Roses - Rose bianche - La storia di Liam e Caitlyn

Rose bianche
(Roses)

Non è davvero Halloween se non scrivo un nuovo racconto della mia serie preferita, la storia di Liam e Caitlyn. Sono giunta addirittura al settimo racconto di questa serie, nata praticamente per caso, ascoltando un vecchio album dei Seether, che continuano a ispirarmi nuove vicende per i miei protagonisti. Dove eravamo rimasti? Il povero Liam ha problemi di memoria dall’ultimo incidente, quando ha battuto la testa e rischiato di essere sepolto vivo, e non ricorda affatto di poter entrare nel regno dei morti ogni sera, dopo il crepuscolo. Soprattutto non si ricorda affatto di Caitlyn, che ogni sera lo raggiunge nella sua stanza, bellissima e spettrale nel suo lungo vestito bianco.
Questa è una puntata speciale, specialissima, perché se Liam non si ricorda affatto di Caitlyn, dovremo proprio affidarci ai pensieri di lei per scoprire come prosegue la loro storia…

Se avete perso le puntate precedenti, le potere leggere qui nella nuova pagina a loro dedicata: La storia di Liam e Caitlyn

 

Il velo tra i vivi e i morti si assottiglia nella notte di Halloween. E tu non sai più dove sei.
Devi stare attento. Rischi di perderti in uno dei due mondi, per sempre.

 

