” bisbigliò Liam.
“No, in effetti questo odore lo sento anch’io” confermò Joen.
Attraversarono la strada principale e raggiunsero il vialetto d’ingresso alla casa del loro uomo. Lì davanti li attendevano Nayeli e suo figlio, stavolta come un bambino di almeno due anni, che camminava alla mano della sua mamma. Nayeli era scomparsa dall’interno del furgone non appena si erano avvicinati alla zona, probabilmente attirata di nuovo dalla presenza del suo assassino nei paraggi.
“E adesso che facciamo?” chiese Joen all’orecchio dell’amico.
Caitlyn scomparve velocemente nell’oscurità che circondava la casa, per poi comparire qualche secondo più tardi al loro fianco. “Sono riuniti in salotto, la televisione è accesa, ma stanno parlando. Lui sembra tranquillo, fin troppo gelido. Lei invece mi è parsa confusa. Ha una leggera pancetta. Quindi sì, potrebbe essere incinta.”
“Uhm… potrei suonare il campanello, cercare di distrarlo e nel frattempo voi fate uscire la moglie dal retro” suggerì Liam, poco convinto del suo stesso piano.
“Ma sei fuori?! Io direi di restare qui in attesa della polizia. E solo… ripeto, solo… se le cose precipitano, interveniamo direttamente.”
Nayeli e il suo bambino protestarono ferocemente, gesticolando entrambi la contrarietà. Caitlyn invece aveva preso per un braccio Liam, cercando già di trattenerlo dall’ennesimo gesto sconsiderato.
Mentre tergiversavano sul da farsi, lungo il marciapiede sopraggiunse un giovanotto con un cane al guinzaglio, probabilmente la passeggiata serale dell’amico a quattro zampe. Quando arrivò davanti a Joen, estrasse il portafoglio e mostrò il distintivo della polizia.
“Ragazzi, seguitemi senza fare troppo rumore. Questa casa è sorvegliata, è pericoloso stare qui. Venite via.”
“Ah, per fortuna agente, siete già arrivati” mormorò Joen. “Noi l’abbiamo seguito dall’ospedale.”
“L’ospedale? Ci hanno avvisato sì, ma noi siamo appostati qui fuori da giorni, su segnalazione di un testimone” spiegò il poliziotto.
Si erano allontanati solo di qualche metro, quando dalla casa si udirono rumori corti, qualcosa in frantumi, porte sbattute e delle urla disperate di donna. In pochi attimi, da un paio di auto parcheggiate e dalle siepi dei vicini spuntarono fuori altri uomini, vestiti con equipaggiamento militare. “Forza ragazzi! Qui, qualcuno vada anche dietro la casa!” Irruppero dall’ingresso, si sentirono movimenti concitati e pure uno sparo. Ma dovevano averlo mancato. “Fermatelo!”
L’uomo scappò dal retro, dalla porta della cucina. Nayeli e il suo bambino volarono leggeri in quella direzione.
Incespicando per il dolore, Liam li seguì incuriosito, mentre Caitlyn cercava di trattenerlo invano.
Joen era dietro lui e continuava ad imprecare. “Vieni via, maledizione! Lascia che se ne occupino loro!”
L’uomo si era fermato davanti al ricovero degli attrezzi, dove c’era un forte odore di benzina. Stava armeggiando con delle taniche, iniziò a spargere il contenuto tutto intorno, gettandolo anche addosso al portico per dare fuoco alla casa.
“Brucerete tutti, brucerete tutti all’inferno!” esclamava impazzito.
Alla vista di suo padre, il bambino lasciò la mano di Nayeli e si avvicinò. Con un movimento brusco, rovesciò un’altra tanica a terra, così che l’uomo si ritrovò con i piedi immersi nel liquido denso. Anche Nayeli lo raggiunse, prese la stessa tanica e parlando ferocemente in messicano gli scagliò altra benzina addosso. Lui si fermò di colpo, come se la stesse davvero vedendo.
“Nayeli? Non… non puoi essere tu…” esclamò con voce rotta.
Poi abbassò lo sguardo più in basso, verso il bambino. “E lui chi è? Mio… mio… un maschio! Ho avuto un maschio?!”
Dietro di loro, i poliziotti cercavano di dissuaderlo a compiere gesti assurdi, senza però avvicinarsi troppo alla benzina sparsa al suolo.
Nayeli continuava a parlare feroce nella sua lingua. Liam non capiva, ma era chiaro che le sue erano accuse.
