I panni sporchi (non) si lavano in famiglia - Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne

I panni sporchi (non) si lavano in famiglia

L’ultimo tragico femminicidio ha scosso tutto il paese dove risiedo e ancor più l’intera nazione. Non leggo altro sul quotidiano locale da settimane, dalla scomparsa della giovinetta e dalla conseguente spasmodica ricerca, seguendo le telecamere stradali, attraversando financo il confine. Dopo il ritrovamento del corpo esanime, oltraggiato nel fisico ma ancor più nell’anima dalla stessa persona che giurava di amarla, i giornali e le reti sociali si stanno scatenando nel rintracciare e diffondere ogni minimo particolare di questa crudele vicenda. Le prime pagine di ogni rotocalco turbano i nostri momenti di pausa con domande scomode e riflessioni amare. Nessuno si salva dal dubbio interiore, nemmeno il punto interrogativo.
Quanto durerà ancora. Soprattutto, durerà abbastanza stavolta. O ce ne dimenticheremo di nuovo col panettone del prossimo Natale.
Ammetto di aver versato lacrime silenti per lei, sorriso limpido che non vedrà più il mattino.
Ammetto di aver provato una rabbia atroce contro l’assassino, e al contempo una spaventata incredulità per la sua freddezza.
Ammetto di essermi chiesto, con strenuo terrore, se mi sono prodigato abbastanza per educare i miei ragazzi, ascoltarli ogni giorno dal primo vagito, accompagnarli per un tratto del loro cammino e poi indirizzarli per proseguire da soli, senza perdere la direzione giusta. Con l’ipocrisia di conoscere la direzione giusta, poi. Se non altro, il rispetto della vita altrui mi sembrerebbe una base solida, ma la mia convinzione in questi giorni vacilla.
Posso solo immaginare la solitudine di un genitore al giungere di una notizia così terribile sul proprio figlio, sia questo vittima o carnefice, perché il dolore è il medesimo, i rimorsi e i rimpianti si rincorrono alla stessa stregua, in una confusione implacabile.
Però mentre alcuni di noi si interrogano sul significato profondo dell’esistenza, altri continuano senza sosta a sfogare la propria rabbia verso la loro compagna, alla quale avevano giurato amore eterno. Una morte brutale ogni tre giorni, numeri terrificanti. Non riesco a dare un senso a questi anni bui, a tratti più oscuri del Medioevo e delle sue innumerevoli oscenità, comprese povere innocenti bruciate sul rogo accusate di stregoneria.
Abbiamo protestato in piazza il 25 novembre, la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, ma una singola giornata non può guarire una cultura malata, un malessere sommerso che occasionalmente mostra tutto il suo orrore. In fondo non siamo così evoluti come vogliamo sembrare.
Il delitto d’onore è stato eliminato solo nel 1981 dal nostro codice penale. Prima di allora, erano applicate forti attenuanti per l’omicidio della moglie sorpresa in flagrante adulterio, o di una sorella scoperta in una relazione carnale illegittima, o di una figlia compromessa nella sua virtù, anche per stupro subìto, se non veniva combinato un matrimonio riparatore, così che l’aguzzino poteva pure conquistare la propria vittima, salvando l’onore della famiglia.
Non sono trascorsi nemmeno cinquant’anni da questo scempio, in alcune zone permane la pratica del delitto d’onore, sebbene senza sconti di pena, e crediamo di esserci completamente affrancati dall’orgoglio patriarcale. Nascondiamo la nostra ipocrisia sotto la sabbia della modernità. Riempiamo le nostre case di oggetti sfavillanti, per mostrare l’opulenza conquistata nell’ultimo secolo, ma siamo rimasti molto poveri dentro, aridi.
