Il problema delle donne... sono le donne stesse!

Il problema delle donne… sono le donne

Almeno una volta all’anno la mia piccola Flippelis (non ricordo più l’origine di questo vezzeggiativo per la mia quattroruote, che conserva solo la desinenza del modello originale) se ne va in officina per il tagliando. Essendo anche una prima serie, è stata alquanto sfortunata nei suoi quindici anni di vita, con parecchi richiami ufficiali dalla casa madre. E prima le pastiglie dei freni che fischiano e svegliano tutto il vicinato quando rientro dalle trasferte di notte, e dopo l’airbag inserito sul volante che, in certi casi, non si sa bene quali, ma è meglio controllare, potrebbe esplodere di suo, e dopo ancora il piantone dello sterzo che potrebbe, se gli gira male, bloccarsi mentre sei lanciato in curva, e così via. Insomma, l’ho sempre portata dal meccanico ufficiale. Voi l’avete costruita, voi me la sistemate a puntino. Io pago, in silenzio, non chiedo nemmeno lo sconto, non sto manco lì a sindacare sul liquido lavavetri o sulle gommine tergicristalli, ma la mia Flippelis non deve avere problemi. Almeno non deve averne che siano imputabili alla mancata manutenzione. Purtroppo so anche quanto poco manchi a dovermene distaccare, non la vogliono più vedere circolare in centro città (a lei manco piace, sia detto, è nata per le autostrade lunghe), ma le sono affezionata, mi ha portato ovunque, nei giorni belli e in quelli tristi, in vacanza e in ospedale, lei c’era. Con quella sua strana espressione ottimista disegnata tra fari, cofano e calandra. Ogni anno rimando l’addio, probabilmente piangerò il giorno che se la porteranno via, un pezzo della mia vita in rottamazione. Intanto però per lei cerco solo il meglio. E questa premessa è doverosa.
Così per il tagliando prendo appuntamento, arrivo puntuale, consegno le chiavi, mi accomodo nella sala d’aspetto e mi metto a leggere il romanzo che, toh, casualmente avevo infilato in borsa. Un’ora, due ore, non importa, sarebbe lo stesso se leggessi a casa sul divano. La mia Flippelis fa le sue cose con i meccanici e mi torna indietro bella, profumata e ruggente.
Ieri mattina no. Ieri mattina qualcosa è andato storto. Sulla strada del ritorno sento uno strano rumore all’anteriore destro. Lo noto quando freno, poco prima di un dosso. Sembra lo stesso stridio di quando le cambiarono i dischi dei freni e le pastiglie, quando sono nuovi devono un po’ prendersi l’uno con l’altro e dura per i primi chilometri. Fermandomi in parcheggio però lo sento proprio forte. Non va bene. Controllo la fattura appena pagata, sono segnati i soliti controlli ma nessuna sostituzione. Memore del saluto del meccanico (“Signora, se c’è qualcosa, ci chiami subito, noi siamo qua”), contatto subito l’officina. Mi risponde un’impiegata, la quale tende ahimè a minimizzare. “Ma Signora, noi non abbiamo toccato pastiglie e freni, non siamo stati noi.” Deve avermi preso per una casalinga annoiata, con niente di meglio da fare se non darle fastidio al telefono. Insisto col dire che stamattina il problema non c’era, ieri il problema non c’era e anche nell’ultima settimana il problema non c’era. Però il problema si presenta ora, all’uscita dal tagliando, come mai?
Mi chiude dicendo di richiamare se ancora sento questo fastidio.
Io e la Flippelis ci rimettiamo in marcia verso l’ufficio. Gli uomini di casa mi dicono di provare frenate d’urgenza in un rettilineo poco frequentato, per capire se davvero sono dischi o pastiglie, che in un paio di colpi ben assestati dovrebbero sistemarsi, baciarsi meglio e non litigare più. Mi accorgo invece che lo stridio sembra associato ai movimenti d’aria, sì alla frenate, ai dossi, alle curve, ma pure alle accelerazioni. La sensazione, perché io e la Flippelis ci conosciamo bene e avverto subito quando il suo umore è differente, è che il mascherone anteriore, quello basso in vetroresina, stia per sganciarsi da un momento all’altro ad ogni lieve salto del veicolo. Mi fermo, scendo dall’auto e guardo. Ma non c’è nulla. Riparto e all’ultimo dosso, prima dell’ufficio, sento proprio un clank sospetto, non davanti, ma sotto i miei piedi. Parcheggio, scendo, mi inginocchio faccia a terra e lo vedo. Un qualcosa penzola dalla sottoscocca della mia Flippelis. Ed è quel qualcosa che si è strisciato in frenata, sui dossi, in curva, nelle accelerazioni, tutte le volte che l’auto si abbassava leggermente verso l’asfalto. Sembra uno sportellino aperto, e ho un vago sospetto di cosa sia, ma il meccanico non sono io.
Richiamo nuovamente l’officina, mi risponde un’altra impiegata, leggermente più gentile, che cerca di passarmi gli interni dei meccanici, senza alcun risultato. Spiego l’urgenza, considerato che è venerdì e per il weekend le officine chiudono. Di che cosa si tratta? Posso muovere l’auto? Quando me la sistemate? Perché questo è chiaramente un problema generato dal tagliando, vi siete dimenticati un pezzo! Ieri sta cosa non c’era!
