Tutto sarà perfetto di Lorenzo Marone

Tutto sarà perfetto
di Lorenzo Marone

Ricorda: la vita è un chiaroscuro perenne, ma ogni tanto attorno a noi arriva la luce giusta a illuminare le cose e a renderle perfette. Bisogna accorgersene. E’ tutta qui la differenza fra chi campa davvero e chi spreca il suo tempo.
Tutto sarà perfetto, Lorenzo Marone

Ve ne avevo parlato proprio nel mio post precedente, quando mi chiedevo come si scelgono i libri estivi, quelli da mettere nello zaino prima di partire per le ferie. E l’avevo inserito subito, praticamente appena consegnato dal corriere, tra i libri da leggere in vacanza per semplice e puro divertimento, senza troppi pensieri. Mi aveva colpito quell’immagine in copertina, quel piccolo oblò di qualche nave che mostra il mare profondo là fuori, un gabbiano in volo e un’isola lontana, presagendo chissà quali avventure. A partire dallo stesso titolo, una promessa quasi solenne, Tutto sarà perfetto di Lorenzo Marone ha attirato il mio sguardo e non l’ha più lasciato. E benché nello zaino ci fossero pure gli altri libri della mia lista estiva, appena sono arrivata a destinazione, disfate le valigie, ho afferrato questo cartaceo dallo zaino, mi sono sistemata comoda sul terrazzo con vista sul mare e ho attaccato a leggere, senza alcun dubbio di sorta.

Lorenzo Marone, classe 1974 (quasi coetanei e nato il 12 dicembre, pensa un po’), mi è stato nominato più volte per il suo primo e ben riuscito romanzo La tentazione di essere felici, con il quale ha vinto il Premio Stresa nel 2015. Mi è stato consigliato durante la mia esperienza con Audible da un lettore stanco, il classico “non ho tempo per leggere”, recuperato proprio grazie agli audiolibri. La tentazione di essere felici letto da Edoardo Siravo è uno dei suoi preferiti, e in effetti l’anteprima di ascolto è coinvolgente, ma io sono ancora qui indecisa se ascoltarlo o leggerlo da me. Perché sento sempre il bisogno di vedere le parole scritte.
Ad oggi, Lorenzo Marone ha scritto una decina di romanzi, pubblicati da Longanesi, Feltrinelli e Einaudi, alcuni tradotti in ben 17 paesi. Scrive la rubrica domenicale “I Granelli” sul quotidiano La Repubblica di Napoli e collabora con il settimanale culturale “Tuttolibri” del giornale La Stampa. Dal 2018 è anche direttore artistico della fiera del libro di Napoli “Ricomincio dai libri”. Da poco dirige la collana di letteratura italiana di Marotta&Cafiero editori, storica casa editrice indipendente del quartiere di Scampia a Napoli. Lorenzo Marone ha anche un suo sito ufficiale, lorenzomarone.net, dove scrive anche le proprie personali riflessioni (in sostanza, il suo blog 😉 ).

Ma soprattutto Lorenzo Marone scrive dannatamente bene.
Dire che questo romanzo me lo sono goduto fino in fondo è riduttivo. E’ stata una lettura sensoriale completa, perché nelle acque di Procida, lì dove si svolge la narrazione, nei suoi profumi dolci e salmastri, nei suoi colori accesi delle case abbarbicate sulla costa, nell’infrangersi ritmico delle onde sugli scogli la sera, io ci sono proprio stata. Non ero nell’isola no, e non l’ho nemmeno mai visitata in realtà, non guardavo nemmeno il Tirreno. Mi trovavo invece in Puglia, nella rigogliosa area del Gargano, lo sperone d’Italia che affaccia sull’Adriatico, dall’altra parte degli Appennini. Eppure il mare e le persone che vivono tutto l’anno con esso erano così simili da confondermi. Le piante di capperi, l’ibisco e le buganville contornavano anche le mie passeggiate. La fragranza dei limoni, gli alberi carichi di frutti, entrava dalla finestra ogni mattina. Le bitte, i gozzi, i parabordi abbandonati (o recuperati dalle tempeste), i rami contorti finemente levigati dalle acque mi accompagnavano in ogni caletta. La presenza rassicurante di migliaia di ulivi distesi al sole, alcuni dal fusto millenario, fiancheggiava il mio rientro serale.
Un’esperienza particolare, l’ambientazione perfetta per leggere il romanzo o il libro giusto per questa mia vacanza. Un sassolino da dio perché è stato davvero un caso fortuito questo acquisto, il titolo non era nemmeno nella mia lista di acquisti, non ne sapevo proprio nulla. Solo puro istinto quando la copertina mi è comparsa davanti, in mezzo a tante altre.

