
L’arte di non inventarsi niente
Arrivo tardi, tardissimo, con questo mio ultimo post estivo, prima di concedermi finalmente le mie agognate ferie!
Ho scritto davvero poco per il blog, tanto che questo sarà l’unico post di agosto, ahi ahi! Però ho sempre lavorato, tranne qualche sporadica giornata in piscina, e soprattutto ho continuato con la scrittura del mio romanzo, sistemando i vari pezzettini del puzzle e dando una forma precisa alla struttura della storia (e infatti non lo chiamo più romanzetto, è ora di togliere il diminutivo!)
Nel frattempo ho letto, non quanto avevo preventivato, ma bei libri davvero, con alcune esplorazioni interessanti verso il nord dell’Europa. Nel mezzo delle giornate arroventate, quale àncora di salvezza e refrigerio, nonché di sane risate ad alto volume, c’erano sempre loro: i vecchietti del BarLume usciti dalla penna di Marco Malvaldi.
Nella mia collezione, ora completa fino all’ultimo romanzo appena uscito, era il turno dell’antologia Sei casi al BarLume, che raccoglie in un unico volume diversi racconti pubblicati altrove. Sono uno più gustoso dell’altro, non c’è che dire, pure quando i vecchietti vanno in vacanza sulle Dolomiti e, comica fatalità, trovano un cadavere al supermercato! Vuoi mica chiamare il commissario giù a Pineta per dirgli che tu sì, hai un’idea ben precisa dell’assassino?! 😀
Come mi sono appassionata alla serie I delitti del BarLume ve l’ho già illustrato in questo mio vecchio post, dedicato al primo romanzo letto: La briscola in cinque di Marco Malvaldi. Direi che sono proprio partita all’incontrario: prima ho visto per caso le repliche della serie televisiva, poi mi sono trovata davanti proprio al BarLume (il set cinematografico nella località di Marciana Marina all’Isola d’Elba), alla fine ho voluto provare anche la lettura del primo libro. Sarà che adoro l’ambientazione in riva al mare, sarà che sono da sempre affascinata dalla parlata toscana, aggiungiamoci un intreccio perfetto per ogni storia, ma sono corsa a comprare tutti gli altri!
Ringrazio il mercato dell’usato che mi ha consentito di risparmiare un pochino sui cartacei, e pure quello sconosciuto che dentro uno dei volumi mi ha lasciato una cartolina di Sellerio con l’elenco dei titoli della serie in ordine di lettura! Non è stupendo trovare questi doni tra i libri?! 😉
Per chi non ha ancora idea dei protagonisti del BarLume, i quattro Bimbi, eccone una breve descrizione proprio per mano dell’autore:
– Gino Rimediotti, “settantaduenne ex portalettere, lettore ufficiale del giornale nell’ambito del suo attuale stato lavorativo di pensionato al bar, incarico che ricopre con dedizione. Il ruolo di lettore gli viene, oltre che dalla voce chiara e squillante ancorché priva di slancio interpretativo, dal fatto che nel corso della lettura non si esibisce in continui commenti sul contenuto del giornale medesimo come stava per fare, per esempio, il suo vicino di tavolo” che segue;
– Pilade Del Tacca, “settantuno di età, centosessanta di altezza, centosei di diametro e trecentodieci di colesterolo. Dopo aver vissuto una trentina d’anni a spese dello Stato con la scusa di lavorare in Comune, il Del Tacca aveva deciso di ufficializzare il fatto di non aver mai avuto voglia di fare un tubo andando in pensione a cinquantadue anni e continuando così a campare alle spalle dello Stato medesimo. Un vecchietto grasso, antipatico, cinico e lucidissimo, il cui principale talento consisteva nel trovare le magagne e nello spiegarle ai suoi pari”;
– Ampelio Viviani è “un ottantaduenne che definire arzillo sarebbe riduttivo, amico di lunga data del Rimediotti e di Pilade Del Tacca, con i quali condivide la situazione di pensionato; detto Ampelio è il nonno di Massimo, proprietario del BarLume, ovvero il bar nel quale risiedono quasi stabilmente i personaggi di questo racconto. Il particolare è di non poca rilevanza, visto che negli altri bar del paese Ampelio non è il benvenuto”;
– Aldo Grippa, “vedovo spensierato e di compagnia, la sera andava al bar dove era sempre sicuro di trovare qualcuno”, non ancora pensionato, si occupa della clientela di Villa del Chiostro e dell’annesso ristorante «Boccaccio 2012», signore alquanto distinto, amante della musica classica, e come spiega Massimo “Aldo da solo era più che potabile”;
Si aggiungono quasi a corollario: il già citato Massimo Viviani, il barrista (con due erre, perché “l’è quello che lavora al barre”, in fiorentino) proprietario del BarLume, sulla trentina, capelli ricci e barba, un aspetto vagamente arabeggiante e un cipiglio perenne nello sguardo, “carattere chiuso” commenta sempre il suo nonno Ampelio; Tiziana Guazzelli, detta Tizi, sua socia al BarLume, selezionata non solo per la sua pronta intelligenza, ma pure per quelle magliette attillate che lasciavano senza parole tanto Massimo che la clientela del locale; il commissario di polizia Vinicio Fusco, “permaloso, arrogante, testone, presuntuoso e vanesio” ma che stavolta si difende alquanto bene, proprio prima di lasciare l’incarico; la nuova commissario Alice Martelli, in breve fidanzata di Massimo e fedelissima dei cappuccini ad ogni ora della giornata, condivide con lui la passione per la Fisica e la Matematica, nonché la risoluzione delle indagini di Pineta.
