Vai ai materassi! Una storia di Natale

Vai ai materassi!
Una storia di Natale, anche se non sembra

C’era una volta… Sì, vorrei iniziare questa storia proprio con “C’era una volta” così come si usava un tempo e spero che nessuno di voi abbia davvero qualcosa in contrario. In fondo siamo a Natale, mi sia concesso qualche vezzo.
Dicevo.
C’era una volta una ragazza che viveva in una grande città. No, no, non si tratta di me, perché dovete sempre pensare che un racconto sia autobiografico? Non sono una ragazza, bensì il narratore onnisciente e per mia fortuna vivo in campagna, le grandi città le vedo solo da lontano, o ne leggo nei quotidiani.
Dicevo di nuovo.
C’era una volta una ragazza che viveva in una grande città, anche se in periferia, in un bilocale striminzito all’interno di un condominio chiassoso, con l’entrata minuscola tra una lavanderia a gettoni e una pizzeria per asporto, alla quale almeno si riforniva spesso. Le solite cose l’avevano portata lì: salutata la famiglia dopo un diploma ottenuto con enormi sacrifici, era partita per scrivere il suo futuro, ma per ora il futuro si faceva desiderare. Il suo nome era, e a dire il vero ancora è, Sofia perché sua madre in dolce attesa lesse che quel sussurro in greco significava saggezza.
Con molta fatica, aveva ottenuto un modesto lavoro da impiegata presso uno studio notarile. Rincasava stanca dopo tante ore tra computer e telefono, ma trovava ancora la forza di mettersi sui libri, esami universitari fuori corso per avere qualche possibilità in quel futuro nebuloso.
E l’amore vi chiederete voi?
A parte che questa non è mica una storia d’amore, sia ben chiaro fin da subito, dirò solamente che aveva collezionato delusioni, troppe delusioni, per credere ancora alla magia di due cuori che si trovano e non si lasciano più.
Era stata lasciata dall’amichetto della terza media per una figurina di un calciatore, dall’innamorato della prima liceo per il motorino della sua amica e da quello dell’ultimo anno per una taglia maggiore di reggiseno, mentre il fidanzatino ai tempi dell’università le aveva nascosto il dottorato conseguito all’estero fino al giorno prima del volo aereo, sola andata. Infine aveva chiuso definitivamente la porta del cuore quando un collega con cui aveva iniziato ad uscire aveva usato le sue confidenze per soffiarle una promozione.
Lei non ve lo dirà mai, ma temeva che tutto fosse cominciato con suo padre. L’aveva abbandonata che aveva solo un anno, e quando un uomo ti lascia così presto, il resto della vita non può che andare peggio, dopo tutto.
Finché un giorno di dicembre la chiamò la madre dal paese in valle, ma non era la solita telefonata per salutarsi e promettersi di rivedersi presto. Una novità stava per scombussolare il piccolo mondo di Sofia.

 

“Mi ha chiamato un avvocato da Siena, ti sta cercando, mi ha lasciato il suo numero” esordì la donna guardinga. Aveva sempre l’abitudine di prendere vie impervie per le questioni importanti, timorosa delle reazioni altrui se avesse cominciato dall’essenziale. Così però prolungava l’agonia dell’interlocutore.
“Ti ha detto per quale motivo almeno?” chiese Sofia, conscia che un legale raramente portava buone notizie.
“Si tratta di tuo padre…”
La reticenza aveva le sue giuste motivazioni allora: dovete sapere che né la madre né la figlia avevano piacere di menzionare quell’uomo, l’una per i ricordi di un marito taciturno che lei stessa aveva cacciato di casa, ignorando quanto lui avrebbe preso sul serio quell’invito arrabbiato, e l’altra per la totale assenza del genitore nell’arco della sua esistenza, pochi regali e qualche biglietto di auguri, rarissime telefonate, null’altro. Dopo aver viaggiato per anni nelle navi mercantili, alla fine era tornato nella sua Toscana e da là non si era più mosso, né riceveva visite.
“Ha avuto un infarto,” continuò la madre dall’altra parte, “ci saranno documenti da sistemare, immagino.” E dal tono si comprese che di quei fastidi non voleva occuparsene proprio lei.
“Stai dicendo che è morto.” Più che una domanda, Sofia sottolineò l’ineluttabilità di quella frase. Era certa di aver perso qualcosa, anche se non aveva avuto l’occasione di conoscere a fondo quel padre.
L’indomani contattò l’avvocato, il quale le fornì qualche ragguaglio sulla disastrosa situazione economica ereditata dal genitore, o de cuius come lo chiamava lui saccentemente. Spero bene che un domani nessuno s’azzardi a chiamarmi a quel modo, sappiatelo, o torno a tirarvi i piedi a tutti quanti… L’uomo, dicevo, le aveva lasciato il vecchio casale, in località Monteriggioni presso Siena. Una vasta proprietà di vigneti, un edificio abitabile e un altro da ristrutturare ma in discrete condizioni, una cantina avviata sull’orlo del fallimento e uno scoperto bancario da rimborsare quanto prima. Povera ragazza, più preoccupazioni che fortune in quel lascito.
Con una strana morsa nel petto, Sofia diede comunicazione al lavoro del suo lutto famigliare, domandò le ferie anticipate e preparò una valigia col necessario. A bordo della sua prima auto, una Fiat Cinquecento bianca di seconda o forse terza mano, imboccò l’autostrada direzione Sud ascoltando distratta la radio, per lo più canzoni natalizie, stonate con l’uggiosità di quel giorno.
Partì presto al mattino e arrivò giusto all’ora di pranzo alle pendici di Siena, fredda ma assolata, dove aveva appuntamento nel pomeriggio presso lo studio legale per la consegna della documentazione. Si concesse una breve passeggiata nella parte alta, il centro storico addobbato per le festività imminenti, come se tutta quella meraviglia tra Piazza del campo, il Duomo e San Domenico ne avesse poi bisogno. Il profumo della pasta di mandorle dei Ricciarelli invadeva le stradine strette, mentre tornava indietro fuori dalle mura per raggiungere il luogo dell’incontro.
“Il quadro non è dei migliori, ne convengo” concluse l’avvocato dopo averle mostrato tutti gli incartamenti. “Sarebbe meglio vendere l’intera proprietà, soprattutto perché lei e sua madre avete le vostre attività altrove. Tra l’altro mi è già pervenuta un’offerta di acquisto, un’ottima opportunità davvero. Ma ne parleremo tra qualche giorno. Queste sono le chiavi del casale, c’è una persona di fiducia che comunque l’attende sul posto.”
Sofia accese nuovamente il navigatore del suo telefonino, un po’ spaventata all’idea di smarrirsi tra quei colli e poggi infiniti fuori Siena, tutti contornati da stradine fangose e alti cipressi, ognuno capeggiato da un cascinale non sempre abitato. Un tramonto dorato l’accompagnò in quell’ultimo tratto del viaggio, pieno di curve, ansia e curiosità.