Ricordo quando da ragazzino scoppiò uno scandalo nella profonda campagna nebbiosa dove vivevano da secoli i miei antenati. Un padre padrone che, inebriato dai fumi dell’alcool, non contento di aver percosso allo sfinimento la consorte, aveva stuprato l’indigente servetta, lasciandola gravida e disonorata. Con il sostegno del clero e l’appoggio delle autorità, la ragazzina trovò riparo e marito in un’altra nazione. A lei e alla moglie vennero addossate le colpe del misfatto, mai a colui che compì l’atto, soggiogato dalla diabolica indole femminile. Non occorre cercare nella Letteratura Ottocentesca, questi fatti appartengono al nostro recente passato. Se ancora oggi le ragazze hanno paura di denunciare la violazione del loro corpo è perché hanno ben compreso che quella cultura sopravvive in una società dove gli scranni decisionali sono ancora appannaggio esclusivo maschile. Compresi i tribunali dove gli stupratori non vengono condannati se lei indossava un paio di blue jeans, se aveva bevuto qualche bicchierino di troppo, magari drogato a sua insaputa, non aveva gridato abbastanza forte quel “no”, soffocato dal panico e dalle mani che la stritolavano. Bestie, siamo peggio delle bestie.
I panni sporchi si lavano in famiglia, sentenziava mio padre colpendo col bastone il pavimento, lo stesso rumore del martello di un giudice. Niente doveva uscire dalla porta di casa, per l’onore della famiglia, che doveva rimanere sacro. Quanti torti si sono subiti in nome di quella legge non scritta. Quante donne si sono tenute le botte e l’uomo sbagliato per non essere giudicate male dalla comunità, dalle loro stesse madri e sorelle per giunta. Quanti soprusi si sono perpetrati nel silenzio assenso della paura stessa. La società di oggi è erede di quell’omertà purulenta.
Non guardare me, sembra dire lo sguardo del mio amico mentre ne discutiamo durante una passeggiata. Ci riguarda tutti, rispondo senza parole a mia volta. Nelle decisioni quotidiane applichiamo un lieve filtro senza rendercene conto. Giudichiamo il bravo ragazzo dall’abbigliamento e dalle frequentazioni così velocemente quanto condanniamo all’angolo una collega con battutine sconvenienti sulla sua gonna sopra il ginocchio. Persino i nostri modi di dire sono intrisi di questa presupposta superiorità maschile, da “Auguri e figli maschi” a “Donna al volante pericolo costante”. Un passato che ancora condiziona il futuro.
Alla macelleria del quartiere, il proprietario pontifica sulla civiltà malata, dove manca rispetto per la vita umana, ancor più verso le donne. Ma le chiama “sesso debole”, così senza avvedersene le sta già rinchiudendo dentro un recinto di inferiorità. Le clienti presenti ascoltano ma tacciono con severo cipiglio. Probabilmente sanno, come tutti gli abitanti del circondario, che il signore nella sua magnificente modernità ha scelto di far proseguire gli studi universitari al suo primogenito maschio, mentre la figlia si è dovuta accontentare di un diploma, seppure a pienissimi voti, perché tanto si sposerà e rimarrà a casa ad accudire la prole all’inizio, e gli anziani subito dopo. Senza nemmeno chiedere cosa desidera per sé, come sarebbe in suo diritto.
C’è ancora molto da cambiare per considerarci una società civile moderna.
Ognuno è chiamato alla sua parte, senza scuse.

