We have no time to stand and stare - Quanto vale la tua parola? E il tuo tempo?

Quanto vale la tua parola

La mattinata è piacevolmente tiepida. Sono seduto a un tavolino del bar all’aperto, gustando il primo caffé e qualche pagina de “L’uomo che guardava passare i treni” di Simenon, mentre mi distraggo guardando passare le persone sulla via. Il mio appuntamento, un amico che non saluto da qualche mese, forse addirittura più di sei mesi, tanti quando l’età avanza, è in ritardo. Ho già concesso il quarto d’ora accademico, come pure la mezz’ora di cortesia. Temendo qualche intoppo che abbia bloccato il mio interlocutore senza rendersi conto del movimento delle lancette al suo polso, ho già tentato una chiamata al suo cellulare, suonava libero e senza risposta, e l’invio di un messaggio. In altra epoca, mi sarei dovuto accontentare di contattare un numero fisso dal telefono della caffetteria e chiedere se almeno avesse lasciato casa o se i presenti avessero altre sue notizie. Dopo quarantacinque minuti, durante i quali ho ceduto la gola ad una briochina integrale, diminutivo e composizione ingannatori, finalmente il mio telefonino squilla imperioso. L’amico, con voce impastata ma gaudente, si scusa del lieve ritardo, con un panegirico di tutti gli accadimenti intercorsi, incomprensibili per quel che mi concerne, si dilunga in parentesi di varia natura e anziché annunciarmi il nuovo orario di ritrovo o la sua presenza oramai prossima a quello stesso tavolino, termina il discorso con un “Tanto vale fare un’altra volta”.
Contrariato senza darmi pena di nasconderlo, chiedo quando potrebbe essere questo nuovo appuntamento, e lui sciorina un’altra serie di scuse per le quali potremmo, forse, non ne è certo, dovrebbe verificare, vederci dopo l’intera estate. Rimestando il cucchiaino dentro la tazzina per raccogliere l’ultimo residuo di zucchero e addolcire le mie successive parole, rifletto che quell’incontro fallito l’aveva fissato proprio lui, dopo molte difficoltà. Ma la vera tragedia è l’abitudine cronica a non mantenere fede agli impegni presi. Proprio con tale motivazione avevo riservato la mia mattina alla lettura, portando con me il romanzo, e solo per caso fortuito a quella visita. Quanto vale la tua parola, vorrei domandargli ogni volta che mi giura di non mancare. Lo conosco da molti lustri oramai, non mi aspetto nulla dalle sue promesse, non c’è nemmeno cattiveria o malafede nelle sue intenzioni, solo una pessima educazione. Questo mi riporta a mio padre.
Da giovinetto soffrivo della sua severità. Non si lasciava andare agli entusiasmi, non era nel suo carattere, e difficilmente concedeva qualcosa se non l’aveva prima vagliata a fondo, sotto tutti gli aspetti. Quando però assumeva un obbligo verso qualcun altro, tutta la sua persona si concentrava nel portare a compimento quell’obbligo, a costo della sua stessa salute se necessario. Noi figli eravamo abituati a sentirci negare molte richieste, solo più tardi avrei riconosciuto quanto fossero fanciullesche e sconvenienti, ma quelle rare occasioni in cui mio padre ci regalava il suo consenso, avevamo la certezza che non ci avrebbe deluso. La sua parola verso noi figli lo impegnava con la medesima serietà riservata ai suoi clienti più autorevoli. Ovviamente questa dignità verso sé stessi e gli altri era poi la base della nostra educazione, dovevamo mettere la stessa attenzione per le nostre responsabilità. Allora mi sembrava tutto così eccessivo, maniacale persino. Solo da adulto ho realmente compreso il valore che mio padre conferiva non solo alla sua parola, ma soprattutto al tempo altrui. Un uomo ha il diritto di utilizzare il proprio tempo come crede, e lui era un camminatore di prima classe, il suo tempo preferito era tra le montagne, ma non ha alcun diritto di sprecare il tempo degli altri. Non ci appartiene.
Quella telefonata di giustificazione del mio amico l’ho poi conclusa ricordandogli un assioma alquanto evidente e incontrovertibile.
Siamo tutti pieni di impegni.
Il segreto è non prendersene altri.