“La faccio ricontattare subito, signora”. Un subito che ha una diversa accezione temporale, perché dopo un’ora non ho sentito nessuno. Richiamo io, ancora, trovo un’altra impiegata, la quale tenta di passarmi diversi interni, senza risposta, facendomi ogni volta tornare al centralino: “Digita 1 per veicolo nuovo, digita 2 per veicolo usato, digita 3 per l’officina…” Ho digitato sette volte quel 3, senza soluzione. Quindi lascio andare la Santa Barbara che è in me e appicco il fuoco alle polveri. Ho alzato la voce, perché la pazienza ha un limite. Possibile che, telefono a parte, non riescono a passarsi un’email interna, una chat, un cavolo di WhatsApp tra colleghi?! Il problema non sono i tecnici, il problema sono le signorine che non hanno compreso la situazione, fin dall’inizio.
Chiudiamo la telefonata con la sua promessa di provare a ricontattare i colleghi e farmi richiamare. Dopo mezz’ora non sento ancora nulla e richiamo io, anche perché mancano solo dieci minuti alla chiusura per la pausa pranzo. Mi risponde un’altra impiegata ancora, offesa perché il numero di telefono della mia rubrica non è quello giusto, l’officina ha cambiato numerazione! Certo, ma io ce l’ho in rubrica fissato da quindici anni e voi non mi avete mai avvisato… Beh, l’officina è chiusa, riprovi alle quattordici. Signore, dammi la pazienza e trattieniti la forza, altrimenti prima di sera faccio una strage!
Decido di cautelarmi e invio una mail con le foto della sottoscocca della mia auto a tutti gli indirizzi reperiti in rete per quella sede e officina. Che arrivi pure al reparto commerciale, così sapranno perché non acquisterò più lì i prossimi veicoli di famiglia, né gli amici sentiranno consigliarmi quel rivenditore. Se sarò costretta a muovere la mia Flippelis in quelle condizioni e dovesse succederci qualcosa, questa mail sarà prova tangibile.
Con la fame imperante, peggiorativa della mia rabbia, ritento un’ultima telefonata alle quattordici e due minuti, quei due minuti per dargli il tempo di sedersi alla scrivania. Altra impiegata dall’altra parte, o forse una delle stesse già sentite ma oramai non faccio più caso alla voce. Riprova a passarmi uno degli interni, ma suonano vuoti. Al suo “riprovi più tardi” non ci sento proprio più, mi escono i canini all’istante e vorrei azzannarla alla giugulare. La lascio praticamente sbraitando. Nel frattempo al lavoro nessuno mi chiede niente, hanno compreso che non è proprio giornata.
Chiudo l’ufficio e decido di riportare l’auto in officina, saltando anche la mia pausa pranzo. Gliela piazzo davanti all’ingresso, bloccando tutti, e se la spostano solo per rimetterla sul carroponte e verificare cosa hanno combinato.
Mentre sono per strada, alla velocità quarta-età, non respirare nemmeno quando sterzi, decelera appena appena, finalmente mi chiama un meccanico, con voce bassa bassa, modello tappetino, ci scusi, eccoci, siamo qui, veniamo a prenderla? Sto già arrivando, cinque minuti e sono lì, minaccio tonante.
Entro in accettazione. “Ha appuntamento signora?”
“Sì, sono quella con l’auto col pezzo penzolante che striscia per terra da quando l’ho ritirata stamattina qui al tagliando.” L’ho detto a voce bella forte, che sentano tutti gli altri clienti di questo e dell’altro stabile, almeno sono avvisati di controllare i loro veicoli prima di lasciare il piazzale e trovarsi le sorpresine a casa.
Arriva di corsa il meccanico-tappetino della precedente comunicazione. Prende subito le chiavi, quasi vola, e la porta dentro. Mi mandano ad attendere in sala d’aspetto, bella piena di gente. Ottimo. Rispondo alla telefonata del famigliare preoccupato e così, sempre con bella voce potente, lascio ascoltare a tutti quanto mi è accaduto quella mattina. Probabilmente, nell’ufficio a vetri alle mie spalle, c’è una di quelle impiegate solerti. Rintanate sotto la scrivania, confuse con la carta da parati.
Dopo soli venti minuti, troppo pochi calcolo mentalmente per sistemare quel danno, mi richiamano in officina.
“Signora, era saltata una clip dello sportellino, sa. Auto un po’ vecchia, succede.” Vecchia a chi?! “Ma abbiamo fatto un lavoro di fino…”
Ahia, questo è sinonimo di un lavoro fai-da-te, fuori garanzia, nessuna sostituzione, nessun ricambio, uno sputacchio. Chiedo subito, col sopracciglio alzato: “Avete messo vite autofilettante?”
Imbarazzo del meccanico, che non si aspettava una bionda intelligente. “Eh, si… noooo… ma è un lavoro fatto bene.”
Non doveva essere un lavoro fatto bene, doveva essere una sostituzione. Al massimo poteva essere un lavoro “di fino” temporaneo per il weekend e poi tornare in settimana per il ricambio in arrivo. A carico vostro. Perché chi rompe, paga. Anche se l’auto è vecchia. Ma tua sorella è sicuramente più vecchia. Tengo la rispostaccia, c’è ancora tempo per la resa finale, e dico solo: “Stasera guardo. Metto il carrellino per la moto sotto il pianale e vedo subito.”
Secondo imbarazzo del meccanico e tutte le sfumature del carminio sul suo viso. “Eh, si, si… guardi guardi, è fatto bene…”
Stavolta mi saluta senza ricordarmi che arriverà il sondaggio di gradimento direttamente dalla casa madre. Però io non dimentico, lo attendo con ansia e trepidazione. Perché sbagliare si può, anch’io sbaglio, ma la differenza è come rimedi all’errore. Sta tutto lì. In quel minuscolo centimetro di scelta.
Ed è inutile cianciare tanto di qualità e miglioramento continuo dall’Oriente. Stamattina avete fatto una figura proprio… del Kaizen.

