La briscola in cinque di Marco Malvaldi - I delitti del BarLume

La briscola in cinque di Marco Malvaldi
(I delitti del BarLume)

L’unica cosa piacevole di un giorno di metà agosto, alle due di pomeriggio precise, quando uno respira aria liquida e tenta di non pensare che alla cena mancano ancora sei o sette ore, è andare con qualche amico al bar a prendere qualcosa.[…]
L’importante però è che ci sia la brezzettina. Quel filino di vento della giusta intensità, che solleva lievemente la camicia dalla pelle, ti conta dolcemente le vertebre e ti rinfresca i vani tra le dita dei piedi a cui la ciabatta infradito di plastica ha dato finora poco sollievo, ma talmente delicato da non scompigliarti il riporto. L’aroma iodato della brezza marina ti dischiude le narici, ti convince a respirare e quando l’eroe che ha fatto le veci del cameriere ritorna, con la roba da bere e le carte, l’umore è tornato sereno e il pomeriggio, rispetto a prima, si è accorciato un bel po’. Queste cose sono piacevoli a vent’anni: a ottanta sono il sale della vita.
Il gruppetto fuori dal BarLume, nel pieno centro di Pineta, è di quattro vecchietti belli arzilli, del tipo comune da queste parti; i due partiti concorrenti, costituiti dai vecchi con bastone e nipotino e dalle vecchie che fanno la calza sull’uscio, non sono numericamente all’altezza e se ne vedono sempre meno in giro.[…]
I quattro devono essere piuttosto amici, a giudicare da come stanno litigando: tre sono assisi con dignità papale sulle poltroncine di plastica, uno è in piedi con un vassoio con sopra un mazzo di carte, un fernet, una birra e una sambuca con la mosca. Uno di quelli seduti si dimena come un tarantolato. Evidentemente, manca qualcosa.
– E il caffè?
– Non me l’ha fatto.
– Non te l’ha fatto? E perché?
– Dice che è troppo caldo.
– Ma saranno cazzi mia se è troppo caldo o no per bere il caffé? Già che c’è quel cauterio della mi’ figliola a contammi le sigarette, ora anche il barrista ci si mette a preoccupassi della mi’ salute? Ora mi sente!!
La briscola in cinque, Marco Malvaldi

Comincia praticamente così il romanzo d’esordio di Marco Malvaldi, La briscola in cinque, pubblicato ancora nel 2007 e confluito poi nella fortunata serie letteraria, subito dopo anche televisiva, de I delitti del BarLume. Dopo un divertente prologo, che corrisponde al ritrovamento del cadavere, parte fondamentale per un romanzo giallo, ci troviamo proprio in quel bar di costiera toscana in una torrida giornata estiva, per conoscere i personaggi principali, quelli che ci accompagneranno lungo le indagini per svelare l’assassino. Non sono però commissari, poliziotti, ispettori. I veri protagonisti qui sono invece quattro ottantenni, quattro incorreggibili ficcanaso che a chiamarli vecchietti proprio non ci si riesce.

Occorre fare una doverosa premessa: I delitti del BarLume io li ho scoperti un po’ tardi, quando hanno iniziato a mandare in onda le repliche delle prime due stagioni in seconda serata, sul canale televisivo in chiaro TV8, forse l’estate del 2015. Già dalla sigla iniziale si scopre che la serie è tratta dai bestseller di Marco Malvaldi editi da Sellerio Editore. Dunque sapevo fin da subito che potevo eventualmente attingere ai romanzi, per quel acclamato principio che “il libro è meglio del film”. Non è sempre così in realtà (prova ne è la mia lettura di Dracula di Bram Stoker, a cui ho preferito la pellicola di Francis Ford Coppola) e in questo particolare caso la fiction televisiva è così ben realizzata che finora, pur avendo la curiosità di immergermi nei libri, non ne avevo poi sentito tutto questo bisogno. Probabilmente perché le immagini in televisione de I delitti del BarLume mi hanno riportato dritta all’infanzia.

Pur non comprendendolo del tutto vista la giovanissima età, quand’ero bambina mi piaceva guardare insieme a mio padre la serie di film Amici Miei con Ugo Tognazzi, Gastone Moschin, Philippe Noiret e Renzo Montagnani, sceneggiatura di Pietro Germi, regia di Mario Monicelli. Erano quattro amici fiorentini di mezza età, poi diventati cinque con l’aggiunta al gruppo di Adolfo Celi, ognuno intrappolato in una vita di insoddisfazioni e tristezze, tra indigenza, solitudine, crisi matrimoniali, pure noia per una carriera brillante ma alienante. Si ritrovano per fuggire da tutto questo in occasione delle loro “zingarate”, degli scherzi alquanto elaborati, come la complessa manovra di raddrizzare la torre di Pisa con l’aiuto dei turisti presenti, che li riempie di entusiasmo e giovinezza, oltre che di un’amicizia senza tempo. La mia scena preferita era quella mirabile sequenza di sonore sberle ai viaggiatori affacciati dai finestrini dei treni in partenza, per salutare. 😀

Quella toscanicità verace, quella maniera particolare di ridere anche della morte, quelle parolacce così colorite che sono evidente dimostrazione di affetto più che vero insulto, quei giochi irriverenti di adulti mai cresciuti, li ho ritrovati tra i tavolini del BarLume e nei personaggi che gli girano intorno, tra un delitto e l’altro nella piccola cittadina di Pineta. Ecco perché mi sono innamorata della serie televisiva I delitti del BarLume, mi sono sentita subito “a casa”. Chissà se anche Marco Malvaldi, originario di Pisa per altro, ha un po’ pensato ad Amici miei quando ha scritto questo suo primo romanzo.