“No, no, io ti amavo…” le rispondeva lui. “Non ti avrei mai fatto del male… è stato un incidente… e poi avevo paura… era tutto più grande di me, capisci? Io ti volevo sposare… saremmo stati felici, con nostro figlio…”
Ma mentre diceva quelle parole, Liam osservò un ghigno bestiale comparire sul viso dell’uomo.
Il bambino avanzò verso di lui e cominciò a parlare. Caitlyn tradusse quelle parole.
“Sei solo un bugiardo. Non ti è mai importato niente di noi.”
Si chinò appena per toccare con un ditino la benzina per terra, una piccola scintilla e il terreno avvampò all’istante. Il fuoco raggiunse in fretta l’uomo, che urlava disperato nel crepitio delle fiamme.
“Io non volevo, non volevo… io… volevo…”
Nel frattempo Joen si era precipitato al furgone per prendere un piccolo estintore che portava sempre sotto il sedile. Ma quando tornò indietro e stava aprendo il manicotto, Liam lo bloccò con un braccio.
“Non credo più nella giustizia terrena. Sarebbe libero in poco tempo. E ci sarebbero altre vittime… Lascia che sia.”
La scena fu alquanto straziante. Finché, mosso forse a compassione, uno dei poliziotti sparò un colpo e lo centrò al petto. L’uomo si accasciò subito a terra. Dalla strada si sentì la sirena dell’autopompa in arrivo.
I ragazzi si allontanarono di lì, tornando verso il furgone. Non ci furono più altre parole in quella lingua straniera.
Nayeli e il suo bambino abbracciarono Liam in silenzio, prima di dissolversi verso il cielo in tanti punti di luce verso le stelle.
L’indomani Liam fu costretto al riposo assoluto e stavolta non avanzò alcuna obiezione.
Disteso sul suo letto, stava leggendo con calma i quotidiani freschi di stampa, più le notizie dell’ultimo minuto pubblicate in rete, che Joen gli girava continuamente sul cellulare.
La ragazza dai capelli rossi in ospedale stava migliorando e i medici confidavano di risvegliarla dal coma farmacologico in pochi giorni. La moglie del pompiere stava bene, il figlio che stava aspettando non avrebbe subito conseguenze, se non quelle di ritrovarsi con un’eredità difficile. Dell’uomo erano stati rinvenuti diversi documenti falsi, quasi una decina, ma ancora non si conosceva la sua vera identità. Le sue fotografie erano state divulgate sui giornali nazionali, per chiedere informazioni a chiunque lo riconoscesse.
L’unica certezza erano le sue ultime tre vite e le tre compagne con cui aveva vissuto. Nayeli era stata abbandonata incinta, lo aveva rintracciato qui in città e quando si erano incontrati lui l’aveva ammazzata. Erano trascorsi due anni da allora. Nel frattempo lui continuava a spostarsi per lavoro, per una compagnia di trasporti, prima di diventare pompiere. Aveva avuto una storia con la ragazza dai capelli rossi, era rimasta incinta ma forse non glielo aveva detto. Intanto lui era sparito anche dalla sua vita.
Quando si è presentata davanti casa sua, col pancione in bella mostra, l’uomo è andato su tutte le furie, perché alla fine si era sposato con la moglie attuale. L’anziana vicina di casa aveva assistito alla litigata dalla finestra. Non ci aveva badato, ma quando aveva rivisto quel viso sulla foto della ragazza aggredita, aveva allertato il nipote poliziotto. Da lì erano partite le indagini.
Dopo quella notte assurda, la polizia aveva rovistato in tutta la casa dell’uomo e in soffitta, in una piccola cassaforte, avevano trovato finalmente delle prove, compresi i documenti falsi.
Le ultime notizie di Joen era che avevano ritrovato il cadavere di Nayeli e soprattutto la sua borsa. Dentro il portafoglio, ben conservato nonostante le intemperie, era stata trovata una fotografia di lei insieme all’uomo. Ci avrebbero messo un po’ prima di ricostruire tutto quanto. Ma almeno adesso Nayeli e il suo piccolino avrebbero avuto una degna sepoltura.
“La soffitta?! Ecco dove non ho ancora guardato. C’è un vecchio baule del nonno lassù!” esclamò Liam tra sé.
Scese dal letto e si spostò in corridoio. Aprì la piccola porticina, che nascondeva la scaletta angusta verso il sottotetto della casa.
Quando arrivò in cima, con qualche sforzo per la sua schiena dolorante, vide subito il baule nell’angolo. Il coperchio era solo accostato, la serratura era rovinata da tempo immemore. Lo sollevò all’indietro e cominciò a frugare all’interno, tra indumenti piegati e profumo di naftalina. La sua mano toccò qualcosa di metallico verso il fondo. Lo portò alla luce.