Nel mezzo del mal di testa colossale che ne è seguito, penso e ripenso a tutta la questione. Il primo errore, fatale, è di comunicazione, in quella prima telefonata del mattino, quando credevo fossero i freni. Se quell’impiegata non avesse minimizzato l’accaduto, ma avesse dato subito l’urgenza ai colleghi, ci saremmo evitati tutti incazzature gratuite e perdite di tempo. Ti puoi davvero permettere il dubbio che ci sia un problema di frenata, dopo il cambio del liquido dei freni, in seguito alla tua manutenzione? Puoi davvero rischiare che succeda qualcosa al tuo cliente, alla guida del mezzo appena riconsegnato?
E fa più male quel trattamento minimizzante perché è partito da una donna verso un’altra donna.
Le ultime settimane per altro sono state dense di casi analoghi, sempre di auto e di donne.
In una strada a doppia corsia, in curva, un’amica si è vista venire addosso l’auto dall’altra carreggiata, le è proprio andata addosso. E’ riuscita miracolosamente a tenere la curva, senza sbandare verso il guard rail e fermarsi, agitatissima e sconvolta, alla prima piazzola. Anche a bassa velocità, poteva veramente male se non avesse tenuto il mezzo. Sull’altro veicolo un’anziana signora, addirittura senza patente, a suo dire appena rinnovata, insisteva sul contrario, che la mia amica avesse stretto la curva finendo contro la sua auto. Ho visto i due mezzi, l’anteriore contorto dell’auto dell’anziana stampato a metà fiancata dell’utilitaria della mia amica. Non occorre un fisico da Premio Nobel per capire chi è andato contro chi. Una donna verso un’altra donna.
Ancora, una gentilissima collega va a recuperare la propria auto dal meccanico di fiducia, dopo un intervento programmato. Ma nel parcheggio dell’officina trovano il mezzo incidentato. Un altro cliente l’ha tamponata di brutto e se n’è andato senza riferire nulla. L’area però è servita da telecamere di sicurezza e vengono visionati i nastri delle ultime ore, scoprendo così la colpevole. Le signore si incontrano per decidere il da farsi con il responsabile dell’officina. La persona che ha creato il danno esordisce con tante scuse, “non me ne ero proprio accorta sa, mi spiace davvero tanto.” Il meccanico mostra invece il video dove la signora scende dall’auto dopo lo scontro, si china verso la botta appena data all’altro veicolo, si guarda in giro se nessuno ha assistito, risale a bordo della sua auto e parte di corsa. Una donna verso un’altra donna.
Questo solo se raccolgo gli esempi degli ultimi giorni, con un’automobile all’interno del quadro. Ma se analizzo gli altri comparti, dalla sfera personale a quella lavorativa, tocca ammettere a malincuore che gli sgarbi maggiori, quelli più pesanti sia nei termini che negli esiti, li ho sempre osservati tra donne. Questo è profondamente triste. Come possiamo attenderci rispetto dal mondo maschile se non riusciamo a rispettarci nemmeno tra di noi?!