Tutto sarà perfetto… lo è stato davvero?
Il romanzo sì, ve lo dico subito. Mi ha trascinato dentro dalla prima pagina e non mi ha mollato più. Promosso con lode.
La vacanza no, non è stata del tutto perfetta. Ma a pensarci bene, non sono proprio i piccoli imprevisti a rendere uniche le nostre esperienze?
L’aver dimenticato a casa, sopra il letto, il sacchetto con tutti i calzini per le scarpe da ginnastica. Aver scoperto che le zanzare in ferie non ci vengono, ma ahimè esistono i pappataci, silenziosi e invisibili, e quindi pericolosissimi, con tanto di reazione allergica da correre in farmacia. Le scarpette da scoglio poi non ti proteggono dalla ginocchiata improvvisa alla roccia che pochi secondi prima avevi pure salutato. La fotocamera professionale che si pianta nel bel mezzo dell’escursione in gommone, con un brutto messaggio di “memoria disponibile esaurita”. La gattina Calenella che ti ronza intorno mentre prepari la cena, miagolando tutta la Traviata, in attesa di un assaggio. Cenerentola, l’altra gatta dal manto grigio fumo, che viene ad acciambellarsi vicino alla tua sdraio, distraendoti dalla lettura.
E poi la foto lassù in cima, che sulla spiaggia pareva perfetta, e invece tecnicamente non lo è, ma rimane bella lo stesso.
La meravigliosa perfezione dell’imperfezione. 😉

 

Procida - Corricella e Torre Murata

Procida. Veduta del porto di Corricella e sullo sfondo Torre Murata
Foto originale “Procida-Corricella616” di Matthias Süßen
Creative Commons License Creative Commons Attribution-ShareAlike 3.0 Unported License.

 

Tutto sarà perfetto
se ti dimenticherai le regole

1. Non lasciarlo MAI solo!!!
2. Aiutalo a vestirsi.
3. Rispetta l’orario dei farmaci.
4. Niente intralci per casa, può inciampare.
5. Attento alla dieta: no fritti e dolci.
6. Non chiuderti in bagno.
7. Non lasciare la mia camera da letto aperta.
8. Non spegnare la luce del corridoio di notte.
9. Non fargli fare cose stupide (ti conosco).
10. Non spostare Augusto dal divano.

La lettura comincia proprio con questo decalogo e viene da sé che all’ultimo punto ci si chiede chi sia questo Augusto.
Il protagonista Andrea Scotto lo incontriamo subito dopo, voltando pagina, quando ha già scordato in tasca il foglietto con queste regole scritte dalla sorella Marina. Andrea è un fotografo professionista, il suo successo raggiunto con importanti sfilate di moda, ma la carriera un po’ in declino, come la sua vita sentimentale. Quarantenne single, ostinatamente immaturo di fronte agli impegni fissi, o forse solo spaventato di poter ripetere gli errori commessi in gioventù dai suoi genitori, errori che hanno segnato tristemente la sua infanzia. Per questo, appena il lavoro gliel’ha permesso, è fuggito dalla sua famiglia d’origine, tenendosene il più lontano possibile. Ma quando la sorella Marina, sposata con un marito tranquillo, due bambine studiose e un cane pestifero, gli chiede aiuto per occuparsi del padre Libero, comandante di navi a riposo, mentre lei accorre al capezzale del suocero colpito da un ictus, Andrea non può proprio rifiutarsi. Si tratta solo di un fine settimana, ma due giorni possono essere davvero lunghi e intensi. Soprattutto se c’è di mezzo questo Augusto. 🙂

Augusto, se non si fosse capito, è un bassotto di cinque anni viziato e prepotente, re incontrastato della famiglia (che comanda a bacchetta), che si aggira per le stanze con aria di superiorità lanciando occhiate di disprezzo ai malcapitati che hanno la sventura di passargli davanti. Il nome che si porta dietro rispecchia tutta la sua autorità e a volte, per non incorrere in pesanti sanzioni, mi è anche capitato di doverlo salutare con un “Ave, Imperator Augustus” e un cenno della mano. In realtà, più che cattivo è proprio pazzo, ha qualche rotella fuori posto, così tempo fa mi venne istintivo chiamarlo Cane pazzo Tannen, il soprannome affibbiato all’avo Biff Tannen nella trilogia di Ritorno al futuro. Alla fine, Augusto per me è diventato semplicemente Tannen.

Lì per lì sembra esagerato, ma Augusto davvero è un cane difficile: si arrabbia e morde chiunque azzardi dei movimenti bruschi vicino al suo muso; per dispetto può decidere di usare il divano di prezioso broccato al posto della lettiera; scava buche in giardino o in spiaggia alla ricerca di qualche animaletto da tormentare, se gli umani scarseggiano; corre impazzito tra stanze e corridoi, colto da improvvisa animosità senza scopo, e ringhia feroce anche mentre dorme beato sulla poltrona. L’imprevedibilità di Augusto ben si accompagna al carattere spigoloso del vecchio comandante e solo alla fine si comprenderà quant’era davvero stretto il loro legame.

Quando siamo tornati nel salone della nave, subito dopo il richiamo del marinaio, abbiamo trovato il ruvido bassotto avvinghiato al trolley della signora seduta al nostro fianco, la quale gridava e tentava di tirare a sé il trolley, e più lei tirava, più il cane azzannava con le sue fauci, e lei cercava di scappare da un lato e Augusto tirava dall’altro. Per fortuna papà è stato pronto di riflessi e ha cacciato un osso dalla tasca per metterlo sotto il naso del pazzo, il quale ha lasciato do botto il trolley per afferrare l’inaspettato regalo. […]
“Ma che gli è preso?” ho chiesto allora, sudato da far schifo.
“Non sopporta i trolley.”
“I trolley? E perché, che gli hanno fatto?”
“Ah, non chiederlo a me, ha le sue fissazioni. Non sopporta i trolley, le stampelle e i negri.”
“I negri?”
“Eh, quelli di colore, come li chiami.”
“Di colore. O neri. Ma che c’entrano poi, perché non li sopporta?”
“Non lo so, non ama neanche gli storpi, a dire la verità.”
Mi sono strizzato le palpebre con l’indice e il pollice nel tentativo di recuperare un po’ di equilibrio e, quando ho riaperto gli occhi, mi sono accorto che attorno a noi avevamo fatto il vuoto.