“Veramente il commissario di polizia Fusco è una donna, Vittoria Fusco”, potrebbe obiettare qualcuno.
Ecco, non confondetevi troppo con la serie televisiva I delitti del BarLume, le cui sceneggiature all’inizio attingevano ai romanzi e ai racconti di Marco Malvaldi, ma poi si è decisamente distaccata, tanto nei personaggi quanto nelle vicende narrate, senza corrompere però lo spirito conviviale del BarLume. Il commissario Vinicio Fusco dei libri è diventato in televisione il commissario straordinario Gianluigi Maria Tassone, che poi viene nominato addirittura Ministro dell’Interno.
I racconti riuniti nel volume Sei casi al BarLume sono apparsi per la prima volta nelle seguenti antologie di Sellerio:
Un Natale in giallo, 2011 («L’esperienza fa la differenza»);
Capodanno in giallo, 2012 («Il Capodanno del Cinghiale»);
Ferragosto in giallo, 2013 («Azione e reazione»);
Regalo di Natale, 2013 («La tombola dei troiai»);
Carnevale in giallo, 2014 («Costumi di tutto il mondo»);
Vacanze in giallo, 2014 («Aria di montagna»).
Purtroppo ci sono altri dieci racconti scritti dopo il 2014 che non sono ancora stati raccolti in una nuova antologia, come si nota sulla scheda in Wikipedia: I romanzi del Barlume Speriamo che Sellerio editore si decida finalmente nel pubblicare anche questi, tutti quanti insieme, per la mia collezione! 😉
Non posso però riporre questo volumetto in libreria senza rileggermi ancora una volta la sua bellissima prefazione scritta dall’autore stesso, dal titolo quanto mai evocativo, “L’arte di non inventarsi niente”, riferito ovviamente alla sua scrittura.
“In questo libro troverete sei racconti ambientati al BarLume e già pubblicati, in ordine rigorosamente cronologico, in altrettante raccolte dal medesimo editore. Credo sia giusto raccontarvi per quale motivo questi racconti siano nati, come siano stati svezzati e adesso, diventati grandi, siano pronti per camminare con le loro gambe.”
Qui io mi accoccolo ancora di più nel mio lettino a bordo piscina, con l’asciugamano che profuma del cocco della crema solare, certa che da questa riflessione godrà tanto il mio io-lettore affezionato dei personaggi del BarLume, quanto il mio io-scrittore avido di imparare da un autore così abile e prolifico. Qual è dunque il suo segreto?!
Nella vita normale
“Il primo di questi racconti, L’esperienza fa la differenza, vide la luce su espressa richiesta di Antonio Sellerio, il quale da lettore si chiedeva quali fossero le abitudini dei personaggi che pubblicava nella vita di tutti i giorni. Nella vita normale, quella senza omicidi, dove i problemi si chiamano bollette da pagare, brutti voti, influenza in vacanza e cosi via.”
Devo dire che me lo sono chiesta tante volte pure io: cosa fanno i Bimbi, gli sfrenati vecchietti del BarLume, d’inverno? Come vivono la lunga stagione fredda, povera di turisti, e dunque di nuove occasioni di sproloquio, con il bar ridotto alla sua sola capienza del coperto e le giornate grigie, col mare in tempesta? Ho letto oramai otto romanzi di questa serie e sono sempre ambientati d’estate, all’inizio o alla fine. Quindi ringrazio Antonio Sellerio per aver dato voce anche alla mia curiosità.