 

Quaranta minuti dopo Sofia riconobbe il viale in salita e la casa in cima alla collina dalle foto che le aveva inviato via mail l’avvocato, anche se all’imbrunire i particolari non erano più visibili.
Il signor Osvaldo, con cui si erano sentiti al telefono prima, la aspettava seduto sulla panchina di legno fuori dall’ingresso principale. Infagottato nel suo pesante cappotto e ancora immerso negli scarponi da lavoro, fumava tranquillo la sua pipa quando la vide arrivare nel piazzale.
“Così tu sei la figliola del povero Artemio. Mi dispiace tanto per il tu’ babbo. Degnissima persona. Gran cuore. Aveva sempre una buona parola per tutti ed era il primo quando c’era bisogno di una mano. Ci mancherà tanto.”
Sofia rispose solo con un sorriso. Non avendo conosciuto davvero suo padre, nemmeno tramite i racconti di sua madre, avrebbe dovuto fidarsi delle testimonianze di quel luogo e di quelle persone che l’avevano vissuto ogni giorno.
“Vieni, sarai stanca dopo il viaggio. Ti mostro l’alloggio. Mia moglie ti ha preparato lenzuola pulite e la cena è pronta al caldo. Ti abbiamo anche messo qualcosa in dispensa per domani.”
“Non dovevate disturbarvi…”
“Nessun disturbo figliola. Artemio curò le mie bestie per un mese, quando mi ricoverarono per l’appendicite e poi convalescente non potevo fare sforzi. Siamo tutti una grande famiglia da queste parti.”
Il signor Osvaldo le prese la valigia e la precedette nel grande salone oltre il portoncino padronale. “Questo non lo usava mai, però l’ha tinteggiato di fresco quest’estate e rimesso a nuovo. Ecco, di qua.”
Aprì un’altra doppia porta a vetri, rivelando così una cucina spaziosa, con un lungo tavolo di legno massiccio e oltre un camino di mattoni dove ardeva il fuoco che aveva riscaldato per bene l’ambiente.
“Qui c’è una scala di servizio per il piano sopra. Oltre il salone ce n’è un’altra, ma questa è più comoda, vieni.”
Osvaldo trascinò la valigia per scala quasi senza sforzo e la portò direttamente nella prima camera da letto, le cui pareti erano di un tenue rosa pesca, molto femminile. Comodini e cassettone erano sgombri.
“Questa non era la sua stanza vero?” domandò Sofia.
“No, che io sappia non ha mai dormito nessuno qui” ammise Osvaldo. “Ma non abbiamo voluto toccare le sue cose. La sua era quest’altra camera.” Aprì la porta a fianco e lei vide un letto sfatto, il pigiama abbandonato sul copriletto, una giacca buttata sulla poltrona, libri e scartoffie accumulati ovunque.
“Qui invece c’è il bagno principale. Ah, c’è un problema con gli scarichi, stai attenta. Ma deve venire Nello a sistemare, ti ho lasciato il numero giù in cucina. Ma non farti mandare Gino, no. Di Gino non ci si può fidare.”
“Gino?”
“Sì, il socio di Nello. Ma Gino l’è un bischero, Gino scassa tutto quel che tocca. Non lo fa mica apposta, però è meglio non lasciarlo lavorare da solo. Se ti risponde lui, tu digli che sei d’accordo con Nello.”
In fondo al corridoio Sofia scorse un’altra porta, non chiusa, che mostrava quanto spazio ci fosse ancora inesplorato. “Di là c’è l’altra parte della cascina che Artemio stava ristrutturando” spiegò il signor Osvaldo. “Non so per farne cosa poi. Non me l’ha detto. Giù in osteria qualcuno ha malignato che stava per vendere tutto.”
Si salutarono di nuovo all’ingresso.
“Se hai bisogno, io vivo laggiù, vedi?” Le indicò un altro casolare nel poggio più vicino, un paio di chilometri a ovest. Ora si vedeva solo una figura scura, parzialmente illuminata da alcuni lampioni che la circondavano. “Di giorno basta che fischi e sicuro che ti sentiamo dal vigneto. Di sera invece è meglio se ci chiami al telefono, che abbiamo il sonno pesante.” Tirò una lunga boccata dalla pipa. “Beh, bentornata a casa Sofia.”