 

Leisure
William Henry Davies
What is this life if, full of care,
We have no time to stand and stare?
No time to stand beneath the boughs,
And stare as long as sheep and cows:
No time to see, when woods we pass,
Where squirrels hide their nuts in grass:
No time to see, in broad daylight,
Streams full of stars, like skies at night:
No time to turn at Beauty’s glance,
And watch her feet, how they can dance:
No time to wait till her mouth can
Enrich that smile her eyes began?
A poor life this if, full of care,
We have no time to stand and stare.

Tempo libero
William Henry Davies
Cos’è questa vita se, piena di preoccupazioni,
Non abbiamo tempo per fermarci e guardare?
Non c’è tempo per stare sotto i rami,
E fissare a lungo come pecore e mucche:
Non c’è tempo per vedere, quando attraversiamo boschi,
Dove gli scoiattoli nascondono le loro noci nell’erba:
Non c’è tempo per vedere, in pieno giorno,
Ruscelli pieni di stelle, come cieli notturni:
Non c’è tempo per voltarsi allo sguardo della Bellezza,
E osservare i suoi piedi, come possono ballare:
Non c’è tempo per aspettare che la sua bocca possa
Arricchire quel sorriso iniziato dai suoi occhi?
Una vita povera questa se, piena di preoccupazioni,
Non abbiamo tempo per fermarci e guardare.

 

Vecchio viaggiatore di panchine avatar Guest blogger: Vecchio viaggiatore di panchine
Di lui sappiamo poco o niente. Se non che viaggia parecchio, ci scrive da luoghi lontani, a volte anche senza muoversi affatto. Colleziona foto di panchine, ognuna delle quali ha contribuito al suo spirito ed alla sua penna.

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Comments (10)

Roberto

Apr 25, 2022 at 9:17 AM Reply

Caro amico di penna (se posso permettermi), l’educazione è da sempre una merce rara come l’oro, la correttezza, il mancato rispetto per gli altri è mancato rispetto per se stessi.
Soffro di sindrome ansiosa, agli appuntamenti e in ogni occasione sociale o lavorativa arrivo sempre in anticipo, conscio del fatto che la colpa è mia, quindi aspetto, come è giusto che sia. Mi aspetto che il mio appuntamento arrivi puntuale, che sia uomo, donna o megadirettore eccelso. Aspetto, spesso non ci sono neppure panchine ma solo un marciapiede affollato. Aspetto 15 minuti, nel caso un di imprevisto telefono, anche se dovrebbe essere l’appuntamento a farlo, per educazione, appunto.
Poi me ne vado.

Mi par di notare che ultimamente le persone siano strane, nervose, aggressive. Sarà il Covid, la guerra, l’invasione delle cavallette o qualcosa nell’aria ma i rapporti tra le persono sono cambiati. Per lavoro prendo appuntamenti, in parte vengono disattesi senza spiegazione.

Mi chiedo come combattere l’altrui maleducazione ma non trovo risposte o giustificazioni. La gente è strana, è diventata strana. Non mi arrabbio neanche più, depenno, cancello. Voglio una vita educata, Vasco permettendo.

IlVecchio

Apr 27, 2022 at 11:10 AM Reply

La pandemia e la maggiore consapevolezza della caducità della vita hanno esacerbato alcuni comportamenti. Un istinto di sopravvivenza sfociato nell’egoismo più bieco, trasversale alle posizioni assunte in merito alla vaccinazione. Ho osservato situazioni bellicose e animi prepotenti sia dall’una che dall’altra parte. Per quanto riguarda poi gli appuntamenti, eccezione per questo mio particolare amico che già non li rispettava prima, l’imprevisto di un contagio appena scoperto, le lunghe file per un responso sanitario, poi magari il conseguente isolamento, hanno reso “normale” non presentarsi e nemmeno avvisare con una banale ma efficace telefonata. Non so se possa essere una soluzione efficace per tutti, ma per la sua attività un mio amico ha deciso di far pagare anche gli appuntamenti non disdetti entro la giornata precedente. Temeva un calo di clienti, invece hanno preso maggior coscienza dell’impegno. : -)