Ciò che spaventa davvero Andrea è ritrovarsi da solo con il vecchio comandante Libero, affidato da due anni alle cure della sorella Marina, dopo che gli sono state trovate due gravi metastasi senza scampo. Nonostante la malattia, Andrea ancora non si risolve a ricucire il complicato rapporto con il padre, rimasto così a lungo assente durante l’infanzia dei due figli, in navigazione intorno al mondo, e poi ricomparso all’improvviso nella loro vita, per crescerli senza davvero conoscerli, nella triste occasione della prematura scomparsa della madre Delphine. La severità e la rigidità del comandante sono sempre state strette alla sensibilità del piccolo Andrea, caratteristiche che aveva ereditato proprio dalla spensierata Delphine, giovane donna belga giunta nell’isola di Procida esclusivamente per amore.

Ha di nuovo le mani intrecciate dietro la schiena e le sue pupille, ora che è a un passo da me, sembrano prive di vita, senza alcun luccichio. E allora mi balza davanti agli occhi la scena di quando ero adolescente e mi veniva incontro nella stessa posa di adesso, con il medesimo sguardo, nelle notti estive in cui tornavo sempre troppo tardi per i suoi gusti. All’epoca la statura era imponente, il petto all’infuori e le braccia che sembravano pale meccaniche. Ora, dell’uomo che mi incuteva timore è rimasto ben poco: la schiena è curva e le braccia, mingherline e flaccide, sembrano non avere un posto nello spazio. Solo lo sguardo, dicevo, è quello di allora, e quasi mi procura lo stesso tremolio alle gambe, il ricordo della paura nel doverlo fronteggiare, quella paura che cercavo di tenere a bada con la rabbia, aggredendolo, per non mostrarmi indifeso. Odiavo il suo sguardo indagatore che, a pensarci adesso, forse più che altro era un impasto di rimbrotto e ammirazione per quel figlio che non voleva e non sapeva sottostare a nessuna imposizione. Mi ammiravi, pà? Nonostante la tua indolenza nei nostri confronti, la severità, il tuo essere sempre altrove, eri fiero di me, è così? Me ne accorgo oggi per la prima volta, nel ritrovarmi addosso lo stesso sguardo di allora.

Si sentivano soli, in quell’isola schiaffeggiata dal vento in inverno e colpita dal sole accecante dell’estate, Delphine, Andrea e Marina. Abbandonati in un luogo dove certe convenzioni stavano anche troppo strette e dove le donne possono solo stare in attesa che gli uomini ritornino dal mare. Ma quando il comandante sbarcava finalmente sul molo, la felicità durava appena un giorno. Poi cominciavano i litigi, le insofferenze, le tensioni, le critiche e i giudizi. E Andrea vede sempre più la sua infanzia scomparire all’orizzonte, dovendo occuparsi seriamente della madre malata e della sorellina più piccola.

“Aspettavo quell’ora per la nuotata con te, l’unico momento davvero piacevole della giornata,” prosegue infatti dopo un po’. Quindi attende che posi lo sguardo su di lui per aggiungere: “Non fare quella faccia. Sei un uomo ormai, e puoi ascoltare le verità del tuo vecchio. Ho combattuto tutta la vita con una specie di demone che avevo nel petto, una forza che non riuscivo a contenere e che mi riportava ogni volta lontano da voi. Il fatto è che quando ero in mare non vedevo l’ora di tornare qui, e quando ero qui non vedevo l’ora di tornare in mare.”

La presenza-assenza della madre, la malinconia che si accompagna alla sua figura, di contrappeso con la rabbia feroce verso il padre, si svelano piano piano, con i ricordi che si affacciano alla mente di Andrea, soprattutto quando cede alle insistenze del vecchio comandante e decide di accompagnarlo un’ultima volta nella loro isola, l’incantevole Procida. Dai quei luoghi Andrea manca addirittura da trent’anni, da quel tragico giorno in cui la madre Delphine non si risvegliò più. La memoria si innesca già all’arrivo al molo, quella stessa banchina dove loro tre, la giovane mamma e i suoi due bambini, attendevano il ritorno del marito imbarcato per mare da mesi.

Non amava le foto in posa, mamma, diceva che si sentiva scrutata dall’obiettivo e diventava falsa.[…] Mia madre in questa vecchia e brutta fotografia non c’è, lei è dietro quel sorriso bugiardo. La sua vera essenza è in tutto ciò che il mio obiettivo di allora non ha saputo prendersi: nelle sue mani sudaticce, nella schiena curva, nelle ginocchia sbucciate di un’estate trascorsa da sola con i due figli. E’ nelle spalle quasi mai toccate dal sole che portavano Marina in giro, come se fossero quelle ben più muscolose del marito. E’ negli sguardi curiosi che ogni tanto scambiava con gli uomini giù al porto e che fingevo di non vedere e quasi mi convincevo non fossero mai fioriti.
Era nella sua imperfezione, nella sua debolezza, nei suoi peccati, tutta la bellezza di Delphine.