Finalmente dorme. Sono rimasta qui al suo fianco, sospesa ai suoi piedi nel letto, in attesa che Liam chiudesse gli occhi. Si addormenta sempre molto tardi, dopo aver passato invano tutti i programmi notturni alla televisione, aver sfogliato le riviste di auto e meccanica un’altra volta, aver tentato di leggere qualche pagina dell’ultimo thriller acquistato in libreria. Riesce a rilassarsi solo quando i farmaci fanno effetto e la testa smette di pulsargli freneticamente. Sono passate tre settimane e ancora non ha riacquistato la memoria. Ancora non si ricorda di me, della mia presenza.
Vivo, se questa si può chiamare vita, tra la luce dei vivi e l’ombra dei morti. E’ piuttosto come scivolare nella nebbia, confondersi con l’umidità della notte, particelle di acqua e particelle di anima che fluttuano nell’aria. Ed è colpa mia se la camera di Liam è così gelida. E’ il mio spirito congelato a raffreddare la temperatura dei luoghi che attraverso.
Concentro un po’ della mia forza e spengo la lampada sul suo comodino, lasciandolo riposare al buio. Lo osservo ancora una volta dormire, i capelli arruffati sul cuscino, la barba leggera sulle guance, e poi inizio a vagare per la casa silenziosa, lasciando al termosifone il compito di scaldarlo.
In questa dimensione spazio e tempo non esistono. Posso muovermi più veloce del pensiero, in qualsiasi direzione, materiale e cronologica. Tranne una. Non posso tornare al momento della mia morte. E pensare di farla franca stavolta. Conservo solo qualche ricordo di quell’istante terribile.
Potrei perdermi in questo errare solitario, se non fosse per Liam. E’ lui la mia ancora al presente.
Ondeggio leggera, lasciandomi cullare dal suo respiro regolare. Mi guardo intorno, la sua camera è un vero disastro, segno della confusione mentale di Liam in questo periodo. Prima dell’incidente, quando ha rischiato di morire sepolto vivo nel bosco, la teneva ordinata solo per me. Come se mi importasse poi. Non c’è comunque traccia di me in questo posto. Nessuna foto mia, nessun oggetto che mi richiami, nessun altro che sappia di noi due. Esisto solo nella sua memoria. E ora nemmeno in quella.
Con un battito di ciglia, entro nel muro dietro la libreria, i cavi elettrici nell’intercapedine mi fanno il solletico, ne approfitto per risucchiare un po’ della loro energia. Forse domattina Liam troverà di nuovo in tilt l’orologio del lettore blu ray, uno scherzo che gli regalavo spesso prima, ma anche questo non servirà a ricordargli il mio nome. La stanza accanto alla sua era quella dei suoi nonni e credo che poco sia stato toccato qui dentro. C’è ancora il vecchio letto in legno massiccio, la toeletta antica in bronzo, con un bellissimo specchio ovale lavorato, un divano in stile barocco dal tessuto un po’ consunto. Soprattutto avverto le reminiscenze di un amore profondo, le pareti sono intrise di una felicità potente, assoluta. Si sono amati molto i nonni di Liam, nonostante lei fosse morta prima del marito. Credo, anzi ne sono certa, che lo spirito della moglie sia sempre vissuto con lui, in attesa del momento opportuno per andarsene insieme.