Era proprio la scatola, lo stesso colore sbiadito, ma più piccola di come la ricordava. Con un sospiro la aprì.
“E questo che accidenti è?!”
(c) 2024 Barbara Businaro
Note finali:
Quest’anno sono partita molto in anticipo con la lavorazione del nuovo racconto, grazie al freddo eccezionale dei primi giorni di Settembre. Ho ripreso in mano tutti i racconti già pubblicati (ho una cartellina dove ho raccolto le versioni stampate, è una bella emozione sentire in mano il peso di quei fogli!) e rivisto l’intera progettazione della serie. Il primo racconto è stato pensato e scritto come una storia unica, ma quando mi hanno richiesto il seguito ho dovuto allargare le mie riflessioni e progettare gli eventi a lungo termine. All’epoca avevo in mente 10 episodi, e già quel numero mi faceva paura. Ma avvicinandomi alla fine (questo è il numero 9!), ho tergiversato un po’, ho ancora parecchio materiale da utilizzare e, come ho scritto nel post Salta che ti passa, ho scelto di arrivare al numero 13 per questa serie. Almeno, questo è il mio piano adesso, ma non escludo di cambiare idea in futuro! 😛
Nonostante ho cominciato per tempo, la scrittura vera e propria è iniziata l’ultima settimana. Avevo già appuntato lo scorso anno che il nuovo fantasma sarebbe stato una donna incinta, venuta per salvare non l’amante ma la moglie di lui, ma erano solo quattro righe, niente di più. A settembre non mi sembrava nemmeno una grande idea, ma poi l’ho sognata e Nayeli (nome di origine azteca, significa “stella in attesa”) chiedeva a gran voce la sua storia. E come dice Caitlyn, i sogni non vanno proprio sottovalutati.
Ma dove era esattamente scomparsa Nayeli? L’idea mi è venuta dall’antologia Notte buia, niente stelle di Stephen King, precisamente dal racconto 1922, dove una donna viene gettata in un pozzo agonizzante. Nella stessa raccolta, dal racconto Il maxicamionista, la frase “Non c’è limite all’oscura, merdosa insensatezza che alberga nel cuore umano.” mi ha ispirato quest’altra riflessione di Caitlyn: “Credimi Liam. Non c’è limite all’oscurità che si nasconde nel cuore umano. L’ho visto. L’ho sentito. Ha persino un odore, di marcio.”
Non avevo però la benché minima idea di chi accidentaccio fosse l’assassino stavolta. E’ stata la canzone dei Seether a mostrarmelo. Doveva per forza essere un bugiardo, se aveva lasciato la sua compagna e suo figlio morire di stenti, continuando la sua vita come niente fosse. La canzone dunque non poteva che essere Liar e il testo del ritornello finisce così: “I’m burning in the fire, I’m labeled as a liar” (trad. Sto bruciando nel fuoco, Sono etichettato come un bugiardo). Sta bruciando nel fuoco dunque? Allora, con una sorta di ironia perversa, lo ammetto, non può che essere un pompiere. Un uomo che salva vite umane, è osannato dalla comunità per il suo lodevole servizio, è in realtà un feroce assassino bugiardo, con una (e forse anche di più) vita nascosta. Tutto stava cominciando ad incastrarsi perfettamente.
Però mancava un dettaglio, un ultimo frammento. L’ho trovato (o lui ha trovato me) agli ultimi giorni, prima di cominciare la stesura. In un articolo in rete, affascinante e sconvolgente. Non vi rivelerò il contenuto, non adesso, ma è stata una rivelazione potente, per tutto ciò che io ho pensato per Liam e Caitlyn parecchi anni fa. E così, già nella prima scena, è arrivata la misteriosa scatola. E il nonno di Liam che continua a ripetergli “La morte non esiste… la morte non esiste…”
Volete sapere come continua? Trovate l’indice di tutta la serie qui: La storia di Liam e Caitlyn
Comments (14)
Daniela Bino
Ott 31, 2024 at 12:35 PM ReplyL’ho divorato! Guarda, quando ho letto su Instagram il tuo post che annunciava la pubblicazione del racconto, ho esclamato ad alta voce: “Finalmente!!!”. Lo sai che lo stavo aspettando da tanto? Ma l’attesa ne valeva proprio la pena. SUPER coinvolgente!!! Ed inoltre, un argomento, ahimè, molto attuale. Restituirlo in chiave Halloween è stato emozionante, mi ha toccato il cuore nel profondo. E adesso, scusami ma torno a rileggerlo e questa volta con calma! La prima lettura è stata vorace. Bravissima come sempre, Barbara!