Classe 1974 (quindi quasi coetanei), Marco Malvaldi si è laureato in Chimica all’Università di Pisa, dove è stato anche ricercatore presso il Dipartimento di Chimica biorganica. Nel 2007 ha esordito nella narrativa pubblicando con Sellerio appunto La briscola in cinque, seguito da altri cinque romanzi e una raccolta di racconti per la serie I delitti del BarLume. Ha pubblicato anche Odore di chiuso, Premio Castiglioncello e Isola d’Elba-Raffaello Brignetti nel 2011, e Il borghese Pellegrino, romanzi gialli a sfondo storico con il personaggio di Pellegrino Artusi. Ha scritto Scacco alla Torre per Laterza, un’atipica guida alla scoperta della sua città Pisa, nonché la guida enogastronomica letteraria La famiglia Tortilla dove racconta della sua stessa famiglia in viaggio a Barcellona.

Uno scrittore poliedrico se consideriamo anche la produzione di saggistica, L’architetto dell’invisibile ovvero come pensa un chimico e La direzione del pensiero. Matematica e filosofia per distinguere cause e conseguenze tra i tanti pubblicati. Con la moglie Samantha Bruzzone ha esplorato anche la letteratura per ragazzi, Leonardo e la marea, Chiusi fuori, Chi si ferma è perduto e La molla e il cellulare. Che differenza c’è tra una scoperta e un’invenzione? Come se non bastasse, dal 2015 collabora anche con il Domenicale de Il Sole 24 ore.

Sul suo sito personale www.marcomalvaldi.it si legge bene in evidenza “Marco Malvaldi ha studiato tanto e non sa fare praticamente un tubo, però lo sa raccontare bene.” Beh, che abbia studiato tanto non lo so, la sua produzione letteraria sembra dimostrare che qualcosina sa fare, ma posso sicuramente confermare che davvero racconta bene.
E se qualcuno non è d’accordo, lo aspettiamo in stazione! 😀

La briscola in cinque
romanzo d’esordio di Marco Malvaldi

…funziona così: all’inizio si danno le carte, tutte in una volta, otto per uno. Poi, si fa l’asta. Ognuno dichiara, a turno, con quanti punti crede di poter vincere in base alle carte che ha in mano. Mi spiego: l’asta parte da sessanta, il primo dice “Vinco con sessantuno”, il secondo “Vinco con sessantatré” e così via, fino a che uno fissa un valore talmente alto che gli altri lasciano. Chi vince ha il diritto di scegliere la briscola, in questo modo: mettiamo che tu abbia asso e tre a denari […] Allora ti conviene chiamare il regio a denari. Dici “Regio a denari” e così stabilisci due cose: uno, che la briscola è denari. Due, che il tuo compagno per quella mano è quello che ha in mano il regio a denari. Gli altri tre sono contro. Per vincere devi fare, in due, i punti che hai dichiarato all’inizio. Vincere l’asta conviene perché scegli la briscola, ma devi giocare a vincere mentre gli altri giocano a farti perdere. Inoltre sei due contro tre.[…]
Il bello del gioco è che tu non sai chi è che gioca con te. Appena avrai detto la carta, tutti e quattro incominceranno a guardarsi storto, ad accusarsi a vicenda di essere l’intruso, a proclamare le proprie carte prive di denari di ogni specie. Uno di loro mente. Ma fino a che quella carta non salta fuori non puoi sapere come va il gioco, né tu né i tuoi avversari. Soltanto chi ha il re a denari conosce tutta la situazione, e ovviamente farà di tutto per non farsi trovare, magari perderà anche grossi punti per farsi scoprire più tardi possibile.
La briscola in cinque, Marco Malvaldi

