Panchina sul lago della verità. Di oggi.

La verità di oggi

Durante questo straordinario periodo della nostra epoca, segregato anch’io tra le quattro mura domestiche, escludendo qualche rilassante conversazione tra terrazzi adiacenti, o tra terrazzo e vicinato a passeggio con quadrupedi di affezione, o qualche ora in giardino per il mio turno di usufrutto della panchina condominiale, mi sono messo alla ricerca di nuove attività che svagassero la mente e liberassero il poco spazio fisico disponibile. Come molti, sono stato reclutato volontario per le pulizie di primavera e nei ripiani più alti delle scaffalature mi sono imbattuto in polverose scatole dimenticate, da dove ho rinvenuto vecchi appunti, che chiamarli diari sarebbe inopportuno, e qualche lontana lettera, quando ancora si usava scrivere ad amici e parenti di proprio pugno, quando l’odierna tecnologia era del tutto assente e toccava al postino la cura delle nostre relazioni più care.
Erano forse i primi anni dell’apparecchio telefonico, quello con la ruota numerata da girare con un dito, incomprensibile per la gioventù del nuovo millennio, costosissima per l’economia del dopoguerra, riservata alle comunicazioni davvero gravi e urgenti, sovente in prestito all’unica famiglia facoltosa del quartiere.
Scrivevamo di più, sia agli altri che a noi stessi.
Così, nel tempo sospeso di questa pandemia, ho ritrovato proprio quei miei ricordi scritti. Ma non li ho riconosciuti.
Ho riletto accadimenti e riflessioni in età diverse della mia vita, considerazioni su fatti e persone che mi erano vicine e non lo sono più state, nonché i torti e le ragioni che ci hanno separato. Ciò che mi ha lasciato perplesso è come gli stessi eventi differiscono nel racconto a seconda dell’evolversi del rapporto con l’altro, e pure ora io ne abbia una visione nettamente contrastante.
All’affacciarsi della vita adulta sono parole dolci, di gratitudine, complicità, perfetta intesa, anche nella situazioni faticose e complesse di un ragazzo all’esplorazione del proprio luogo nel mondo.
Poi divengono paragrafi durissimi, feroci, rabbiosi, dove tutta la storia viene rivista, scomposta, smembrata, ciò che prima era bene si tramuta in male, anche se la sostanza del fatto era, ancora è, la medesima. Nulla era cambiato se non lo sguardo di chi scriveva.
Se ripenso oggi, con l’esperienza oramai canuta, alle medesime circostanze, le immagini sono ammantate da una patina di malinconia. Scorgo gli errori ma ravvedo la buona fede, capisco che non si poteva fare altrimenti, o forse si, però in quel momento chi prendeva le decisioni non riusciva a percorrere altre vie.
Tra questi mucchi di fogli e quaderni logori, ci sono anche lettere di amici, e pure qualche amante. Moltitudine, eccessiva, di promesse da ognuno, quasi tutte vanificate lungo il calendario delle esistenze. Sono confuse cause con conseguenze, motivi con deduzioni, rimorsi con rimpianti. Non riconosco me e non riconosco neppure loro, qualcuno purtroppo nemmeno c’è più in questa vita. Sospetto che non riconoscerebbero se stessi comunque.
La verità dovrebbe essere solo una, per definizione. Un evento accade in una successione precisa di fattori e se ragioniamo solo dell’evento in quanto tale, eliminando ogni presunzione sul comportamento dei protagonisti, potrà rimanere solo una versione del racconto. Invece la verità di oggi non è la verità di allora. Quel che cambia è come le emozioni odierne ci fanno rivivere un momento lontano.
Che sia un ricordo bello o brutto dipende solamente da noi.

 

Vecchio viaggiatore di panchine avatar Guest blogger: Vecchio viaggiatore di panchine
Di lui sappiamo poco o niente. Se non che viaggia parecchio, ci scrive da luoghi lontani, a volte anche senza muoversi affatto. Colleziona foto di panchine, ognuna delle quali ha contribuito al suo spirito ed alla sua penna.

