
Morta sul nascere
(Dead on the vine)
Siamo di nuovo ad Halloween e io festeggio calandomi nelle sfumature della mia serie preferita, la storia di Liam e Caitlyn, per scrivere un nuovo capitolo di questo loro amore diviso tra due mondi, quello dei vivi e quello dei morti. Questo è addirittura il decimo racconto: sono ben dieci anni che continuò a scrivere questa serie, nata ascoltando una vecchia canzone dei Seether e proseguita con altre canzoni, musiche e parole che mi hanno ispirato altrettante avventure per i miei protagonisti. A che punto eravamo della loro travagliata storia d’amore? Dopo aver rincorso le nefandezze compiute da un bugiardo, che aveva lasciato morire una donna incinta sul fondo di un pozzo abbandonato, Liam aveva finalmente ritrovato la scatola rossa del nonno. Il vecchio gli era apparso in sogno dicendogli che la morte non esiste e di cercare quella scatola di latta rossa. Ma cosa conteneva quella scatola e perché era così importante? Anche la piccola Anne, la sorella di Caitlyn, nascondeva un segreto…
Se avete perso le puntate precedenti, le potere leggere qui nella nuova pagina a loro dedicata: La storia di Liam e Caitlyn
Il velo tra i vivi e i morti si assottiglia nella notte di Halloween. E tu non sai più dove sei.
Devi stare attento. Rischi di perderti in uno dei due mondi, per sempre.
Il fracasso del camion della spazzatura lungo la strada ridestò Liam dal mondo dei sogni, sogni infranti come il vetro che quella mattina veniva raccolto per essere riciclato. L’ultima immagine nella sua mente era il nonno che gli mostrava un foglio scritto a mano e gli intimava di fare attenzione alle quantità. Un altro fruscio sul cuscino gli ricordò una dolce presenza nella sua stanza.
“E’ quasi giorno” sussurrò Caitlyn al suo orecchio.
“Mi sono addormentato di nuovo” mugugnò Liam, la voce ancora impastata dal sonno.
Lei gli si accoccolò nuovamente addosso, la testa ad ascoltargli il cuore che batteva. “Ma tu devi dormire.”
Liam le baciò delicatamente i capelli profumati di iris. “Così non riuscirei a salutarti prima che tu vada via…”
“Non vado via, sono sempre qui anche quando non mi vedi.” Sollevò il capo per guardarlo negli occhi.
Fecero appena in tempo a scambiarsi un ultimo bacio, le labbra calde di Liam contro la freddezza eterea di Caitlyn, che lei scomparve in tante minuscole particelle di polvere illuminate dal primo raggio dell’alba alla finestra. Lui mugugnò di nuovo di insoddisfazione.
Giorno e notte. Vita e morte. E loro due nel mezzo. Che razza di destino crudele gli era capitato.
Si girò nel letto per dormire un altro po’, ma oramai la sua mente stava pensando a quel sogno e alla scatola del nonno, che aveva nascosta nello zaino, sotto tutti i libri che si portava in laboratorio. Aveva infatti analizzato il contenuto per sicurezza: c’erano diversi alcaloidi, una triptamina allucinogena endogena, un carbonato minerale, vitamine del complesso B e D. Un miscuglio puzzolente di radici, foglie essiccate e polveri colorate. A cosa servissero se combinate tutte insieme proprio non ne aveva idea. Le istruzioni lasciate dal nonno non erano poi così chiare.
Si alzò con calma, visto che era la sua giornata libera, e scese per la colazione che tutti se n’erano già andati. Nicholas gli aveva lasciato dei pancake ancora caldi sulla padella e la macchina del caffè ancora accesa. Se l’era presa comoda anche per essere sicuro che Caitlyn non fosse più effettivamente nei paraggi, che potesse vederla o meno. Sapeva che durante il giorno si spostava per vegliare sulle sorelle e sulla madre, tornando da lui solo verso il tramonto, quando sarebbero di nuovo stati insieme, nello stesso strano mondo condiviso.
Rassettata la cucina, tornò in camera a prendere la scatola rossa dallo zaino per poi andare in garage a lavorare sulla formula del nonno, il più possibile lontano dalle domande di Caitlyn. Fece spazio sul bancone di lavoro e cercò tutto l’occorrente tra i vari scaffali. Gli serviva un calderone dove bollire il tutto. Proprio come una strega moderna doveva preparare una pozione speciale, senza però conoscerne lo scopo.
Un’ora più tardi, mentre una poltiglia scura sobbolliva nella pentola sul fornellino da campeggio, vide arrivare Joen con passo spedito lungo il vialetto. Dall’andatura discontinua sembrava alquanto agitato. Tendeva a incespicare quando era nervoso.
“Perché non rispondi al cellulare? E’ tutta la mattina che ti chiamo!”
“Non so proprio dove sia il mio cellulare…” Liam si guardò intorno. “Mi sa che l’ho lasciato in carica in casa. Beh, che succede?”
“Ho concluso l’affare! L’ho comprato!”
“Congratulazioni, nuovo proprietario!” Liam abbracciò l’amico, anche se non sembrava così entusiasta del nuovo acquisto. Da mesi stava cercando dei nuovi locali dove spostare parte del magazzino del negozio e solo di recente aveva trovato un vecchio edificio da sistemare, ricavandone anche un piccolo appartamento per sé, per andarci a vivere da solo. Joen gli raccontò i dettagli della compravendita e dei lavori di ristrutturazione iniziati.
“C’è solo un piccolo problema e forse avrò bisogno del tuo aiuto…”
“Uhm…” Liam stava rimescolando il decotto, che aveva rischiato di uscire dal bordo.
“Del tuo aiuto particolare, intendo… ” Joen tossicchiò, guardandosi poi intorno, per accertarsi che nessuno fosse lì ad ascoltarli.
Liam sollevò appena lo sguardo dalla pentola, incuriosito. “Cioè? Che problema?”
“Beh, ecco, dicono che l’edificio sia infestato.”
Liam si voltò verso l’amico e lo scrutò con attenzione. “Ratti? Piccioni? Scarafaggi?”
Joen era avvampato per l’impaccio. “Ehm… fantasmi.”
Liam aveva appuntamento con Joen dopo il tramonto davanti all’ingresso dell’edificio. Se ci fosse stata qualche presenza ostile, l’avrebbe vista solo col calare della notte. Trovò l’amico ad attenderlo appoggiato al suo furgoncino, proprio di fronte al cancello principale. Stava digitando freneticamente sul telefonino. Alle sue spalle, uno stabile a due piani con l’intonaco scrostato in alcuni punti, ma ancora in ottime condizioni. Da un lato l’impalcatura usata per raggiungere il tetto in rifacimento, dall’altra il parcheggio interno occupato dai materiali edili coperti da teloni.
“Anche oggi i lavori si sono bloccati. Ci sono continui intoppi” gli spiegò Joen aprendo il cancello con le chiavi. “Una notte sono spariti tutti gli attrezzi. La mattina i ragazzi li hanno cercati ovunque e solo per un puro caso, perché Jonathan ha buttato l’incarto del panino, li hanno ritrovati nel cassonetto fuori in strada. Chi li ha portati fino a là? Un altro giorno hanno trovato tutto il piano terra allagato e hanno dovuto chiudere il rubinetto centrale fuori sul pozzetto, perché tutti i rubinetti dei bagni erano stati divelti dal muro e fatti sparire.” Joen avanzò sul vialetto di fronte al portoncino, cercando le altre chiavi dal mazzo tintinnante. Dovette sforzare un po’ per aprire il battente verso l’interno.
“Ieri mattina sono dovuti entrare spaccando il vetro di una finestra, perché questa porta era sbarrata da tre casse pesanti, che stavano sul retro la sera prima e non si capisce come si siano mosse, da sole, di notte.”
Accese un paio di lampadine che illuminavano gli ambienti intorno a loro, le pareti spoglie, i pavimenti protetti dalla plastica, l’odore di vernice e di calcinacci. Ogni singolo rumore si propagava con una debole eco lungo tutto il perimetro.
“Lei è qui con te?” chiese Joen sottovoce, con visibile imbarazzo.
“Non ancora…” gli rispose Liam con un sorriso divertito, ma proprio in quell’istante le sue narici avvertirono quella dolce nota di iris e una mano fredda strinse la sua. Caitlyn comparve al suo fianco e lui la strinse in un abbraccio. Quante tappe da normali fidanzati si perdevano in quella inconsueta convivenza clandestina. Con un sospiro cercò le sue labbra, che sentiva più calde del solito.
Quando si voltò di nuovo, Joen lo stava osservando sconcertato.
“Che c’è?” gli chiese Liam.
“Beh, è un po’ strano vederti baciare l’aria con così tanta passione… Immagino che adesso sia qui tra noi ” Joen scosse la testa e le spalle, per scrollarsi qualcosa di dosso. “E’ meglio se non ci penso.”
Avanzarono di stanza in stanza, verificando la situazione. Liam cercava qualche prova del passaggio di uno spirito, o forse di un banale ladro burlone. Caitlyn rimaneva in ascolto nel suo mondo, per capire se era l’unica presenza nei paraggi. Erano saliti anche al secondo piano, dove l’appartamento di Joen sarebbe stato terminato in un secondo momento, ma senza scorgere proprio nulla. Stavano per uscire dall’edificio, quando Caitlyn si pose davanti ai due ragazzi, come barriera di protezione. Di fronte a loro comparve un lenzuolo fluttuante a mezz’aria.
Joen sbiancò all’improvviso. Non poteva vedere che a reggere quel telo bianco vi era una signora anziana, alquanto minuta, che continuava a muoverlo da una parte all’altra, sorridendo allegramente. Indossava una gonna in panno scuro, una camicetta col merletto e un golfino di lana. I capelli grigi erano raccolti in una crocchia di altri tempi. Danzava al ritmo di un valzer mentre lanciava in aria il pezzo di stoffa e se lo lasciava cadere in testa.
“Lenzuolino! Lenzuolino! Lenzuolino!! Poi scoppiò in una risata allegra e ricomparve. “Buuu!”
Liam afferrò un braccio dell’amico. “E’ tutto a posto. Ha l’aria di una vecchietta simpatica. Non mi sembra pericolosa.”
“Se lo dici tu. Ma se i ragazzi vedono questo domani, non troverò un’altra impresa in tutta la nazione che voglia venire qui dentro.”
“Chi sei?” Liam alzò la voce per farsi sentire, anche se erano pochi i metri di distanza dal fantasma.
“Sono Cappuccetto Rosso e sto andando dalla nonna” rispose l’anziana.
Caitlyn si voltò verso Liam. “I suoi pensieri sono alquanto confusi. Non riesco a comunicare con lei. E’ sfuggente.”
“Che cosa ci fai in questo luogo?” Aumentò il volume, anche se non era convinto che i fantasmi fossero sordi.
