
Scrittura e cambio di prospettiva
Nell’ultimo suo guest post, il Vecchio viaggiatore di panchine aveva introdotto il concetto di “prospettiva“ e di come a volte ci impuntiamo a vedere le cose sempre dallo stesso punto. Il guest blogger di oggi ritorna sul concetto di “cambio di prospettiva”, stavolta strettamente legato alla scrittura, cambio indispensabile per la riuscita della storia che si sta scrivendo.
Lui è uno scrittore di erbacce, uomini e donne che ci provano, perdono il lavoro, la moglie o il marito. Individui che non hanno qualità di alcun genere, ma che si trovano all’improvviso “sotto la ruota”. Non hanno in mente di fare rivoluzioni, o chissà cosa: solo di arrivare al giorno dopo. Sono erbacce, appunto. Ma assolutamente reali, perché anche noi potremmo ritrovarci erbacce all’improvviso.
Della Trilogia delle Erbacce di Marco Freccero, io sto attualmente leggendo, gustandomelo ad ogni racconto, il primo volume “Non hai mai capito niente“.
Spesso si scrivono un sacco di frasi (fatte), su cosa sia la scrittura. O su come scrivere con rapidità, come trovare un tema che dia il successo, ci faccia trovare dall’editore, e via discorrendo.
Il punto è che chi scrive, chi racconta storie (preferisco dire così: scrivere è troppo generico), deve cambiare prospettiva. Ma non lo sa, e per questo un sacco di manoscritti finiscono nel cestino della spazzatura degli editori. In realtà ci finiscono per altre ragioni…
Hai l’inclinazione? Prova con un busto ortopedico
Pensiamoci un attimo. Quando iniziamo a raccontare storie, lo facciamo perché non ci vuole nulla. Alcuni (pochi in realtà), complici buone e abbondanti letture, capiscono che non è sufficiente avere una certa inclinazione.
Perché raccontare non è mettere in fila le parole; non è nemmeno fare il notaio, e limitarsi a riportare quello che succede ai personaggi. Anche se le librerie sono piene di libri che hanno proprio queste caratteristiche; e si tratta di libri che vendono.
Cambiare prospettiva
Ma che significa cambiare prospettiva?
A mio parere chi racconta storie spesso lo fa per le ragioni sbagliate (e proprio perché sbagliate, non dovrebbe mai farne parola con nessuno. Anche se magari non sono così sbagliate, anzi). E quindi si dimentica, o ignora, che è necessario osservare da un punto di vista differente, che non può essere il nostro: ma del personaggio.
Innanzitutto: osservare, non guardare, né vedere. Dal latino ovviamente: significa serbare, custodire, considerare. E si serba, si custodisce non tutto, ma solo quello che è davvero importante. Nelle storie non ci deve stare tutto; ma solo quello che ha valore.
Non finisce qui: c’è da chiarire il “punto di vista del personaggio”.
Un personaggio ha la sua dignità. Ricordatelo
In breve: le storie non si raccontano per propagandare le proprie idee. O per dimostrare ai vicini, parenti, vecchi insegnanti, che noi ci sappiamo proprio fare: modestamente. Le storie si raccontano per permettere ai personaggi (che hanno, eccome, una loro dignità), di raccontare, appunto, le cose da un altro punto di vista. Il loro. Ma spesso i personaggi sono visti come burattini, e chi scrive è il grande burattinaio.
Non è semplice accettare di essere al servizio della storia; di dover tacere e lasciar spazio e parola al personaggio, o ai personaggi. E qui si presenta un altro argomento mica da ridere.
Se devo tacere e ascoltare il personaggio, che ne sarà di me?
Viva la ciccia
Già: che ne sarà del povero autore? E le sue idee, che fine faranno? Be’, la buona notizia è che continueranno a esistere eccome, e sarà persino semplice rintracciarle tra le righe della storia. Il problema è fare in modo che queste non la deformino. Come ci si riesce?
Provo a rispondere in questa maniera: non si deve partire dalle idee; ma dalla storia. E la storia è fatta di? Ciccia, carne e colesterolo, come dico io. Non proclami o idee.
Ciccia!
Non è abbastanza nobile? Me ne rendo conto.
Posso garantire che nel mio sangue non c’è una sola oncia di nobiltà, per questo ribadisco: Viva la ciccia.
Quello che ci si dimentica è che noi siamo fatti di quella robaccia lì: trigliceridi, colesterolo, frattaglie varie. E l’unico modo per partire da quello che conta (nel caso ti sia sfuggito: la ciccia), è cambiare prospettiva. Scendere dal piedistallo fatto di idee, ideuzze, o anche ideone; quel piedistallo dove si sale perché:
“Io sì che ci so fare, a scrivere. E poi, che ci vuole? E poi, le mie idee sono così giuste!”