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Comments (12)

Giulia Mancini

Giu 19, 2020 at 9:01 AM Reply

Leggere lettere e quaderni del passato fa sempre un certo effetto, io ho trovato delle lettere nella mia cantina, corrispondenza di un anno intero con un compagno di scuola, ognuno a fare l’università in città diverse, è stato un tuffo nel passato incredibile, la parola scritta a mano ha una sua particolare magia…

IlVecchio

Giu 20, 2020 at 8:16 PM Reply

La parola scritta a mano è quanto di più vicino ad un viaggio nel tempo.

Brunilde

Giu 19, 2020 at 9:51 AM Reply

Anch’io, come tanti, durante il confinamento ho riordinato scaffali e mi sono imbattuta nei ricordi, sotto molteplici forme: appunti nei libri, fogli e foglietti, agende, lettere, fotografie e filmati. E capisco come la realtà sia sempre filtrata dall’emotività, dai sentimenti e dall’esperienza del momento. Ora, che vivo una stagione della vita in cui non ho più le potenzialità di un tempo, quando – da giovanissima – tutto poteva ancora accadere, mi concedo molta indulgenza con me stessa, uno sguardo affettuoso ma disincantato sul passato. Ma soprattutto, anche in un momento così strano e difficile, sono concentrata a vivere il presente, con pienezza, e fare progetti per il futuro, con la fiducia…di poter viaggiare con gioia ancora per qualche panchina!

IlVecchio

Giu 20, 2020 at 8:26 PM Reply

Più che indulgenza verso me stesso, all’aumentare delle candeline ho migliorato l’indulgenza verso gli altri.
In quanto alle panchine, ho già iniziato qualche timida esplorazione tra i parchi pubblici, ma le trovo stranamente affollate visti i tempi.

Barbara Businaro

Giu 19, 2020 at 7:09 PM Reply

A me è capitata l’esperienza contraria, quando sistemando dei cassetti ho ritrovato un vecchio diario delle superiori, ma non scolastico, e un’agenda che usavo come sfogatoio dell’energia negativa, quando era troppa e dovevo assolutamente toglierla dalla mia mente, una scrittura-terapia prima di tornare alla scrittura creativa. (Non è successo durante la chiusura per pandemia, non mi sono messa a fare ordine, mi è toccato invece aggiustare cose o terminare lavori casalinghi eternamente sospesi 😛 )
Ho riletto quegli scritti un anno fa e ho ricordato ciò che avevo dimenticato. E avevo ragione allora! Credevo di aver avuto torto per la giovane età, invece adesso mi tocca riconoscere che avevo visto giusto! Ho sofferto le pene dell’inferno perché “quando sarai adulta capirai anche tu”. E ora che sono qui, nella meravigliosa e dorata età adulta, col cavolo! Quel che sentivo era vero, e in questi anni, i fatti, testimoniati da documenti e persone esterne, l’hanno pure dimostrato. “Due pesi e due misure” è la frase che mi ha perseguitato di più. Magari un giorno la userò come titolo…

IlVecchio

Giu 20, 2020 at 8:33 PM Reply

Potrei rispondere che “quando sarai VECCHIA capirai anche tu”. Ma è una frase dove nascondersi dietro, per non fornire spiegazioni esaurienti e comprensibili, mi pare di averne già scritto proprio qui.
Sull’aggiustare cose, è previsto anche il servizio a domicilio? : -)

Marina

Giu 20, 2020 at 9:02 AM Reply

Io conservo tutto e non faccio ritrovamenti casuali, perché so dove colloco lettere, pezzi di carta dove ho trascritto pensieri, diari e, poiché sono una feticista compulsiva, ho una valigetta dove tengo il profumo che mi ricorda una persona (ormai disseccato, ma se sviti il tappo la fragranza si sente ancora e non sai come la mia mente, in un fiat, raggiunge epoche e luoghi e situazioni…), una maglietta indossata in un’occasione importante e tracce varie di lontane presenze nella mia vita. Tutto cambiato, tutto diverso, oggi, ma nei ricordi, io cerco di mantenere intatta ogni cosa: quelli, i ricordi, non si evolvono, non invecchiano insieme a noi.
Ciao viaggiatore!