 

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Comments (14)

Sandra

Ott 15, 2022 at 5:52 PM Reply

C’è un enorme problema di comunicazione in diversi ambiti, terribile proprio come rendano tutto super complicato.
Questa tua storia è esemplare, sei cliente, innanzitutto eh e poi ovviamente c’è tutto il discorso che giustamente sottolinei circa la mancanza di rispetto e la guerra che le donne tendono a farsi di continuo.
Che roba triste.
Come mi fanno incavolare, stiamo parlando di un’automobile, come ben dici si rischia di farsi male. Non è un vestito.
Sta tutto lì: sbagliare e voler rimediare o sbagliare e continuare a minimizzare.
A volte basterebbe un banalissimo “ho fatto una caxxata, scusi adesso sistemiamo per bene.
PER BENE EH non arrangiato.
Che nervi!

Barbara Businaro

Ott 16, 2022 at 7:04 PM Reply

Sono convinta che se l’impiegata avesse perorato la mia causa presso i meccanici, tutto questo non sarebbe accaduto. Avremmo capito cos’era, probabilmente sarei tornata comunque in officina, più tranquilla anche se il danno oramai era fatto. E magari anche la soluzione sarebbe stata diversa.
Per la cronaca, ieri mattina abbiamo verificato col carrellino sotto l’auto. Il lavoro “di fino” è stato togliere lo sportellino e rasare il taglio. Molto peggio della vite autofilettante. Anziché risolvere, elimino il problema. Così la mia Flippelis se ne sta andando in giro “bucata”. Scattate le foto e girato un video. Arriverà reclamo scritto, formale, direttamente alla casa madre a Roma.