 

Dopo aver consumato la cena, la curiosità della ragazza fu attratta da un tavolino all’angolo della cucina che sembrava essere il piccolo studio del padre, zeppo di documenti, dépliant, quaderni, registri e posta non ancora aperta. Passò tutta la serata a leggere e riordinare quelle carte, ricostruendo poco per volta le idee del padre perduto.
Fatture di elettricisti e imbianchini mostravano che l’uomo aveva davvero ristrutturato l’altra ala dell’edificio. Lettere e appunti indicavano che volesse trasformare quel posto in un luogo di soggiorno, un agriturismo con camere o un bed and breakfast. In una mappa della zona aveva cerchiato con un pennarello gli altri alberghi, la futura concorrenza. Le ricevute della banca invece dicevano che gli erano stati bloccati i fondi richiesti per aprire l’attività. Dalla contabilità capì che il vino, imbottigliato ed etichettato per la vendita, giaceva invece ancora in cantina perché i clienti quell’anno avevano scelto un altro fornitore, pur riconoscendo la buona qualità del vitigno del padre.
Potete capire anche voi quanto poco serena fosse la nostra Sofia a questo punto. Io mi agito anche se ho solo una bolletta da pagare che scade l’indomani, ma la povera ragazza qui doveva rimettere insieme un bel po’ di cocci. Sapeva poco di quel genitore, è vero, ma non era stato uno sprovveduto, di questo ne era certa. Com’era possibile che si fosse buttato allora in un’impresa così rischiosa?
Andò a dormire piuttosto preoccupata. Nessuna scuola ti prepara mai agli sfaceli della vita. L’indomani avrebbe dovuto contattare un po’ di persone per capire l’entità del danno e calcolare l’ammontare del debito, prima di decidere se vendere tutto fosse l’unica scelta possibile.
Ma la notte non portò affatto sollievo, non riuscendo a trovare una posizione rilassante in quel giaciglio. Già è difficile riposare in un letto che non è il proprio, ma se è pure scomodo, il sonno dei giusti ce lo possiamo dimenticare, non siete d’accordo? La nostra ragazza si muoveva da una parte all’altra senza trovare riposo, come la principessa infastidita dal pisello sotto il materasso della famosa favola di Andersen.
E in effetti era proprio quello il problema: il materasso. Doveva avere la sua bella età, quasi quanto la mia potrei dirvi, perché le molle erano parecchio consumate al centro e Sofia si sentiva più seduta che distesa. Ancor peggio, qualcuna doveva essersi rotta e la infastidiva sul fianco. Il cuscino invece era persino troppo soffice per sostenere tutti quei pensieri.
Si addormentò esausta verso le tre di mattina, ma fu svegliata all’alba dal canto accorato di un gallo in lontananza. E no, lei ai galli non c’era proprio abituata.
Durante la colazione, esaminò un altro blocco di scartoffie che aveva rinvenuto vicino al cassettone dell’ingresso dov’era posizionato il telefono fisso dell’abitazione. Il caffè le andò di traverso quando trovò un foglietto giallo con scritto “Vai ai materassi” appiccicato proprio al biglietto pubblicitario di una fabbrica di materassi.

 