E camminare, certo. Sporcarsi di terra e polvere. Mescolarsi alla massa canagliesca e disperata che percorre il mondo. Ascoltarla.
Buona scrittura a tutti.
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Comments (31)
Barbara Businaro
Set 07, 2016 at 9:35 AM ReplyAl grido di Viva la ciccia! mi viene in mente il macellaio più famoso d’Italia, Dario Cecchini. Avremo problemi con i vegani?! 😀
Alessandro Blasi
Set 07, 2016 at 12:34 PM ReplyIl mitico cicciaio fiorentino… non poteva mancare!!! Maremma fiorentina!!
Marco
Set 07, 2016 at 10:03 AM ReplyDario Cecchini for President 🙂
sandra
Set 07, 2016 at 11:11 AM Replyw la ciccia! Il resto è aria fritta – i fritti il medico me li ha vietati (sempre per il colesterolo, l’avete citato pure voi).
Barbara Businaro
Set 07, 2016 at 9:36 PM ReplyE i trigliceridi? Mai nessuno che si ricordi di loro, poverini! 😉
Celeste Sidoti
Set 07, 2016 at 11:21 AM ReplyDa lettore, confermo. Ho abbandonato più di un libro e ho escluso più di un autore dalla mia lista, per la loro tendenza a frapporsi continuamente tra storia e lettore, e ammiccare, “guarda quanto sono bravo”. Tutto il talento del mondo (per me come lettore, ripeto) non può coprire un’attitudine sbagliata nei confronti della storia.
Barbara Businaro
Set 07, 2016 at 9:44 PM ReplyBenvenuta nel blog Celeste. Devo dire che abbandonare un libro no, non mi pare sia mai capitato. Magari fatico a finirlo per noia, piuttosto. Se sento che l’autore mi sta dando la sua “lezioncina” magari un po’ mi urta, ma arrivo alla fine. Chiaro che poi difficilmente passo al titolo successivo.
Maria Teresa Steri
Set 07, 2016 at 12:02 PM ReplyPrima di tutto: che bella sorpresa trovare Marco qui!!
Ottime riflessioni che condivido in pieno, la storia è prioritaria. Come lettrice mi appassiono a quella, se c’è. E se non c’è, mi annoio, anche di fronte alla prosa più curata.
Barbara Businaro
Set 07, 2016 at 9:54 PM ReplyVisto Maria Teresa? Quando vuoi fare un’incursione anche tu, sei sempre la benvenuta, lo sai!
Storia e Personaggi. Ma la Storia prevale sui Personaggi o i Personaggi creano la Storia stessa? O un cinquanta-cinquanta?
Maria Teresa Steri
Set 08, 2016 at 9:30 AM ReplyMi sa che è come dire se viene prima l’uovo o la gallina!
Sai che mi piacerebbe moltissimo essere ospite da te, non escludo in futuro di sottoporti qualche proposta 🙂
Giulia Manncini
Set 07, 2016 at 12:35 PM ReplyDirei che la ciccia è indispensabile e (cito Ligabue) “siamo carne e sangue quindi vivi” una storia senza ciccia non sta in piedi, di solito…
I racconti di Marco (che ho letto e mi sono piaciuti) sono davvero belli proprio perché parlano di “erbacce” e di questi tempi è facile identificarsi
Barbara Businaro
Set 07, 2016 at 10:09 PM ReplyBenvenuta nel blog Giulia. E’ un attimo ritrovarsi erbacce. Però tutte le mattina, ferma in tangenziale, ammiro quelle erbacce sotto il guard rail di mezzo: hanno il coraggio di fiorire delle bellissime corolle violetto!
Giulia Mancini
Set 08, 2016 at 6:31 AM ReplyVerissimo tra le erbacce spesso sorgono fiori bellissimi. Nei racconti di Marco ce ne sono parecchi di fiori così.
silvia
Set 07, 2016 at 2:17 PM ReplyDavvero una bella sorpresa trovare Marco sul blog di Barbara!
Come Marco già sa, i suoi racconti mi hanno sviato l’attenzione dalla lettura di Fante, quindi è tutto dire.