IlVecchio

Ott 15, 2022 at 6:15 PM Reply

Sono dispiaciuto di non essere stato in zona per fornire aiuto. Dall’altra parte, sorrido perché questi sciocchi non hanno proprio idea di cosa hanno scatenato. Immagino già una raccomandata di reclamo in partenza per Roma, direttamente al marchio. Come è giusto che sia, perché quanto successo è indice di un protocollo errato nella filiera. Stavolta è andata bene, era “solo” uno sportellino di plastica, ma la prossima? Le auto di oggi raggiungono i 180 chilometri orari in un lampo – che poi sia corretto andare tanto veloce è un altro discorso. Non si può scherzare con la loro manutenzione. Non è un vestito, dice la signora Sandra, a ragione. Qua si rischia la vita. : -(

Barbara Businaro

Ott 16, 2022 at 7:07 PM Reply

Sì, non sbagli. Nei prossimi giorni partirà proprio una PEC di reclamo. Ieri pomeriggio è arrivato il sondaggio di gradimento dell’intervento, ovviamente negativo. In una scala da 0 a 10, ho usato spesso lo zero alle loro domande. Specie perché avevo appena guardato sotto la scossa l’intervento risolutivo, cioè tagliare via il pezzo e lasciare il buco. Penso che Kiichirō Toyoda si stia rivoltando nella tomba…

Giulia Mancini

Ott 15, 2022 at 7:00 PM Reply

Purtroppo che le donne siano le peggiori nemiche delle donne stesse è un dato assodato, io l’ho verificato più volte, anche se per fortuna ho conosciuto anche donne fantastiche che hanno comprovato l’esistenza dell’eccezione a questa regola. Mi dispiace per la tua esperienza, portare l’auto a fare il tagliando per non avere problemi e averne proprio appena uscita dall’officina è davvero spiacevole e molto irritante, capisco bene. Pensa che l’anno scorso ho fatto il tagliando e chiedendo di farmi anche la revisione visto che scadeva proprio a fine mese…sono andata via tranquilla tutta contenta perché avevo speso meno del solito, per forza! Il giorno dopo, controllando la fattura, mi sono accorta che si erano dimenticati la revisione e la scadenza era dopo due giorni, così sono andata al centro revisioni vicino casa mia, facendo la fila tutto il pomeriggio…
Quest’anno ho deciso che faccio il tagliando dal meccanico vicino casa mia, così risparmio e mi organizzo meglio infilandolo in un giorno di telelavoro.

Barbara Businaro

Ott 16, 2022 at 7:12 PM Reply

Anch’io controbilancio con donne fantastiche nella mia vita, più preziose delle sorelle, pure dall’altra parte dell’oceano pronte a soccorrermi. Ma non dovrebbe essere un’eccezione, se vogliamo cambiare la considerazione verso il mondo femminile. Dovremmo essere più compatte, sempre e comunque.
Purtroppo ho anche una lunga storia, precedente ai venti anni di questi tre veicoli acquistati presso lo stesso marchio, di meccanici “vicino a casa” che me hanno combinate di ogni, come dichiarare di sostituire i filtri e invece averli solo puliti un po’. Con la differenza che lì non hai una casa madre a cui fare riferimento per i reclami, che dovendo tenere alto il valore del marchio ci tiene a cercare una soluzione pacifica.

Speranza

Ott 16, 2022 at 2:53 PM Reply

Che rabbia essere trattate con sufficienza e non pensare che può essere molto pericoloso andare in giro con un’auto difettosa. Gli altri episodi sono frutto del pensare di farla franca, salvo inveire contro gli altri quando si è dall’altra parte.