“Ora, la telefonata in cui ricevetti questa richiesta seguì a distanza di circa tre minuti una precedente telefonata, nella quale un Malvaldi ben oltre l’orlo della crisi di nervi aveva finito di parlare con un rappresentante della locale ditta responsabile della raccolta differenziata; la conversazione si era svolta, come capita usualmente in questi casi, a domande e risposte («Avrei bisogno di buttare via un vecchio divano di legno e paglia, quando potreste venire a ritirarlo?» fu la prima, «Il 26 agosto è fra quasi due mesi, non c’è una data precedente?» fu la seconda, «Se lo lascio sul terrazzo due mesi e nel frattempo piove, come sicuramente farà visto che abito a Pisa, lei ha idea di quanto potrebbe puzzare l’oggetto di cui stiamo parlando?» fu la terza e «Lei, così stupido, ci è nato oppure vi fanno dei corsi prima di mettervi a rispondere al pubblico?» fu quella che concluse, di fatto, la conversazione) e aveva lasciato l’utente/Malvaldi in uno stato di tangibile indignazione.
Oibò! Quella è una tipica risposta da Massimo Viviani, lo riconosco! XD
“Quando il mio editore mi chiese quindi di far confrontare i miei pupazzetti con un problema di quotidiana attualità, e di ambientare il racconto durante le festività natalizie, mi venne piuttosto spontaneo pensare alla raccolta differenziata: argomento del quale, mio malgrado, avevo dovuto diventare piuttosto esperto nei mesi precedenti. Un argomento, appunto, della vita di tutti i giorni.”
Ecco dunque l’arte di non inventarsi niente, in quanto ai problemi, mentre semmai l’immaginazione va impiegata per trovare le soluzioni alternative, quelle che rendono questa caotica vita quotidiana più intrigante da leggere sulla carta stampata. Anche se Malvaldi poi prosegue così:
“Ma la vita di tutti i giorni non è poi così interessante. Le cose più avvincenti ed emozionanti sono, per loro natura, quelle inaspettate. Per risultare interessante a chi legge, una storia di intrattenimento deve necessariamente parlare di qualcosa di inusuale: che siano draghi ed elfi, maghetti con gli occhiali o morti ammazzati, poco importa – sono oggetti che, di solito, non hanno a che fare con le esperienze che viviamo in prima persona.”
Non sono molto convinta di questo. E’ vero che i nostri Bimbi del BarLume danno il meglio di sé quando a Pineta ci scappa un morto e occorre scavare nelle vite nascoste degli altri per rintracciare assassino e movente, ma proprio nel racconto “L’esperienza fa la differenza” (che poi sarebbe “differenziata” 😛 ) i nostri pupazzetti se la sono cavata benissimo a scoprire il mistero della spazzatura vandalizzata, senza un cadavere di mezzo, se non quello del pollo consumato la sera prima sparso lungo la strada. La soluzione per altro era davvero geniale!
Una famiglia spassosa
“Per questo, dal secondo racconto in poi, i miei pupazzetti hanno ripreso ad occuparsi di omicidi o di fatti criminosi – perché avevo paura che, senza il delitto, i racconti sarebbero diventati sempre più noiosi. Il che sarebbe stato, senza alcun dubbio, colpa mia. I miei personaggi, o meglio, le persone da cui sono nati i miei personaggi, potevano avere tanti difetti, ma «noiosi» è l’ultimo aggettivo che mi verrebbe in mente per descriverli.”
Questo è assolutamente vero e mi chiedo spesso quanto quella mancanza di noia sia legata al carattere toscanaccio di questi personaggi o dall’essere amici nel profondo, dal volersi davvero bene, testimoniato dagli improperi che si scambiano di continuo su cose senza significato. Avremmo la stessa atmosfera vivace in un qualsiasi altro bar qui nell’umida e desolata Pianura Padana?! Forse sì, ma dipende dal numero dei “bianchetti” consumati… 😛
“Ho passato le mie estati, dagli zero ai diciotto anni, in una grande casa di campagna, a Navacchio, circondato da una famiglia allargata di dimensioni allegramente preoccupanti: fra nonni, zii, cugini, nipoti e amici dei parenti si arrivava non di rado a più di venti persone, la maggior parte delle quali poco inclini a prendere la vita sul serio. Mio zio Vittorio, di Verona, era capace di andare al mercato vestito da arabo, con un caffettano e un velo fissato sul capo da una vecchia camera d’aria, per tentare di vendere la propria moglie «intera o a tranci»; fu lo stesso Vittorio che, fuori del cortile della casa, che si affacciava sulla Tosco Romagnola, mise un finto menù di ristorante nella segreta speranza che qualche turista particolarmente tonto (e se un turista capitava a Navacchio, nel pieno pian di Pisa, troppo furbo non doveva essere) entrasse a chiedere a mia nonna se si poteva mangiare qualcosa. Capitò solo una volta, e mia nonna andò vicino a farli sedere a tavola, convinta che fossero amici di qualche parente che si era scordata.”