Roberto

Apr 27, 2022 at 5:35 PM Reply

Caro @vecchio, l’idea è senz’altro allettante ma nel mio specifico caso non posso attuarla, sic! Un altro caso a cui mi sento di attribuire il valore di parola data e non mantenuta è il seguente: il 24 marzo ero fermo, con la mia amata moto, in coda. Vengo tamponato, cado e mi ritrovo due costole incrinate. La signora si profonde in scuse più volte, non mi aveva visto! Apprendo recentemente che la suddetta ha cambiato versione, uno dei mali del bonus malus, e ora rischio di non vedere un ghello. Mi chiedo se sarebbe successo nel 2019, forse si, forse no…
Il mio appuntamento con il risarcimento è stato rinviato o annullato 🙂

Segno dei tempi? I) Negli anni del Covid, nei primi tempi, eravamo affratellati da una disgrazia comune, luci accese (oggi non canviene), cori sui balconi, “ce la faremo” e altre amenità del genere.

Oggi la minaccia sembra lontana, anche se è bene non farsi troppe illusioni, ricominciamo a vivere una vita normale, come nel 2019, ma siamo cambiati dentro, la paura inespressa ci rode e ci porta ad essere ancora più egoisti e a volte meschini.

IlVecchio

Apr 28, 2022 at 6:34 PM Reply

Sono molto dispiaciuto per questa esperienza. Sono stato purtroppo sia dall’una che dall’altra parte di un tamponamento, perché la distrazione nel traffico, la fretta di muoversi, l’anticipare idealmente la partenza del veicolo davanti traggono in inganno anche il più bravo. Non ritengo che ritrattare la versione dell’incidente sia un segno dei tempi, solo perché altri conoscenti si sono trovati nella medesima situazione (sempre dopo l’intervento dell’assicurazione o dell’infortunistica), molto prima del 2019, forse più di un decennio prima. : -(

Giulia Mancini

Apr 25, 2022 at 9:31 AM Reply

Molto bella la poesia di Davies.
Questo racconto mi ha ricordato una vecchia amica che ho smesso di frequentare, ogni volta proponeva di vederci, ma quando le proponevo una data, un giorno della settimana lei non era mai sicura e aveva già un altro impegno, così le dicevo: proponi tu un giorno, al limite mi libero. Quando dopo ballottaggi di date concordavamo un giorno, quel giorno diventava un supplizio, mi mandava dei messaggi ogni ora: “forse per le 20 non ce la faccio, facciamo alle 20,30” “ mi sa che mi libero, va bene alle 20.00” “e se anticipassimo alle 19,30? Così anticipiamo perché alle 22.00 voglio essere a letto, domani devo svegliarmi presto” ecc ecc Ricordo che una volta dopo un giorno di tira e molla saltò l’appuntamento, restammo d’accordo che ci saremmo sentite la settimana successiva, lei non mi chiamo e io non lo feci, ho smesso di cercarla.
Tempo fa l’ho incontrata per caso e ci siamo salutate con affetto (che poi non è una cattiva persona) lei mi ha detto: dovremmo vederci una sera, certo ho risposto, ti chiamo io un giorno di questi, ma non ho specificato l’anno.
Riguardo alla parola data, capisco bene il pensiero di tuo padre, per me dare la parola equivale a un impegno concreto, ma vedo che non è così per molti, solo bla,bla, bla direbbe Greta Tumbergh

IlVecchio

Apr 27, 2022 at 11:32 AM Reply

Un esempio di come i messaggi possono complicare la situazione, invece di migliorarla. Non tollererei proprio un balletto sull’orario di questa guisa, logorante oltre la decenza. Capisco che la persona dall’altra parte sia in difficoltà con la gestione del suo tempo, ma a questo punto tanto vale rimandare. Se poi il differimento dell’incontro perdura a lungo, come nel caso del mio amico, allora ne traggo solo la conclusione che non ha poi così vivo interesse nel vedermi. Se avrò voglia di un’altra mattinata solitaria al bar, potrò anche concedergli un’altra occasione. L’importante è avere un buon libro per compagnia, e il libro non si offenderà se poi lo metterò da parte per chiacchierare.