Fuggire dalla vita con una domanda:
In che senso?

“Andrea, sii sincero, quante volte nella vita ti ho chiesto qualcosa?”
“In che senso?”
Stavolta è lui a sospirare. “Ancora con la solita domanda? Ma è una fissazione!”
Da quando mi sono comparsi i primi brufoli sul viso ho iniziato a rispondere alle domande con queste tre paroline; un modo per prendere tempo, o anche per non rispondere. E gli altri perdono subito la pazienza. La sera che Sara mi propose di acquistare una casa insieme (sì, mio padre ci ha azzeccato) risposi proprio così, “in che senso?”, e lei corse a chiudersi in bagno. “Ho solo fatto una domanda,” cercai di giustificarmi da dietro la porta, ma non m aprì e non mi rivolse la parola per due giorni.

L’ho contata almeno otto volte questa domanda all’interno del testo, e ammetto che potrebbe anche essermene sfuggita qualcun’altra. 😀
E’ uno schema automatico di Andrea, la sua difesa istintiva verso le domande scomode, quelle a cui non sa o non vuole rispondere, o per darsi il tempo sufficiente di riflettere, finché l’interlocutore spiega meglio la sua richiesta. E tutti ogni volta sottolineano questa sua fissazione.
Perché Andrea Scotto è uno che sta fuggendo dalla vita, dalle responsabilità, dal confronto. Forse ancora le ferite non sono rinsaldate. Persino Gina, l’infermiera di origini rumene che si occupa del padre malato, lo mette in difficoltà.

“Sono sceso cinque minuti, solo cinque minuti.” E apro la mano a ventaglio.
“Lei non scendere, lei meglio aspettare me.”
Sbuffo per l’ennesima volta e sto per rientrare in casa, ma Gina non ha finito. “E’ la prima volta, vero?”
“In che senso?”
“Che rimane solo con lui. Io mai visto lei. Lei non venire qui.”
“Io venire, ma ‘lei’ non c’è,” ribatto acido, e le punto contro il dito incerottato.
“Mmm, secondo me lei figlio no buono. Non ha moglie?”
Ma tu guarda questo hobbit che starebbe bene in un romanzo di Tolkien quanta confidenza si prende! Socchiudo gli occhi per recuperare la calma e rispondo: “Gina, lei è infermiera, giusto?”
“Sì, certo, infermiera.”
“Ecco, brava. Allora faccia l’infermiera.”

Non è nemmeno finita qua la discussione con la cara Gina, ma non voglio svelarvi troppo. Ho visto il suo cipiglio e sono scoppiata a ridere! 😉
E’ così impreparato e poco attento Andrea che, nel giro di poche pagine, riesce a farsi mordere dal cane, frantumare uno specchio, rovesciare a terra i vestiti del cognato, rovinare il divano di broccato e dimenticare pure il materasso sul terrazzino fuori al temporale. Non ha mai seguito le regole, al contrario della sorella Marina che invece bisogno proprio di regole ferree per trattenere la sua ansia di controllo, per sentirsi al riparo dall’imprevedibilità della vita, di cui hanno entrambi già sofferto.

Non amo restarmene a letto a guardare il soffitto e la sera non spengo la luce sul comodino se non quando sono sull’orlo del sonno. E’ che il materasso mette a dura prova l’abilità sviluppata negli anni con grande sacrificio e lavoro: parlo del rimuovere con certosina pazienza ogni pensiero negativo, preoccupazione o dubbio. C’è chi tenta la strada della PNL, chi va in terapia, chi diventa dipendente da droghe pesanti, alcol o altre persone. Io, invece, non ho bisogno di nulla di tutto ciò per rimuovere dal cervello quei brutti ragnetti che ogni tanto ci si annidano, mi bastano un po’ di fumo, una semplice birra e una buona compagnia. Sano e, soprattutto, economico.
In questo momento, però, non ho uno spinello, né birre, e per quel che riguarda la compagnia, dispongo solo di un cane incazzoso e prepotente che di certo non aiuta a scacciare un bel nulla. Insomma, devo alzarmi prima di essere avviluppato dalla tela dei ragnetti che portano i brutti pensieri.

 

“Non ti preoccupare,” sento ripetere papà al telefono, e nel frattempo rimugino sul fatto che la storia delle radici ci fotte da sempre. Sì, abbiamo le nostre radici, è vero, e sì, sono una parte importante di noi perché, come dice il comandante, spesso ci riportano a casa, il luogo dell’accoglienza e degli affetti. Il problema è che per alcuni le radici diventano catene, qualcosa alla quale si resta aggrappati con tutta la forza per paura, come l’erbaccia che mamma mi diceva sempre di sradicare dal vaso in giardino, che non si strappava nemmeno a tirarla con due mani e alla fine venne via con tutta la terra appresso.
Ecco, quello che vorrei dire a mio padre – se non fosse impelagato a infilare una serie di no a catena alla mia sorellina, che tutto crede di poter controllare e invece nulla controlla – è che per non vivere in eterno nella paura bisogna saper strappare i cespi prima che tutto venga via insieme con te. Altrimenti, quando poi un giorno torni, il vaso lo trovi vuoto.