All’uscita dalla discoteca, in una notte di agosto, un ragazzo parecchio ubriaco di ritorno verso casa trova il cadavere di una ragazza giovanissima, sporgente da un cassonetto dell’immondizia in un parcheggio periferico. La polizia non gli dà credito ma il barista del BarLume, dove si è fermato per telefonare, decide di verificare di persona. E’ così che Pineta, immaginario paesino della costa intorno a Livorno, “diventata località balneare di moda a tutti gli effetti, e quindi la Pro Loco sta inesorabilmente estinguendo le categorie dei vecchietti rivoltandogli contro l’architettura del paese: dove c’era il bar con le bocce hanno messo un discopub all’aperto, in pineta al posto del parco giochi per i nipoti si è materializzata una palestra da body-building all’aperto, e non si trova più una panchina, solo rastrelliere per le moto”, viene sconvolto all’improvviso da un omicidio.
Viste le frequentazioni della vittima, figlia viziata di famiglia benestante, sulle prime sembra configurarsi come un brutto affare di droga e sesso, tra un fidanzatino coetaneo della ragazzina e un buttafuori dongiovanni nel giro delle discoteche. Eppure qualcosa non funziona in quella mano di carte: ne manca proprio una, quella che potrebbe chiudere il gioco. Così pensa il barista del BarLume (anzi, il barrista con due erre, così come leggerete per tutto il libro), il piccolo bar di fronte alla spiaggia, dove si concentrano le chiacchiere e le indagini non ufficiali del gruppo di pensionati più scaltro del paese, “i bimbi”. Niente sfugge alle loro orecchie, e niente sfugge nemmeno agli occhi degli altri abitanti, così che al BarLume le notizie arrivano prima che al vicino Commissariato.

Ma la briscola in cinque, che l’autore Marco Malvaldi ci spiega molto bene proprio nelle prime pagine, quando i quattro vecchietti mostrano il gioco al barista del BarLume, è la chiave per risolvere il caso. “Tu non sai chi è che gioca con te” e “Uno di loro mente” non sono suggerimenti buttati lì per caso. Perciò, da quel momento in poi, diffidate di tutto quello che viene detto e attenetevi solo ai fatti. Certamente arriverete alla soluzione molto prima del Commissario Fusco, ma è da vedere se riuscirete a battere il gruppo d’indagine del BarLume.
Conosciamoli uno ad uno i nostri personaggi, direttamente dalla penna di Marco Malvaldi, nelle tracce disseminate lungo il romanzo (perché io, in realtà, già li conosco dalla versione televisiva, che li rappresenta in maniera magistrale!).

Massimo Viviani, il barrista, e proprietario, del BarLume di Pineta: “E’ sulla trentina, capelli ricci, barba; un aspetto vagamente arabeggiante, accentuato dal camicione da pirata lungo fino alle ginocchia miracolosamente immune da aloni di sudore. Ha lo sguardo obliquo, imbronciato.” Separato, matematico di formazione, ha acquistato il BarLume facendo tredici al totocalcio. Ha un brutto carattere, tanto da rifiutarsi di servire caffé e cappuccini ai clienti se non è l’orario giusto o fa troppo caldo. Però dimostra fiuto, sia per capire le persone che si trova di fronte, sia per le indagini perché “se non capisco qualcosa non c’è verso di liberarmene, mi ci assillo tutto il giorno e tutti i giorni finché non lo capisco.”

Tiziana Guazzelli, detta Tizi, la banconista da urlo del BarLume, “Alta, bel portamento, rossa di capelli come il nome suggeriva, era stata assunta da Massimo in quanto possedeva due qualità perfette per lavorare in un bar. In primo luogo, non era imbranata. Secondo, aveva un paio di puppe bellissime, che occultava con scarso successo dentro magline attillatissime o camicette col nodo e nessun bottone allacciato. Ormai Massimo si era abituato, ma i primi tempi gli capitava spesso di guardarle inavvertitamente il petto mentre le parlava e di rimanere con lo sguardo lì, calamitato, mentre continuava a parlarle come se niente fosse. Per fortuna lei la prendeva a ridere.”

Protagonisti assoluti sono “i bimbi”, il letale quartetto dei vecchietti, assidui frequentatori nonché colonne portanti del BarLume, seduti all’aperto in compagnia di un mazzo di carte, a giocare al tavolo da biliardo all’interno oppure a commentare pittorescamente le notizie locali, aggiungendo dettagli così segreti che solo esperti di spionaggio come loro possono conoscere.

Ampelio Viviani è anche il nonno del barrista Massimo: “anni 82, ferroviere in pensione, discreto ex ciclista dilettante e incontestato trionfatore della gara di moccoli introdotta (ufficiosamente) all’interno della festa dell’Unità di Navacchio per ventisei anni consecutivi dal 1956.” Alquanto iroso e colorito nelle sue esternazioni, evidenzia il legame col nipote Massimo, si somigliano proprio e si detestano, amorevolmente. Vive con la moglie Tilde, che gli conteggia il numero di gelati ma poi frigge in olio abbondante tutto quello che c’è da mangiare.

Aldo Grippa, quello del ristorante Boccaccio di Pineta, “vedovo spensierato e di compagnia, la sera andava al bar dove era sempre sicuro di trovare qualcuno.” Dei quattro è forse il più tranquillo e anche l’unico ancora impegnato a lavorare, di tanto in tanto. “Una cosa andava riconosciuta; quando Aldo affermava di vendere cibo e vino senza fronzoli aveva perfettamente ragione. Il Boccaccio aveva a sua disposizione una cantina sterminata, con particolare predilezione per il Piemonte, e una cucina eccezionale. Punto. Il servizio era preciso ma informale e la qualità delle suppellettili non era ricercata; inoltre, se per caso uno manifestava qualche disappunto riguardo al cibo, la cosa trovava sempre modo di arrivare all’orecchio dello ched de cuisine, Otello Brondi detto Tavolone. Detto personaggio, pur dotato di innegabile talento nell’arte apiciana, non era stato però molto benvoluto dalle Muse sotto tutti gli altri aspetti, per cui il critico si trovava spesso a lato del tavolo un metro cubo di pancia di cuoco, guarnito di due avambracci grossi e pelosi come orsi, che gli chiedeva “Come mai ‘un ti garba?” con tono non esattamente servizievole.”