“Lenzuolino! Lenzuolino!” La vecchietta si spostava per tutta la stanza, agitando quel telo bianco sotto i loro occhi.
Liam sbuffò. “Stai a vedere che c’è capitato il fantasma demente stavolta!”
“Davvero esistono?” domandò Joen sbigottito. “Vuoi dire che ci portiamo dietro anche i problemi di salute?!”
“Non lo so, non ne ho idea.” Poi guardò la figura snella di Caitlyn avanti a sé, nonostante la tragica fine di lei, morta dissanguata in un capanno abbandonato, dopo uno stupro e le coltellate. “No, direi di no” aggiunse sottovoce.
L’anziana si era fermata davanti a loro, osservava Liam con intensità. Avanzò verso di lui, ma Caitlyn le sbarrava la strada.
“Lasciala passare, magari ci dice qualcosa.”
Joen trattenne il respiro in attesa dell’ignoto. Da quando il lenzuolo era stato abbandonato per terra, poteva osservare solo le reazioni sul volto dell’amico. Si guardava intorno con circospezione, incerto sulla direzione da cui potessero giungere eventuali pericoli.
La vecchietta camminò leggera, quasi fluttuando, fino a pochi centimetri da Liam. I suoi occhi avevano abbandonato l’ingenua allegria, lasciando spazio alla tristezza. Inclinò la testa da un lato, continuando a fissare Liam dritto nelle pupille, direttamente nell’anima. Alzò lentamente una mano ad accarezzargli il viso. Liam sentì un velluto freddo lì dove sarebbe dovuto esserci un caldo contatto.
“Devi comprendere la profondità del buio per amare l’immensità della luce.” Non c’era squilibrio in quelle parole, solo una profonda lucidità soprannaturale.
In un attimo tornò al suo lenzuolo, lo sollevò nuovamente in aria, e ricominciò a danzare nella stanza. Liam quasi non se ne rese conto.
“Moriranno tutti… moriranno tutti… moriranno tutti…” canticchiava felice.
“Beh? Allora? Che succede?” bisbigliò Joen che temeva di rompere il silenzio.
Liam si passò le mani sul viso, perplesso. “E’ meglio che tu sospenda i lavori per qualche giorno. Diamoci il tempo di capire questa storia. Andiamo via.”
Con calma raggiunsero il portoncino per uscire, ma Caitlyn rimaneva indietro. Si muoveva con la testa rivolta verso il soffitto, quasi ad annusare l’aria intorno.
Liam le prese la mano. “Tutto bene?”
“Non lo so. Ho una strana sensazione qui dentro, ma non riesco a definirla…”
Di ritorno dalla mattinata di lavoro in laboratorio, Liam si era rifugiato in garage per controllare il suo esperimento. La pentola con quello strano intruglio era rimasta sul fuoco per tutta la notte, secondo le indicazioni del nonno, e adesso si stava raffreddando. L’odore che si era diffuso là dentro non era certo dei migliori.
Sollevò il portone basculante dell’autorimessa per ricambiare l’aria all’interno e vide così arrivare Joen con la borsa del suo portatile.
“Ho fatto qualche ricerca stamattina, sugli archivi storici dei fabbricati e terreni.” L’amico tirò fuori il suo computer e lo mise sul lato libero del bancone. “Ho esaminato un bel po’ di documenti e ho scoperto che l’immobile vent’anni fa almeno apparteneva ad una donna, sempre della famiglia. Tale Elizabeth Wisdom, ecco.”
Liam si avvicinò per guardare sullo schermo. “Ma tu stai comprando l’edificio da un uomo, un parente?”
“Sì, Ezequiel Wisdom, il fratello più giovane di lei, un signore sulla settantina. Ha perso la moglie due anni fa, magari potrebbe essere lei, il nostro fantasma.”
“Non posso scattare una foto di quello che vedo… dopo il tramonto” puntualizzò Liam in direzione di Joen. “Ma potrei riconoscerla se ci fossero delle vecchie immagini. Da viva intendo. Sei riuscito a rintracciarne qualcuna?”
“Purtroppo no. All’epoca non c’erano mica i social dove condividere ogni secondo della propria magra esistenza. Ho tentato sulle emeroteche digitali delle gazzette, sia quella stampata oggi che altri due giornali non più pubblicati, ma non è mai stata implicata in alcuna faccenda. Alla morte, i familiari non hanno inviato il necrologio ai quotidiani e quindi non c’è nemmeno quell’ultima fotografia.”
Stava terminando la frase, quando la marcia imperiale di Darth Vader di Star Wars tuonò minacciosa dal suo giaccone. Liam scosse la testa, ghignando divertito.
Joen afferrò il cellulare dalla tasca. “E’ l’agente immobiliare, dobbiamo vederci per le ultime firme… Pronto? Sì, l’appuntamento era per le cinque… un fatto grave? cosa? ma quando? accidenti! Sì sì, capisco, mi faccia sapere. Grazie.” Chiuse la telefonata e si mise a digitare un appunto sullo schermo. “Non ci posso credere. Il signor Wisdom è stato rinvenuto morto stamattina, dal figlio che era passato a prenderlo. Dicono che deve aver lottato con un animale in casa… e se non era un animale, dicono che doveva essere un assassino davvero feroce, pare lo abbia smembrato completamente!”
Joen ripose il cellulare e guardò Liam costernato. “E’ uno dei tuoi?”
“Uno dei miei cosa?”
“Lo sai… ” abbassò le spalle sospirando.
“No Joen, non è ‘uno dei miei’. Non è sempre colpa degli spiriti tutto quello che accade nel mondo. Esiste anche la cattiveria degli umani e l’istinto degli animali.”
“Sarà, però ho un fantasma in magazzino e l’uomo che me lo stava vendendo è stato massacrato. Devo andare.” Spense il portatile e lo infilò nella borsa.
“Resti qui un altro paio di minuti? Devo fare un esperimento e magari mi serve aiuto.” Liam prese un mestolo di liquido dalla pentola e lo versò su un bicchiere.
“Aiuto? Come? Che puzza che c’è qui dentro comunque.” Joen si pizzicò le narici infastidito.
“Devo bere questo e capirne gli effetti.” Liam sollevò in aria il bicchiere con l’acqua scura e qualche fogliolina nel mezzo.
Joen strinse le palpebre. “Che cos’è quella roba?!”
“Niente di che. Una formula del nonno, me l’ha lasciata in eredità, per così dire…”
Joen si sedette sullo sgabello di fronte. “Uhm. E’ meglio se chiamo già un’ambulanza?”
“Ma no. Il nonno non mi avrebbe mai lasciato qualcosa che fa male.” Liam annusò la poltiglia, prima di mescolarla incerto.
“Questo era vero quanto stava bene. Però tuo nonno alla fine si è buttato dalla finestra, e quindi…”
Liam si sedette per terra, sistemandosi accanto la scatola di fazzoletti, quella del pronto intervento e una bottiglia d’acqua pulita.
“E tutto questo per qualcosa che non fa male?!” Joen prese di nuovo il telefono e cominciò a digitare. “Mi preparo il numero dell’ospedale, che è meglio.”
“Chissà se posso metterci dello zucchero.” Liam buttò giù la bevanda in un unico sorso e aspettò, guardingo. Joen trattenne il fiato per qualche secondo.
Sbottarono all’unisono, prendendo un largo respiro.
“Non succede niente… non sento niente…” Liam rimirò il bicchiere vuoto.
“E cosa dovrebbe accadere? Super forza? Vista laser? Cominci a svolazzare? Lanci le ragnatele?”
“In realtà non lo so. Dovrebbe essere una variazione di un’antica ricetta sciamanica.”
La morte non esiste, gli aveva detto il nonno in quel sogno, indicandogli la scatola rossa che conteneva diversi sacchetti con alcune radici e foglie essiccate, più un foglio scritto a mano dal vecchio. Passarono altri dieci minuti, in uno strano silenzio ovattato.
“Niente. Non funziona.” Liam si alzò di nuovo in piedi. “Devo aver sbagliato qualcosa. Le istruzioni del nonno in effetti sono un po’ sbiadite.”
“Hai letto l’articolo sul giornale stamattina?” Joen chiuse col telecomando l’auto parcheggiata davanti al cimitero. “Una fuga di notizie, anche se la polizia mantiene il riserbo. Il corpo dell’uomo è stato trovato dilaniato, i pezzi sparpagliati tra la cucina e il giardino, le interiora attorcigliate a un braccio mozzato, la testa poggiata sul tavolo all’esterno…” Serrò le labbra per trattenere un singulto dello stomaco.
Erano trascorsi due giorni dal ritrovamento del cadavere di Ezequiel Wisdom e i quotidiani avevano scatenato la psicosi, che rendeva sempre bene come numero di copie vendute. I veterinari della zona scommettevano su una bestia, un lupo alquanto grosso o forse un orso disceso dai boschi, anatomopatologi e criminologi invece erano convinti fossero le tracce di un nuovo serial killer, lambiccandosi nel profilo dell’assassino, dalle sue difficoltà cognitive all’esigenza di uccidere per il proprio ego.
Quel mattino finalmente le autorità avevano disposto per i funerali. Joen vi partecipava perché al termine doveva incontrare i parenti della vittima e organizzare il prosieguo della compravendita dell’edificio con le ultime formalità. Liam invece sperava di riconoscere, tra le immagini in bianco e nero delle lapidi della famiglia, l’arzilla vecchietta che infestava il nuovo magazzino dell’amico.
Seguirono le esequie da lontano, appartati sotto un albero, mentre i familiari e gli altri parenti si stringevano attorno alla cappella che riuniva le tombe dei Wisdom. Alla fine della celebrazione, mentre Joen si attardava a parlare con i figli del defunto, Liam ne approfittò per entrare nel sepolcro ed osservare una ad una ogni fotografia. Lenzuolino non c’era. L’aveva battezzata così, Lenzuolino, fintanto che non scopriva il vero nome di quell’anziana fantasma.
Uscì di nuovo all’aperto in attesa dell’amico. Joen gli rivolse solo un’occhiata interrogativa e Liam scosse la testa.
Dal circolo dei parenti che si scambiavano saluti e notizie, si staccò una giovane ragazza, con un neonato in braccio profondamente addormentato.
“Scusate, vado a salutare zia Babette.”
“Non so perché perdi il tuo tempo con quella!” rispose un signore allampanato, col vestito almeno due misure più grandi della sua taglia.
“L’abbiamo tumulata lontano proprio per non doverla salutare” aggiunse una donna dal trucco piuttosto pesante per un funerale.
La ragazza si allontanò e Liam, che aveva ascoltato lo strano scambio verbale, decise di seguirla. Una zia che non è sepolta con con il resto della famiglia poteva dargli qualche risposta. Magari poteva avvicinarsi alla giovane e trovare una scusa per chiederle qualcosa sul passato dei Wisdom.