Procida - Faraglioni a Ciraccio

Procida. Spiaggia di Ciraccio con i suoi faraglioni
Foto originale Procida – Faraglioni die Procida693 di Matthias Süßen
Creative Commons License Creative Commons Attribution-ShareAlike 3.0 Unported License.

La bellezza di Procida
e del primo amore ritrovato

La nostra casa è spiaggiata – è proprio il caso di dirlo – a Ciraccio, una lunga insenatura sabbiosa a ridosso dell’isolotto di Vivara, nella parte dell’isola che guarda Ischia e volge le spalle a Napoli e a Monte di Procida.[…]
Procida in questo periodo è come una donna che si fa bella, come mia madre che si truccava solo un po’ le palpebre di turchese e si spruzzava una leggera nuvola di profumo (che lui le portava da paesi lontani) sul collo affusolato per andare ad accogliere il marito sul molo. E’ un miscuglio di fragranze quello che mi porta sotto il naso il mare blu che luccica poco più in là, sono i miei odori, che hai voglia a ricoprire con un chilo di sabbia, al primo sbuffo caldo tornano comunque a farsi sentire.
Così, in questa brezza che sa di limoni maturi, di frittura che si spande dalle terrazze dei ristoranti che digradano sul mare, di gelsi, corbezzoli, ginestre, fichidindia aggrappati alla falesia a strapiombo sulla spiaggia, di olive verdi e corpose che diventeranno olio pastoso, di caprifoglio e passiflora, di capperi ed euforbia, di ghiaia vulcanica e ibisco, io riesco a tirare fuori solo un profumo che con l’isola c’entra fino a un certo punto […] L’odore di mia madre.

La co-protagonista di questo romanzo è senza dubbio lei, la bellissima isola di Procida, incastonata tra il Golfo di Napoli e la più conosciuta isola di Ischia. E nella memoria di Andrea l’isola è il luogo materno per eccellenza, avendola lasciata per la terraferma proprio dopo la scomparsa di sua madre Delphine. Tornare all’isola significa non solo tornare a casa, ma anche affrontare nuovamente il ricordo doloroso di sua madre.
Non conoscevo molto quest’isola, l’ho sentita nominare come meta turistica, ma non mi è mai capitato di leggere delle sue spiagge, dei suoi faraglioni, del vicino isolotto di Vivara (ora collegato all’isola grande da un ponte calpestabile), dello splendido borghetto colorato di Corricella, della fortezza medioevale di Torre Murata. E’ stata una bella scoperta ritrovare i luoghi della storia nelle immagini in rete.

Tra l’altro Procida è proprio capitale italiana della cultura per l’anno 2022, quindi la lettura è stata quanto mai propizia (Fonte: VisitProcida.com )
Mi è venuta proprio voglia di visitarla e chissà che non riesca, forse in autunno o la prossima estate, a prendere quel traghetto da Napoli. Se volete scoprire meglio i suoi panorami, c’è un bellissimo sito dedicato: procida.it
Qui potete osservare i luoghi principali, le varie spiagge che la contornano, attrezzate o selvagge, anche i film e i libri in cui Procida compare, a partire dalla famosa pellicola Il postino con Massimo Troisi e con il romanzo L’isola di Arturo di Elsa Morante, vincitore del Premio Strega nel 1957.

Il taxi ci lascia in piazza dei Martiri, nel cuore di Procida, dove la strada si apre in uno dei più suggestivi slarghi d’Italia, cinto da un muretto basso affacciato sul mare e su quel che resta dell’isola, che sembra rotolare a valle insieme alle sue case color pastello. La chiesa della Madonna delle Grazie è proprio qui, uno spuntone di roccia dal quale si può ammirare il porto della Corricella con le sue case arroccate come nei presepi, una sull’altra, l’azzurro sul rosa, il bianco sul verde e il rosso sul giallo, a mescolarsi come la natura al tramonto.

Procida - Le case colorate di Corricella

Procida. Le case colorate di Corricella e il santuario della Madonna delle Grazie
Foto originale Procida-Corricella01 di Matthias Süßen
Creative Commons License Creative Commons Attribution-ShareAlike 3.0 Unported License.

Ritornare all’isola però significa anche ritornare al primo amore, a quella sirena che per prima strappò un bacio al tredicenne Andrea.
Quel che si nota nel romanzo, è che i nomi delle donne principali riportano sempre al mare: Delphine, la madre di origine belga, Marina, la sorella più piccola, Azzurra, la ragazzina presa sotto la protezione del vecchio comandante alla scomparsa di un caro compagno di mare, e Ondina, l’amichetta vicina di casa ai tempi dell’infanzia sull’isola.

