Istinto

Istinto

Cat stava camminando lungo il marciapiede per giungere tranquilla a casa. Lo zaino su una spalla sola, il peso della cultura le ingobbiva la schiena. Era una giornata di quasi primavera, quando il tenue calore del sole prova a riscaldarti, ma solo se hai un piumino addosso. Era poco passata l’ora di pranzo, qualche negozio aveva già chiuso, il panettiere si attardava ad abbassare a metà la saracinesca, nonostante il profumo del pane fresco fosse ancora invitante. Qualcuno camminava lesto verso l’auto parcheggiata. Dall’altra parte della strada, nel parco pubblico, qualche anziano si godeva il sole seduto sulle panchine, leggendo il giornale o chiacchierando col vicino. Le mamme parlavano tra di loro, dando un occhio al passeggino o uno sguardo ai bambini più grandi, che giocavano con un pallone più grosso di loro.
Un lieve profumo di gelsomino caldo nell’aria cercava di rilassare la mente di Cat, stranamente inquieta. Non aveva dormito molto quella notte, qualcosa l’aveva tenuta sveglia. Stanchezza, stress, ansia forse, o l’innalzarsi delle temperature esterne avevano scombussolato il suo ritmo circadiano.
A scuola era andata bene, mattinata indenne per fortuna. Ma le era rimasta quell’aria svampita di chi non vede l’ora di chiudere gli occhi ed abbandonarsi ad un cuscino.
Ciondolava così sul marciapiede, quando dal fondo del viale davanti a sé spuntò un suv a velocità sostenuta.
Nulla di nuovo, ma qualcosa la turbò.
Un odore improvviso, metallico, ferroso. All’istante allargò le narici per respirarlo appieno. Un odore secco e caldo.
Respirò di nuovo a fondo, il suo naso si acquattò nuovamente alla ricerca. Terra e sabbia questa volta colpirono il suo istinto. Era l’odore del panico, della paura, di un pericolo in agguato. Il tempo cominciò a rallentare attorno a lei. Le voci arrivavano indistinte, lontane. Continuò a respirare a fondo, le narici sbuffarono. Lasciò cadere i libri a terra, la sua schiena ebbe un fremito, un tuono la percorse fino all’ultima vertebra e si abbassò a toccare terra con le mani, accovacciata in attesa.
E poi la vide.
Una bambina di due anni si era allontanata dal centro del parco, rincorrendo la palla rossa lungo un vialetto che puntava all’uscita. La mamma la richiamava forte, gridando e inseguendola. Ma la bimba rideva, pensando di giocare. Ed il suv avanzava ignaro lungo la strada.
Fu un attimo, uno scatto. Cat sentì i suoi muscoli tendersi all’unisono, palpitanti d’elettricità, scrollati da un altro fremito. I suoi occhi si estesero per abbracciare tutto quel che potevano vedere. Ancora a rallentatore, si ritrovò a correre verso la bambina. La sua schiena si muoveva flessuosa nell’aria, che si scostava per lasciarla passare più velocemente possibile. L’odore si fece più forte, intenso, le stringeva lo stomaco. E più lo sentiva, più i suoi muscoli reagivano con una nuova scossa, aumentando la corsa. Non sentiva fatica, nessuno sforzo. Le sembrava di fluttuare, sospinta dalla terra che la sollevava in avanti. Non riusciva a pensare, non c’era tempo per pensare, il cervello aveva lasciato il comando ad una forza più potente, senza controllo.
Il suv rallentò, le voci diventarono più lontane. Le sue mani spostavano qualsiasi alito di vento le impedisse di avanzare. Le guardò…erano artigli…erano unghie arcuate…erano ricoperte di un lungo e lucido pelo nero. Le sue narici respiravano nuovamente a fondo e dalla gola uscì un grido, un richiamo della sua natura, un ruggito di avviso per la foresta metropolitana.
Appoggiò le zampe a terra per l’ultimo scatto finale, il suv a soli due metri dalla bambina. Con i denti l’afferrò per la maglietta, la trascinò a sé, la prese poi con le mani, la strinse al petto più forte che poté e rotolò lungo il marciapiede opposto.
Il suv inchiodò con un rumore stridente che la stordì. Nello stesso istante, l’odore scomparve. Il profumo di gelsomino tornò a invadere i suoi polmoni, come una sorsata d’ossigeno d’alta montagna.
La bimba la riportò al presente, aveva cominciato a piangere e singhiozzare tra le sue braccia. Arrivò di corsa la madre e gliela strappò per abbracciarla e controllare che fosse intera. E la baciò e pianse silenziosamente.
Il guidatore scese dal suv e corse verso Cat. Guardò la bambina e poi Cat, la prese per le spalle. “Tutto a posto?” le chiese.
Chiunque nel raggio di qualche metro accorse per vedere cos’era successo. Cat frastornata si mise a sedere.
Le girava un po’ la testa.
“Chiamiamo un’ambulanza?”
“Che è successo?”
“La ragazza ha salvato la bambina”
“E’ stato incredibile…correva come il vento!”
“Dev’essere un’atleta…hai visto che roba?”
“Sembrava un lupo…”
“No, era molto più veloce…sembrava una pantera…”

 

(c) 2012 Barbara Businaro

Curiosità: Un giorno mi sono imbattuta in questa pubblicità di orologi ed è nato il nome di Cat (che sta per Caterina).

Panther is my cat

Photo: http://www.ismystyle.com/brand/

 

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