Beh, qui da noi si dice “Veronesi tuti mati”, una delle rime di una famosa filastrocca in dialetto veneto, in diverse versioni e accenti, sulle caratteristiche di ogni provincia del Triveneto: “Venessiani, gran Signori; Padovani, gran dotori; Visentini, magna gati; Veronesi tuti mati! Trevisani, pan e tripe; Rovigòti, baco e pipe; E Belun? Póre Belun, te se proprio de nisun!”
Comincio però a capire quanto colorata e spassosa potesse essere l’infanzia di Marco Malvaldi, con una punta d’invidia.
“Mio cugino Claudio, di Torino, era capace di inviare finte cartoline precetto agli amici che si sposavano, facendogliele recapitare il giorno precedente al matrimonio da un vigile urbano (collega di suo padre) con tanto di talloncino del treno e del traghetto: il Centro Addestramento Reclute di destinazione, infatti, solitamente era Arbatax.
Persone noiose, poche. Persone in grado di cambiare una giornata, parecchie.
E su tutti, ovviamente, mio nonno Varisello.”
Quel mito di Nonno Varisello
“Anche per Varisello fu galeotto l’addestramento di una recluta; il fantaccino in questione era mio bisnonno Giuseppe, suo futuro padre, che nel 1915 venne mandato a difendere il suolo natio insieme a tanti altri disgraziati per volere del Re. Prima del fronte, l’addestramento: e fu proprio sul luogo dell’addestramento che il bisnonno giurò a un suo commilitone che se mai fosse tornato vivo dalla guerra, avrebbe chiamato i suoi primi due figli proprio come i forti dove lo stavano addestrando a sparare ai figli di qualcun altro. I due bastioni, tanto per capire la portata del giuramento di mio bisnonno, si chiamavano «forte Varisello» e «forte Ronda».
Molti dei suoi commilitoni non tornarono; Giuseppe, invece, sì. E, dopo essersi sposato, ebbe due gemelli, un maschio e una femmina.
Esatto. Varisello e Ronda.
Ronda morì pochi giorni dopo essere venuta alla luce; Varisello le sopravvisse di novantasei anni circa, tutti vissuti con l’orgogliosa incapacità di tenere la bocca chiusa.”
Già fin qui pensate a che storia meravigliosa da raccontare! Un po’ fa sorridere per quelle povere creature con un nome di un edificio militare, e un po’ intristisce per quei compagni di guerra che a casa non ci sono più tornati. Dei due gemelli poi ne rimane vivo solamente uno, un’altra tragedia la perdita della femminuccia, mentre sogghigniamo della permanenza di Varisello, il cui caratteraccio lo possiamo già intuire. L’arte di non inventarsi niente, ma anche quella di dare il giusto peso agli eventi. La memoria e il cuore.
“Mio nonno, infatti, era una persona irrimediabilmente sincera. Se lo pensava, lo diceva. O, meglio: se lo pensava, lo doveva dire.
Gli aneddoti su quello che mio nonno era in grado di combinare quando non riusciva a tenere la bocca chiusa quando avrebbe dovuto sono talmente tanti che anche solo scegliere sarebbe un’ingiustizia. Per dare un’idea di quanti siano stati, tenete presente questo: che mio nonno, socialista, anticlericale e notevole bestemmiatore, viveva in casa col suo secondogenito, mio zio Piero, parroco di Forte dei Marmi.
Per dare un’idea di cosa fosse in grado di dire, basterà invece ribadire quello che molti già sanno: che nonno Ampelio, il nonno di Massimo, è un ritratto fedele di nonno Varisello. Molto poco di quello che esce dalla bocca di Ampelio è inventato; nella stragrande maggioranza dei casi, relata refero. Come è stato detto, riferisco.
E, nella gran parte dei casi, il relatore delle imprese di mio nonno è stato mio padre.