[…] si chiamava Ondina, aveva la mia età, forse un anno di meno, e non si portava dietro i colori del mare, ma occhi neri e tenebrosi e pelle scura come la sabbia di Ciraccio, capelli bruni tagliati sempre corti e labbra carnose.[…] Si muoveva con estrema lentezza, sgraziata, come se fosse appesantita da una zavorra, e il suo sguardo sembrava non essere attratto da nulla in particolare. Mamma mi aveva spiegato che aveva una gamba più lunga dell’altra, si chiama eterometria, o qualcosa del genere, nulla di grave.
[…] Sott’acqua invece tutto sembrava diverso, lei sembrava diversa, i suoi movimenti risultavano veloci, sinuosi, come se stesse danzando fra le onde del Tirreno, lei che sulla terra di danzare proprio non sembrava capace. D’improvviso il suo corpo aveva virato veloce, si era ripiegato per prendere la spinta, poi Ondina era volata verso il fondale e io ero rimasto a metà strada, con i polmoni secchi e lo sguardo accigliato, a domandarmi che cosa avesse mai potuto vedere da lì e quale misteriosa forza la spingesse ancora più giù. Quando era risalita con il polpo avviluppato al braccio, avevo capito che lei era una sirena e quel mondo era il suo mondo, i pesci erano suoi amici, l’acqua era la sua casa, e Poseidone suo padre. Avevo capito che lei era la figlia di un’isola che da sempre lega gli uomini al mare come la vita lega il feto alla madre. Molto più figlia di me.

Ed è proprio Ondina ad essersi tenuta per tutto questo tempo il cuore di Andrea. Lo capirà solamente quando, appena rientrati nella vecchia casa di Procida, scorgerà un’avvenente vicina che sta stendendo il costume ad asciugare nel giardino di fianco. Quando il padre Libero gli svelerà che quella ragazza dalla pelle scura e dai lunghi capelli corvini è proprio Ondina, ritornata da tre anni a vivere proprio lì nell’isola, Andrea quasi stramazzerà a terra per l’emozione.

“Mamma mia, che bello che sei!” è la seconda cosa che dice. “Ti sei fatto ancora più sexy. Un tempo avevi quel visino troppo pulito.” E mi stringe.
Negli ultimi anni ho avuto molte donne, di alcune mi sono innamorato, di altre non ricordo neanche il volto. Nessuna, però, mi ha mai provocato un simile sconquasso quando mi ha preso fra le braccia. Ho le mani sudate e mi sembra di aver smarrito la mia solita verve, come se fossi di nuovo il bambino impacciato che si nutriva del suo sguardo sicuro.
[…] E’ una forza strana l’amore spezzato, si infila sottopelle e a volte non se ne va più, si incista e diventa parte di te, e tu lo porti in giro, a vivere, a fare altre cose, a perdere tempo, persino a divertirti, senza sapere che lui è lì, e non scomparirà senza il tuo intervento. Ondina sta qui a ricordarmi che tutte le frasi di circostanza sugli amori adolescenziali sono fesserie, perché, sarà banale, però l’amore è amore, può essere più o meno maturo, come un frutto, ma c’è, è lì, e con le cose che ci sono e ingombrano hai voglia a dire, loro continuano a esserci.

La silenziosa Ondina è proprio cambiata, non solo è diventata più aperta, fin troppo esplicita nei suoi pensieri, ma ci sono state altre esperienze, altri amori, molta vita in quasi trent’anni che non si vedevano. Il lettore un po’ lo intuisce, nei suoi gesti e nelle sue azioni, fin quando la stessa Ondina non lo rivela apertamente ad Andrea. Lì ci sono rimasta male, cosa vuoi, cerco sempre il lieto fine con una sfumatura di rosa. 🙂
La sorpresa però è davvero nelle ultimissime pagine, una standing ovation per lo scrittore Lorenzo Marone che all’ultimo metro mi ha davvero regalato un bellissimo finale, da star lì pure a fare i conti dei mesi passati, per l’esattezza cinque mesi dal titolo del capitolo, e capire che già, era proprio quella notte là, in mezzo alla mangianza… Non vi svelo di più. Chi leggerà, capirà al volo. Forse vi scapperà una lacrimuccia.

Procida - Marina Chiaiolella

Procida. Marina di Chiaiolella
Foto originale Marina di Chiaiolella 1 di Mentnafunangann
Creative Commons License Creative Commons Attribution-ShareAlike 4.0 International License.

Vi piacciono le tartarughe?

“Dai, torniamo a casa, è umido e sono stanca. La tartaruga non arriverà. E poi, se vuoi proprio saperlo, le tartarughe non mi piacciono.”
Le andai dietro titubante. “Non ti piacciono?”
“No,” rispose schiaffeggiandosi via la sabbia dal sedere.
“Sono fra gli animali più antichi della terra.”
E allora?, sembrava dire il suo sguardo. Poi trovò le parole: “Sai perché non mi piacciono? Ne parlai un giorno con mio nonno, mi disse che secondo lui erano esseri codardi. Milioni di anni fa sono state brave a costruirsi la corazza che si portano appresso e che le ha salvate dai predatori, solo che con il tempo il guscio che le riparava è diventato la loro prigione; gli altri animali hanno continuato a evolversi, a cambiare, loro invece sono rimaste così, non sono più progredite. Perciò stanno diminuendo e forse un giorno spariranno, perché non hanno saputo cambiare, non hanno trovato la forza di separarsi dal guscio. Di allontanarsi da casa.”