 

 

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Comments (16)

Daniela Bino

Nov 30, 2023 at 9:57 AM Reply

Sono anch’io sconvolta per quanto è successo. E, come Lei, resto basita, ascoltando i commenti davanti al banco del supermercato o leggendo i post su Facebook, scritti da persone che dovrebbero solo TACERE meditando sul dolore di chi è stato vittima e di chi rimane a piangerli; ma, si sa, i primi a parlare sono quelli che della saccenza ne hanno fatto un pilastro della loro personalità di buonisti. Sono proprio loro che, dall’alto di questo affastellamento di idee e sentimenti da “persone” perbene, lanciano anatemi contro quelli che sono proprio come loro, lasciando alle Giulia che ancora subiscono, un solo, doloroso, silente afflato: #METOO!

IlVecchio

Nov 30, 2023 at 1:16 PM Reply

Chiedo scusa, probabilmente nel mio cercare lucidità, mi sono espresso malamente: non sono basito dei commenti delle persone comuni rispetto a questo caso, esprimono rabbia certo, ma nascondono paura. Ognuno di loro sfoga nelle parole di accusa il terrore se un fatto del genere fosse accaduto nella propria famiglia. Cercano ossessivamente dei segnali premonitori per essere certi di riconoscerli a propria volta. E per quanto certe riflessioni siano davvero sconvenienti, al limite dell’oltraggio verso le persone coinvolte nella vicenda, sono convinto sia bene parlarne. Non del singolo caso in sé, quanto dell’emergenza che sembra chiaramente delinearsi. Se stiamo tutti zitti, torniamo a quel brutto adagio “I panni sporchi si lavano in famiglia” che serviva solo a nascondere il male, non a diminuirlo. Che se ne parli, ma con il dovuto rispetto, questo sì.

Grazia Gironella

Nov 30, 2023 at 11:06 AM Reply

Purtroppo sono più stupita delle reazioni al fatto che del fatto stesso. Nell’animo umano restano, e resteranno sempre, angoli di sofferenza e di oscurità che possono dare origine alla violenza. La società deve fare tutto il possibile per educare gli individui (tutti, uomini e donne) a diventarne consapevoli e imparare a gestire le proprie emozioni, a partire dalla scuola. E’ una violenza che non è possibile debellare, ma si può lavorare per arginarla. Non vorrei però sentire le schiere di espertoni che valutano e giudicano solo per riempire ore di trasmissioni, non vorrei vedere gli schieramenti aspri di “noi” e “voi”, non vorrei leggere sui social commenti beceri che sembrano godere soltanto del conflitto, della creazione di mostri e di divisioni. E a chi chiede “se fosse stata tua figlia?”, rispondo, come sempre: allora è probabile che non sarei in grado di ragionare, quindi il mio parere non conterebbe nulla, o saremmo ancora all’occhio per occhio. Bisogna riuscire ad andare oltre la ricerca della testa da mettere sul piatto, ma temo che siamo piuttosto lontani. Speriamo nel futuro. Per il resto, pace alla vittima e a tutti gli altri coinvolti, colpevole incluso. A pagare per questa azione orribile sono e saranno in tanti.

Grazia Gironella

Nov 30, 2023 at 11:14 AM Reply

Parlando si scuola non voglio assolutamente svalutare la responsabilità delle famiglie, ma credo che i genitori non solo non possano essere perfetti, ma che spesso non abbiano, oltre al tempo, nessuna preparazione specifica per affrontare problemi psicologici di questa portata. A posteriori, si mettono in fila i segnali e si dice: ma era chiaro!, quando di chiaro, nella vita interiore delle persone, c’è ben poco.

IlVecchio

Nov 30, 2023 at 1:38 PM Reply

Non credo che la scuola possa essere caricata anche di questo ulteriore compito, nemmeno gli insegnanti possono avere una preparazione specifica in materia. Abbiamo però un apparato di servizi sociali e quelli andrebbero probabilmente potenziati. La scuola può ravvisare alcune situazioni particolari e segnalarle per interventi di supporto. La scuola potrebbe essere il luogo dove i servizi sociali propongono un percorso da seguire insieme. Dovrebbe già essere così.

IlVecchio

Nov 30, 2023 at 1:28 PM Reply

In questo momento sto osservando il peggior giornalismo, atto non ad informare i lettori ma a fomentare la massa, nonché ambigui professionisti mettersi in luce con irriverenti riflessioni sulle famiglie coinvolte, basate su sole impressioni.
E’ prematuro disquisire sul singolo caso, gli organi di giustizia faranno le loro analisi opportune. Ma è tempo invece di discutere sulla prevenzione, a tutti i livelli e in ogni sede possibile. Famiglia, istruzione, istituzione, pubblica sicurezza.