Non di rado, sono stato testimone diretto delle acrobazie verbali di mio nonno; ma la maggioranza delle prestazioni degne di nota mi sono state riportale da Gino, mio padre, naturale anello di congiunzione tra il nonno e il nipote. Iracondia, furbizia, tachicefala fantasia nell’istoriare moccoli sempre nuovi: le doti principali di mio nonno spesso sono venute fuori a tavola, dopo cena, dai racconti che per Gino rappresentavano il sostituto del proibitissimo dessert (mio padre è cardiopatico).”
Ed ecco qui svelato il segreto della fortunata serie di romanzi dedicati al BarLume. Nonno Ampelio, scorbutico, sfrontato e testardo, non nasce dall’immaginazione dell’autore, ma dalla sua diretta parentela con nonno Varisello. Una bella eredità, perché nonno Ampelio è, nonostante voglia mascherarlo dietro le colorite offese, anche una persona di gran cuore. Ora mi viene da chiedermi: e da chi è stato preso il personaggio di Massimo, il nipote di nonno Ampelio?! Fatalità, nella trama dei romanzi ha un dottorato in Matematica dell’Università di Pisa, lì dove lo stesso autore ha conseguito un dottorato di ricerca in Chimica. Le due materie non sono poi così distanti. 😉
Se non avete comunque mai letto nulla di questa serie di romanzi e siete completamente digiuni delle imprese di nonno Ampelio, quale alter ergo di nonno Varisello, eccovene subito un graditissimo assaggio, uno di quei racconti che in poche righe vi strappano una sonora risata. Non riuscirete a trattenervi!
“Iracondia, furbizia, si diceva, ma anche generosità oltre l’immaginabile e, quando ne valeva la pena, anche una encomiabile pazienza: ne dovette fare uso, per esempio, quando essendosi recato a Livorno in Lambretta per inderogabili impegni di lavoro (torneo di briscola), ricevette un cospicuo guiderdone per il suo impegno. Avendo infatti vinto il suddetto torneo, insieme al suo compagno di carte, pretese ed ottenne il primo premio del torneo, del valore di lire diecimila. Attenzione, però: il premio valeva, sì, diecimila lire, ma non era un assegno di diecimila lire. Né un mazzetto di dieci banconote da mille, né tantomeno un bonifico bancario: il premio da lire diecimila era infatti un maiale, del valore commerciale di lire diecimila e, soprattutto, del peso di chili sessanta circa.”
Focalizzate un momento: da Navacchio a Livorno sono 23 chilometri circa, per la strada statale più vecchia, ho appena controllato sulla cartografia stradale. In due su una Lambretta è fattibile, complicato e scomodo, ma fattibile. In due più un maiale di sessanta chili diventa un’avventura colossale, una bischerata da raccontare con spavalderia, un racconto memorabile per gli annali famigliari. Qualcosa da scrivere, appunto.
“Mio nonno si trovò così nella necessità di tornare a casa in due più il premio con un mezzo di trasporto non omologato per la movimentazione di suini; situazione aggravata dal fatto che il mezzo, a cui l’animale venne allegato tramite apposita procedura di contenzione analogica (corda con nodo), finì la miscela a metà del tragitto. Per arrivare alla meta, fu necessario ricorrere al 42: non l’autobus di turno, che alle tre di notte non passa nemmeno adesso, figuriamoci nel ’56, ma il numero di scarpe del nonno, con duplice funzione di spinta del mezzo meccanico e di carburante per quello biologico, in quanto da un certo punto in poi il maiale si era impuntato come un mulo e per fargli fare un passo bisognava prenderlo a pedate.
Una nottata tutto sommato allucinante, nel racconto di mio padre, si trasfigurava così in una avventura omerica, una sorta di Odissea minore che culminava nell’accoglienza di mia nonna Lina, novella Penelope armata di mattarello, disposta a rabbonirsi solo alla vista dell’animale (quello a quattro zampe).”
A questo punto della lettura, io sono alle lacrime dal ridere. Mi immagino persino nonna Lina, col mattarello fuori di casa, quello lungo un metro abbondante, che li attende al buio sulla stradina sterrata. Ma rido ancora di più quando leggo le battutacce di Malvaldi autore inserite, di quando in quando, tra le parentesi tonde. Perché di maiali ce ne sono due, e quello buono è a quattro zampe. XD
“E lo stesso dicasi di tanti altri fatti, che nascevano tragedia e poi, per bocca di Gino, diventavano commedia, senza mai scadere nella farsa. Io, nel mio piccolo, tento di fare la stessa cosa: parlare con tono leggero di cose che leggere, a viverle, non sono, nella serena consapevolezza che i miei morti ammazzati sono morti di carta, e che servono principalmente a far parlare e vivere, per me prima di tutto, persone con cui da tempo non parlo più. Mi dispiacerebbe, sinceramente, se alcune di queste venissero dimenticate.”