Nemmeno a me piacciono le tartarughe, anche se non ne ho ben compreso il motivo. La loro espressione corrucciata non mi risulta simpatica, sono eccessivamente lente nei movimenti per i miei gusti, non sembrano molto propense a giocare in compagnia. Ma quando ho letto questa parte, dove Ondina spiega la sua motivazione, l’ho sentita mia. La corazza che protegge te tiene anche lontano gli altri, e ti blocca.
Ci sono altri interessanti spunti di riflessione come questo, all’interno del romanzo (come le balene che dormono in piedi, non lo sapevate?! 😀 ), ma lascerò che li scopriate da soli.

E’ un libro che si legge tutto d’un fiato, ben scritto e ben congegnato nella sua struttura. Tanto che non mi sono quasi accorta del cambio di tempo verbale! Non sto parlando dei flashback sull’infanzia del protagonista, evidenziati dal diverso font utilizzato per la stampa, e nemmeno dei piccoli Collage (il titolo è proprio questo), delle parti oniriche, forse prese dai sogni di Andrea o forse quei piccoli ragnetti della mente che teme così tanto, anche questi staccati dalla trama con capitoli a sé stanti e il carattere corsivo. Ma proprio a pagina 75, nel bel mezzo della traversata in traghetto da Napoli verso l’isola di Procida, si passa dalla narrazione al presente (“Mi alzo di scatto, papà posa il cane sulla poltrona…”) al passato prossimo, nel paragrafo immediatamente successivo, ma pur sempre all’interno della stessa scena (“Quando siamo tornati nel salone della nave, subito dopo il richiamo del marinaio, abbiamo trovato il ruvido bassotto…”) e prosegue per le successive sei pagine. Dopo un breve flashback sulla storia d’amore dei due genitori, quindi ovviamente usando il passato remoto e il trapassato prossimo, ecco che a pagina 84 si ritorna alla contemporaneità della storia con l’indicativo presente. Me ne sono accorta solo alla rilettura, perché avendo sospeso la prima volta proprio in quel punto, tra una spiaggia e l’altra della Puglia, non ci avevo fatto caso. Forse una svista dell’editor? Chissà.

Quel che mi è piaciuto è come la storia si svela a poco a poco, come i personaggi si mostrano un pezzo per volta, come i vari ricordi del protagonista spiegano tutto il passato che si porta dietro. Le immagini di infinita dolcezza che si intervallano con i fatti più crudi della vita. Continui a leggere e girare le pagine per scoprire i misteri di questa famiglia disastrata, fotografia dopo fotografia, uno scatto dopo l’altro, tra colori accesi e ritratti in seppia sbiaditi, le ombre che evidenziano la luce.

Forse, per una volta aveva davvero ragione il comandante, rifletto prima di scattare: la vita è fatta di attimi di perfezione nei quali arriva la giusta luce e tutto ci appare come deve essere, e forse il segreto non è cercare di prolungare questi attimi, di fermarli a ogni costo, che nulla può essere fermato, ma accontentarsi di godere del bello, di scorgerlo. Forse si tratta solo di trovare il coraggio di non trattenere ciò che amiamo, chi amiamo, di lasciar sparire la terra all’orizzonte, confidando che tanto al prossimo battere di ciglia ci sarà un nuovo piccolo brillio a rendere, seppure per un istante, tutto perfetto.
Tutto sarà perfetto, Lorenzo Marone

 

Procida - Marina Grande

Procida. Porto di Marina Grande
Foto originale Procida531 di Matthias Süßen
Creative Commons License Creative Commons Attribution-ShareAlike 3.0 Unported License.

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Comments (10)

IlVecchio

Lug 14, 2022 at 7:07 PM Reply

Una lettura preziosa in un momento di giusta pausa. Mi chiedo poi se non sia vincente regalarti solo romanzi con copertine “marine”. Provo a mettermi alla ricerca. : -)

Barbara Businaro

Lug 16, 2022 at 11:42 AM Reply

Provaci! Ma non ti assicuro nulla! 😀 😀 😀
Il mare e il blu attirano sicuramente il mio sguardo, ma non sempre funziona. Penso a quel Tre uomini in barca acquistato per l’immagine del marinaio sullo sfondo acquamarina, ma poi la lettura, per quanto divertente, non è stata così divertente come me l’aspettavo. L’umorismo inglese è troppo lieve. Preferisco quello scozzese di Alexander McCall Smith. 😉

Giulia Mancini

Lug 14, 2022 at 7:37 PM Reply

In effetti sto cercando un nuovo libro da leggere e potrei accogliere il tuo suggerimento, ho letto tre libri di Lorenzo Marone e mi sono piaciuti tutti, quindi ci sto pensando…
E comunque un romanzo ambientato su un’isola come Procida (che mi piacerebbe visitare prima o poi…) mi sembra perfetto per il periodo estivo. L’isola di Arturo è un classico che dovrei leggere, magari lo metto in lista

Barbara Businaro

Lug 16, 2022 at 11:49 AM Reply

Pensaci, pensaci e infilano in borsa! Anzi no, acquistalo su Kindle, nel tuo caso. 🙂
Anch’io voglio leggere il romanzo di Elsa Morante, ma attendo che qualcuno lo ripubblichi con una bella e rinnovata edizione. Se guardi la copertina che hanno messo all’audiolibro L’isola di Arturo, letto da Iaia Forte, è meravigliosa rispetto alle edizioni cartacee, così grigie e malinconiche…