Uno scricchiolio di assi rompe il silenzio della notte e mi sposto nell’ombra a curiosare la sua provenienza. Ne sento un altro e poi un sospiro, viene dalla stanza della madre di Liam e del suo compagno. Mi affaccio appena attraverso le nodosità della quercia della porta. Un fascio di luce dalla strada irrompe dalla finestra e illumina appena il letto matrimoniale. Sono uno sopra dell’altro, li sento sussurrare qualcosa, si muovono ritmicamente. La vita continua, dopo tutto. Mi ritiro piccola piccola in un angolo del pianerottolo, lasciandoli alla loro intimità.
Li invidio, profondamente. Non potrò mai avere niente di tutto ciò, non in quel modo.
Mi costa un certo sforzo apparire a Liam, ancora di più a diventare solida al suo tocco, quando il sole tramonta all’orizzonte lasciando spazio alla notte. Funziona bene quando lui è sintonizzato su di me e posso usare la sua energia vitale. Ma adesso non mi ricorda neppure. Sono terribilmente sola, in questa nebbia. Quel che è peggio è il rischio di svanire per sempre, dissolvermi nel nulla, se lui mi dimentica.
Mi mancano le sue rose bianche. Le portava almeno una volta al mese. La mia tomba invece è così vuota adesso. Mi mancano anche i suoi abbracci, il tepore della sua vicinanza, quando la sera all’imbrunire si ritirava in camera solo per chiacchierare con me. Di qualsiasi cosa, e di niente. L’importante era stare insieme, in un mondo o nell’altro, oppure nel mezzo.
Non so come aiutarlo a ricordare. Mi faccio vedere tutte le sere passeggiare davanti casa, cercando di farmi notare quando porta fuori la spazzatura, o è seduto sotto al portico, ad ascoltare musica. Una volta mi ha fissato a lungo, incuriosito dalla mia figura. Io gli ho sorriso come un tempo, ma alla fine non ho scorto la scintilla della memoria nei suoi occhi.
Scendo al pianterreno, direttamente in cucina, seguendo il tubo dell’acqua tra pavimento e soffitto. Un piccolo topolino si ritira spaventato al mio passaggio, scambiandomi per un refolo di aria fredda. Sul tavolo è ancora aperto il giornale di ieri: qualche blackout sta creando problemi in periferia e una donna risulta scomparsa. Controllo sempre le notizie, il mio assassino è fuggito e temo per la vita delle mie sorelle.
Sento un rumore sopra di me, una flebile voce mi richiama in un istante al capezzale di Liam.
Lo trovo aggrovigliato tra lenzuola e coperte, una gamba penzolante fuori dal materasso, un’altra sepolta nel letto. Nel suo viso una smorfia di dolore e sofferenza. I suoi sogni sono spesso tormentati. Qualche volta li racconta alla madre al mattino, ma temo nasconda proprio i dettagli importanti. Almeno, quelli importanti per me.
Continua a dimenarsi, inquieto nel sonno, attanagliato da un incubo.
Borbotta qualcosa con la faccia nel cuscino e poi si sposta verso di me. “Caitlyn…”
Oh!
Qualcosa si accende nel punto dove batteva il mio cuore. Mi chiama ancora e si gira da una parte all’altra, come cercando qualcosa.
“Non lasciarmi…” mormora con voce impastata.
Allora esisto. In un remoto angolo della sua mente, io esisto ancora.