E qui, scusate, io mi commuovo.
Cosa c’è nei vostri ricordi?
Se cerco di attingere alla storia della mia famiglia per scrivere qualcosa, mi sembra di non avere nulla di ugualmente interessante.
Di mio nonno Giuseppe non so poi molto, si è ammalato proprio quando io arrivavo all’età della curiosità e le mie domande sono rimaste purtroppo senza risposta. Mi dicono che era furente quando io, bimbetta sgambettante, cercavo di scalare la montagna del granturco ammonticchiato nell’aia al tramonto. Ricordo molto bene la sensazione delle palline gialle di mais tra le mie manine, come ricordo altrettanto bene il tentativo di salire su quella montagna anche col triciclo, ma poi la montagna spariva sotto le ruote, e io non capivo. Per fortuna non ricordo invece le urla del nonno. Anzi, ho un’immagine di nonna Rina che lo tirava per il braccio e alla fine lui sorrideva.
Ricordo anche quelle mattine d’estate in vacanza, quando io facevo colazione con caffelatte e biscotti Bucaneve, mentre lui tornava già dai campi per la merenda con uova e pancetta, una colazione all’inglese, il mio piatto preferito di oggi. Mi hanno raccontato invece di quando ricevette il suo primo assegno bancario e lo mise da parte con cura, ma nessuno gli aveva spiegato che andava incassato. Lo scoprì dopo un anno, quando chi lo aveva pagato, con un’onestà che oggi è di pochi davvero, gli chiese come mai non era andato in banca a riscuotere la somma. Però in matematica era un precisino al centesimo e forse l’ho presa da lui.
L’arte di ridere della vita l’ho ereditata invece da mio padre, memorabili le sue risposte alle fastidiose telefonate di telemarketing in bottega: “Vuole cogliere l’occasione di risparmiare metà della sua bolletta energetica?” “No guardi, mi lasci stare, è una brutta giornata, mia moglie è scappata con un altro…” “Mi spiace molto, condoglianze…”; “Abbiamo per lei una vantaggiosa offerta per un nuovo contratto telefonico…” “No guardi signorina, io non ce l’ho mica il telefono…” “Ah mi scusi allora…” (qui tutti ancora oggi ci interroghiamo sulla prontezza dell’operatrice nel rendersi conto che lo stava già di fatto chiamando al telefono!! XD )
Ha sempre avuto però qualche problema con la tecnologia, come quella volta che orgoglioso ci ha mostrato di aver portato l’elettricità nella casetta in legno in giardino, avendo fatto lo scavo da dentro casa, passato tutto il cavo interrato e poi installata la luce a neon e il suo interruttore appena dentro la porticina. “Bello, ben fatto”, gli fa un mio amico, progettista d’impianti per professione, “però quello lì è un cavo di telefonia…” Noi ci stavamo già sbellicando dietro il suo sguardo innocente. “Però funziona…” mormorò lui poco convinto.
Al contrario di Marco Malvaldi, la mia famiglia biologica è alquanto ristretta. Mio padre è figlio unico e dalla parte di mia madre non ci sono mai stati buoni rapporti famigliari, però ho avuto diversi zii per affetto e quelli sì hanno aggiunto un po’ di smargiassate alla mia infanzia.
Organizzavamo delle belle domeniche al mare, in quel di Sottomarina Lido. Ero anche un po’ più grandicella e mettevamo tutti i tappetini in fila, formando un biscione di otto persone, sedute e abbracciate a quello davanti, in discesa dagli acquascivolo dei Bagni Europa, che oggi mi vengono i brividi per quanto fosse pericoloso, ma allora si faceva ridendo spensierati.
Poi un’altra domenica lasciammo l’auto parcheggiata sotto il loro portone, per una giornata autunnale in gita sulle Dolomiti con l’autobus e al rientro, la sera tardi, l’abbiamo trovata tutta agghindata di carta igienica, pure incollata perché aveva piovuto parecchio, e prova tu all’una di notte, sotto un lampione stanco, a staccare chilometri di carta igienica bagnata, a striscioline!