Gino Rimediotti “75 portati male, pensionato delle poste”. Pecca un po’ d’avarizia e trova sempre da ridire sulla presenza degli albanesi a Pineta. “Tre settimane prima, una bagnante era stata scippata della borsetta davanti allo stabilimento balneare, e il vecchietto aveva tenuto banco per due giorni con il pericolo albanese, profetizzando sventure di ogni risma e invocando l’intervento dello Stato. Continuò fino a sera del terzo giorno, quando venne fuori che lo scippatore era il nipote del suo dirimpettaio.”

Pilade Del Tacca “ha assistito al placido scorrere di settantaquattro primavere ed è felicemente soprappeso. Anni di duro lavoro al Comune di Pineta, in cui se non fai colazione quattro volte per mattina non sei nessuno, lo avevano forgiato sia fisicamente che caratterialmente: infatti, oltre che maleducato, era anche un rompicoglioni.” Ma è anche quello che molto bene vi spiega come funziona la briscola in cinque, nella citazione poco sopra.

Intorno a questi protagonisti, ruotano via via altri personaggi, fondamentali per la resa tragico-comica della storia. Primo su tutti il Commissario di Pineta Vinicio Fusco, talmente pasticcione da dare l’ordine di spostare l’auto della vittima dal luogo del delitto prima di effettuare i dovuti rilievi. “Dopo aver concluso, in armonia con Carli, che Vinicio Fusco era permaloso, arrogante, testone, presuntuoso e vanesio, il dottore aveva sentenziato:
– Quell’uomo è un libro di barzellette sui calabresi.
E Massimo, che aveva approvato interamente la conclusione, tutte le volte che pensava a Fusco non poteva fare a meno di chiedersi se per caso, a forza di stare con il Rimediotti, non stesse diventando un po’ razzista. Si consolava pensando che quando andava all’università, a Pisa, un suo amico siciliano, del quale tutto si poteva dire tranne che facesse distinzioni razziste, in un momento di ebrietas aveva tracciato “l’identikit del perfetto idiota”: e tra le altre caratteristiche fondamentali, che Massimo non ricordava, doveva essere ingegnere, juventino e calabrese.” Vi lascio immaginare cosa accadrà lungo le indagini. Persino nonno Ampelio rischierà di essere arrestato! “Cosa si merita, l’ho detto. L’ho detto “ma lei è stato trasferito ai vigili urbani? Siccome la vedo sempre ar barre, invece che dove dovrebbe sta’…”

Un encomio anche per l’organizzazione dei capitoli del romanzo, che mi ha fatto sorridere una volta di più. Possiamo legge infatti: Prologo, Inizio, Due, Tre, Quattro, Radici di venticinque (e ci ho pure pensato…), Sei, Sette, Otto, Nove, Nove e mezzo, Dieci, Undici, Epilogo, Per finire (che sono i ringraziamenti dell’autore). Come divertirsi anche all’indice finale, insomma. 😀

Scrivere dall'isola d'Elba: I Delitti del BarLume

Il vero BarLume, quello usato per la fiction televisiva, lo trovate all’isola d’Elba, nella bellissima località di Marciana Marina. L’avevo letto a suo tempo, ma quando me lo sono trovato lì davanti, in vacanza, è stata una vera sorpresa! 🙂

I delitti del BarLume
dal romanzo alla televisione

Drriiiiiin.
Drriiiiiin.
Drriiiiiin.
– Pronto?
– Pronto, sono Aldo.
– Pronto?
– Pronto Massimo, sono Aldo. Ti volevo…
– Pronto? Non sento niente.
– Massimo, sono Aldo…- disse Aldo un po’ più forte.
– Parlate più forte. Non sento quasi nulla.
– Mas-si-mo – urlò Aldo scandendo bene – han-no chia-ma-to dal com-mis-sa-ria-to. Vo-glio-no…
– E’ inutile che urliate in questo modo – disse calma la voce di Massimo. – Questa è una segreteria telefonica. Lasciate un messaggio dopo il bip.
– Ma vai in culo, vai… – disse Aldo dopo un breve sconcerto.
La briscola in cinque, Marco Malvaldi

Ho riso come una pazza a questo piccolo trafiletto, perché ci ho rivisto proprio gli attori de I delitti del BarLume, anche se non ricordo questa scena in particolare. Per me, che prima ho scoperto gli episodi della fiction e solo ora sono approdata alla pagina scritta, posso dire che nella serie televisiva c’è davvero la stessa ambientazione del romanzo di Marco Malvaldi. I personaggi principali sono proprio loro, così come li ho conosciuti e amati dal piccolo schermo.