La sua saggezza anche in fatto di consigli ad aspiranti scrittori ormai non mi stupisce più, ma non smette di conquistarmi. 🙂
Marco
Set 07, 2016 at 6:04 PM ReplyBe’, qui si esagera! 🙂
Barbara Businaro
Set 07, 2016 at 10:17 PM ReplyAnche I dubbi del giovedì di Silvia non sono da meno. Domani è giovedì!! 😀
Grazia Gironella
Set 07, 2016 at 4:47 PM ReplyMi piace pensare che l’idea debba scendere dalla cima dell’Olimpo per camminare nei vicoli del mercato con la gente. Mi hai dato una buona occasione per ripensare al ruolo del grande burattinaio. 🙂
Marco
Set 07, 2016 at 6:03 PM ReplyBene. Attendo prossimo post 🙂
Barbara Businaro
Set 07, 2016 at 11:05 PM ReplyIl burattinaio tira i fili dei burattini dall’alto o ha tra le mani un Pinocchio autonomo e cerca solo di seguirlo? 😉
Grazia Gironella
Set 08, 2016 at 8:24 AM ReplyNel mio caso direi che sta a cavallo tra le due cose, a volte in equilibrio, a volte meno. (E in ritardo: ciao Barbara, ti conosco per i tuoi commenti a Sandra, ma credo sia la prima volta che passo di qui. :))
Barbara Businaro
Set 08, 2016 at 11:32 AMSi Grazia, benvenuta sul blog. Ma io ti seguo anche da prima, da AnimadiCarta! 😉
Grazia Gironella
Set 08, 2016 at 12:35 PMGiusto!
nadia
Set 07, 2016 at 6:26 PM ReplyViva la ciccia! Sempre detto io.
Annoia anche a me leggere chi crede di essere bravissimo e trovo noioso applaudire chi riceve già gli onori solo per il nome noto. Mi piace tantissimo che sia dato spazio agli autori meno noti che meriterebbero assai di più. E con questo devo assolutamente leggere i libri di Marco. Grazie Barbara.
Barbara Businaro
Set 07, 2016 at 11:06 PM ReplyDi niente Nadia. Poi spero che un giorno passerai anche tu di qui a illustrare il tuo Vita e riavvita, appena sarà pronto! 🙂
nadia
Set 08, 2016 at 11:40 PM Replyoh che onore. Non farmici pensare o mi sale già il termometro dell’ansia a mille, ma comunque grazie e considera il posto già occupato, un vero piacere per me!
Marina
Set 07, 2016 at 7:09 PM ReplyUn ottimo consiglio che ripeti spesso e, a furia di sentirtelo ripetere, mi convinco sempre più non della priorità della storia (quella è una cosa nella quale credo fermamente anch’io) quanto dell’importanza di lasciare al personaggio il terreno per muoversi lontano dall’autore.
Come ospite non sei niente male! 😉
Marco
Set 07, 2016 at 9:21 PM Reply🙂
Barbara Businaro
Set 07, 2016 at 11:10 PM ReplyAnche perchè altrimenti, a tenere il personaggio stretto a sè, l’autore rischia di avere personaggi tutti simili e plasmati su se stesso. Troppo autobiografico.
Matteo Rosati
Set 12, 2016 at 9:34 AM ReplyCiao. Sulla preminenza dei fatti, della vita (cioè della ciccia, come dici tu) sono completamente d’accordo: io da un romanzo cerco una storia interessante, con una contestualizzazione abbastanza profonda e personaggi a cui affezionarmi, non che mi passi qualche idea. Come hai detto tu, diversamente sembra che si manchi di rispetto alla dignità dei personaggi e delle storia, inventandoli solo per un motivo strumentale. Però c’è a chi piace leggere e scrivere libri di quel tipo, ed è libero di farlo; io ho smesso di indignarmi perché certi splendidi romanzi (che hanno pure vendite da capogiro) non vincono il Nobel, perché al momento attuale premi come quello sono riservati alla narrativa che contiene “diversi livelli di lettura” e che “veicola un profondo messaggio filosofico o sociale”, e non alla narrativa di puro intrattenimento.
Barbara Businaro
Set 12, 2016 at 1:51 PM ReplyBenvenuto nel blog Matteo! E’ vero, certi premi e certa critica (o tutta la critica…) si concentrano solo sui capolavori della prosa, dello stile, del linguaggio. Lasciando all’ultimo posto la storia, il divertimento, il plauso popolare. Eppure, a distanza di tempo, sembrano sopravvivere proprio i testi più popolari (per la loro epoca), da La Divina Commedia a I Promessi Sposi, ai romanzi che costituiscono la letteratura dell’infanzia, adolescenza (da Le Piccole Donne, a Ivanhoe, Robinson Crusoe, ecc.) che nelle loro prime uscite non avevano certo ottenuto i favori della critica del loro tempo.
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