 

Non gliel’ho mai detto, ma spesso sbircio Liam quando esce dalla doccia, prima di infilarsi l’accappatoio. I miei sentimenti sono ancora umani e vivissimi, almeno per quanto riguarda lui. Sono acquattata alle piastrelle del bagno, vicino alla porta, l’unico punto dove la parete si riempie di minuscole goccioline, perché il mio spirito freddo condensa l’umidità.
Osservo la sua schiena perfetta, la muscolatura che guizza sotto la sua pelle. Le sue spalle larghe e le braccia tornite, dove vorrei rifugiarmi. Scendo ad ammirare le sue natiche sode e quando si volta per afferrare l’accappatoio indugio sulla sua virilità.
Avrei tanto voluto che fosse stato lui il primo. Ero davvero innamorata di Liam, quand’ero viva. A scuola lo seguivo per i corridoi, anche se non mi ha mai notata, o almeno così mi sembrava. Era un po’ imbranato, ma terribilmente carino, inconsapevole del suo fascino. Sempre gentile con tutti, persino con i professori più perfidi, ma irremovibile nelle sue decisioni quand’era necessario. Attendevo con ansia il ballo di primavera, avrei trovato una scusa per ballare con lui quella sera. E poi chissà cosa ci sarebbe stato nel nostro futuro.
Invece ho solo trovato la morte tra le braccia del mio aguzzino. Era quella la mia prima volta. Una cosa bella trasformata in una lunga agonia.
Avvolto nella calda spugna, si tira il cappuccio sulla testa e resta lì qualche minuto, a capo chino, immerso nei suoi pensieri. Quando si risolleva, sta annusando l’aria con un piglio stupito.
“Ancora quel profumo di fiori…” mormora.
Liam avverte la mia presenza, la scia di Iris che le mie particelle eteree lasciano come ricordo della mia vita. Era la mia fragranza preferita, me la spruzzavo addosso ogni mattina, prima di uscire di casa. Sono riuscita a conservarla con me, nel mio spirito. Inonda l’aria quando sono felice.
Lo seguo mentre si veste, si pettina, si infila le scarpe da ginnastica e scende le scale per colazione. Mi accovaccio invisibile sulla poltrona del nonno e assisto muta al loro risveglio insieme, gelosa dei loro sorrisi e del loro reciproco affetto. Poi anticipo il suo percorso lungo la strada verso il lavoro, Liam in bicicletta, io una piccola nuvoletta iridescente di fronte a lui. Da dopo l’incidente, gli hanno ridotto l’orario per poter seguire le terapie di riabilitazione al pomeriggio. Lo lascio solo all’ingresso, quando lo affido mentalmente alle cure del signor Forrester.
Allora, in un sospiro, raggiungo la casa della mia famiglia.
Cerco di sollevarmi sopra il bancone della cucina, fingendo di partecipare alla conversazione. Ma c’è un’aria pesante, carica di tristezza e malinconia, che mi trascina a fondo. E’ sempre molto faticoso per me, avverto i macigni nei loro cuori affranti. Rischio di disgregarmi e disperdermi quando sono qui, l’unica che compensa il dolore è la piccola Anne, il suo entusiasmo si diffonde veloce intorno a tutti noi quando compare sorridente alla porta. Ci siamo conosciute a malapena, era così piccolina quando me ne sono andata.
Mentre nostro padre porta Anne a scuola con l’auto, sulla strada per il suo studio in centro, io accompagno la più grande, mia sorella Lize, fino in classe. Fisicamente mi somiglia molto, i capelli leggermente più scuri e gli occhi come due nubi grigie, intense. Provo un po’ di invidia per lei, tutta la sua vita ancora davanti, un lungo futuro da riempire. Mentre cammina verso l’istituto, sta chattando al telefonino e non ho bisogno di sbirciare sullo schermo con chi si sta scrivendo, è sicuramente Liam. Lo capisco dal suo sorriso raggiante mentre le sue dita scorrono frenetiche sul cellulare. Sta cercando di aiutarlo a ricordare il passato, ma il problema è come ha deciso di soccorrerlo: fingendo di essere la sua ragazza, perché anche di questo non c’è alcuna traccia. Una storia ancora segreta tra loro due perché appena sbocciata, così l’ha convinto. Invece è solo una menzogna.
Comprendo il bisogno di Lize, in qualche modo Liam ci tiene legate, ma non mi piace affatto questo suo inganno. Sono combattuta tra la gelosia per le attenzioni di Liam e l’affetto che provo per mia sorella, senza poter fare assolutamente nulla.
Quando varca la soglia della sua classe, torno indietro in un soffio verso casa, a sorvegliare mia madre. La trovo ancora seduta al tavolo della colazione, intenta a fissare il vuoto, le mani in grembo. Non è necessario morire per diventare un fantasma. Completamente avvolta in un silenzio assordante, quel silenzio che il più delle volte si riempie di pensieri negativi. Le mie particelle hanno un fremito, vorrei poterla scuotere da quel torpore che da anni le impedisce di andare oltre la mia assenza.
“Mamma, va tutto bene. Alzati, esci, vivi!” Glielo grido nell’orecchio, ma dubito possa sentire il mio sussurro, più lieve di una goccia nel mare.
Scorro per un momento il giornale che papà ha lasciato aperto davanti alla sua tazzina di caffè vuota. In una colonna laterale leggo di un altro brutale stupro, un’altra ragazza bionda con gli occhi azzurri, ammazzata nello stesso modo cruento. E’ lui, il mio assassino, ne sono certa. E’ ancora lontano da qui, ma potrebbe avvicinarsi. Spero che Liam ritrovi la memoria in tempo per proteggere mia sorella Lize.
Mamma si alza finalmente e comincia a ordinare la cucina. Di tanto in tanto sospira, so che mi sta pensando.
Non ci sono molte foto di me, nemmeno a casa mia. Dopo la mia morte, sono state tolte tutte dalle cornici e riposte negli album di famiglia, in fondo ai cassetti del mobile in salotto. Un consiglio del medico, per aiutare lei a superare la depressione. Anche perché gli amici continuavano a scambiare le mie immagini con quelle di Lize, e mia madre si sentiva ancora più in colpa verso di me.
Mio padre è quello più sereno in questa famiglia, la religione e una fede incrollabile lo sostengono. Anche se è convinto che io mi trovi in un luogo bellissimo, pieno di luce, di prati e fiori. Invece sono quaggiù, papà, incatenata alla nebbia. E il mio unico sole è Liam.
Se solo si ricordasse di me.