Barbara Businaro

Ott 16, 2022 at 7:14 PM Reply

La rabbia è salita all’ennesima potenza quando ho visto ieri cosa hanno combinato poi per risolvere il danno. Hanno tolto tutto e lasciato il buco sotto la scocca.
Probabilmente anche qui pensavano che, essendo donna, bionda e stupidina, non mi mettevo a controllare…

Daniela Bino

Ott 17, 2022 at 8:19 AM Reply

Un nervo scoperto, ahimé! Un tale mi disse che noi donne non siamo capaci di fare squadra come gli uomini. Forse aveva ragione. Però… E qui, mi viene in mente la barzelletta della signora seduta sul banco della barca ormeggiata al porto mentre era intenta a leggere. Appoggiata alla frisata c’era la canna da pesca. Passò un vigile e le disse che doveva multarla perché era vietata la pesca. Lei, candidamente, rispose che non stava pescando ma lui insistette perché la signora aveva tutta l’attrezzatura. Al che lei rispose che lo avrebbe denunciato per tentato stupro. Lui, indignato, disse che non era vero ma lei fece notare che anche lui aveva tutta l’attrezzatura. Ecco! Morale della favola: temere sempre la donna che legge.
All’officina hanno trascurato il fatto che non sempre ci si trova davanti la persona sprovveduta che non sa o che non capirebbe. E questo capita spesso. Forse stiamo combattendo le battaglie sbagliate, quelle che, una volta vinte, non ci arricchiscono o non migliorano la nostra posizione. Tu invece sei stata ferma nei tuoi propositi e hai fatto benissimo! Si sono comportati proprio male, anche nella soluzione apportata. Non va bene! Fagliela pesare!

Barbara Businaro

Ott 18, 2022 at 7:06 PM Reply

Bellissima quella storiella! Attenti alle donne che leggono! 🙂

Purtroppo devo aggiungere il capitolo odierno alla saga. Prima di inviare reclamo ufficiale via PEC alla casa madre, ho richiamato l’officina per capire il margine di trattativa. Assolutamente nullo. Sostengono che lo sportello era già usurato, che è un caso che si sia sganciato proprio dopo il tagliando, che la riparazione-non riparazione è l’unica possibile perché la sostituzione costa, solo del ricambio, 232 euro, e poi la manodopera. Io sono stanca di passare per fessa (la risposta di oggi del meccanico è stata “Signora, è lei che non vuole capire…”) e quindi ho inviato la PEC giù a Roma, in copia Altroconsumo di cui in famiglia siamo soci.
Amiche e colleghe, che hanno seguito un po’ la vicenda, sostengono che il trattamento mi è stato riservato proprio in quanto donna.
Se fosse andato l’uomo di casa, secondo loro, non sarebbe accaduto.
Adesso vedremo la risposta del marchio, ma devo dire che la mia fiducia è completamente svanita… Se prima pensavo di sostituire entro la primavera la mia piccola Flippelis con un’altra nuova Flippelis ibrida, ahimè no. Dovrò cercarmi altrove un altro veicolo e un altro marchio. E mi presento con un paio di baffi finti. 🙁

Paolo

Ott 20, 2022 at 8:47 AM Reply

Il problema a mio avviso ha origini multiple. Certo il fastidio reciproco, i paletti reciproci tra donne, proprio istintivi, di territorio, a volte contano. Poi magari cadono e diventano grandi amicizie, ma spesso il primo approccio è quello.
Ma situazioni irritanti come questa capitano anche a noi maschi. I problemi secondo in questo tipo di situazione frequente sono secondo me anche: il basso livello medio di istruzione degli impiegati in Italia, che non favorisce un approccio logico e “laico”alla gestione anche delle piccole incombenze.
Legato a questo, l’assunzione troppo frequente sulla base di criteri amicali o familiari, diffusa in tutti i tipi di aziende italiane, quindi anche in concessionarie che portano sul tetto l’insegna di un brand mondiale. Si assume la cugina, la sorella, l’amica della nipote. Se la casa madre sovrintendesse alle assunzioni locali, i criteri sarebbero molto più stretti. Poi manca una formazione adeguata. Qualcuno che ogni tre mesi mostri anche qualche slide dove si dice per esempio: “attenzione a prendere sottogamba una richiesta di assistenza telefonica a seguito di una riparazione A Osaka nel 2018 (sto inventando) è successo che poi il pezzo si è staccato, incidente, causa milionaria, e ha pagato la concessionaria”. Infine l’uso smodato dei social e dello scroll, anche sul lavoro, che spesso assorbe gran parte delle attenzioni. Intensificatosi con WhatsApp, Instagram e ora anche con TikTok. La telefonata della cliente distrae dallo scrolll, quindi la si prende sottogamba, se non con fastidio Poi altre altre cause secondarie ma il discorso diventerebbe lungo.