Percorso il vialetto principale e superata la fontana, la vide accostarsi ad una tomba con una lapide alta, il marmo lavorato ma alquanto spoglio, niente fiori e niente lumicini. La ragazza si chinò appena, ostacolata dal fagottino tra le braccia, e accarezzò la foto al centro con le dita che aveva appena appoggiato alle sue labbra. Con la stessa mano rimestò nella sua borsa a tracolla, togliendone un piccolo oggetto rosso. Liam finse di raggiungere la tomba accanto, notando così la rosa rossa lavorata a maglia che la ragazza stava depositando sul portavaso vuoto.
“Bello, molto bello. Dovrei portare anch’io qualcosa del genere per mio…” Liam si voltò a guardare la foto davanti a sé, un uomo sulla quarantina, “Ehm, mio zio.”
“Mi ha insegnato lei a farli.” La ragazza indicò l’immagine incastonata nel marmo. “Ci siamo incontrate per caso, a un corso di uncinetto. Non sapevamo di essere parenti. Eravamo già buone amiche quando scoprii che lei era zia Babette, la sorella di mio nonno.”
Liam si avvicinò per osservare meglio. Zia Babette era in realtà Elizabeth Wisdom, la vecchia proprietaria dell’edificio di Joen, nonché Lenzuolino. Proprio lei. Lo scatto però era alquanto impietoso rispetto alle sembianze del suo spirito. Il viso era scavato, forse da una malattia, e lo sguardo esprimeva sconforto.
“Ma non avete una tomba di famiglia laggiù? Come mai sua zia è sepolta qui?” chiese incuriosito.
“Non lo so. Non so cosa sia successo. E’ qualcosa che risale a prima della mia nascita. Dicono che fosse un’eccentrica egoista, un’ingrata che ha voltato loro le spalle. Ma io l’ho conosciuta e sebbene lei non mi abbia mai parlato dei suoi trascorsi, ho avuto la sensazione che fosse stata isolata. Era una donna buona, davvero.”
“Di che cosa è morta? Se posso…”
“Di solitudine direi. Si è spenta a poco a poco, dopo la morte del marito. Ci è quasi impazzita.” La giovane sospirò. Il bambino si era mosso tra le sue braccia, con un vagito stizzito. “Avrei dovuto fare di più… ma loro non me l’hanno permesso…” Si voltò verso gli altri parenti che la stavano chiamando per andarsene.
Si chiamava Alicia ed era davvero una bella ragazza, con lunghi capelli rossicci.
Liam indugiò oltre il dovuto ad osservarla. Si riscosse in fretta, sperando che Caitlyn non fosse in agguato.
Liam aveva passato la mattina in laboratorio cercando nelle biblioteche digitali delle università, alle quali aveva accesso come studente, informazioni sulla formula del nonno, o quanto meno sulle sue componenti essenziali. Non aveva trovato granché, solo un paio di ricette simili provenienti dalla foresta amazzonica, ma la variante del nonno sembrava essere unica nel suo genere. Le altre pozioni servivano per produrre effetti allucinogeni, più o meno marcati, per fini spirituali e religiosi. Ma quale fosse lo scopo del nonno, Liam ancora non l’aveva capito. Nella scatola rossa gli aveva lasciato anche i riferimenti, con tanto di indirizzo e numero di telefono, per procurarsi gli ingredienti una volta terminati. Come se in vita avesse utilizzato spesso quell’intruglio, quasi in modo continuativo. Perché non ci aveva almeno aggiunto lo zucchero, allora? Sorvolando sulla faccenda che alcune sostanze erano addirittura considerate illegali.
Liam era quindi di nuovo in garage, per replicare ancora una volta la formula, ma con quantità differenti e un tempo di bollitura prolungato. Non si aspettava certo di vedere sopraggiungere Anne, la sorella più piccola di Caitlyn nonché la sua preferita. Sembrava alquanto in vena di battaglie, dalla camminata risoluta. Lanciò lo zainetto per terra e ne estrasse un libricino lungo e stretto.
“Sto leggendo questo romanzo per una tesina.” Niente saluti e niente preamboli, Anne era sempre diretta nelle sue elucubrazioni. “Luce d’estate ed è subito notte, di un tal Stefánsson, viene dall’Islanda.”
“Terra magnifica” rispose Liam senza distogliere lo sguardo dal suo esperimento.
“Si beh, non è questo il punto. Ho trovato questo passo, senti un po’: “Qualcuno ha detto che la vita e la morte procedono una accanto all’altra e tra loro non c’è che una parete sottile, per questo a volte vediamo le ombre del regno dei morti. Parliamo della morte e pensiamo ai fantasmi…”
Ecco, ci siamo, pensò Liam. Sapeva che prima o poi sarebbe giunto questo momento. Ricordava quel plurale usato la notte in cui era caduto nel pozzo. “Sono davvero contenta di vedervi.” Lui era da solo in fondo a quel pozzo, se si escludeva lo spirito di Caitlyn al suo fianco.
“Mi devi dire qualcosa Anne?” Cercò di non imprimere nessuna intonazione alla voce.
“Forse… Tu ci credi ai fantasmi, Liam?”
“Abbastanza, sì. Credo ci sia qualcosa, che non capiamo bene, ma c’è.” Continuò a trafficare con le radici, le foglie e le polveri, con noncuranza verso il tema.
Annie invece lo stava studiando meticolosamente. Di soppiatto, Liam aveva intravisto quell’espressione enigmatica di quando lei risolveva un’equazione di secondo grado complessa. Lucida, severa, imperscrutabile. A volte aveva già la soluzione, ma non voleva essere troppo veloce nel rivelarla.
Rimestò nuovamente le pagine del libro.
“Senti cosa scrive qui invece: “Alcuni ritengono che la morte sia la diretta prosecuzione della vita e quindi che sia errato sostenere che le persone muoiono, semplicemente passano da una dimensione all’altra. I morti non sono quindi morti nel significato di scomparsi, ma sono intorno a noi, circondano quella che noi chiamiamo vita come il cielo circonda la terra.” Affondò di nuovo i suoi occhi su di lui. Stavolta non poteva ignorarli.
Gli stava tacitamente chiedendo qualcosa? Sarebbe stato inutile mentirle, era troppo sveglia. Meglio essere diretti.
“Che cosa hai visto in fondo al pozzo, Anne?” La fissò a sua volta.
“So che c’era mia sorella.” Sostenne il suo sguardo per un po’ ma senza aggiungere altro.
Poi girò nuovamente le pagine del libro e trovò un altro passo da leggere ad alta voce.
“…esistono teorie che non prevedono affatto un’altra vita dopo questa, ma affermano che ci sia un varco così sottile tra il mondo dei morti e quello dei vivi che basta che qualcosa vada storto, un inaspettato smottamento interiore, e la cortina che separa i due mondi si squarcia. Cose del genere sono già accadute, a volte senza conseguenze, a volte con conseguenze terribili. Esistono storie recenti di interi villaggi montani in Nepal e in Perù abbandonati in maniera misteriosa, nelle grandi città le persone scompaiono come se la terra le avesse inghiottite o il cielo risucchiate, in un villaggio del Galles sedici uomini perfettamente sani e un cane hanno perso il senno in un solo pomeriggio, e non stavano che guardando una partita di calcio al pub del paese. Perché dunque non potrebbe accadere qualcosa del genere anche qui da noi… Eh Liam?”
Aveva terminato di leggere calcando il tono sulla domanda del romanzo, facendola infine sua.
“Perché sono solo teorie. Mentre io qui sto vivendo la pratica.” Liam si sedette sullo sgabello e incrociò le braccia risoluto.
“Tu la vedi?” L’espressione sul volto di Anne era feroce, il suo tono affilato.
“La vedo… ” sospirò Liam. Si passò la mano tra i capelli, con stanchezza, guardandosi intorno. “La vedo, la sento, posso anche toccarla…” sussurrò appena. Quando tornò ad osservare Anne, non si aspettava di trovarla in lacrime. Dritta e composta, ancora con il libro tra le mani, ma gli occhi luccicanti e il viso rigato sulle guance. Reprimeva con forza i singulti che la scuotevano, stoica proprio come la defunta sorella maggiore.
“Posso solo sentirla come presenza” disse con voce strozzata. “Mi manca tanto. Glielo puoi dire?”
Liam le si avvicinò e la abbracciò forte, mentre lei si lasciava finalmente andare.
“Lo sa. Lei lo sa comunque.” Le accarezzò la schiena per calmarla. Se le loro vite avessero preso un percorso differente, avrebbe voluto una figlia come Anne. Considerato quanto assomigliava alla sorella, ma con i capelli scuri come lui, si immaginava sarebbe stata proprio come lei.
“A volte sento il suo profumo… non dico dentro la sua stanza, ogni tanto ci entro di nascosto, quando non c’è nessuno a casa… ma in posti dove non ha alcun senso… sto passeggiando col cane e all’improvviso il mio naso respira l’iris, quando intorno ho solo puzza di barbecue bruciato e l’odore dell’erba appena tagliata… vado dal dentista, e tu sai quanto io abbia paura che mi faccia male, e all’improvviso sparisce l’odore di disinfettante e collutorio alla menta e c’è solo questa fragranza potente che resta lì con me finché l’orco non ha finito con i miei denti…”
Liam sorrise. Sì, questo è proprio da Caitlyn, pensò.
“Lei ti guarda entrare a scuola tutte le mattine e ti attende anche all’uscita. Le piace passeggiare al tuo fianco, quando sei da sola ma parli comunque a voce normale. Lei è lì che ti ascolta. Se non è impegnata a salvare il sottoscritto, è sempre a vegliare su di voi.”
Anne sciolse l’abbraccio e si asciugò il naso. La piccola Anne non era più così piccola, ma la sorella maggiore le mancava comunque.
In quello Nicholas si affacciò sul portico della casa di fronte, con una teglia tra le mani guantate, gridando “Sono pronti!”
“Ha preparato i muffin alla zucca” disse Liam. “Ci staranno bene con una tazza di cioccolata calda. Vai, io sbrigo qui un attimo e vi raggiungo.”
Lei corse fuori dal garage e poi si fermò di colpo.
“Liam? Che tu sappia, Nicholas ha una ragazza?”
“Uhm no… perché?” le rispose soprappensiero, ma poi si voltò curioso.
“Così.” Alzò le spalle e corse in casa.
“Hai capito Nicholas! Uhm uhm. Sarà il caso di fargli un discorsetto…”
“Ho fermato i lavori, ma quella cosa continua a provocare danni!” Joen non riusciva proprio a pronunciare la parola “fantasma”, faticava ad ammettere che gli spiriti dei morti erano intorno a noi, anche alla luce del sole, nonostante avesse già vissuto diverse avventure al limite del normale, in compagnia di Liam. “Stamattina sono andato a controllare l’edificio e ho trovato i muri, appena intonacati di bianco, sporchi di vernice rossa, quella dell’antiruggine per la recinzione e gli infissi.” Si sdraiò sulla panca per i pesi in fondo al garage, con un lungo sospiro. “Non ne posso più.”