 

Sto aleggiando al tiepido sole del pomeriggio, appena sopra le fronde di un piccolo faggio. Ascolto le risate dei bambini che stanno giocando a rincorrersi nel parco qui a fianco e i pettegolezzi sussurrati dalle madri che li attendono sedute insieme sulle panchine. Mi sento molto debole oggi, la mia energia fluida smarrita tra le pieghe dell’aldilà. La mia forza è poco più del formicolio che provavo un tempo quando mi si intorpidivano le gambe in una notte di sonno agitato.
Con passo stanco e la schiena curva, Liam esce dallo studio dello psicologo. E’ più cupo del solito, ma non posso sapere per quale motivo. Dopo che il neurologo ci ha tranquillizzati sulla mancanza di danni permanenti al cervello, lo hanno inviato qui in terapia, a parlare per ore dei propri ricordi e fare qualche gioco mnemonico. All’inizio lo seguivo e mi adagiavo in un cantuccio della stanza, ma poi ho compreso che la mia presenza rischiava di ostacolarlo, non so bene come. Quindi lo aspetto fuori, lasciandogli un po’ di libertà. Esce comunque sempre sfinito da queste sedute, sudato come se avesse corso per la città, però il giorno dopo mi sembra di notare lievi progressi. Il ritorno della memoria è solo una questione di tempo, solo che noi due non ne abbiamo così tanto.
Liam cammina lentamente e intuisco che stiamo andando al negozio di elettronica del suo amico Joen. Giunti lì, gli passo davanti ed entro attraverso la grande vetrata, dove c’è un enorme televisore piatto collegato ad altri apparecchi e un computer illuminato. Lo investo con la mia essenza, mi dà una scarica frizzante di euforia.
“Eccolo là, di nuovo!” Joen si affretta nei pressi dello schermo diventato buio al mio passaggio.
“Che c’è?” chiede Liam ripreso dai suoi pensieri.
“Si è spento. Stava funzionando benissimo da giorni e… ” Joen controlla i cavi e gli spinotti. “Si è smorzato di colpo. Eppure la corrente arriva. Non capisco.”
“Ogni volta che entro qui quell’aggeggio non va. Non credo di averlo mai visto funzionare.”
Joen si volta verso l’amico e si gratta la testa. “Già. Succede quando tu entri qui e… naaah. Sarà qualche contatto del cavolo.”
Mi scappa una flebile risata silenziosa.
“Allora, come stai Liam? Di ritorno dallo strizzacervelli?”
“Si. E non ne vedo la fine. Non c’è ancora niente all’orizzonte.”
“Non ci sono miglioramenti?” Joen torna dietro al bancone e da uno dei cassetti estrae una scatola colorata piena di ciambelle, offrendone all’amico.
“Si… no. Mi sembra che qualcosa mi sfugga, qualcosa di importante, qualcosa che dovrei proprio ricordare, un fondamentale… Tu che mi conosci bene, cosa credi possa essere?” Liam addenta una ciambella al cioccolato, riesco a sentirne la fragranza nell’aria.
“Non lo so. Non mi dicevi proprio tutto. Eri sempre molto incasinato, e ti capitavano cose strane. Sei stato accoltellato in un viottolo, poi ti hanno ritrovato sconquassato alla vecchia cava, mi hai portato persino al cimitero di notte, accidenti a te! Eppure eri felice. Non so cosa ti rendesse felice, ma negli ultimi tempi eri proprio contento. Forse ti vedevi con qualcuna, pensavo fosse Lize ma mi avevi giurato e giurato di no.”
“Ero felice…” mormora Liam fissando un punto lontano a terra. Io sono lì, ai suoi piedi. Una briciola dell’amore che provo per lui.
“Continuavi sempre a portare i fiori alla tomba di Caitlyn, quello sì, ma eri sereno oramai. Per un anno intero sei stato malissimo, i tuoi temevano un gesto estremo, ma adesso sembravi aver fatto pace con quella situazione. Doveva esserci un legame speciale con lei.” Joen guarda indeciso la scatola e alla fine afferra una ciambella ricoperta di glassa bianca.
“Caitlyn? La sorella di Lize?”
“Sì, Lize non te l’ha detto? Tu e Lize vi siete conosciuti proprio alla tomba di sua sorella. Pare che tu conoscessi bene Caitlyn, e anche quello me l’avevi nascosto. Non so perchè.” Joen scuote il capo assorto. Penso sarebbe un valido aiuto per Liam, se decidesse di affidargli il nostro segreto. Ammesso che ne avremo mai il tempo.
“Caitlyn. Questo nome ha un suono famigliare, ma non mi ricordo di lei… ho un vuoto totale.”
Le mie particelle tremolano a quest’ultima frase. Sposto l’aria imitando un sospiro, mentre crollo sul pavimento.
“I fantasmi sono la parte peggiore” continua Liam.
“Fantasmi? Quali fantasmi?” Joen solleva un sopracciglio curioso. Un barlume di speranza accende invece la mia anima persa.