A questo punto la storia si fa incredibile, penserete voi. Vi immaginerete il fantasma del padre che inizia a lasciarle i bigliettini per casa, magari. Suvvia, questo non è un racconto di fantascienza, che non mi è proprio mai piaciuta. Rimaniamo coi piedi ben saldi, a tutto c’è una spiegazione logica. Tranne che al destino, certo.
Dato che aveva proprio bisogno di un materasso, Sofia decise di partire da quel foglietto, doveva essere un appunto del padre, quindi forse alla fabbrica avrebbero saputo dirle qualcosa. Ma quando entrò nel negozio che si apriva di lato al magazzino, si sentì un po’ sciocca per l’idea.
Dopo aver girato attorno a un paio di letti con i materassi in esposizione, fu avvicinata dal commesso che aveva appena concluso un’altra vendita con una coppia di signori anziani.
“Posso esserle d’aiuto?”
Era senz’altro carino, pensò Sofia, con quei capelli castani appena scompigliati, una barba leggera molto curata e uno sguardo troppo intenso, degli occhi color cioccolato dove sciogliersi in un istante. Se non fosse per quel lieve cipiglio.
“Sto cercando un materasso…”
“Ovviamente” ribatté lui con una risata sommessa.
“E poi ho trovato questo.” Sofia rovistò nella borsa e gli mostrò il suo piccolo indizio.
Il giovanotto vide il biglietto adesivo con la scritta “Vai ai materassi” in una calligrafia malamente curvata, attaccato a uno dei loro dépliant, e mutò completamente la sua espressione, il sorriso aveva lasciato spazio alla furia.
“Sta scherzando vero?! Chi la manda? Valeriano? Umberto?” sussurrò gelido.
Ora, Sofia mica lo sapeva, ma quel ragazzo gentile a parole e scontroso nei modi era niente meno che il giovane proprietario della fabbrica di materassi, Fabrizio. E quella battuta famosa presa da un film l’aveva sentita centinaia e centinaia di volte, Il Padrino era la sua serie preferita e gli amici lo prendevano in giro soprattutto per questo.
“No, io… mi dispiace se l’ho offesa, ma… non ho idea di cosa significhi. Mio padre è morto e in casa ho trovato questo. Speravo che lei potesse aiutarmi” farfugliò Sofia.
Il dubbio attraversò per un attimo la mente del giovanotto. “Non sarai mica… la figlia di Artemio, per caso?”
Lei annuì col capo, senza proferire altre parole.
“Oddio, che stupido. Scusami, non ci ho pensato. Artemio era l’unico da queste parti a cui piaceva Il Padrino quanto me.”
“Il Padrino?”
Vai ai materassi è un’espressione presa dal primo film della serie, sai quello con Marlon Brando. Significa scendere in guerra, perché gli uomini del Padrino dormivano vestiti e armati su dei materassi buttati per terra, sempre pronti a lottare. Ma quel biglietto ha anche un’altra spiegazione. Vieni, ti offro un caffè.”
Fabrizio la accompagnò nel suo ufficio. Fu così che Sofia scoprì che lì risultavano venti materassi ordinati, da consegnare, ma non ancora pagati. Le confermò inoltre che sì, suo padre voleva aprire un agriturismo, aveva speso ogni centesimo per ristrutturare la parte inutilizzata della cascina e farne delle camere con bagno. I debiti dovevano essere pagati con il guadagno della cantina, finché l’attività ricettiva non fosse partita di buon grado. Sembrava un buon investimento, dato che in zona c’erano solo l’Hotel Relais Fontebamassi, sempre al completo e con prezzi troppo elevati.
“Dovrò vendere tutto, temo. Non ho soldi per coprire i debiti. Per fortuna c’è già un’offerta di acquisto.”
“Chi te l’ha fatta? Se non sono indiscreto.”
“Non lo so, a dire il vero. Me ne ha parlato l’avvocato che seguiva mio padre, mi ha contattato per il testamento.”
Quello che ti propone l’incontro, è lui il traditore…” concluse Fabrizio appoggiandosi allo schienale della sedia.
“Il traditore?”
“Un’altra frase da Il Padrino” spiegò lui. “Non ti fidare dell’avvocato, non è detto che faccia davvero i tuoi interessi. Tuo padre mi aveva detto di essere in buoni rapporti con la banca, il direttore gli aveva assicurato quel finanziamento come cosa fatta. Poi senza motivo non gli è stato accordato. Credo che qualcuno volesse farlo fallire di proposito, qualcuno ben nascosto che muove le fila. La politica e i criminali sono la stessa cosa.
Sofia sospirò sentendo le spalle sempre più pesanti sotto quel carico.
“Penso se ne fosse reso conto” continuò Fabrizio. “E che fosse pronto per i materassi. L’infarto non gli ha lasciato il tempo, mi spiace.”
Dopo l’assicurazione che solo un materasso le sarebbe stato consegnato in serata, mentre per gli altri diciannove sarebbe stato annullato l’ordine, Sofia si recò in paese per prendere qualcosa da mangiare, prima al pastificio e poi alla vicina salumeria. Qui conobbe sia la signora Franca, che le regalò una confezione di pici da condire col suo sugo di cinghiale mentre nonna Caterina in un angolo raccontava aneddoti del caro Artemio, e poi il vecchio Arnaldo, per mezz’ora non fece altro che tessere le lodi di quel suo amico di briscola, mentre le riempiva una vaschetta di ogni tipo di salume e formaggio. All’uscita, si avvicinarono anche altre persone ad esprimerle profondo cordoglio.
Lo dico sempre e dovrete essere d’accordo con me: il valore di un uomo lo vedi dalla quantità di amici sinceri che ne piangono la morte. Sarà stato un disastro con la figlia, ma quell’Artemio era una persona buona.
Tutti avanzavano denaro da lui, nessuno di loro però lo voleva indietro subito, lo avrebbero atteso per qualche mese, senza dare noia alla figlia. Avevano tutti creduto nell’idea di suo padre, un agriturismo in quel luogo avrebbe contribuito all’economia di tutti lì in paese. L’unico scoglio rimaneva la banca, non le avrebbe concesso altro tempo, doveva trovare un modo di rientrare dello scoperto, altrimenti sarebbe stata costretta a vendere comunque.
Prima di tornare alla cascina, fece una deviazione per il cimitero. Non aveva voluto disturbarla nemmeno per il suo funerale, ma lo trovò lì, una tomba modesta se non fosse per quella profusione di fiori che testimoniavano le tante meravigliose amicizie. Posò anche la sua confezione di rose bianche e con un groppo in gola decise che ci avrebbe provato. Era ora di andare sui materassi.