IlVecchio

Giu 20, 2020 at 8:45 PM Reply

Lo so, lo so che voi signore conservate tutto e sapete sempre dove ritrovare le cose. Siamo noi uomini che dobbiamo scoprire dove avete spostato anche le nostre cose, se non le avete buttate. Per errore, s’intende. : -)
Ci sono dei ricordi belli che con il tempo diventano ancora più belli, soprattutto se c’è un oggetto a tenerli in vita.

Sandra

Giu 20, 2020 at 11:21 AM Reply

Questo pezzo mi è piaciuto molto, anche per il remember dei miei tempi tra bollette costose e vere lettere di carta, una comunicazione tanto diversa.
RIleggere, anche nel blog volendo, qualcosa che appartiene al passato dà spesso una visione differente, ma può portare anche a conferme, gli scritti sono condizionati dallo stato d’animo di quel momento, che magari abbiamo superato o elaborato o semplicemente mentre ci rileggiamo abbiamo uno stato d’animo diverso. Sono esercizi interessanti e importanti. Il filtro mentale della memoria agisce in autonomia. Ricordo certi sfoghi, senza doverli rileggere, per i troppi divieti di mia madre, orari stretti che non mi consentivano una vita sociale adeguata ai miei compagni, ero furiosa, ora so che sì, aveva esagerato, voleva proteggermi dai mali del mondo, ma se tutti a 15 anni vanno in discoteca al sabato pomeriggio, e il venerdì ci si organizza in classe e tu (cioè io) sei inclusa dai compagni ma poi no, sai che alla fine non potrai andarci, è dura e alla lunga ti taglia fuori.

IlVecchio

Giu 20, 2020 at 8:55 PM Reply

Tutti, in varie epoche, abbiamo litigato con i nostri genitori, per naturale scontro generazionale o semplicemente perché per un genitore, per un bravo genitore, è difficile lasciare andare una parte di sé in giro tra i pericoli del mondo, senza poter far nulla. Qualcuno vi eccede anche per egoismo, per non averne un fastidio o per proiezione dei propri desideri sul figlio, quale una seconda occasione di realizzazione. Invece, come insegna Gibran, “I vostri figli non sono figli vostri.”
Anche nei miei appunti c’erano pensieri riguardanti mio padre e mia madre.

Rebecca Eriksson

Giu 20, 2020 at 6:32 PM Reply

“il calendario delle esistenze” la trovo una bellissima definizione, che probabilmente ruberò.
Se leggo i miei diari personali adolescenziali provo ribrezzo: ci sono molte cose false scritte, perchè per un qualche motivo volevo che ci fosse la testimonianza di quella visione e non della verità.
Un giorno in soffitta trovai una cartolina ricca d’amore del mio bisnonno che dal fronte scriveva alla famiglia che presto il suo battaglione sarebbe tornato in zona e poteva passare a salutare la moglie e le figlie. Quando seppi che era morto in guerra piansi e volli tenere cara quella testimonianza.

IlVecchio

Giu 20, 2020 at 9:03 PM Reply

Eppure in quel momento dell’adolescenza, quella che oggi chiama “visione” era “verità”. Quando scriviamo, siamo convinti di quello che scriviamo. Con il tempo si aggiungono dettagli, nuove informazioni, rielaborazioni, e giungiamo ad un’altra verità.
Non posso garantire che “il calendario delle esistenze” sia una definizione mia, magari l’ho letta, chissà dove e chissà quando. : -)

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