Per non dire di quella cena estiva a casa nostra, dove uno zio aveva nascoste, nel bagagliaio della sua auto, una nutrita serie di pistole ad acqua, quelle belle grosse, i temibili Liquidator. Potete immaginare come cominciò, ma non come proseguì: con mio padre che si armò direttamente del tubo dell’acqua del giardino, un altro zio che rubò la bacinella di mia madre e ce la svuotava addosso dai terrazzi alti, mia madre che gli urlava contro perché rivoleva la suddetta bacinella, ma poi trovò il vecchio secchio da edile e si arrangiò con quello. Finimmo tutti bagnati fradici a mezzanotte.
Ci ripenso con molta nostalgia, perché poi si cresce, ci si allontana, ognuno cammina per la propria strada e le smargiassate cambiano di sapore, anche se non finiscono del tutto.
Un giorno queste persone daranno la vita a qualche personaggio delle mie storie su carta?
Non lo so, però credo sia la ragione per la quale mi sento proprio di casa al BarLume. 🙂
Comments (10)
Sandra
Ago 27, 2025 at 9:44 AM ReplyBella carrellata di libri e ricordi. La telefonata per il divano è stupenda.
Io fortunatamente ho parecchio da attingere dai miei nonni materni: mia nonna che si nascose di notte nel gabbiotto dell’orto, non vicino a casa, per vedere chi le avvelenava i pomodori è solo un esempio. Da bimbetta scrissi questa rima su di lei
Un incrocio tu sei
tra Miss Marple Jane
e la papera della fattoria
sì, sei tu nonna mia
ma nel quotidiano momenti appunto come il divano se ne trovano a bizzeffe e di solito mi aiuta proprio comprimere la rabbia per l’incontro con dei mentecatti spesso arroganti inserendoli nel romanzo in scrittura. Insomma lo facciamo tutti.
Agosto se ne va, lo rimpiangeremo nei giorni invernali più duri, i libri quelli non hanno stagione, anche se leggere in spiaggia ha tutto un altro sapore.
Barbara Businaro
Ago 27, 2025 at 11:55 AM ReplyLa telefonata per il divano mi ha fatto sentire meno sola, di fronte ad altrettante telefonate che capitano anche a me, in genere verso i corrieri. A dire il vero l’ultima volta ho litigato con un chatbot, che sembrava l’unica porta di assistenza verso GLS, il quale continuava a sostenere che il mio indirizzo non esiste. Alla fine, presa dalla stessa rabbia di Malvaldi, gli ho risposto “Sei inutile come la m3rda.” Che non è vero, la m3rda ha una sua utilità eccome. Ma ero proprio furiosa. XD
Bellissima la poesia, sapendo poi del tuo amore per zia Agatha e Nonna Papera, le hai legate tutte e tre per sempre.
Comunque, prima o poi, scriverò un racconto dal titolo “Morte di un amministratore condominiale” (citando Morte di un antiquario di Paolo Regina) perché sembra proprio una categoria che si presta, tanto dalle mie esperienze che quelle degli amici costretti a condividere un edificio in proprietà…
Non so se rimpiangerò davvero Agosto, ho troppo sofferto il caldo anche quest’anno e ho dovuto ridurre tutti gli impegni e gli spostamenti. E mi manca molto la spiaggia quest’anno, perché la mia destinazione – ancora top secret – è ben altra. 😉
IlVecchio
Ago 27, 2025 at 12:32 PM ReplyConserva con cura quei dolci ricordi, perché sono tesoro dell’esistenza, ma adoperali con molta cautela. Ricordare ci trascina e ci trattiene nel passato, a volte troppo a lungo. Rivolgi subito lo sguardo al futuro, dove ci sono ancora tanti desideri da avverare.
Semmai dovesse servire un pupazzetto, oramai l’età è quella dei vecchietti del BarLume, mi candido volenteroso.
Intanto buone meritatissime vacanze! : -)
Barbara Businaro
Ago 27, 2025 at 3:05 PM ReplyGrazie del prezioso consiglio! ❤
Sto cercando di fare le valigie, ma quest’anno sono al millimetro e ad incastro… uff!
Brunilde
Ago 27, 2025 at 5:24 PM ReplyBuone vacanze Barbara! Ovunque tu vada…aspettiamo qualche indizio, ovviamente!
Ho incontrato Marco Malvaldi anni fa, alla presentazione di uno dei suoi libri. E’ una persona dotata di un umorismo sottile e di una grande comicità naturale, raccontò di quando si occupava del bollettino del corso di chimica, all’Università: lo faceva a modo suo, tant’è che a fronte di poco più di cento iscritti il bollettino ( che faceva scompisciare dal ridere ) contava invece diverse centinaia di lettori.