Daniele Imperi

Nov 30, 2023 at 12:31 PM Reply

Il delitto d’onore non c’entra nulla con quell’omicidio.

Sei sicuro che il macellaio ha fatto proseguire gli studi universitari al primogenito maschio e non anche alla figlia? Altrimenti è una tua opinione personale. Questo che stai dicendo è qualcosa che accadeva decenni fa. Nella mia famiglia mie sorelle si sono laureate, i miei hanno pagato gli studi a tutti i loro figli. Le università sono piene di donne, anzi si laureanno perfino più degli uomini.

Questi omicidi frequenti di donne, quando ero ragazzo, non si verificavano. Per quale motivo?

IlVecchio

Nov 30, 2023 at 2:55 PM Reply

Nessuno di noi può conoscere lo scatenante di quell’omicidio, perché nessuno di noi può entrare nella mente dell’omicida. Nella mia riflessione, non il delitto d’onore ma la sua recente cancellazione è citata come esempio della società da cui proveniamo, dove la violenza poteva avere delle attenuanti.
Ho l’abitudine di distinguere le mie opinioni personali dai fatti, ed è un fatto che la figlia del summenzionato macellaio lavori come impiegata a tempo parziale presso una piccola azienda. Non è iscritta ad alcun corso universitario, per sua stessa ammissione, e non credo abbia interesse a mentire. I report annuali che ci mostrano una lieve maggioranza femminile tra i laureati non ci spiegano come mai poi fatichino a trovare lavoro o ricevano uno stipendio inferiore dei colleghi maschi, a parità di mansione. Questo probabilmente il mero calcolo economico del padre. Alcune zone del nostro paese sono poi più avvantaggiate di altre.
Non si verificavano omicidi di donne nell’ambito familiare/relazionale o non se ne sapeva nulla perché venivano derubricati in altro?
Quand’ero ragazzo io, le donne uscivano poco e non lavoravano. Rimanevano in casa e subivano in silenzio, forse questo era sufficiente a limitare la violenza alle “sole” percosse. Inoltre noi figli potevamo rivolgerci ai nostri genitori solo se interrogati, e usando il “lei”, in qualche caso pure il “voi”. Non sono affatto un nostalgico di quel periodo.

Giulia Mancini

Nov 30, 2023 at 8:05 PM Reply

Quando ho saputo della morte di Giulia mi sono sentita davvero male, forse perché era così giovane ma è stato come se fosse una ragazza della mia famiglia, fino all’ultimo ho sperato che lui l’avesse solo rapita. Quello che colpisce è che si tratta di un ragazzo nato nel 2000, anche se il fatto di essere della generazione zeta non vuol dire poi molto, ci si augura sempre che i giovani possano essere migliori.
E intanto continuano a morire delle donne per mano degli uomini che avrebbero dovuto amarle.
Credo serva un profondo cambiamento culturale per prevenire e non piangere dopo su quello che accade…

IlVecchio

Dic 01, 2023 at 12:28 PM Reply

Non ho cognizione di quanto la giovane età, e quindi la generazione di appartenenza, possa aver influito nel caso specifico. Quel che osservo e talvolta ascolto, tra amici e conoscenti rispetto ai loro figli, se non pure nipoti, è che invece di fornirgli gli strumenti per affrontare le intemperie della vita, si tende a proteggerli troppo, chiudendoli quasi in una bolla di perfezione. Non gli è concesso di sbagliare e imparare dall’errore, di cadere e provare a rialzarsi da soli, non sanno affrontare un rifiuto o lavorare duramente per conquistarsi un obiettivo. “A mio figlio ho dato tutto” mi sento spesso dire. “Ed è questo il tuo peccato” rispondo io.