Sandra

Lug 15, 2022 at 8:32 AM Reply

Emanuele anni fa involontariamente in Grecia fece una foto col bicchiere sul tavolino di un fantastico aperitivo in spiaggia, la riga del vinello coincideva perfettamente con l’orizzonte. La tua immagine è estremamente evocativa di mare e lettura, un binomio fantastico soprattutto se si realizza con un libro che è riuscito a infonderci qualcosa di importante. E vedo che è stato proprio così.
Dapprima, sapendoti sul Gargano e avendo visto subito le foto dei paesaggi, ho pensato “ma… non è il Gargano…” o meglio non mi pareva perché non ci sono mai stata, della Puglia conosco solo il Salento. Infatti è Procida, mamma mia, stupenda, Corricella sembra tantissimo Positano, che adoro.
Sul romanzo che non ho letto non so cosa aggiungere se non i complimenti per un’analisi tanto accurata e coinvolgente.
Penso agli infiniti bookstagrammer ridicoli da una quarta e via e milioni di follower. La pochezza di argomentazioni copiaincolla in un mondo frettoloso che non sa più soffermarsi sulla vera bellezza, ma tu sì, tu lo sai fare, cara mia, e quindi non possiamo che ringraziarti per condividerla e prenderti tanto tempo per regalarci post come questo. Tutto sarà perfetto, di sicuro questa recensione lo è.

Barbara Businaro

Lug 16, 2022 at 11:56 AM Reply

Solo la prima foto, quella con l’orizzonte storto rispetto all’inquadratura e la riga dell’orizzonte del libro leggermente sfasata al vero orizzonte, è del Gargano. Per l’esattezza, spiaggia di Murgia della Madonna (detta anche spiaggia del Sospetto, perché alle spalle, all’interno della Foresta Umbra, c’è la Grotta del Sospetto), presso la frazione San Menaio di Vico del Gargano. 🙂
Eh, tanti bookstagrammer copiano-incollano-rielaborano, a volte senza nemmeno aver aperto il libro. E tanti che li seguono, premiano solo le foto, non leggono il contenuto. Io invece i libri me li leggo e per scrivere una recensione come questa ci metto anche tre giorni, ritornando indietro, riempiendo il cartaceo di post-it colorati, scegliendo con cura le citazioni, per spiegare il “clima” del romanzo senza svelare troppo della trama.
E non sono pagata un centesimo. Lo faccio per amore della lettura.

Daniela Bino

Lug 15, 2022 at 12:09 PM Reply

“Tutto sarà perfetto” sembra una lettura interessante. Sono curiosa e lo leggerò sicuramente.
Apprezzo sempre più il personaggio che svela poco a poco la sua essenza: crea aspettativa, sorprende… proprio come piae a me.
Complimenti allo scrittore e a te per questo post, come sempre ben scritto.

Barbara Businaro

Lug 16, 2022 at 11:59 AM Reply

Potrebbe proprio piacerti perché è scritto quasi come un giallo, senza essere un giallo. 🙂
C’è la stessa tensione narrativa, si legge per scoprire il passato del protagonista e soprattutto scoprire come andrà a finire, il viaggio a Procida ma soprattutto il rapporto col padre, con la famiglia, con l’amore lasciato in sospeso. Dovresti proprio leggerlo.

Luz

Lug 19, 2022 at 11:48 AM Reply

È da un po’ che ho adocchiato questo autore e mi è venuta voglia di leggerne l’ultimo libro, Le madri non dormono mai, che a quanto pare è una storia bella forte e ambientata nelle carceri.
Quelle che mi parso leggendo il tuo post è che Marone abbia voluto creare un racconto a più livelli, in cui l’accudimento del cane è solo la cornice esterna, mentre emergono confronti più importanti e mai realmente affrontati, giusto? Molto interessante. Oltretutto mi piacciono tutte le citazioni che riporti, hai ragione, scrive molto bene.

Barbara Businaro

Lug 19, 2022 at 8:50 PM Reply

L’ho visto in classifica Le madri non dormono mai, pubblicato 2022 da Einaudi. Qualcuno l’ha definito troppo duro (come solo può essere un carcere per un bambino), qualcun altro un capolavoro. Attenderò allora la tua recensione, sono curiosa. 😉
Il cane Augusto, o Tannen come lo chiama il protagonista Andrea, è tra l’elemento di distrazione e la sottolineatura del carattere del vecchio comandante. Andrea non viene chiamato dalla sorella solo per accudire il cane, ma proprio per sorvegliare il padre e assicurarsi che siano rispettate le regole di quel foglietto della sorella. Il viaggio a Procida è in realtà la vera cornice, secondo me. Viaggio che viene tenuto nascosto alla sorella, con vari stratagemmi. E’ Procida, l’isola, il mare, gli abitanti, soprattutto i ricordi dolorosi a scatenare i confronti tra padre e figlio.
Sì, scrive proprio bene. Tra l’altro, ho taggato Lorenzo Marone nei post sui social e lui, con una gentilezza che è davvero di pochi autori, mi ha commentato e pure ripostato. 🙂

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