“E non hai visto Lenzuolino?” chiese Liam, intento a travasare con un mestolo la nuova pozione finalmente pronta.
“No. O meglio: il lenzuolo era per terra, non si muoveva. Forse di giorno se ne va in giro altrove.”
Liam sollevò il bicchiere in aria. “Stavolta ci ho messo lo zucchero, sono certo che non rovinerà il risultato, qualsiasi sia.”
Joen sollevò la testa dalla panca. “Di nuovo? Vuoi tentare ancora la sorte con quella robaccia?”
“Il nonno continua a comparirmi in sogno, indicandomi come aggiustare la formula. Non può essere un caso.”
Come la prima volta, Liam si sedette per terra, a fianco tutto l’occorrente per un’eventuale emergenza.
“Ma Caitlyn che cosa ne pensa di questa storia? Dell’intruglio, intendo.” Joen si avvicinò, col telefonino pronto per chiamare i soccorsi.
“Sssssh, per carità. Non ne sa niente.”
“Ecco, questo sì che mi tranquillizza” ironizzò l’amico.
Liam bevve dal bicchiere in un unico sorso. Se non altro, il gusto era nettamente migliorato, adesso era molto simile a un medicinale a base d’erbe. Attesero qualche minuto in silenzio, finché il cellulare di Joen non trillò un nuovo messaggio.
“Questa è Lize, devo cenare con lei stasera.” Digitò la risposta e poi tornò ad osservare Liam. “Niente?”
“No, direi di no. A parte una certa pesantezza di stomaco, non mi pare ci siano variazioni fisiche. Continuo a non capire.”
Liam si rimise in piedi. Iniziò a sistemare i recipienti lasciati sul bancone e pulire la superficie con uno straccio.
“Meglio così. Se stai bene, me ne vado. Ci vediamo dopo cena al magazzino. O quel che doveva diventare il mio nuovo magazzino.”
Si salutarono e Liam rimase altri dieci minuti in garage, con la cassetta del pronto soccorso lì vicino. Poi si decise a rientrare in casa.
Appena attraversata la porta dell’ingresso, ebbe un capogiro, le pareti intorno si muovevano in un vortice senza sosta. Chiuse gli occhi e si appoggiò con la schiena al muro, mentre il cuore cominciava a saltare all’impazzata dentro il petto, risuonandogli in tutto il cranio. I rumori esterni giungevano attutiti, sentiva distintamente solo la cavalcata furiosa del sangue nelle vene. A fatica raggiunse la cucina e il rubinetto del lavello.
Bevve direttamente dal getto freddo. L’acqua sembrò calmarlo all’istante. Scivolò lentamente per terra, appoggiato al mobiletto delle pentole. Rimase lì per una buona mezz’ora, finché non sentì Nicholas rientrare dopo le lezioni del pomeriggio. Solo un po’ di stanchezza per tutte quelle notti insonni. Cenò in famiglia in tranquillità, senza ravvisare altri disturbi fisici.
Al tramonto si incontrò nuovamente con Joen, come stabilito.
“Guarda qua! Avevo appuntamento domani con loro per sistemare i documenti dell’edificio, quali eredi del proprietario precedente…”
Liam prese l’edizione serale della gazzetta che gli stava porgendo. Robert Wisdom e sua moglie Margaret erano morti in un incidente d’auto, il veicolo in corsa era uscito di strada ed aveva sbattuto contro un albero. Sul giornale però si leggeva anche che i cadaveri, ritrovati quella mattina, erano stati smembrati dagli animali durante la notte. Ovviamente il caso era stato subito ricollegato alla stessa bestia assassina che circolava nella zona ed aveva già ammazzato il signor Ezequiel Wisdom, padre di Robert.
Un lieve fruscio di vesti e un delicato profumo annunciarono l’arrivo di Caitlyn. “Potrebbe essere lo stesso animale?” sussurrò lei.
“Forse. Ma sono più propenso a credere che il giornalista voglia solo vendere più copie.” Liam lasciò da parte il giornale e la salutò con un bacio.
Joen era entrato per accendere le varie luci, lo seguirono per vedere insieme lo sfregio colorato sulle pareti appena tinteggiate.
Liam si avvicinò per osservare da vicino. Toccò la tinta con un dito, era ancora liquida. La annusò brevemente e si voltò verso Caitlyn. Lei annuì con il capo, avendo intuito la domanda inespressa. Il viso di Liam si rabbuiò. Questo precipitava notevolmente tutto.
“Joen, questa non è vernice… è sangue.”
L’amico lo guardò impietrito, incapace di proferire parola. Ci provò, aprendo la bocca, ma nessun suono ne uscì.
Caitlyn puntò il dito verso il corridoio. “Sta arrivando.”
La vecchina apparve danzando, stavolta con il lenzuolo in testa, come una strana ballerina incappucciata. Poi se lo tolse con una mano, lanciandolo alto in aria e ridendo senza sosta. “Lenzuolino! Lenzuolino!”
“Zia Babette?” chiamò forte Liam.
L’anziana si bloccò, lasciando cadere il telo per terra. Con estrema lentezza si voltò verso di lui. Il sorriso si era spento e gli occhi erano mutati, chiusi in una profonda apatia. Sembrava quasi assente, proprio come un malato di demenza senile.
“Tu sei zia Babette, vero?”
Lei guardò le sue mani aperte e poi il lenzuolo caduto sul pavimento. Lo prese e poi con una risatina sguaiata tornò a canticchiare felice.
“Moriranno tutti… moriranno tutti…”
Caitlyn camminò lungo tutto il perimetro della stanza dove si trovavano e poi oltre, nel corridoio, come se stesse seguendo una traccia.
Quando tornò da Liam, gli prese il braccio. “Avverto due presenze in questo posto. Una è lei, sento il suo rimuginare pensieri scomposti, c’è molta confusione nel suo spirito. Poi c’è qualcosa di differente, è qui intorno, lo percepisco, ma rimane nascosto. Potrebbe essere pericoloso.”
Joen si era acquattato alla parete, vicino al portoncino. Non poteva intuire cosa stava accadendo nel mondo che non vedeva e si teneva pronto alla fuga.
“Di chi è questo sangue, zia Babette?” continuò Liam.
La vecchina danzò verso di lui e gli rispose con una vocina acuta, fanciullesca. “E’ passato Cappuccetto Rosso e il lupo se l’è mangiato.”
“Lupo? Quale lupo?” insisté lui. Era solo una favola o un vero indizio?
La donna arrestò di nuovo il suo valzer senza musica e tornò seria per un breve istante. Fissò quasi incantata il viso di Liam, inclinando la testa lievemente. Sembrava quasi in trance. “La rabbia è una gabbia che ti impedisce di vivere.” Poi tornò a ballare come se nulla fosse accaduto.
“Non ne ricaveremo niente da questa” sbuffò Liam. Guardò le pennellate di sangue alle pareri. “Sarebbe corretto chiamare la polizia per quelle, ma credo sia meglio che tu pulisca tutto al più presto, senza farne parola con nessuno.”
“Nascondere delle prove?” sussurrò Joen preoccupato.
“Delle prove di cosa? Dell’esistenza di un fantasma? Un fantasma demente per giunta? Glielo dici tu ai poliziotti? Io sono stufo di litigarci.” Ogni volta che si ritrovava implicato in qualche caso strano, al confine dei due mondi, e finiva col farsi seriamente male, doveva sempre discutere con le autorità e inventarsi qualche scusa plausibile per la sua presenza e la conoscenza dei fatti.
Liam tentò con un’ultima domanda. “Che cosa ti hanno fatto zia Babette? Perché non sei assieme ai tuoi fratelli?”
Doveva averla colpita nell’anima stavolta, perché si mise a piangere.
“Perché mia madre non mi voleva” rispose e poi scomparve, lasciando dietro di sé il lenzuolo sul pavimento.
Attesero il suo ritorno per qualche minuto, ma Caitlyn confermò che aveva lasciato l’edificio.
Mentre stavano per andarsene anche loro, spente tutte le luci e la porta aperta per uscire, un ringhio squarciò il silenzio della serata.
Caitlyn si pose all’istante davanti ai ragazzi per difenderli, i suoi sensi amplificati per cogliere il pericolo.
Ma Liam si accasciò sul pavimento. Era in iperventilazione con un’altra tachicardia in corso, ancora più forte della precedente.
Joen vide solo l’amico in difficoltà, tentava di parlargli ma Liam non gli rispondeva.
Lo afferrò per le spalle e lo trascinò fuori, fino al furgoncino. Prese una bottiglietta d’acqua e cercò di farlo bere, finché tornò a respirare sereno.
Diversi isolati più avanti, videro un animale correre veloce lungo la strada.
Anche se Liam aveva insistito per tornare a casa da solo guidando la sua auto, Joen lo aveva accompagnato col suo furgoncino per essere più tranquillo.
“L’auto la recuperiamo domani e adesso ai tuoi raccontiamo solo che la batteria ti ha lasciato a piedi, non è ripartita nemmeno con i cavi.” Si girò verso di lui, accasciato sul sedile passeggero. “Come stai adesso?”
“Un po’ scombussolato, ma sto bene. Non era necessario” rispose Liam scocciato.
“Sì sì, come no. Hai la tendenza a fare l’eroe e finire in ospedale troppo spesso.”
Quasi litigando, Joen insistette per scortarlo fino alla sua camera da letto. Dopo aver salutato la famiglia riunita in salotto davanti alla televisione, salirono le scale per il primo piano. “Resto finché non torna lei, va bene?”
Liam annuì rassegnato. Con “lei” intendeva Caitlyn ovviamente. Dopo essersi accertata che loro due non corressero pericoli, si era gettata alla rincorsa della bestia, convinta che fosse quella seconda presenza nascosta nell’edificio. Sapeva di non doversi preoccupare per lei, era nel suo mondo, eppure non riusciva a farne a meno. Temeva costantemente di perderla, in modi che magari ancora non conoscevano.
“Stenditi sul letto” gli intimò Joen. “Hai davvero una brutta cera. Meglio se vado a prenderti dell’altra acqua in cucina.”
Mentre l’amico scendeva al pianterreno, Caitlyn comparve al suo capezzale. Lo baciò sulla fronte.
Liam le strinse la mano. “Tutto a posto? L’hai visto?”
“No, non sono riuscita a stargli dietro.”
Joen rientrò in camera con un paio di bottigliette d’acqua e le posò sulla scrivania. Una la diede direttamente a Liam.
“E’ tornata” gli disse lui. “Puoi andare via tranquillo adesso.”
“Chi me lo dice che non stai mentendo?” Joen lo sfidò con lo sguardo.
Ridacchiando divertita, Caitlyn buttò per terra un paio di libri dalla mensola sopra il letto.
Joen saltò indietro, colto di sorpresa. “Ok ok! Ho capito! Vi lascio alle vostre incombenze e vado dalla mia fidanzata. Ossequi!”