Qualche sorpresa però l’ho trovata, perché comunque la serie è liberamente ispirata ai libri di Malvaldi e qualche adattamento c’è effettivamente stato, vuoi per esigenze di produzione e di casting, per introdurre qualche personaggio femminile in più, per inserire un po’ più di pepe e chissà, magari lo scrittore ha preso l’occasione per dire la sua, in un secondo giro di editing. 😉

Per esempio, quella che in televisione è il commissario Vittoria Fusco, donna tutta d’un pezzo, dedita al suo lavoro, cinica e sarcastica nelle situazioni difficili, interpretata da una straordinaria Lucia Mascino, all’interno del romanzo è invece il commissario Vinicio Fusco, così come ve l’ho descritto sopra, incapace, pasticcione, vanesio. E in quelle caratteristiche ci troviamo invece, dalla quarta stagione in poi, il commissario straordinario di Pineta Gianluigi Maria Tassone, portato sullo schermo dall’attore Michele Di Mauro. Questo Tassone assomiglia molto al commissario Fusco del romanzo di Malvaldi: siciliano (e non calabrese), amante più del cibo che del proprio lavoro, pasticcione nel condurre le indagini, tanto da ostacolarle, impegnato nel corteggiare assiduamente, senza successo, proprio Vittoria Fusco.

La seconda stagione della serie televisiva si apre con il funerale di Ampelio Viviani, di cui non vi è traccia nei romanzi (tenendo anche conto che l’ordine degli episodi della fiction non segue l’ordine di pubblicazione dei vari libri). La causa è dovuta alla prematura scomparsa dell’attore Carlo Monni che interpretava nonno Ampelio nella prima stagione. In suo onore, si è deciso di lasciar andare anche il personaggio nella fiction (emozionante lo speciale che racconta il sentimento di tutto il cast nel girare quella scena) e ricostituire il quartetto con un nuovo pensionato che si aggiunge ai “bimbi”: nasce così Emo Bandinelli, portato sullo schermo da Alessandro Benvenuti, ex pescivendolo e suocero di Massimo Viviani. Non ne sono del tutto certa, perché in questo caso devo leggere i romanzi successivi, ma il personaggio di Emo riprende comunque i dialoghi e le movenze di Ampelio dalle storie originali di Malvaldi. I due caratteri si assomigliano molto, Emo è focoso e burbero tanto quanto lo era Ampelio.

Poi dal romanzo alla televisione si perdono invece alcune pagine mirabili. I tempi della fiction sono differenti dai tempi della lettura, e comunque la parola scritta porta talvolta una nota poetica che non riesce a raggiungere lo schermo. Non ricordo infatti questa scena, di Massimo Viviani concentrato con un libro di Kazuo Ishiguro tra le mani, o se c’era, non era così incisiva come la leggo e la gusto in questo momento.

Erano circa le tre e mezzo del giorno prima, e il bar si stava beatamente godendo il meritato riposino del dopopranzo. Massimo, dietro il bancone con i piedi a mollo in una tinozza piena d’acqua, stava leggendo (Quel che resta del giorno, di Kazuo Ishiguro, bel libro ma leggetelo in un periodo in cui siete allegri altrimenti vi gettate sotto un tram). Il senato, fuori all’ombra del tiglio grande, stava giocando a canasta e quindi non faceva casino come al solito, una volta tanto. Un tizio non molto alto, con occhialini tondi di metallo e un accenno di capelli di lato e in mezzo a un cranio bello lustro, appena uscito da una Z4, entrò nel bar sorridendo e salutando a voce alta:
– Buongiorno.
– Dipende.
– Come, scusi?
– Dipende dalle sue intenzioni. Se lei desiderasse semplicemente bere qualcosa di fresco e godersi l’ombra fuori, io potrei continuare a leggere tranquillamente ancora un po’ e quindi continuerebbe ad essere un buon giorno almeno per un altro po’. Se d’altronde lei avesse intenzione di parlare del delitto Costa, questo mi costringerebbe a chiudere il libro e ciò rientrerebbe senza alcun dubbio nelle eventualità che io tendo a classificare come rotture di coglioni. Di conseguenza, il suo saluto mi apparirebbe palesemente ipocrita.
(A discolpa di Massimo, va detto che quando leggeva un libro meritevole tendeva a empatizzare notevolmente con l’autore e con il suo modo di scrivere, e che il libro in questione è narrato in prima persona da un maggiordomo inglese alla fine del secondo dopoguerra).
(Tralasciando quindi il concetto di rottura di coglioni, solitamente alieno dal modo di esprimersi di un domestico di rango, non è da escludersi che la risposta di Massimo fosse pesantemente influenzata dal linguaggio che Ishiguro attribuisce al maggiordomo Stevens).
Nel momento di imbarazzo che seguì, si sentì solo il fruscio di una pagina che veniva voltata e, da fuori, una debole voce dall’apparenza senile che diceva accidenti a te e alla canasta di pinelle del cazzo, deficiente, tu ragionassi una volta all’anno ti farebbe altro che bene.
La briscola in cinque, Marco Malvaldi

Quando poi fu annunciato per la serie televisiva l’arrivo di Corrado Guzzanti a interpretare Paolo Pasquali, il veneto trapiantato a Pineta, assicuratore di professione, spilorcio e puntiglioso, ordinato quasi maniacale, ho temuto davvero che la serie non mi sarebbe piaciuta più. Sarà la solita macchietta veneta, il polentone che viene dal Nord? Certi stereotipi stancano davvero, specie quando si tende troppo all’esagerazione. Invece no, la sua partecipazione è fenomenale. Sono la prima a ridere delle mirabolanti trovate di Guzzanti, e come ci riesca manco lo so! Si è ripreso quello stesso dialetto usato da Albero Sordi in un altro film che mi è molto caro: Venezia, la luna e tu di Dino Risi. E ha funzionato alla grande!