Sandra

Dic 01, 2023 at 8:20 PM Reply

9 ore di interrogatorio e pare che Giulia sia morta dissanguata. E’ un orrore che non ha alcuna giustificazione.
E’ una tragedia che ha coinvolto tutti tantissimo,
Il patriarcato, condito a grandi dosi di misoginia, è ancora fortemente radicato, ecco mi sembra di scrivere una marea di banalità…

IlVecchio

Dic 02, 2023 at 11:39 AM Reply

In questo momento provo molta rabbia per quanto letto stamattina sull’ennesimo articolo di giornale. L’Arma dei Carabinieri adesso si permette di inviare una circolare ai vari Comandi per raccomandare “massima attenzione a segnalazioni di violenze” con “un’accurata e tempestiva gestione degli interventi“, proprio dopo il mancato intervento sulla chiamata di un uomo che ha visto, nel parcheggio sotto casa, una ragazza gridare “Basta, così mi fai male” e subito dopo “Aiuto” mentre un ragazzo la caricava in auto di forza. Pare sia stato catalogato con “Allontanamento volontario”. Scambiato per il “solito” litigio tra fidanzati, perché evidentemente è “normale” che un maschio strattoni la propria fidanzata in auto.
Non vorrei essere la persona che ha risposto a quella telefonata.

Barbara Businaro

Dic 04, 2023 at 10:50 PM Reply

Mi sono ritrovata a spiegare alle amiche straniere quanto è accaduto, perché la notizia è arrivata da loro velocemente tramite i social. Scioccate anche loro dai particolari della vicenda. Adesso però sto cercando di non leggere più gli aggiornamenti pressanti della nostra stampa, stanno esagerando sul singolo caso, dimenticando tutte le altre vittime di situazioni simili. Spero solo che si riesca a fare qualcosa, basta solo parole.

IlVecchio

Dic 06, 2023 at 6:59 PM Reply

Sto lasciando da parte pure io i quotidiani, portandomi appresso un libro. Se qualcuno devia la conversazione sul fatto, svincolo spudorato su un altro argomento qualsiasi, anche il gelo di questi giorni. Non dimentico però che su questo tema dovremo tornarci, seriamente.

Marina

Dic 06, 2023 at 5:54 PM Reply

Sarò una voce fuori dal coro: l’atrocità accaduta non va discussa, il modo in cui la tragedia è stato spettacolarizzata, invece, mi piace poco: i giornali e le tv vanno a nozze con queste storie, ci tengono a puntualizzare tutto, cosa fa l’assassino in carcere, quante ore ha dormito, come hanno reagito i genitori del mostro, cosa dice la sorella della povera Giulia… e poi i dibattiti su tutto per finire al funerale a reti unificate. Troppo. Ci sono state altre morti terribili, i numeri lo dimostrano, questo non è stato l’unico femminicidio in Italia eclatante. Io ho un mio personale pensiero: condannare i fatti è un obbligo morale che abbiano tutti, ma quando l’attenzione diventa una sovraesposizione, le menti malate (e non perché veramente patologicamente malate, eh) potrebbero sentirsi chiamate addirittura in causa, perché lo spirito di emulazione è dietro l’angolo e se per un giorno di celebrità si può decidere anche di commettere il peggio, pensa per un mese di programmi radiofonici, post su tutti i social, trasmissioni televisive, manifestazioni collettive…

IlVecchio

Dic 06, 2023 at 7:08 PM Reply

Non siamo soli, in questo coro. La spettacolarizzazione del funerale, con la concessione della grande basilica, tutto il centro cittadino interdetto al traffico, deviato il trasporto pubblico, il lutto regionale e un dispiegamento assurdo di giornalisti è stata quasi un’offesa per tutte le altre vittime di casi analoghi. Non lo comprendo. Nemmeno lo accetto. Tutta questa efficienza poteva essere impiegata meglio, fin da subito, per contrastare il fenomeno. Che non siano le solite parole vane.

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