Trotterellò verso la porta della stanza e poi giù per le scale velocemente.
“Non si abituerà mai a questa situazione assurda.” Liam sorrise, chiudendo gli occhi per la stanchezza.
Caitlyn si sdraiò al suo fianco, addossandosi a lui.
“Raccontami com’è andata. Cosa hai visto?” le chiese.
“Non sono riuscita a vedere niente. Si muoveva troppo veloce anche per me. E quando mi avvicinavo, ne avevo paura. Ho sentito una rabbia furiosa, oltre ogni limite, cieca di fronte a qualsiasi ostacolo o logica, senza alcuna pietà. Mi sono spaventata io stessa e forse per questo non l’ho raggiunto.”
“Uhm. Se è davvero quella bestia che cercano, come si può fermare?”
“Non so proprio come si possa fermare una cosa del genere…” ammise Caitlyn sgomenta.
“Deduco che non è un animale qualsiasi.”
“No, non appartiene al regno dei vivi. Ma non ho mai incontrato una forza tale prima d’ora, da questa parte…”
Le baciò lievemente i capelli profumati, stringendola in un abbraccio. Lei spostò la testa sul suo petto.
“Sento il tuo cuore ruzzolare ancora, ogni tanto perde qualche battito. Che succede?”
“Non ho mai sofferto di disturbi cardiaci, non che io ricordi almeno. Però stasera queste palpitazioni sono iniziate là dentro, come se il mio corpo avesse avvisato un pericolo estremo, una scarica di adrenalina per innescare il meccanismo di attacco o fuga.” Inspirò a lungo e trattenne l’aria, prima di espirarla fuori con un soffio prolungato. “Solo che poi il mio cuore ha scelto la fuga.”
“Devi dormire un po’. Hai avuto notti troppo agitate ultimamente.”
Liam si girò maggiormente verso di lei. “Non ho sonno in questo momento. Parlami di qualcos’altro, per favore.”
Caitlyn ci pensò su. “Oh beh, ho scoperto che ad Anne piace Nicholas. L’ha scritto sul suo diario segreto.”
“Brutta cosa avere un fantasma per casa, nessun segreto è più realmente un segreto…” ridacchiò lui. “Anne mi ha chiesto se ha una ragazza. Però non so se Nicholas sia interessato. Non ne ha mai fatto cenno con me.”
“Oh fidati, è interessato eccome. La cerca spesso a scuola durante la pausa, a volte parlano di nascosto, per non farsi vedere dagli altri. Poi il martedì e il giovedì, quando terminano le lezioni allo stesso orario, lui la accompagna per un pezzo di strada. Prende l’autobus successivo due fermate dopo, addirittura. Gli sguardi poi che le riserva non mentono, credimi.”
“Quando hai avuto tempo di osservare tutto questo?” le chiese incuriosito.
“Mentre tu stavi sperimentando quell’intruglio strano in garage, in compagnia di Joen. Non credere che non lo sappia.” Gli diede un pizzicotto leggero sul fianco.
“Ribadisco: nessun segreto è più realmente un segreto, con un fantasma per casa…”
Con un paio di giorni di riposo, Liam tornò in gran forma. Non aveva più avuto scompensi cardiaci e aveva anche recuperato il buonumore. Dopo una mattinata di lavoro in studio col signor Forrester, per un nuovo progetto sperimentale che gli sarebbe valso altri crediti al college, decise di passare al negozio da Joen per chiedergli se gli serviva una mano per pulire il magazzino. Non aveva più avuto sue notizie. Sua madre e Caitlyn si erano adoperate per togliergli il telefonino in quei due giorni, e se riusciva ad eludere il controllo di sua madre, era invece impossibile evitare quello di Caitlyn. Agli ultimi messaggi Joen non aveva risposto e quindi Liam si presentò direttamente da lui, nel retrobottega.
“Scusa, è che ho parecchio lavoro arretrato e diverse scadenze. Ci ho messo un giorno intero a togliere quel… quella vernice dalle pareti. Ho usato un idropulitrice a pressione professionale e una pompa da giardino per aspirare l’acqua. L’intonacatura si è rovinata completamente, ma per essere certo di togliere qualsiasi traccia dovrò passare con un disinfettante potente. Appena termino tutto l’arretrato qui dentro.” Col cacciavite in mano indicò diverse scatole e computer da riparare accumulati in un angolo.
“E per il resto? Hai concluso l’acquisto con i Wisdom?” gli chiese Liam accomodandosi sulla sedia girevole.
“Leggi il giornale di oggi…” Joen si voltò per cercarlo. “Là sulla mensola. Avevo un nuovo appuntamento per chiudere tutto e invece abbiamo un altro funerale. Appena l’agente immobiliare fissa una data, ci scappa il morto. Fossi in lui, cambierei mestiere. Il becchino, magari.”
Liam prese il quotidiano e cominciò a leggere. “Gabrielle Wisdom era appena arrivata da Parigi, per aiutare i famigliari dopo la triste perdita del padre. Tre giorni dopo suo fratello Robert e la moglie sono deceduti in un tragico incidente automobilistico. La scorsa notte la polizia, allertata dai vicini per urla e schiamazzi all’interno dell’abitazione della donna, si è trovata davanti una scena raccapricciante. Uhm, di nuovo la bestia?”
Con un tonfo metallico, Joen lanciò un vecchio masterizzatore rotto nel bidone dei rifiuti elettronici.
“Pare di sì. Ho sentito mio zio. Per un cambio di turno, era proprio nella squadra di intervento. Quando si sono presentati in casa era da voltastomaco. Ne ha visti di cadaveri in vita sua, e ti assicuro che non è un tipo debole. Ma è corso fuori in giardino e ha vomitato tutto, bile compresa. Quelli della scientifica poi non sapevano da che parte cominciare… Era impossibile muoversi senza calpestare qualcosa, un occhio, un dito, un osso.”
“Uhm, le stesse modalità delle altre uccisioni.”
“Sembrerebbe proprio di sì. Li ammazza staccandoli a morsi. Li sbrana e sparge le membra tutto intorno. Dilania i corpi con una ferocia estrema. Il sangue era ovunque, nel pian terreno, come se l’avesse trascinata finché la squartava. All’arrivo della polizia, lei non era più riconoscibile. Hanno analizzato sangue, capelli e denti per accertarne l’identità. Mio zio voleva pure girarmi delle foto. Anche no, grazie!”
Liam scorreva veloce i paragrafi dell’articolo sulla pagina. “Qui adesso confermano che si tratta di un animale, grossa taglia.”
“Sì. La scientifica non sa che animale sia, potrebbe essere un grosso lupo, forse un orso visti gli artigli, ma lascia troppa bava, come se avesse fame, però poi non mangia niente… né i corpi né le cibarie in casa. Soprattutto non lascia tracce, né all’arrivo né alla fuga. Non ci sono impronte delle zampe o peli del manto. Solo la bava, intrisa di sangue.” Joen si drizzò dalla scrivania dove stava armeggiando su un vecchio computer fisso. “Accidenti. Ho lo stomaco che gorgoglia per il fastidio solo a parlarne. Prendo un po’ d’acqua.”
Prese una borraccia di alluminio dall’armadietto alle sue spalle e bevve una lunga sorsata.
Liam ripose il giornale sulla mensola. “Se fosse quella cosa che abbiamo visto fuori dall’edificio?” gli chiese.
“Quella “cosa” non sembrava un animale “normale” per così dire…” Joen lo fissò dritto negli occhi.
“Già.” Liam volse lo sguardo altrove, impacciato.
“Tu lo sai! Che non è un animale, ma qualcos’altro ” Joen gli puntò contro la borraccia che aveva in mano.
“Beh, Caitlyn lo ha sentito, ecco…”
“Ah lo sapevo! Lo sapevo! L’avevo detto io che era uno dei tuoi…” L’amico rimise la borraccia nell’armadietto e si lasciò cadere su una vecchia poltrona lì vicino. Si passò un mano sul viso. “Che facciamo adesso?”
Liam ci penso su. “Non lo so. Caitlyn non ha idea di cosa sia e soprattutto cosa voglia.”
“E se fosse solo una scheggia impazzita? Non sempre c’è una ragione, purtroppo.”
“Questo me lo dice sempre anche lei. La cattiveria esiste senza un motivo.” Liam ridacchiò. “Andreste d’accordo, in effetti.”
L’espressione di Joen non esprimeva così tanta certezza.
“Comunque non capisco il legame tra tutte queste morti” continuò Liam. “Sembra una strage famigliare. Un regolamento di conti, in stile mafioso.”
La sirena della polizia suonò squillante dalla giacca di Joen appesa sull’attaccapanni.
“Che cavolo… questo è mio zio.” Joen si alzò per rispondere al telefonino. “Sì, sono qui. Dove sei? Coooosa? No, stai scherzando?! Il proprietario sono io, mancano solo le ultime scartoffie, ma le volture sono state fatte. Sì, l’assicurazione c’è, ma… Arrivo subito!”
Chiuse la comunicazione. Joen era stravolto. “Non ci credo. Davvero non ci credo.” Afferrò la giacca e si voltò verso Liam.
“Muoviti! Il nuovo magazzino sta andando a fuoco!”
Le fiamme avviluppavano già l’intero edificio, concentrandosi sul tetto costruito con antiche travi di legno, mentre il basamento era realizzato in solida muratura. Le sfumature dell’incendio, dall’amaranto cupo all’arancione pallido, si accompagnavano con il tramonto acceso di quella giornata, con il sole che scendeva all’orizzonte infuocando il cielo della stessa cromia. Tutto intorno, squadre di pompieri usavano manichette e lance per cercare di arginare il disastro. La polizia aveva transennato l’intera zona per evitare l’afflusso dei curiosi. Un paio di ambulanze erano pronte a qualsiasi evenienza, tanto degli operatori che delle persone del luogo, perché il fumo nero stava invadendo la strada. Preoccupava soprattutto il parco giochi dietro il fabbricato, con un piccolo boschetto che si sviluppava poi dietro le altre case del quartiere. Se le fiamme avessero raggiunto quegli alberi, sarebbe diventata un’impresa impossibile fermare la combustione.
Joen era distrutto. Il magazzino e le pertinenze erano assicurati, per fortuna, ma rimaneva comunque una catastrofe per la sua attività. Soprattutto il suo progetto di vita, quell’appartamento dove andare a vivere da solo, e ogni tanto in compagnia della sua ragazza, stava letteralmente andando in fumo.
Camminava disperato lungo la strada, con le mani sopra la testa, imprecando parole sconnesse. Lize era accorsa subito in aiuto, appena Liam le aveva mandato un messaggio. Scese dall’auto dei genitori che l’avevano portata lì e abbracciò Joen, che si lasciò andare sconsolato.
Liam se ne stava invece in disparte, in attesa della sua dolce metà. Quando comparve la prima stella nel cielo, Caitlyn si strinse al suo petto.