Eppure c’è un puntino che non torna…

Non voglio spoilerarvi troppo, ma arrivata alla fine del romanzo, quel poco di fiuto investigativo, frutto di ore e ore in compagnia di zia Agatha Christie fin dall’adolescenza, mi ha fatto scorgere un punto, un piccolo puntino, lì in mezzo a quelle pagine. Un puntino di domanda per l’esattezza. Che se qualcuno di voi avesse letto, o leggerà in futuro, il romanzo, potrebbe anche palesarsi qui e cercare con me una risposta. Sebbene la collocazione temporale della storia risalga ai primi anni Duemila, ci sono i cellulari e dei messaggi sms scambiati con la vittima. Per quale motivo, e tecnicamente era già possibile presso la compagnia telefonica, non si sono tracciati i movimenti della ragazza in quella notte, tramite la posizione del suo cellulare e delle celle a cui era agganciato?! Bastava quello, a risolvere il caso. 😉

– Lo sai qual è il ganzo? Il ganzo di tutta la faccenda, caro Massimo, è che il paese ne sa già di più di quello che sa il commissario. Primo, perché il Fusco è un fesso – e gli astanti annuirono in modo coordinato – e secondo, perché se una cosa è successa in paese, a qualcuno del paese, c’è sicuramente qualcuno che sa un pezzetto di quel che succede. Qualcuno che ha visto qualcosa, e non sa cosa significhi. Dammi retta, Massimo, il Fusco dovrebbe venire qui al bar e parlare con tutti quelli che passano di qua, poi andare a casa di tutte le donnette, poi andare al mercato, e così via. Da lui, direttamente, non ci va nessuno, però intanto io sono uscito di casa alle due e dieci e la mi’ moglie era al telefono da un’ora e venti: quando torno stai tranquillo che mi fa una chiorba come un còomero col delitto.
Massimo si mise a ridere. Pilade aveva ragione: il brainstorming di vecchiette era così temibile che nessuno sarebbe sfuggito, in quei giorni, alle elucubrazioni nate da sedicenti Miss Marple rintanate in casa a telefonare a tutti quelli che conoscevano.
La briscola in cinque, Marco Malvaldi

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Comments (20)

Brunilde

Mag 06, 2023 at 11:02 AM Reply

Ho incontrato Malvaldi anni fa, alla presentazione di un suo libro qui a Bologna, riuscii a farci due chiacchiere ( dove cavolo sarà finito il libro autografato…la mia libreria è il caos ).
Lui è molto simpatico, è dotato di uno humor e una comicità naturale davvero notevoli. Il suoi libri, soprattutto i primi del Barlume, riflettono questo suo modo di essere.
Confesso che, alla lunga, mi hanno annoiato, mentre la serie tv è carina, la guardo, alcuni episodi sono molto godibili.
Ho letto anche ” Chi si ferma è perduto ” scritto con la moglie Samantha Bruzzone, e quello mi ha deluso proprio: come quando un vecchio amico, un tempo brillante, vuole fare lo spiritoso a tutti i costi.
La comicità, o anche solo l’ironia, sono registri difficili da gestire, ci vuole equilibrio e molta abilità,
Ora è uscito un nuovo romanzo, non della serie del Barlume, ma un giallo ambientato nel ‘600: per il momento passo…

Barbara Businaro

Mag 08, 2023 at 11:37 PM Reply

Uhm, dunque per te i romanzi non hanno saputo mantenere alto il livello di attenzione del lettore, mentre la serie tv (con i suoi adattamenti) ci è riuscita. Questo è normale quando i libri vengono pubblicati molti anni addietro rispetto alla trasposizione cinematografica (come serie poi I delitti del BarLume ha episodi davvero lunghi, tempi da cinema proprio), ma dalla bibliografia mi pare di capire che gli ultimi sono stati scritti da Malvaldi quasi per dare materiale alla stagione televisiva successiva, quindi aveva anche modo di “aggiustare” il tiro in base al gradimento del pubblico.Forse, e questo è un tema su cui spesso mi soffermo anche per i miei scritti, l’età e l’esperienza dell’autore cambiano anche il suo stile. Se da ragazzo la comicità era quella più innaturale e sfrontata, da adulto con prole, qualcosina si ridimensiona. Verrebbe quindi da pensare che una serie, per mantenerla “stabile”, occorre sia scritta in poco tempo… E qui casco molto male io con i miei racconti de La storia di Liam e Caitlyn, per dire.Sì, ho visto quel nuovo romanzo, Oscura e celeste, ambientato nel 1631 a Firenze. Non amo molto i romanzi storici, fa eccezione solo Outlander, molta eccezione… 😀