 

La nostra Sofia si attaccò al telefono e al proprio computer portatile. Contattò nuovamente tutti i clienti abituali della cantina, proponendo un’offerta speciale per Natale. Tramite un’amica che viveva a Milano, riuscì a piazzare qualche ordine anche lì e spedire direttamente le casse via corriere. Ma non era abbastanza, qualche scatola di bottiglie non poteva risollevare la sorte e il conto in banca. Chiamò anche un cugino di sua madre, che si occupava di marketing in rete, per chiedergli consiglio. A una settimana dal Natale era impossibile organizzare un negozio online e delle sponsorizzazioni, era troppo tardi per tentare con l’ecommerce.
Cominciò a perdere la speranza, specie perché lottava da sola, nessun aiuto ma soprattutto nessun sostegno le venne dalla madre, decisamente ostile all’idea che la figlia si perdesse in quel luogo. “Proprio come tuo padre” commentò acida all’altro capo della chiamata.
Mentre passeggiava tra il vigneto, brillante di brina all’ultimo sole pallido del pomeriggio, per prendersi una boccata d’aria fresca che le ossigenasse la mente stanca, Sofia intravvide un’auto ferma sul ciglio della strada sterrata giù dalla collina. Un uomo si agitava di fronte al cofano aperto, parlando al vento. Decise di avvicinarsi per offrire aiuto.
“La ringrazio, è molto gentile” le rispose cordialmente costui. Non avrebbe saputo dargli un’età, forse quella di suo padre o di suo nonno. I capelli erano bianchi, ma gli occhi erano vivaci. “Il soccorso stradale dovrebbe arrivare” disse mostrandole mesto il cellulare, con cui aveva appena appena richiesto l’intervento. “Ma ci metteranno almeno un’ora, devo solo aspettare.”
“Mi dispiace. Casa mia è lassù, le posso offrire qualcosa magari? La temperatura scende veloce da queste parti. Ghiaccerà qui fuori.” La berlina era l’ultimo modello di Mercedes, lussuosa, e l’uomo vestiva elegantemente. Sofia era certa di non correre pericoli.
Si avviarono verso la cascina. Lo fece entrare direttamente in cucina, dove c’era sempre un bel tepore dato dal camino, non lasciava mai spegnere quel fuoco, le piaceva troppo sentirlo vivo e presente come una persona cara.
Il signore si tolse il cappotto e osservò incuriosito la cantinetta in legno massiccio dove il padre aveva ammonticchiato le proprie bottiglie personali.
“Vuole assaggiare? Scelga lei quella che preferisce, sono di annate differenti, ma non saprei dire quale sia la migliore.” Sofia non se ne intendeva molto di vino, ma ne aveva gustato diverse qualità, anche sotto la guida esperta del signor Osvaldo che le aveva illustrato le proprietà organolettiche di quel vino pregiato.
“Questa. Per curiosità, se posso.” Le consegnò una bottiglia impolverata.
La ragazza prese due calici larghi e porse il cavatappi all’uomo, che in poco tempo aprì la corona e tolse il sughero, liberando su due bicchieri un vino rosso cupo dal profumo intenso.
Lo portò alle labbra e ne rimase estasiato. Non stava bevendo solamente, i suoi modi erano quelli di un esperto, anche se pareva volerlo nascondere. Sofia dovette ammettere che quello era in assoluto il più buono tra quelli provati fino ad allora.
“Scusi se sono importuno, ma potrei vedere la cantina?”
“Certo, venga. Magari ha qualche consiglio da darmi. E se vuole delle bottiglie da portare via, le posso fare una buona offerta per Natale. Se vuole fare qualche regalo, non solo per sé.”
Lo accompagnò volentieri, cosa aveva da perdere oramai? Lui osservò tutto attentamente, leggeva con solerzia scritte e date stampigliate, toccò le botti, batté qualche colpo sulle assi, scrutò ogni angolo. “Eccellente, davvero eccellente.”
Così la ragazza gli raccontò tutte le sue tristi vicende e che purtroppo i conti della cantina non erano in buono stato, era costretta a lasciarla andare, anche se in quei giorni si era affezionata a quel luogo magnifico.
“Suo padre sapeva il fatto suo” concluse alla fine. “Poca quantità, direi, ma molto, molto metodo.”
Volle due scatole di bottiglie, e solo perché nell’auto aveva i bagagli, non aveva più spazio da riempire.
Sofia lo aiutò a portarle giù dove era fermo il veicolo e dove nel frattempo il carroattrezzi era giunto per trainarlo.
Al momento di salutarsi, le fece un sorriso caldo. “Mi faccia un favore: mi chiami prima di vendere. Non prima del nuovo anno.” Le consegnò un biglietto da visita, solo un nome e parecchi cognomi, e un numero personale.
“Ma spero davvero che lei non venda, e che non debba chiamarmi” concluse con una stretta di mano.
Rientrando in casa, la ragazza ci pensò su: un uomo anziano, con la barba bianca e il cappotto rosso che fa strane promesse. Sofia era troppo grande per credere a Babbo Natale, eppure…

 