Raccontò anche che scriveva in una stanza, al’interno di uno studio di avvocati: e questo gli forniva molti spunti per le sue trame gialle. Così mi presentai, e gli dissi che avevo lo studio proprio di fronte, se voleva approfittare…
Ho apprezzato il suo Barlume, anche se alla lunga mi ha un po’ annoiato. Non mi sono piaciuti invece i gialli scritti a quattro mani con la moglie, li ho trovati di una ironia forzata, poco avvincenti.
Per quanto riguarda i ricordi…sono stata una bambina solitaria, figlia unica in un mondo di adulti. Ed ora che si è fatta una certa ( come dicono i gggiovani ) ai ricordi preferisco i progetti !
Attendiamo notizie dal nord…
Barbara Businaro
Ago 27, 2025 at 7:14 PM ReplyGrazie Brunella! Aspetto di essere in aeroporto, dopo il check in, per dirmi effettivamente in viaggio. Che gli imprevisti sono sempre dietro l’angolo…
Mi piacerebbe proprio partecipare a una presentazione di Malvaldi. Non sapevo scrivesse già negli anni universitari, chissà cosa ci finiva in quel bollettino! Interessante anche la stanza in uno studio di avvocati, questo spiega la precisione di alcuni intrecci. Ho appena finito il romanzo A bocce ferme, sempre della serie BarLume, dove c’è l’apertura di un testamento con confessione di omicidio, la vittima il padre del de cuius stesso. Le implicazioni legali sull’eredità sono diverse, nemmeno le immaginavo, ma lui le spiega molto bene.
La serie televisiva si è distaccata troppo, a mio avviso, dai romanzi. La guardo ancora, ma ha perso un po’ smalto, non tanto sui delitti e sulle indagini, che mi sembrano ancora ripresi dagli scritti di Malvaldi, ma sulle dinamiche dei personaggi. Il Massimo Viviani della serie televisiva sembra una caricatura grottesca del Massimo Viviani che leggo tra le pagine. Così come ci sono trame secondarie un po’ sciape, relazioni amorose buttate lì per caso, personaggi nuovi che non sempre aggiungono qualità.
Ecco perché mi sto affezionando di più ai romanzi. 🙂
Darius Tred
Ago 27, 2025 at 11:32 PM ReplyBuone vacanze!
Spero tu vada in Sco…
…perta di altri succulenti romanzi.
Barbara Businaro
Ago 28, 2025 at 10:32 AM ReplyRomanzi per prepararmi a questo viaggio ne sto leggendo già da qualche mese.
Perché questa Sco…
…nosciuta terra è molto diversa da quanto ho visto finora. 😉
Giulia Mancini
Ago 29, 2025 at 9:56 PM ReplySono una grande appassionata del Barlume, in particolare della fiction e mi sono trovata già più volte in prossimità del set a Marciana Marina e cosa fai non ti metti lì a seguire le riprese almeno per una mezz’ora. Ho letto tre libri della serie e non mi dispiacerebbe recuperare anche gli altri, magari riprendere dai Sei casi al Barlume. Riguardo ai ricordi familiari credo che in molte famiglie ci siano personaggi singolari da cui attingere per le proprie storie. A volte è un modo per non dimenticare persone a noi care e renderle eterne sulla carta. Davvero simpatico tuo padre nelle risposte ai call center, quasi quasi lo copio!
Ti auguro buone vacanze Barbara ora che finalmente sono arrivate.
Barbara Businaro
Ago 30, 2025 at 2:53 PM ReplyAnche a me piacerebbe poter stare lì a Marciana Marina, in un angolino, per poter vedere come si svolgono le riprese e magari salutare da lontano gli attori. Seguo Alessandro Benvenuti su Facebook, che ha la parte di Emo Bandinelli nella fiction (e le battute di Nonno Ampelio dai romanzi). A volte scrive dei post che sono poesia pura.
Mi piacerebbe però anche incrociare Corrado Guzzanti, in tv l’assicuratore veneto Paolo Pasquali, per dirgli che insomma, i veneti non son mica tutti così eh!! 😀
Se vuoi andare in ordine cronologico della serie, come dalla mia foto, hai altri tre libri prima dell’antologia. Altrimenti non ti trovi con alcune vicende dei personaggi.
Sto per chiudere le valigie, dopo un secondo allagamento che ha colpito Padova nella notte, con gli stessi danni di dieci giorni fa… un partenza non molto tranquilla, ecco.