Barbara Businaro

Ott 21, 2022 at 12:02 AM Reply

Benvenuto nel blog Paolo. 🙂
Sì, il problema ha sicuramente origini multiple. A quelli da te citati aggiungerei anche il mercato auto in crisi da più di un anno, in quanto a vendite, che cerca di recuperare almeno con le assistenze. Ma non potendo incrementare troppo i prezzi (di per sé già aumentati dai costi delle materie prime), allora si incrementa il numero degli interventi, riducendo il tempo riservato ad ognuno e quindi la qualità finale. Poco tempo, tutto di corsa, l’errore umano dietro l’angolo.
Per altro, la mia Flippelis ha avuto parecchi richiami dalla casa madre, scattati a livello mondiale. Destarono scalpore qualche anno fa, gli amici mi prendevano in giro per questo, ma io ho sempre risposto che è proprio quello il valore dell’acquisto: preferisco che venga portata in officina e sistemata, piuttosto che venga messo tutto a tacere e si “accetti” una percentuale di incidenti piuttosto che un danno in marketing. Per questo, conoscendo l’etica della casa madre, mi sono stupita della reazione del meccanico quando ho richiamato martedì pomeriggio, di un’ingenuità e un’impreparazione assoluta. Al di là che non saremmo dovuti arrivare a tanto, il veicolo andava sistemato già il pomeriggio che sono tornata in officina, adesso la cosa più furba sarebbe stata cercare un accordo. Perché, come mi ha insegnato qualcuno subito all’inizio della mia carriera, un cliente soddisfatto parla con 1 persona, ma un cliente insoddisfatto parla con almeno 100 persone. Con i social oggi anche con 1000 persone in pochi secondi. Il danno d’immagine a lungo andare rischia di essere ben superiore alla sostituzione del pezzo.

Luz

Nov 15, 2022 at 7:59 PM Reply

Questa realtà per me è stata sempre più evidente man mano che mi sono allontanata dal mondo dal quale provengo, un sud che fra i vari travagli ha pure questo, l’antipatia fra donne. Ancora oggi ascolto i racconti di mia cognata, quando parla di ciò che accade sul lavoro o fra amiche di lungo corso che poi non si rivelano tali. Imperversa l’invidia, il vizio più evidente. Poi anche l’indifferenza, la maldicenza. Resto basita dinanzi a tanta cattiveria. Sempre e solo fra donne. Devo dire che qui dove vivo non è così, a parte qualche raro caso ma anche piuttosto sotto traccia. Forse più nel teatro noto una certa malcelata invidia, ma lì tocca anche l’universo maschile.

Barbara Businaro

Nov 15, 2022 at 11:26 PM Reply

Non penso sia una questione di posizione geografica, perché in questo periodo comportamenti del genere li sto osservando anche nei luoghi che frequento qui al Nord. Noto invidie feroci tra alcune colleghe, tanto che qualcuna teme addirittura per la propria salute ed evita proprio di incrociare queste persone malvagie. Tanta cattiveria senza senso alcuno, in qualche caso mi sembra rabbia repressa da situazioni famigliari ingarbugliate. Sul luogo di lavoro è un danno enorme per tutta l’azienda, perché situazioni del genere precipitano la produttività. In armonia si lavora di più e meglio, magari lo capissero!

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