La mattina della vigilia di Natale Sofia ricevette una telefonata dall’avvocato per concludere l’affare: vendere tutto, la cascina, il vigneto, la cantina e pure il ricordo di suo padre, il cui spirito albergava lì. Ascoltò in silenzio la lunga arringa del legale dall’altra parte. “Un’occasione unica, mi creda. Un’offerta che non può rifiutare.”
A quella frase suonò un campanello di allarme nella testa della nostra ragazza. Dovete sapere che vicino al vecchio videoregistratore del padre aveva trovato le videocassette consumate con le tre pellicole de Il Padrino e se li era visti tutti quanti quei film, studiandoli parola per parola, tornando indietro quando si era appisolata per la stanchezza. E aveva ragione Fabrizio. O suo padre. O tutti e due, ecco. Il Padrino è la somma di ogni saggezza, Il Padrino è la risposta a ogni domanda, Il Padrino ti insegna come condurre gli affari in un mondo di pescecani. Niente di personale, solo business. Ma un altro avviso le tornò subito alla mente, in quel frangente: mai dire a una persona estranea alla famiglia quello che c’hai nella testa. L’avvocato non doveva sapere del suo tentativo di salvare quella proprietà.
“La ringrazio molto del suo aiuto. Vorrei trascorrere qui le feste e poi, col nuovo anno, vagliare la possibilità.”
“Sarò ben felice di aiutarla, organizzando l’appuntamento col compratore” concluse l’avvocato.
Ricordati Mike, chi avanzerà la proposta di Barrese, quello è il traditore. La voce di Marlon Brando l’avvertì di nuovo. Sofia ne era certa: quell’uomo aveva una parte attiva nelle disgrazie di suo padre. Gli amici tieniteli stretti, ma i nemici ancora di più. I nemici sono dappertutto.
Chiuse la telefonata con gli auguri di Natale più calorosi che potesse fingere. E iniziò a pensare ai materassi: se il Natale era oramai perso, poteva puntare sul Capodanno. Organizzare un cenone, magari? Giocarsi il tutto per tutto?
Fu in quel momento che uno stridio di pneumatici e portiere che sbattevano giunse dal piazzale davanti la casa. Si affacciò alla finestra: in cortile erano giunte diverse auto, dalla prima scese il buon Osvaldo che fece entrare parecchie persone nel salone principale. Sofia lo raggiunse, ancora più preoccupata di vedere quella gente avanzare con enormi trolley al traino. “Buongiorno, che succede?” chiese con un filo di voce.
“Prego, prego, da questa parte signori.” Osvaldo aprì la porta della lavanderia. “Mettete qui le vostre valigie, le ritroverete nelle vostre camere appena saranno pronte.”
“Camere? Ma quali camere?!” sussurrò seria all’anziano amico. “Da dove arrivano questi?”
“Ssssssh, non fa’ la bischera, non dire niente. Poi ti spiego.” Osvaldo le batté una mano affettuosamente sulla spalla, poi prese un blocco di carta dal cassettone dell’ingresso e iniziò a segnare i nomi delle persone presenti.
Appena ebbe terminato il giro, tornò tutto trionfante. “Sono quattordici, figliola. Quattordici camere da preparare. Sei contenta?”
“Non so di cosa parli! Abbiamo diciannove stanze vuote, da pulire anche! Mi spieghi che succede?!”
“L’Hotel Fontebamassi ha chiesto un intervento idraulico d’urgenza per un blocco alle caldaie. E noi, che non siamo mica grulli,” si toccò la tempia con un dito, “gli abbiamo mandato Gino.”
“Oh mamma!” esclamò Sofia, che in quei giorni ne aveva sentiti parecchi di disastri combinati da Gino.
“Si è superato stavolta! Il Fontebamassi è completamente al freddo. Così queste persone hanno bisogno di un alloggio per Natale. Ed è una vera fortuna che tu fossi pronta per aprire l’agriturismo col nuovo anno. Vista la situazione, ti sei offerta di accelerare e ospitare i turisti per metà del prezzo del Fontebamassi.” Osvaldo le strizzò l’occhio tutto soddisfatto.
“Ma dove li metto? Le camere non sono pronte!!” esclamò Sofia terrorizzata.
Il rumore assordante di un camioncino giunse dall’esterno. “Ecco la soluzione figliola. Ci pensa lui, vai ad aiutarlo.”
Dal posto di guida del veicolo scese Fabrizio, che la raggiunse.
“Ho portato i materassi. Ci ho aggiunto anche tutto il corredo, cuscini, lenzuola, copriletto, anche la biancheria per i bagni. Abbiamo chiuso il magazzino e gli operai sono qui per dare una mano, per le pulizie e tutto il resto. In un paio d’ore, tutti insieme ce la caviamo.”
Sofia sentì qualcosa di liquido pungolarle gli occhi. “Non ho soldi per questo…”
“Non ti preoccupare, in qualche modo sistemeremo i conti.”
“Ma bisognerà organizzare anche la cena… e il pranzo di Natale!!” aggiunse lei angosciata. “Non ho molto in dispensa!”
Con un gran strombettare di clacson, in fondo alla strada arrivarono pure la signora Franca e nonna Caterina con il furgoncino del pastificio. Dietro di loro c’era Arnaldo del salumificio.
“Eccoli, hai i pasti assicurati. Abbiamo pensato a tutto.” Al sorriso largo di Fabrizio, il cuore di Sofia perse un battito. “In cambio,” continuò lui, “chiedono solo di esporre qualcosa in conto vendita all’ingresso.”
“Assolutamente sì!” L’uomo più ricco è quello che ha gli amici più potenti, diceva Il Padrino. E Sofia si sentiva ricca ora più che mai, pure senza un centesimo in banca.