Giulia Mancini

Mag 06, 2023 at 9:58 PM Reply

Come sai sono fan della fiction televisiva tanto che alla fine ho deciso di leggere un romanzo della serie intitolato A bocce ferme (uno degli episodi della penultima serie); ci sono delle oggettive differenze dei personaggi rispetto alla serie televisiva, ma la storia “gialla” invece è abbastanza in linea. Trovo la serie molto vivace e divertente e, per ora, la preferisco ai romanzi, ma non è detto che non decida di leggere altri romanzi di Malvaldi…

Barbara Businaro

Mag 08, 2023 at 11:38 PM Reply

Si si, mi ricordo anche della tua foto a Marciana Marina con il set allestito, dove si intravedeva Alessandro Benvenuti. Io purtroppo ci sono stata quando avevano terminato di girare, sennò mi piazzavo lì, gli portavo bibite e caffè gratis pur di scroccare un saluto! 😀 😀 😀 Se guardi lo speciale dei 10 anni che ho linkato qui sopra, c’è il regista che chiama tutti “ninja”, mi fa morir dal ridere! Però dev’essere bello lavorare con tanto entusiasmo, in una location così spettacolare.
Probabilmente cercherò anche il secondo romanzo, per vedere come prosegue, per curiosità.

Sandra

Mag 07, 2023 at 12:52 PM Reply

Non ho letto Malvaldi, né visto la serie ma ricordavo quando hai scovato il Bar Lume all’Elba ed eravamo insieme quando hai comprato il libro. La briscola a cinque credo sia la stessa che da me in Valle va tantissimo e si chiama briscola a chiamata e ha regole per me incomprensibili ma al bar del paese, un tipo Bar Lume ormai chiuso, appassionava giovani e anziani in sfide molto vivaci.
Le sedicenti Miss Marple già mi hanno fatta ridere. Vediamo se nel mare magnum di letture riesco a infilare anche questi arzilli investigatori.

Barbara Businaro

Mag 08, 2023 at 11:38 PM Reply

Io ricordavo la Briscola classica, con quattro persone, giocata anche lì al bar del mio vecchio paese. Io entravo solo per prendere il croccantino al banco frigo, ma c’erano i vecchietti che se ne dicevano di ogni, tra una sigaretta e un bicchiere di rosso. Mio padre e gli zii giocavano anche loro a Briscola, a Scopa o Rubamazzetto. Tipicamente era il passatempo della giornata di Santo Stefano, dove ci si ritrovava con gli avanzi di Natale, le carte trevigiane e ovviamente il Monopoli! Ricordo delle partite di Monopoli da tre ore, dove arrivavano ad offendersi quando qualcuno si fermava su Parco della Vittoria e Viale dei Giardini, con gli alberghi piazzati sopra! Un salasso!! Anche per questo il BarLume mi ha riportato indietro all’infanzia… 🙂

Darius Tred

Mag 08, 2023 at 10:08 PM Reply

Mi sembri un po’ puntigliosa: non è che devi proprio star lì a guardare tutto-tutto, come i cellulari e gli sms e le celle e il tracciamento eccetera eccetera.
Potevo capire se parlava di un’alba sul mare, lì a Pineta… B-)
Ma il cellulare no, dai: è decisamente troppo.

🙂 🙂 🙂

Barbara Businaro

Mag 08, 2023 at 11:45 PM Reply

Non mi pare nel romanzo ci sia un’alba sul mare, l’autore deve essersene dimenticato! Così come si è dimenticato di seguire le celle del telefonino della vittima… 😀 😀 😀
Comunque non è merito mio eh! Ho imparato da qualcun altro ad essere puntigliosa sulle letture! 😛

Stefano Franzato

Mag 09, 2023 at 9:25 AM Reply

Anche a me son piaciuti gli episodi televisivi del Bar Lume e anch’io ho letto il romanzo di cui hai ampiamente parlato in questo tuo post. Dirti che mi sia piaciuto tanto sarebbe esagerato: altri sono i giallisti italiani che han visto le loro opere tradotte per la televisione che mi son piaciuti molto di più: Manzini col suo Rocco Schiavone per esempio; ma sopra tutti Ilaria Tuti con la sua Commissaria Teresa Battaglia a cui ha dato una faccia e un (bel) corpo Elena Sofia Ricci nella trasposizione televisiva del romanzo d’esordio della scrittrice friulana “Fiori sopra l’inferno”. La Tuti ha saputo caratterizzare il suo personaggio (nonché l’entourage di questo) in una maniera talmente realistica che puoi neanche ritenerlo un personaggio di finzione letteraria ma una persona realmente esistente con la faccia che presenta tutti i giorni e, nel segreto della sua intimità, con il suo angosciante passato e il suo non meno angosciante e temibile futuro. Questo non è mai stato descritto da nessun autore di fiction poliziesca né italiano né straniero. Altra cosa nuova che non ho mai trovato in altri romanzi gialli, la pietà, la comprensione e l’umanità che la commissaria dimostra nei confronti degli assassini che pure mette i prigione. Forse in qualche Maigret… Non da ultimo il paesaggio montano e boschivo in cui hanno luogo le indagini; La Tuti li descrive in una maniera che sovente rasenta se non è proprio poetica. Aggiungo e concludo la grande maestria che l’autrice dimostra nel saper trattare i pani temporali della vicenda. Io mi son letto “Fiori sopra l’inferno” e attualmente mi sto leggendo “Ninfa dormiente”. tutti romanzi molto lunghi ma fatti di capitoli brevissimi, una o due paginette e mezza. Quindi me li leggerò tutti.