Sandra

Apr 25, 2022 at 7:33 PM Reply

Per me la parola data ha ancora un gran valore e credo anche per parecchia gente, quella di cui amo circondarmi. Poi certo, caro Vecchio e simpatico viaggiatore di panchine. Amici così, come quella citata da Giulia ne ho avute anch’io, due in particolare, beh non sono più mie amiche.

IlVecchio

Apr 27, 2022 at 11:49 AM Reply

Con l’età si diventa deboli di cuore e più propensi a lasciar correre. Una debolezza anche mia. : -)
Poi si narra che gli amici si vedono solo nel momento del bisogno. Per mia fortuna, non ho ancora avuto davvero bisogno. Quando capiterà, solo allora osserverò chi si presenterà al mio capezzale.

Barbara Businaro

Apr 26, 2022 at 4:39 PM Reply

Gli imprevisti capitano, gli imprevisti “seriali” no, nascondono qualcos’altro.
Mi capitò di arrivare in ritardo di un quarto d’ora persino a un colloquio di lavoro, perché il navigatore mi aveva fatto sbagliare strada (tempi lontani di palmare, ricevitore gps a filo e mappe mai aggiornate, nemmeno a pagamento). Per la verità il navigatore ci aveva pure visto giusto, non era una buona azienda quella e nemmeno una buona offerta. Agli altri colloqui però sono sempre arrivata puntuale, un’ora prima per sicurezza, sperando ci fosse un bar nelle vicinanze.
La puntualità mi è stata insegnata sì come rispetto per gli altri, ma dipendeva da chi fossero gli altri. Spesso mi si chiedeva di essere maleducata fuori di casa pur di essere puntuale in famiglia. Come quando uscivo di corsa dall’aula al primo squillo della campanella, magari quando il professore stava ancora parlando, perché fuori, in attesa nell’auto, c’era il genitore rabbioso che non ci vedeva più dalla fame. Tra incudine e martello. L’incudine del professore che poteva rifilarmi una nota e il martello del genitore, che aveva urgenza di andare a casa a mangiare. Una volta il professore mi ha costretto in classe… il genitore è partito e se n’è andato a casa. Me lo ricordo bene. C’erano ancora le tessere telefoniche e i telefoni a gettoni. Sono uscita con dieci minuti di ritardo, con tutta la mia classe, ma per me non c’era nessuno. Non avevo né l’autobus né alcun’altra amica che tornasse a casa per la mia zona. Ho chiamato casa, mi è venuto a prendere un altro famigliare, non ho mangiato niente fino a sera dal nervoso. Che cosa mi si voleva insegnare, non l’ho capito nemmeno ora, da adulta.
E per quanto riguarda onorare gli impegni, tante promesse non sono state mantenute. Venivano fatte in presenza d’altri, forse per dimostrare qualcosa, e poi disattese, senza spiegazioni convincenti. Nonostante questo, o forse per contraccolpo, cerco di dare il massimo valore alla mia parola. Dico pochi sì, ma quei sì hanno la mia massima attenzione.

IlVecchio

Apr 27, 2022 at 12:09 PM Reply

Della tua parola io so, ho evidenza. : -)
In quel frangente, abbandonata fuori da scuola, non ti si voleva insegnare niente. Semplicemente i genitori non sono infallibili, sono esseri umani, chiamati talvolta a un compito superiore alle proprie forze e capacità. Quello era solo un atto d’egoismo, e purtroppo da genitore posso dirti che capita sovente, non ce ne accorgiamo. Troppo spesso si dice “è per il tuo bene”, ma un genitore non sa nulla del bene di un figlio, è una scommessa, si tira a indovinare il più delle volte. E qualche caso di cronaca mostra anche quanto terribile possa essere il futuro intravisto dal genitore o il risultato che ve ne è conseguito. Qualcuno si schermisce dalla propria responsabilità affermando l’importanza del carattere del figlio, insito nella sua natura. Non è così. Chi semina vento, raccoglie tempesta. Chi semina amore, raccoglie felicità.

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