“Mi dispiace… Stavo ascoltando Anne mentre simulava la sua interrogazione domani a scuola. Non pensavo che qui ci fosse pericolo. Avrei dovuto dare un’occhiata a questo posto. Ma zia Babette sembrava così innocua, dopo tutto.”
“Pensi sia stata lei?” le chiese Liam.
Caitlyn annuì. “Non credo sia un incidente fortuito.”
“Nemmeno io” confermò lui. “Joen è disordinato il più delle volte, ma non nei suoi affari. Il magazzino di per sé era in sicurezza.”
Mentre osservavano inermi l’incendio divampare verso la notte, apparve zia Babette nello spiazzo libero davanti all’edificio, oltre le transenne.
“Brucia! Brucia! Brucia!” gridava felice, mentre agitava in aria il suo lenzuolo sporco di fuliggine.
In un moto di stizza, Liam avanzò verso di lei e le strappò il telo dalle mani. Lo arrotolò e se lo infilò sotto il braccio. Polizia e pompieri erano indaffarati a spegnere l’incendio, ma i vicini usciti dalle case adiacenti avevano notato quello strano telo volteggiare a mezz’aria. Non si poteva giustificare a lungo con un vortice di pressione provocato dal calore delle fiamme.
“Zia Babette!” le urlò dietro. “Questa è la tua casa! Come puoi essere contenta che vada a fuoco?!”
“Nooooo” rispose lei con una vocina deliziosa. “Questa non è più la mia casa…” Poi si voltò verso il fabbricato, saltellando allegra e applaudendo le fiamme. “Il fuoco brucia, il fuoco purifica. Brucia! Brucia! Brucia!”
“Sei stata tu? Hai acceso tu il fuoco?” le chiese Liam. Non riusciva a comprendere perché accanirsi in quel modo su quattro mura.
Si girò verso di lui, senza più sorridere. L’espressione sul suo viso era seria. “Moriranno tutti! Moriranno tutti! Moriranno tutti!”
“Forse si riferisce ai suoi parenti, la famiglia Wisdom” intervenne Caitlyn. Per precauzione, si era interposta tra lei e Liam.
Lui annuì. A questo punto era innegabile ci fosse un qualche legame. “Perché moriranno tutti zia Babette? Che cosa sai di questa bestia?”
La vecchina cominciò a tremare, mentre lo sguardo si velava di lacrime.
“La rabbia ti abbraccia in una morsa letale… Non puoi fermarla…” Scomparve nello stesso istante in cui il frastuono proveniente dal tetto indicava che alcune travi di legno erano crollate.
Liam sentì una fitta lancinante al petto e si inginocchiò a terra, premendosi una mano sullo sterno. Il cuore galoppava in fuga da un pericolo ignoto, mentre lui non riusciva nemmeno ad alzarsi, annaspando alla ricerca di ossigeno.
Uno dei paramedici poco lontano aveva osservato la caduta del ragazzo ed era giunto al suo capezzale con una collega.
Alle loro spalle Caitlyn assisteva inerme. “Il tuo cuore mi appartiene Liam, devi prendertene cura” gli sussurrò.
Dopo un prelievo per le analisi del sangue e un elettrocardiogramma, gli avevano semplicemente prescritto un ansiolitico, per diminuire lo stress e lo avevano rispedito a casa. Ma Liam non aveva nessuna intenzione di usarlo, perché adesso sapeva cosa stava succedendo al suo cuore. L’aveva sognato quella notte, quando il nonno era tornato a spiegargli la sua formula segreta. Aveva indicato ancora una volta il foglietto con le istruzioni sbiadite dal tempo, sulla cifra 10 che in realtà era invece un 100, ma il tratto dell’ultimo zero non si leggeva oramai più.
Così adesso era di nuovo in garage, pur avendo promesso a Caitlyn che non ci sarebbe più entrato per un bel pezzo, per un’ultima prova della pozione del nonno. Aveva rivisto le quantità, aveva preparato un nuovo decotto, che ora stava bollendo nella pentola sul fornelletto. Per non essere disturbato, ma soprattutto per non dover dare spiegazione alcuna, si era chiuso in garage a luci spente. La luce ovattata di una giornata grigia penetrava dalla finestra. Qualcuno però entrò comunque dalla porticina laterale.
“E’ inutile che ti nascondi” disse Joen entrando. “Eccolo qua. Lo sapevo che stavi di nuovo trafficando su quell’intruglio! Dico, ti è mica venuto in mente che magari è quella robaccia lì che ti sta facendo saltare il cuore?!” Incrociò le braccia davanti al petto, sbuffando.
“Questa no, ma la precedente sì, perché era sbagliata” gli rispose Liam, seduto sullo sgabello davanti al bancone.
“Perché accidenti rischiare, eh?” continuò l’amico.
“Perché mi fido del nonno…” ammise Liam a voce bassa, mentre rimestava il decotto.
Dopo qualche secondo di silenzio imbarazzato, Joen si sedette sulla panca dei pesi dietro di lui. “Sono venuto a raccontarti della chiacchierata interessante che ho avuto stamattina col vecchio Rufus. E’ venuto in negozio per farsi sistemare il telefono fisso, ancora quello con la rotella, figurati… Alla fine gliene ho regalato uno nuovo, con i tasti e il vivavoce incorporato, per ringraziarlo delle informazioni.”
Liam si voltò incuriosito verso di lui.
“Mi ha raccontato un po’ di cose curiose sulla famiglia Wisdom. E su zia Babette.” Joen annuì col capo. “Questa Babette era la primogenita, poi c’era il signor Ezequiel e una sorella più piccola, mi ha detto il nome ma non lo ricordo… morta quasi venti anni fa, di malattia. Babette si era allontanata dalla famiglia, sembra ci fossero degli attriti con la madre. Il vecchio Rufus dice che circolavano diverse storie in città, pure che la madre avesse tentato di ammazzare Babette quando aveva solo un anno di vita. Era caduta per le scale mentre gattonava e si era salvata per miracolo, uno scatolone aveva attutito il colpo. Ma qualcuno diceva che fosse stata la donna a lasciarla cadere. Poi quando erano nati gli altri fratelli, la maggiore era stata un po’ esclusa, affidata spesso alle cure di una vicina.”
“L’ha detto in effetti. Il fantasma intendo.” Liam guardò il soffitto. “Perché mia madre non mi voleva… L’hanno persino sepolta da parte.”
“Si beh, non è tutto. Babette era la preferita del padre, magari per compensazione con la madre. Però quando lui è morto, non gliel’hanno nemmeno detto. Non si parlavano da anni oramai, ma non vuoi avvisarla che il genitore sta male? Almeno farla arrivare al capezzale, se possibile? Niente. Rufus dice che Babette l’ha scoperto due mesi dopo, per caso e da assoluti estranei. Immagina quanto può far male.”
Liam si appoggiò con la schiena al bancone. “Non dovevano contattarla per l’eredità? Non le aveva lasciato nulla? Era pur sempre una figlia legittima.”
Joen lo indicò col dito. “Qui sta il primo pasticcio, per altro confermatomi dall’agente immobiliare, che conosce un po’ tutto il ramo famigliare. L’uomo non aveva più nulla di proprietà, avevano già venduto tutto e quindi non risultava nulla da ereditare. Nello stesso periodo però, fratello e sorella più piccoli avevano acquistato case e terreni, chissà con quale denaro…”
Dopo una breve pausa, Joen scosse la testa risoluto. “Gliel’hanno fatta un po’ sporca. Stesso trucchetto anche alla morte della madre, non le ha lasciato nulla nemmeno lei. Anzi, si vocifera che le abbia fatto recapitare una lettera scritta in punto di morte, piena di cattiveria. Il vecchio Rufus alla fine ha concluso così, prima di andarsene stamattina: ci credo che adesso non riescono a vendere la sua casa, e ieri sera è pure andata a fuoco. Con quello che le hanno fatto, non vuole lasciargli manco un centesimo.”
Liam si accarezzò il mento. “Avrebbe un senso ma… Perché adesso? Babette è morta da anni, il marito anche, perché proprio adesso?”
“Ah sì, scusa, mi ero dimenticato un particolare. L’edificio era stato dato in donazione alla sua morte, non avendo lei figli. L’agente immobiliare mi ha spiegato che il fratello ha contestato i documenti e alla fine è riuscito ad ottenerlo per sé. Eh beh, al suo posto, scatenerei anch’io l’inferno dalla rabbia!”
“E adesso i suoi parenti stanno morendo uno dietro l’altro…” mormorò Liam.
“Eh già. Ne restano solo tre. Il nipote Nigel e la pronipote, la giovane ragazza col neonato con la quale hai parlato al funerale. Colpisce ogni tre giorni.”
Joen l’aveva pronunciato quasi senza pensarci troppo, ma Liam si ridestò. “E lo dici così?” Saltò giù dallo sgabello.
“Come te lo devo dire?” Joen non capiva la preoccupazione improvvisa.
Liam raccolse il cellulare dal bancone e si infilò il giubbotto. “Significa che colpirà già stanotte. Dobbiamo muoverci. Gli restano altre tre vittime e guarda caso vivono tutte nella stessa casa.”
“Dobbiamo dividerci” disse Liam prendendo le chiavi dell’auto dal tavolino all’ingresso di casa. “Io torno al magazzino, o quel che ne resta. Attenderò lì l’arrivo di Caitlyn. Se non mi sbaglio, ci sarà anche zia Babette al sopraggiungere del tramonto. Lei deve per forza sapere qualcosa.”
“E perché non posso venire con te?” gli chiese Joen confuso.
“Tu devi andare a proteggere la casa di Nigel Wisdom, perché la bestia arriverà lì, per ucciderli. Devi trovare un modo per fermarla, o quanto meno rallentarla finché non arriveremo io e Caitlyn. Spero che zia Babette mi fornisca la chiave per comprendere questo mistero.”
“Fermarla? E come?” gracchiò Joen in preda al panico.
“Non lo so! Temporeggia! Inventati qualcosa!” gli rispose Liam, avviando l’auto e sorridendogli prima di innestare la retromarcia.
“Ma cosa? Che è uno dei tuoi, non uno dei miei!” gli gridò dietro Joen. Imprecando parole sconnesse, salì alla guida del furgoncino. Controllò l’indirizzo corretto sul navigatore del cellulare, prima di procedere nella direzione opposta a quella dell’amico, dall’altra parte della città.
In pochi minuti Liam stava già parcheggiando di fronte alle macerie ancora fumanti del magazzino. L’odore del legno e della vernice bruciati era ancora forte nell’intero quartiere. Il fabbricato era annerito dal fumo, i vetri delle finestre erano esplosi per il calore all’interno, del tetto erano rimaste solo due travi accostate l’una all’altra. Probabilmente erano comunque pericolanti. La proprietà era stata delimitata col nastro segnaletico giallo e nero e diversi cartelli di avviso della possibilità di crollo. L’accesso era vietato alle persone non autorizzate. Occorreva chiedere il permesso ai pompieri.