Barbara Businaro

Mag 09, 2023 at 10:35 PM Reply

Purtroppo, o per fortuna, io tendo a svicolare dalle mode e dalle celebrità del momento. Sicché il BarLume l’ho scoperto tardi (la serie televisiva mi pare fosse già alla terza stagione e i romanzi come vedi solo ora, più di dieci anni dopo dalla pubblicazione), non sono nemmeno gran appassionata di serie televisive poliziesche, niente Montalbano, niente Rocco Schiavone, niente Ricciardi, Lolita Lobosco o l’allieva Alice. Men che meno Ilaria Tuti e i suoi “Fiori sopra l’inferno” perché, al di là del suo valore letterario che non conosco proprio, è stato talmente pompato di marketing da venirmene a noia solo il titolo. Certi libri ho bisogno di leggerli quando hanno un po’ di silenzio intorno, quando il caos mediatico si è scemato, sennò il mio giudizio rischia di essere poco obiettivo. Ma certamente terrò in considerazione il fatto che ne hai parlato bene tu. 😉

Andrea Cabassi

Mag 09, 2023 at 10:02 AM Reply

Ne ho sentito parlare davvero da quasi chiunque… ma non so, ho un po’ paura ad avvicinarmi a queste opere che “mi dovrebbero piacere” quasi al 100%, perché quel “quasi” mi frega (quasi) sempre!

Barbara Businaro

Mag 09, 2023 at 10:35 PM Reply

Ecco, la tua è la stessa mia reazione poco sopra al suggerimento di Stefano e “Fiori sopra l’inferno”. Uguale uguale spiccicata! 😀 😀 😀

Andrea Cabassi

Mag 10, 2023 at 9:11 AM Reply

Eh, mo che se fa? XD

Barbara Businaro

Mag 12, 2023 at 6:55 PM Reply

Di solito io faccio così: se il libro in questione mi capita davanti, fisicamente proprio, o se continua a ronzarmi comunque intorno nel passaparola di amici, allora devo leggerlo. Era questo il caso di Malvaldi, stavolta non potevo ignorare la chiamata. 😉

Andrea Cabassi

Mag 12, 2023 at 8:01 PM

Sembra ragionevole XD

Barbara Businaro

Mag 15, 2023 at 7:57 PM

Finora ha sempre funzionato. E come diciamo noi informatici, se funziona, non sta toccare!!! XD

Sandra

Mag 09, 2023 at 8:10 PM Reply

Giusto per aggiungere un elemento alle cose che abbiamo in comune: pure io croccantino tassativamente con ripieno amarena.

Barbara Businaro

Mag 09, 2023 at 10:37 PM Reply

Ma non ci credo!!! Io impazzivo per il ripieno all’amarena!!! 😀 😀 😀

Daniela Bino

Mag 17, 2023 at 10:41 AM Reply

Che dire?! Mi sono andata a prenotare i romanzi in biblioteca dalle “sciure” che mi seguono da qualche anno. Segnalerò loro anche questo post, scritto come sempre benissimo. I romanzi superano quasi sempre il film e quindi verificherò anche in questo caso. Infatti, mi sono incuriosita: i “bimbi” sono impagabili nel film e pure a me hanno ricordato gli “Amici miei” della mia infanzia, con Adolfo Celi e Tognazzi e gli altri, uno più bravo dell’altro. Pronti alle zingarate che erano un balsamo sulle intemperie della quotidianità.
Aspetterò che le mie amiche “sciure” mi preparino la collezione intera e ti manderò riscontro.
Baciuzz, Bibi!

Barbara Businaro

Mag 17, 2023 at 10:34 PM Reply

“I romanzi superano quasi sempre il film…” Eh, ma in quel “quasi” ci sono delle eccezioni di tutto rispetto.
Ho concluso proprio stasera la lettura di “Colazione da Tiffany” di Truman Capote, che mi sono incuriosita di leggere dopo aver rivisto (o visto meglio, ricordavo solo spezzoni) il bellissimo film con Audrey Hepburn. Beh, che dire, è cominciato bene, ho ritrovato gli stessi personaggi della pellicola, ma il finale… no, non ci siamo proprio. Preferisco di gran lunga la versione cinematografica. Cosa vuoi, se non è un lieto fine io non sono contenta!
Mi dirai se i “bimbi” sulla carta ti convincono quanto i “bimbi” in televisione. 😉

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