Barbara Businaro
Nov 02, 2024 at 6:35 PM ReplyUn argomento attuale, ma purtroppo anche molto vecchio. I miei appunti, come ho scritto, risalgono ad un anno fa, però non erano l’elaborazione sul caso di Giulia Tramontano, uccisa a 29 anni, incinta di sette mesi, con 37 coltellate dal suo fidanzato e padre del bambino. La mia memoria ricordava ahimè Jennifer Zacconi di Venezia, uccisa a 21 anni, incinta di nove mesi, strangolata e abbandonata, dall’uomo che diceva di amarla, ma che aveva già moglie e due figli. Era maggio 2006. Come vedi, la Storia si ripete e in vent’anni non abbiamo risolto praticamente nulla. Forse anche per questo Liam non crede più alla giustizia…
Grazie di averlo aspettato per tanto tempo! 🙂
IlVecchio
Ott 31, 2024 at 5:54 PM ReplyNonostante i 24 gradi di cui beneficio dalla mia poltrona davanti alla portafinestra in questa straordinaria estate di San Martino, ho avuto i brividi nel leggere quella scena lassù, quella del parto, oggi pomeriggio. Terminato ora, dopo passeggiata per approvvigionamenti della sera. Complimenti. Profonda ammirazione. : -)
Barbara Businaro
Nov 02, 2024 at 6:42 PM ReplyDevo essere sincera: non sapevo se lasciarla così quella scena o “edulcorarla” un pochino, addolcirla. Ho fatto fatica a scriverla, non per i brividi ma temendo di non restituire le sensazioni di Liam, il momento culminante del dolore della donna, della vita nella morte. Anche perché quando ho passato la scena alla mia beta reader, la risposta è stata solo “Gesù!” E io non capivo: ma va bene o va male sta scena? E’ pubblicabile o no?! Poi lei ha detto che era pubblicabile, ma le si erano rizzati tutti i capelli sulla testa!! 😛
Grazie per averlo letto e sopportato i brividi!
Giulia Mancini
Ott 31, 2024 at 9:07 PM ReplyMi hai creato molta curiosità su quella scatola, quindi ci toccherà aspettare il prossimo Halloween per sapere cosa c’è dentro?
Mi è piaciuto molto il racconto, davvero avvincente e attuale (il tema del bugiardo mi ha ricordato anche l’omicidio della ragazza incinta al settimo mese di un anno fa).
Barbara Businaro
Nov 02, 2024 at 7:02 PM ReplySì, dovrete attendere per il contenuto della scatola, perché si appresta ad essere una situazione complicata per Liam. Ovviamente io lo so, l’idea è arrivata da quell’articolo letto per caso in rete. Non ne sapevo niente, è stata una scoperta interessante davvero, tra scienza e magia.
Come rispondevo a Daniela, il caso di Giulia Tramontano mi ha ricordato un altro caso, ancora del maggio 2006, nel veneziano: Jennifer Zacconi, ragazza incinta di nove mesi scomparve all’improvviso, mandò un messaggio fuorviante alla madre, la donna ne denunciò la scomparsa temendo il peggio, la cercarono per sette giorni. Fu lui messo alle strette a confessare, dopo una notte di interrogatori. Era un uomo molto più adulto della ragazza, aveva una doppia vita e non voleva assumersi la piena responsabilità della gravidanza. Triste, davvero triste. Ricordo fin troppo bene cosa uscì nei giornali a quell’epoca.
Brunilde
Nov 01, 2024 at 10:32 AM ReplyHo aspettato stamattina per leggerlo, gustandomelo con calma.
E quindi, quella scatola?
To be continued…
Bravissima Barbara, Liam e Caitlyn sono ormai amici di cui si attende il ritorno, grazie per questa consuetudine!
Barbara Businaro
Nov 02, 2024 at 7:04 PM ReplyGrazie Brunilde di averlo atteso e letto con gusto. 🙂
Quella scatola… e cosa ci sarà mai dentro?! Un regalo del nonno. Qualcosa che usava anche il nonno, per fare cosa? Vedremo come reagirà Liam alla scoperta.
E’ talmente una bella consuetudine che non so come separarmi da questi due. Ho ancora qualche anno per pensarci, nel frattempo sto pensando di “mettere tutto insieme”. 😉
Sandra
Nov 04, 2024 at 10:46 AM ReplySempre complimenti per la tua tenacia e per le trovate narrative che metti insieme, non è facile riprendere il filo dopo un anno.