 

Pensate che sia finita qui? No sul serio, è una storia di Natale, mica può essere così semplice. Che ve la racconto a fare sennò? Nelle storie di Natale serie c’è anche un pizzico di magia, e adesso arriva, un po’ di pazienza.
Avevano appena terminato di portare le valigie degli ospiti nelle camere sistemate, e gli operai erano partiti col camion per tornare al magazzino e poi alle loro famiglie, quando dalla salita giunse un altro furgoncino e si fermò sul piazzale al fianco di Sofia e Fabrizio, che stavano trasportando gli ultimi sacchi degli imballaggi da buttare.
L’uomo alla guida abbassò il finestrino. “Scusate, è questa la rivendita del vino di Monteriggioni? Quello della guida Eccellenze d’Italia?”
I due ragazzi si guardarono interdetti. “Credo abbia sbagliato strada, deve tornare al Castello di Monteriggioni. Probabilmente lei intende l’enoteca in centro” rispose Fabrizio.
“Strano, mi hanno dato proprio queste coordinate…” lo sconosciuto controllò nuovamente il suo cellulare. “Eh si, il posto risulta proprio questo, solo qualche metro più giù. Conoscete mica la signora Sofia, magari?”
“Sono io…” confermò la nostra ragazza.
“Lei non ha delle bottiglie di vino da vendermi?”
“Beh, sì. Qui c’è una cantina, in effetti, solo che non credo…”
“Allora sono nel posto giusto!” esclamò l’uomo scendendo dal mezzo. “Ma forse, lei non sa di essere finita nell’ultimo articolo del grande enologo, il conte Marchetti Bastiano Sagoni?”
Sofia negò con la testa lentamente, mentre lo sconosciuto le mostrò lo schermo del proprio telefonino. Lo riconobbe, era Babbo Natale, cioè l’anziano signore con l’auto in panne di qualche giorno prima. Che aveva diffuso in rete la scoperta di un vino superlativo, un vino in quantità limitate che solo i migliori potevano permettersi alle loro tavole.
Il furgoncino ripartì stracarico di bottiglie, due casse anche al lato del passeggero. “Verrò a prenderne altro per Capodanno, siamo intesi?!”
Sofia si affrettò a commentare l’articolo in rete, ringraziando il conte per le sue parole di stima e pubblicando il numero del telefono fisso della cascina, sperando in nuovi ordini. Nemmeno cinque minuti e il trillo non smise più fino a sera.
Organizzarono diversi corrieri urgenti per le spedizioni più lontane, ma anche la logistica dopo tutto si fermava per Natale. Così Sofia e Fabrizio si spartirono la distribuzione almeno nei dintorni, a ristoranti e alberghi di Siena che avevano richiesto il pregiato vino di Sofia di Monteriggioni, disposti a pagarlo anche il doppio del suo prezzo pur di poterlo offrire ai propri clienti.
Prima di separarsi, lei col furgoncino della signora Franca riempito oltremisura e lui con la sua auto famigliare stipata di scatole di bottiglie, si augurarono buona fortuna e Fabrizio, senza pensarci, la baciò con ardore.
Li sento fino a qui i vostri gridolini di giubilo… Mentirei se vi dicessi che Sofia era su di giri più per il bacio che per il vino sorseggiato per festeggiare, che forse forse il suo futuro era davvero tra quelle mura, e che Fabrizio era rimasto dapprima scioccato da quel suo impulso, ma risalì in auto emozionato, bramoso di ritornare a quelle labbra il prima possibile. E convincerle a rimanere.

 

Bene, e adesso voi vi aspettate il finale, vero? Ogni storia di Natale deve avere un finale glorioso, possente, meglio se contornato da tavola imbandita di leccornie e felici propositi, giusto?
Dipende.
Sofia e Fabrizio avevano lavorato come muli in quelle ultime ore. Mentre al pian terreno si festeggiava l’arrivo di Gesù Bambino e il buon vivere in compagnia, loro due si addormentarono esausti tra i cuscini, ancora vestiti, e abbracciati nella camera color pesca. Il letto è quel luogo magico dove i nostri sogni s’intrecciano.
Anche nella notte di Natale.
Così nessuno mi ha risposto quando l’ho chiamata questa mattina per farle gli auguri.
Chi sono io? Beh, per diamine, il nonno materno, si capisce! Mi è rimasto solo di guardare le vite degli altri e raccontarle. Per chi, ancora non lo so. In ogni caso, Buon Natale. E attenti al colesterolo. Mandatelo giù con un sorso di vino buono. Alla vostra!

 

(C) 2020 Barbara Businaro

 

Note:
Non lo so nemmeno io come è nato questo racconto. All’incirca a metà novembre, stavo scrivendo tutt’altro, qualcosa di più serio che non mi lasciava troppo spazio alla fantasia, e sapevo che subito dopo avrei dovuto cercare una storia per Natale.
Nella stessa settimana mi capitò di rivedere, per la centomilionesima volta, il film “C’è posta per te” con Meg Ryan e Tom Hanks, una pellicola a cui sono molto legata. In particolare proprio dalla scena in cui Tom Hanks-Joe Fox consiglia alla sua sconosciuta amica online di “andare ai materassi”, spiegandole che Il Padrino ha la risposta per ogni problema. Così, mentre ero impegnata in altra scrittura, all’improvviso mi sono immaginata una ragazza, che aveva dormito malissimo la notte senza ancora sapere per quale motivo, recarsi in un negozio di materassi e trovare un commesso che si infastidiva per la battuta, perché a lui Il Padrino piaceva pure! Dopo poco comparve il narratore onnisciente, proprio di getto, che si è scritto da solo l’incipit senza lasciarmene voce. Alla fine riguardai cosa avevo scritto e pensai che una storia così non poteva funzionare per niente. Materassi a Natale, pure con Il Padrino! Ma andiamooooo!!