Liam rimase seduto al posto di guida, ammirando l’ultimo raggio di sole calare all’orizzonte, oltre il parabrezza.
Caitlyn apparve subito dopo sul sedile del passeggero. “Sono stata qui a sorvegliare la zona tutto il giorno, annoiandomi a morte…” ridacchiò alla battuta controversa. “Ma non c’è stato alcun movimento sospetto. Non ho avvertito nessuna presenza. Meglio: nessuna presenza ostile in mezzo alle altre anime vaganti.”
Lui le raccontò in breve la conversazione di Joen col vecchio Rufus e quanto avevano così scoperto sul passato della famiglia Wisdom.
“Eccola, si è palesata anche lei.” Con la testa Liam indicò la vecchina comparsa di fronte al cancello dell’edificio. Se ne stava lì immobile, le mani inerti lungo i fianchi, senza lenzuolo, senza danzare, in completo silenzio.
Liam scese dall’auto e le si avvicinò per poterle parlare. “Zia Babette, sei stata tu a provocare l’incendio?”
La donna gli rispose con voce piatta e incolore, così diversa da come l’aveva ascoltata le altre volte.
“Sono morta quando sono nata. Mia madre non mi voleva dopo tutto, non mi capiva, era troppo per lei, così giovane e così inesperta. I miei fratelli sono arrivati dopo, quando lei era più adulta, più preparata, più forte. Per lei, io ero uno sbaglio e per tutta la vita mi ha semplicemente ignorata. Come si può rinnegare un figlio solo perché non lo capisci?”
“Direi che questo è un sì, a modo suo” concluse Caitlyn.
“Uhm. Vorrei però capire chi e perché li sta uccidendo tutti…” bisbigliò Liam.
Ma zia Babette lo aveva udito. “Moriranno tutti! Oh sì, moriranno tutti! Tutti tutti!” Esplose in una risata sguaiata, che echeggiava lungo la strada e le sconquassava tutto il corpo. Poi si fermò, tornando nuovamente impassibile.
Caitlyn afferrò il braccio destro di Liam. “Per un attimo ho sentito qui intorno quell’altra presenza. Solo per un attimo però.”
“La bestia? L’abbiamo vista qui intorno una volta.” Lui la guardò turbato. “Forse lei sa qualcosa della bestia. Anzi, del lupo. Aveva farneticato di un lupo, ora che ci penso.” Si rivolse di nuovo alla donna, alzando la voce. “Zia Babette, dov’è il lupo adesso?”
Lei gli rispose dopo un silenzio infinito, che quasi si erano arresi.
“Il lupo ha mangiato la nonna. La nonna ha pianto tanto quando è successo. Ma era inevitabile.”
“In realtà il lupo ha già mangiato quattro persone” aggiunse Liam con prontezza. “Chi è quindi la nonna?!”
“Che occhi grandi hai!” Zia Babette aveva parlato con una vocina fanciullesca. “È per guardarti meglio.” Si era risposta da sola, ma stavolta il suo tono era profondo, baritonale, tanto da sembrare un’altra persona.
“E che orecchie grandi hai!” proseguì, di nuovo come Cappuccetto Rosso nella storia. “È per sentirti meglio” ribatté cupamente.
Liam sentì un brivido corrergli lungo la spina dorsale, mentre Caitlyn lo tirava indietro per il braccio, allontanandolo dalla vecchia.
“E che bocca grande hai!” continuò Cappuccetto Rosso senza ravvisare il pericolo. “È per mangiarti meglioooooooo!!” Le ultime parole si trasformarono in un ringhio acuto che spaccò la quiete della notte. Zia Babette si chinò su se stessa e grossi aculei le spuntarono sulla schiena. Gambe e braccia le si ingrossarono fino a diventare quattro zampe possenti, con artigli affilati. La testa si risollevò verso l’alto e per un momento si voltò verso di loro, mostrando due occhi rosso sangue, privi di iridi, contornati da ciglia acuminate. Nella bocca aperta si vedevano enormi canini aguzzi, pieni di bava che scendeva fino a terra. Ansimava forte, ma non per la fatica. La bestia aveva di nuovo fame di carne umana e sete della sua vendetta.
Caitlyn travolse Liam e quasi lo portò di peso nell’auto, per metterlo al sicuro. La bestia con un ringhio soffocato iniziò la sua corsa.
“Cazzo! La nonna è il lupo! No, il lupo è la nonna! Oh cazzo!! Dobbiamo inseguirla!”
Come Liam aveva previsto, la bestia si stava dirigendo proprio verso la casa di Nigel Wisdom. Ma era molto più veloce di Caitlyn, che era schizzata in avanti per inseguirla, figuriamoci se lui poteva starle appresso con la sua vecchia berlina malandata. Quando riuscì a posteggiare nel quartiere, poco lontano dall’abitazione, la bestia stava tentando invano di attraversare il giardino, bloccata dalle esplosioni colorate e dal fumo acre dei petardi che Joen aveva disseminato per tutto il terreno circostante, alcuni con un temporizzatore per l’innesco e altri con scoppio a pressione.
Approfittando del baccano, Liam sgusciò fuori dall’auto e raggiunse di soppiatto Joen, nascosto dietro il suo furgoncino.
“Bella idea quella dei petardi!” sussurrò all’amico, dandogli una pacca sulla spalla.
“Non la fermerà, ma di sicuro rallenterà il suo intento. Per fortuna ne avevo una bella scorta nel retrobottega. Si vendono sempre bene.”
Caitlyn intanto era in piedi davanti a loro, osservava la scena senza intervenire, almeno finché i due non fossero in serio pericolo.
“Dove sono Nigel, Alicia e il bambino? Spero non in casa” chiese Liam.
“Ho detto loro di andare in chiesa” rispose Joen senza distogliere lo sguardo dal giardino, dove la bestia continuava a saltellare per i botti.
“In chiesa?” domandò Liam scettico.
“Beh, non sappiamo se magari blocca quella cosa demoniaca lì. Comunque, è abbastanza lontana da qui e questo ci dà almeno un po’ di vantaggio. Li ho anche fatti cambiare. Hanno lasciato i vestiti caldi qui e gliene ho portati io di puliti.”
Liam lo scrutò ancora più confuso.
“Metti che quella cosa insegua calore e odore come il T-Rex in Jurassic Park. Che ne so io!” replicò Joen stizzito.
Davanti a loro però la bestia aveva smesso di saltare, tornando indietro sulla carreggiata, molto vicino al loro nascondiglio.
“E adesso perché si è fermata?” bisbigliò Liam.
“Ha capito l’inganno. Ha sentito che i Wisdom non sono qui” gli rispose Caitlyn in un soffio.
Liam aprì la portiera del furgoncino dal lato passeggero e si rivolse all’amico. “Sali da qui e passa sull’altro sedile. Accendi il motore. Dobbiamo raggiungere la chiesa. Subito.” Joen obbedì senza fare troppe storie.
Dopo aver camminato in tondo per alcuni istanti, quasi cercando un indizio, la bestia alla fine cominciò a correre proprio in quella direzione.
“Dai, dai, andiamo!” urlò Liam dal sedile passeggero.
Quando giunsero davanti al piazzale della chiesa, la bestia stava ritta di fronte alla scalinata dell’ingresso principale. In cima a questa, davanti al pesante portone lavorato, c’era la giovane Alicia Wisdom, intenta a cullare il suo bambino tra le braccia, che faticava a dormire per l’agitazione della serata. Solo quando udì la frenata del veicolo, la ragazza si accorse del pericolo imminente qualche metro più in basso e lanciò un grido.
“Cazzo! Oh cazzo!” Liam saltò fuori dal furgoncino e corse su per gli scalini per proteggere mamma e bambino, mentre Caitlyn stava tentando invano di distrarre la bestia. Le afferrava le zampe, cercando di trascinarla lontano, ma nemmeno il tempo di un sospiro e l’animale era di nuovo allo stesso posto, anzi qualche gradino più in alto, avanzando inesorabile.
Liam spinse Alicia e il piccolo in chiesa, sperando che davvero questo potesse proteggerli, come credeva Joen. Con un ringhio furioso, la bestia gli si precipitò addosso, lo buttò a terra con gli artigli, mentre Caitlyn gridava di disperazione. Liam si trovò il muso dell’animale a pochi centimetri dal naso, un odore feroce di carne putrefatta e la bava intrisa di sangue che gli colava sulla faccia. Ma racchiusi dalle ciglia acuminate, lì dove si attendeva di vedere i bulbi oculari della bestia, riuscì a scorgere invece gli occhi tristi di zia Babette, che chiedevano aiuto con uno sguardo disperato.
“La rabbia ti abbraccia in una morsa letale…” le aveva detto.
La rabbia verso la sua famiglia, per le ingiustizie subite in vita, soprattutto da parte della madre, aveva rinchiuso zia Babette in una gabbia, in quella bestia assassina che voleva ammazzare tutti quelli che le erano sopravvissuti. Senza alcuna distinzione tra colpevoli e innocenti.
L’animale sollevò una zampa, allargando gli artigli per colpire Liam, ma Caitlyn si sovrappose fra loro. Con tutta l’energia che le rimaneva, si allargò a dismisura, diventando oscura, la sua veste candida orrendamente macchiata, così come era stata rinvenuta da morta. La ragazza e la bestia lottarono in un corpo a corpo serrato, mentre Liam assisteva inerme sotto di loro.
Dal fondo della scalinata arrivò un colpo di fucile. Joen aveva chiamato suo zio poliziotto, dicendogli che la bestia stava circolando nella zona. Erano in arrivo i rinforzi, con le sirene della polizia che si stavano avvicinando. La bestia arretrò per un momento, ma non per la pallottola ricevuta.
Alle spalle di Liam era comparso uno strano bagliore, che potevano vedere solo lui e Caitlyn perché non apparteneva al mondo dei vivi. Quel chiarore accompagnava un uomo alto, con la barba e con un vestito scuro indosso. Si avvicinò alla bestia e la abbracciò in un vortice di luce intensa. Questa cadde inerme a terra, lasciando andare finalmente zia Babette. “Andrew! Oh Andrew! Mi sei mancato!”
L’uomo che l’aveva davvero amata senza riserve era tornato dal regno dei morti per liberarla e per portarla via nella luce.
Sul sagrato della chiesa rimasero soltanto i resti di un grosso lupo, quel tanto che l’indomani sarebbe servito a giustificare le ultime morti cruente. Per gli umani poteva bastare.
Caitlyn tornò alle sue solite sembianze e volteggiò veloce da Liam.
“Sto bene, davvero. Ho solo qualche graffio.” Lui si alzò da terra e si tolse la bava dalla faccia con un fazzoletto.
“Ci hai provato di nuovo…” mormorò Caitlyn con tristezza, quasi piangendo.