Oggi qui c’è un nebbione davvero adatto alla lettura di un pezzo così, intanto i miei complimenti, come sempre torno con calma a rileggerlo meglio.
Barbara Businaro
Nov 05, 2024 at 4:02 PM ReplyGrazie Sandra! Passa un anno da un racconto all’altro, ma ogni volta io li ritrovo lì e mi ci vuole poco per ritornare a scriverne. Semmai il problema è capire chi è “il fantasma del giorno”, come lo chiama Liam. 😀
Quando vuoi rileggere, loro sono qui ad attenderti. Non scappano, promesso!
Marina
Nov 12, 2024 at 7:03 PM ReplyFinalmente, riesco a leggere il racconto (e a collegarmi dal pc). Un’altra avventura niente male per i due “anomali” innamorati. Brava, il ritmo è buono, la storia è accattivante, ho trovato solo affrettato il finale, ma ci sta (visto che l’episodio era destinato alla pagina del blog). Peccato solo aspettare un altro anno per scoprire cos’altro li aspetta. Intanto parentesi: ho riso molto quando l’amico di Liam si affaccia nel pozzo in cui questi è precipitato e fa la battuta sul mucchio di ossa che vede per prima cosa. Un tocco spiritoso di gran classe. ;D
Barbara Businaro
Nov 13, 2024 at 3:53 PM ReplyGrazie della lettura Marina! Sono contenta ti sia piaciuto il nuovo racconto. Per altro, dal tuo commento si scatenano diverse riflessioni. Il finale, che hai sentito affrettato, va bene per una pagina del blog, ma che futuro dovrebbe avere all’interno di un romanzo? Questo è il motivo per cui non è così banale raccogliere i singoli racconti e metterli insieme, pensando di confezionare un romanzo. Dall’altra parte penso alla scrittura vera e propria: cosa ti ha fatto sentire affrettato il finale? Volevi rimanere lì davanti al fuoco che consuma tutto? Volevi una spiegazione della cattiveria dell’assassino, anche tu come Liam? O ti è rimasta la curiosità del contenuto della scatola, il più classico dei cliffhanger? 😀
Quella battuta di Joen …è proprio di Joen! Non era preventivata, nemmeno lontanamente immaginata, prima della stesura. Sapevo solo che gli amici sarebbero arrivati in soccorso per togliere Liam dal pozzo. Quando ho cominciato a scrivere la scena seguendo i loro passi, in quella che è la mia consueta trance ipnotica di Halloween, Joen se n’è uscito con questa cosa, e ho riso pure io. La mia battuta in quel caso è affidata a Liam. “Dall’altra parte, scemo!” 😛
Marina
Nov 18, 2024 at 5:44 PM ReplyNo, non manca nulla, il finale spiega ogni tassello (relativo a questo episodio) e io stessa ho pensato che per una pubblicazione a puntate sul blog sia stato opportuno chiudere così. Devo dire che si è trattato di una mia sensazione: nell’ultimo paragrafo si danno tante informazioni, la ragazza dai capelli rossi migliora, la moglie del pompiere sta bene, il figlio che sta aspettando non subirà conseguenze, l’uomo ha lasciato diversi documenti falsi… come se, a un certo punto, sia subentrata una sorta di corsa per arrivare al punto. Il cliffhanger, invece, è perfetto.
Barbara Businaro
Nov 19, 2024 at 7:08 PM ReplyUhm, che fosse una corsa per arrivare alla fine no. Dato che “strutturo” la storia tutta all’inizio, prima di scrivere, non era un chiudere in quattro righe il tutto. Il fatto è Dal punto di vista di Liam, non possiamo sapere prima che le indagini sono partite già da tempo per via della segnalazione della vicina anziana. Salvo qualche fuga di notizie, resta il riserbo verso i giornali. I documenti dell’uomo li trovano nel momento in cui possono perquisire la casa e non ci mettono molto se hanno un certa urgenza. Il cadavere di Nayeli lo recuperano alle prime luci, il portafoglio lo trovano subito e tutto viene ricollegato. Dunque qualcosa esce nei giornali della mattina, altro in quelli del pomeriggio e qualcosa direttamente in rete, oramai più veloce di qualsiasi rotativa.
Forse ho risentito dell’ultima notizia, del povera neonata affogata nel water nel retrobottega di un night, alla periferia di Padova, proprio nei giorni in cui stavo scrivendo. E’ stata davvero veloce, dal ritrovamento alla ricostruzione completa nel giro di appena tre giorni, e non si trattava di un’indagine già in corso.
Ma magari, nel caso di svilupparlo come romanzo, mi segno di rivedere questa parte. 🙂