Per convincermi che l’idea era assurda mi sono finalmente vista tutta la serie de Il Padrino su Amazon Prime, più di 9 ore di pellicola e un sacco di spunti interessanti, annotati nel quadernetto, insieme alle frasi più significative. Per cui alla fine devo convenire con Tom Hanks: Il Padrino è I Ching!
Il racconto doveva anche essere molto più corto, ma insomma, non c’è stato modo di contenere il narratore… E mentre lui decideva al posto mio come mettere giù questa storia, io mi canticchiavo “Have Yourself a Merry Little Christmas”, più nella versione originale di The Voice-Frank Sinatra, ma qui vi ho messo l’interpretazione di Michael Bublé perché in effetti c’è un po’ di Fabrizio in lui. 😉
Non mi resta che augurarvi Buone Feste, anche per quest’anno. Grazie miei cari lettori.

 

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Comments (10)

Giulia Mancini

Dic 25, 2020 at 11:50 AM Reply

Questa storia di Natale me la sono proprio gustata, complimenti Barbara.
Sai che anch’io adoro quel film con Meg Ryan, anche se preferisco Insonnia d’amore, devo recuperare vedendo Il padrino che, giuro, non ho mai visto…
Comunque, io adoro le storie sul vino, forse perché i nostri migliori viaggi in moto si sono svolti lungo le colline toscane (e Siena è una città che conosco bene e di cui mi sono innamorata).
Un romanzo bellissimo che ho letto tempo fa (e ogni tanto vado a rileggere dei passi) si intitola Rosso vermiglio di Benedetta Cibrario, è una storia che parla di vino e di amore, è una storia che spezza il cuore però.
Buon natale (mi piace l’idea dell’enologo babbo natale)

Barbara Businaro

Dic 26, 2020 at 2:58 PM Reply

Grazie Giulia! Questa storia sta ricevendo molti complimenti, che non mi aspettavo perché davvero mi pareva un’idea azzardata.
Soprattutto se consideri che… io detesto il vino!! 😎
Non sono astemia, perché bevo whisky, rum, vodka, limoncello, grappe e amari vari, ma è proprio il vino a darmi fastidio, certe volte non sopporto nemmeno l’odore della bottiglia aperta! Le motivazioni sono varie e risalenti all’infanzia, dato che entrambe i miei nonni producevano vino, uno addirittura con una grande cantina di produzione Doc sui Colli Euganei. Forse è perché ho visto il lato meno romantico della lavorazione… 😀
Il Padrino è da vedere, anch’io pensavo fosse tutt’altro tipo di storia. Addirittura ero convinta ci fosse molto più Marlon Brando-Don Vito Corleone sulla prima pellicola, invece la figura protagonista di tutta la saga è il figlio Michael Corleone, interpretato da Al Pacino.

Brunilde

Dic 25, 2020 at 12:11 PM Reply

Buon Natale! Questa mattina ( del 25 ) mi sono alzata presto, volevo preparare tutto in anticipo e con calma, così alla fine mi è rimasto il tempo di godermi il tuo racconto, molto bello, davvero!
Grazie per questo regalo di Natale, auguri a te e a tutti gli amici del tuo Blog.

Barbara Businaro

Dic 26, 2020 at 2:59 PM Reply

Grazie a te Brunella! Sono contenta che ti sia piaciuto! 😉

Darius Tred

Dic 26, 2020 at 10:13 PM Reply

Bella storia. Complimenti. Siena ha sempre qualcosa di magico e pullula di storie. Tempo fa ho saputo di una storia ambientata lì in zona, un paio di agriturismi più a destra…

😀 😀 😀

Barbara Businaro

Dic 27, 2020 at 5:27 PM Reply

L’ho letta anch’io quella storia là, c’erano troppe robe strane, cerchi di faggi, tartufi colorati, erboristi visionari… 😀 😀 😀
La scelta su Siena è stata l’unica possibile perché dei luoghi dove ho soggiornato in Toscana, solo Monteriggioni si adattava al racconto. Avevo proprio affittato un parte di cascina ristrutturata, un posto favoloso a pochi chilometri da Siena, ma sufficientemente distante per vedere, senza inquinamento luminoso, tutto il cielo stellato. 😉

IlVecchio

Dic 28, 2020 at 4:23 PM Reply

Questo racconto inconsueto me lo sono gustato in poltrona dopo il caffè di un lauto pranzo natalizio. Rischiare è parte integrante della creatività e, come ti avevo già detto a voce, qui il rischio è stato premiato. Ma avevo promesso un commento. Di nuovo, Buone Feste! : -)

Barbara Businaro

Dic 28, 2020 at 11:35 PM Reply

Grazie! Anche di esserti ricordato la promessa del commento! 😀

Daniela Bino

Dic 28, 2020 at 6:47 PM Reply

Ieri Nerina si era incantata a guardare “C’è post@ per te”. Ero basita! E oggi io ho letto la tua gustosissima favola di Natale, pensando che adoro il film “Il padrino” da quando ero una ragazzina. Barbara, che storia ben costruita che sa di buono, perfetto nel suo finale, con una morale forte come si conviene ad una favola di Natale. Allora brindo a te, al tuo blog che mi piace sempre più, alle tue storie che mi intrigano per le loro trame e per il tuo stile. Buon Natale a te e a tutti coloro che entrano qui.

Barbara Businaro

Dic 28, 2020 at 11:39 PM Reply

Grazie Daniela! Gli altri lettori a leggere i tuoi commenti penseranno che esageri nelle lodi. Non sanno che il tuo entusiasmo in quello che fai, e in quello che leggi, è addirittura più forte del mio, che già è bello carico! 😀 😀 😀

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