“A far cosa?” Liam la guardò preoccupato. Poi capì. “No, non ci ho provato, ma dovevo…” Si voltò verso la chiesa, allargando il braccio.
Caitlyn si avvicinò e gli accarezzò il viso. “Ti sei lanciato sotto la bestia. Ci hai provato di nuovo…”
Liam posò la sua mano sopra quella di lei, in silenzio.
Dopo un paio di giorni, tutto sembrava essere tornato al suo posto: i giornali avevano cessato di nominare la bestia e avevano trovato altri motivi per seminare il panico, Joen aveva finalmente concluso l’acquisto e l’assicurazione aveva già pagato il premio per l’incendio, così i lavori di ristrutturazione sarebbero iniziati a breve, e zia Babette non si era più vista a combinare pasticci. Mancava solo una cosa da sistemare, pensò Liam quel mattino, pochi minuti prima dell’alba, mentre stava salutando Caitlyn prima che svanisse nell’invisibile.
Ancora sdraiati sul letto, le diede un lungo bacio, perché poteva sempre essere l’ultimo.
“Ci vediamo presto” le disse in un soffio.
“Sì, questa sera, come tutte le sere…” confermò lei mentre il sorgere del sole se la portava via.
Liam si alzò subito dal letto e prese lo zaino. Rovistò nella tasca anteriore e ne estrasse una bottiglietta. Conteneva l’ultimo decotto preparato con la formula del nonno, concentrato e ben zuccherato. Bevve il contenuto tutto d’un fiato e si sedette nella poltrona, in attesa.
Cominciò a sentirsi davvero male stavolta. Non era solo il cuore a galoppare senza freni, ma anche lo stomaco e tutti gli altri organi si rivoltavano dentro e contro di lui. Si rannicchiò stringendo la pancia, però così la testa gli pulsava ancora più forte. La vista gli si annebbiava per alcuni istanti, poi tornava a fuoco o si sdoppiava del tutto. Le orecchie gli fischiavano, finché non udì la voce di Caitlyn chiamarlo da lontano e farsi sempre più vicina.
Finì disteso sul pavimento, a fissare il soffitto. Sentiva delle mani tiepide che lo toccavano in varie parti del corpo.
Il suo spirito si dissociò dalla materia per un momento e poi tornò indietro a comandarla. Aprì gli occhi di nuovo. Respirava con affanno, ma riuscì comunque a mettersi seduto.
“Liam! Liam!” gridò Caitlyn, preoccupata. “Che cos’hai? Che ti succede?”
Lui le sorrise beato. Le accarezzò una guancia, solida e calda. Per la prima volta calda, una sensazione meravigliosa.
“Cosa hai fatto? Che cosa hai bevuto? Come è possibile?!” Caitlyn era terrorizzata.
“Sshh, va tutto bene.” Si alzò finalmente in piedi e l’abbracciò stretta.
“Non sei morto… sento ancora il tuo cuore battere. Che magia è questa?” gli sussurrò lei.
“Un regalo del nonno. Aveva ragione quando diceva che la morte non esiste.”
Era comunque scosso dai brividi. Tremava e tossiva, perché il cuore faticava ad abituarsi.
“Liam, no, non va bene. Non devi rischiare la vita per me…”
“Guarda la finestra. Il sole è già alto e io posso vederti e abbracciarti. Di tutto il resto non m’importa.”
Immerse le mani nei suoi capelli dorati illuminati dalla luce dell’alba e si perse nelle sue labbra.
Erano morbide e calde, quasi infuocate.
(c) 2025 Barbara Businaro
Note finali:
Sono le 19.02 di giovedì 30 ottobre e ho appena terminato il racconto. Ho scritto l’ultima scena (per la verità era già mezza scritta fin dall’inizio, dovevo solo rifinarla) e l’ho inviata alla mia beta reader, attendendo correzioni e responso. E’ stata un lunga corsa anche quest’anno e mi sorprendo di riuscirci ogni volta. Questo è addirittura il racconto numero 10. Cioè sono 10 anni che impazzisco con questi due, una storia d’amore tra il mondo dei vivi e dei morti, e ancora mi chiedo com’è che ho cominciato a scriverla, ma soprattutto tremo all’idea di quando dovrò lasciarla. Dopo dieci anni ancora sbaglio digitando veloce “Cailtyn”, e pensate che ora il corretto ortografico mi corregge lui direttamente in “Caitlyn”!!
Stavolta però scrivere la storia è stato decisamente stancante, nonostante io sia partita ancora prima del solito, per non arrivare alla solita corsa dell’ultimo giorno. E invece eccomi di nuovo qua. Non è un periodo semplice, sia per acciacchi personali che per complicazioni lavorative. Ma soprattutto quest’anno ho cominciato con quel progettone enorme di mettere insieme tutti i racconti in un unico romanzo, dato che il gran finale del racconto numero 13 (e non manca mica tanto, è dietro l’angolo che mi attende con le fauci spalancate) dovrebbe essere pubblicato solo col romanzo. Tornare indietro al racconto numero 1 e cominciare a riscriverlo, perché al suo tempo doveva essere un’unica fotografia della storia senza alcun seguito, è stato un po’ traumatico. Quella è sempre la mia voce, ma non è più il mio stile. Il primo tentativo non è andato a buon fine, non sono soddisfatta e ci riproverò. E’ come prendere un panetto poco lievitato, perché si erano sbagliate le quantità, e cercare di aggiungergli acqua, farina e un po’ di zucchero per rinforzarlo, lasciargli ancora un po’ di tempo di lievitazione e vedere cosa ne esce. Salverò il panetto o mi toccherà rifare tutto l’impasto? Ecco, questo ha un po’ minato la mia sicurezza per il racconto di quest’anno, diciamo, che aveva una struttura complicata.
Lenzuolino è comparso un anno fa, mentre stavo chiudendo il racconto precedente. Dal nulla è spuntata questa vecchietta rincoglionita che si agitava con un lenzuolo, prendendo in giro i fantasmi, essenzialmente se stessa. I fantasmi possono soffrire di demenza senile? Beh, pare di sì. La scienza in effetti non si è ancora del tutto espressa in merito, perché non ci sono studi approfonditi del caso…
Non avevo però trovato il cattivo della storia, non si faceva proprio vedere (e un motivo c’era, se avete letto il racconto). Mi sono lasciata ispirare dall’ultimo album dei Seether (che sto ascoltando in auto a rotazione da metà settembre) e da questa canzone, “Dead on the vine”. La traduzione letterale di “to die on the vine” sarebbe “morire nella vigna”, poco chiaro perché si tratta di un idiom inglese, un po’ come i nostri detti in italiano. Significa “morire/naufragare senza successo” o “essere abbandonato prima di raggiungere il successo”, indicando che un progetto, un’idea o una persona non hanno avuto la possibilità di svilupparsi o completarsi. Come il tralcio che muore sulla vigna, senza diventare un grappolo d’uva. In italiano diremmo “è morto sul nascere”, ma essendo Halloween ci stava meglio “Morta sul nascere”. Ed è lei, zia Babette a dirlo alla fine, spiegandomi la sua storia travagliata e perché il cattivo c’è, ma non c’è, in un miscuglio alquanto variegato. Svelato anche il contenuto della scatola rossa del nonno: radici, foglie essiccate e polveri colorate in una variante misteriosa della preparazione Ayahuasca utilizzata in Amazzonia per comunicare con gli spiriti. Che uso ne farà Liam adesso? Lo vedremo.
Mentre scrivevo le diverse scene, ho tracciato anche qualche appunto per il futuro perché i personaggi si muovono da soli e mi mostrano cosa succederà. Anne sembra essere quella che vuole sorprendermi maggiormente, ma anche Joen non è da meno, sempre così scettico nonostante l’evidenza. Posso dirvi che a un certo punto si è aggiunta una scena al gran finale. So già come finisce questa storia, non potrebbe essere altrimenti, ma all’improvviso si è aggiunto un piccolo passo e, beh, cambia tutta la prospettiva. Ho pianto per dieci minuti buoni dopo averla scritta e salvata. E’ decisamente buona, non è perfetta perché alla perfezione non ci credo, ma è proprio buona. E adesso vado a festeggiare.
Volete sapere come continua? Trovate l’indice di tutta la serie qui: La storia di Liam e Caitlyn

Comments (4)
Sandra
Ott 31, 2025 at 10:19 AM ReplyImmancabile come le zucche e i fantasmi, direi, in questa giornata, nottata.
Barbara Businaro
Nov 01, 2025 at 5:47 PM ReplyImmancabile soprattutto per me, loro sono oramai il mio Halloween. Sarà difficile lasciarli andare… 🙁
Giulia Mancini
Nov 01, 2025 at 8:28 AM ReplyQuesto racconto me lo sono proprio gustato stamattina, sul tablet, mentre indugiavo a letto in attesa di alzarmi per prendere il caffè. Vedo che ci hai infilato all’interno anche il libro sull’Islanda (e dopo il tuo viaggio è più che giusto). Sono passati dieci anni caspita, a pensarci é un bel po’ di tempo, quante cose possono accadere in un decennio. Credo che questi tuoi racconti con una trama ben definita e auto conclusiva per ogni episodio possa essere una magnifica serie televisiva. Si presta molto bene. La tua tecnica narrativa si é affinata negli anni e questo tuo ultimo racconto lo dimostra, c’è la giusta tensione che mantiene incollati alle pagine. Buon primo novembre
Barbara Businaro
Nov 01, 2025 at 5:59 PM ReplyGrazie Giulia! Non so se ci ho infilato l’Islanda davvero io, o se l’Islanda stessa, con tutte le sue leggende, ci si sia infilata da sola. Quando stavo leggendo “Luce d’estate ed è subito notte” era pieno luglio, giornate assolate e caldo afoso, niente che potesse portarmi ad Halloween. Poi mi sono trovata quelle frasi e mi sono quasi sentita meno sola. Poi ho scoperto che è uno dei temi ricorrenti di Stefánsson, che in realtà riprende proprio le credenze islandesi, terra di elfi, troll, spiriti, demoni e stregoni. Mi sono appuntata subito quelle frasi, ho visto subito Anne che le usava per parlare con Liam. Non ero certa di lasciarle, ma alla fine sì, perché no?
Ho anche pensato ad una serie televisiva sì, ci potrebbe stare proprio perché ogni racconto sarebbe un singolo episodio (ed è poi il motivo per cui faticherò a metterlo insieme invece come un romanzo, anche volendo far diventare ogni racconto un capitolo). Sulla tecnica narrativa invece, beh, pensavo di essere peggiorata, ho fatto fatica a scriverlo, e non ti dico quanti errori ha scovato la mia santa beta reader. Però sto ricevendo davvero molti complimenti (via mail ma pure via sms adesso!) e non me lo aspettavo. 🙂
Adesso tornerò per un mesetto a lavorare sul primo racconto, visto che sono già “dentro la storia” e posso mantenere il ritmo giusto.