“Si, vedo cose strane, persone che non esistono, anche orribili, mutilate, insanguinate. Il dottore mi aveva detto che i farmaci sono forti, ma non credevo così. Poi faccio sogni assurdi. Spesso c’è uno scheletro con i capelli biondi e una lunga veste bianca che mi vuole abbracciare…” Liam viene scosso da un brivido. “Tienilo per te, non l’ho detto ai miei. E nemmeno a Lize, non voglio spaventarli.”
“Già. E su questo devo dirti io qualcosa.” Joen prende la scatola e la rimette sotto il bancone, dove afferra invece una lattina di Coca Cola per l’amico. ” Lize non è la tua ragazza. Che io sappia almeno, ma penso me l’avresti detto. Te l’avevo chiesto tante volte, negavi sempre. Quando eravate insieme, non ho visto nessun tuo atteggiamento particolare. Credo che lei ci provasse, ma tu avevi altro per la testa. E credo che lei adesso se ne stia approfittando un po’ troppo, ecco.”
Ho ascoltato tutto senza muovermi, le mie particelle in terribile attesa. Ora vorrei abbracciare Joen, se solo potessi.
“E chi è l’altra ragazza? Quella dell’ospedale?” chiede Liam dopo aver aperto la lattina e preso un sorso.
“Non conosco altre ragazze che tu frequentassi… di chi parli?”
“Capelli lunghi biondi, occhi azzurri, vestiva di bianco. Era entrata nella mia stanza in ospedale, sembrava conoscermi bene, mi stava per baciare, ma se n’è andata perché non l’ho riconosciuta. Credo di averla vista anche passeggiare nel mio quartiere, ma non sono sicuro sia proprio lei.”
“Quante cose mi hai nascosto?” sbotta ridendo Joen. “Non so chi sia… ma penso che si farà rivedere, se è importante per te.”
“Lo spero, lo spero davvero…” mormora Liam.
Sono qui! Sono qui, guardami! Io sono qui! Grido disperata, ma nessuno può davvero sentirmi.
Sono dietro di loro, l’ultimo raggio di sole appena morto nel tramonto. Vorrei comparire, farmi vedere, ma non posso. Non ne ho la forza.
“Hai sentito dei blackout?” Liam dà un’occhiata veloce al quotidiano aperto di lato sul bancone.
“Si, purtroppo si. Alcuni clienti hanno avuto danni ingenti alle apparecchiature informatiche, sto ordinando ricambi con consegna urgente, ho finito quasi tutto quello che avevo in magazzino.” Joen digita veloce sulla tastiera del portatile lì in cassa.
“Qualcuno ha visto una strana luce azzurrognola poco prima delle scariche elettriche. Ne parlavano stamattina in laboratorio da Forrester.”
“Ah beh, un fornitore mi ha riferito di una figura umana luminescente, ma non lo vedo mai sobrio quando passa di qui.”
Rintanata nell’angolo più buio del negozio, vorrei ribattere che ci sono tante esistenze oltre la normale comprensione umana, ma Joen è uno scettico, o forse la sua è solo paura, istinto di sopravvivenza.
“Pare sia morta una donna, l’hanno trovata nei pressi di una cabina di distribuzione dell’energia.”
“Scariche laterali…” bofonchia Joen, assorto sul suo monitor.
“Non credo. Non era così vicina.” Il mio cuore spettrale esulta perché so che Liam cerca un collegamento oltre la ragione umana. Lo so.
E’ in quel momento che mi sento risucchiare voracemente all’esterno. Una forza incredibile mi trascina fuori dal negozio, al mio passaggio faccio saltare tutte le apparecchiature di Joen. Un boato enorme investe la piazza antistante, i lampioni appena accesi all’imbrunire esplodono come fuochi d’artificio nella notte. Cerco di resistere all’energia che mi trascina altrove, devo proteggere Liam ad ogni costo, ma sono troppo debole.
Riesco solo a vedere una luce folgorante proveniente dal palo in cemento, i cavi elettrici lo avvolgono come le illuminazioni natalizie all’albero. Le mie particelle precipitano a terra, lì dove giace il corpo senza vita di una giovane donna. I suoi occhi aperti sono senza pupille, lo sguardo bianco rivolto alla morte, la bocca piegata in una smorfia orribile, i capelli bruni diventati bianchi sulle punte, le dita afferrano disperate le piastrelle del marciapiede, in un ultimo tentativo di salvezza.
Lo spostamento d’aria dovuto all’esplosione energetica ha coinvolto anche la vicina fioreria così mi trovo a vagare nell’aria insieme a centinaia di petali colorati. Una piccola rosa bianca, candida come l’innocenza perduta, si posa sul corpo esanime di fronte a me.

 

La sera, mio malgrado, mi ritrovo a fluttuare nel salotto dei miei genitori. Liam ha un appuntamento con mia sorella Lize, dovrebbero uscire per una passeggiata insieme in centro, niente di particolare, ma Lize è in casa da sola. Tremo all’idea di quello che potrebbe accadere ora.
“Mamma e papà hanno accompagnato Anne al cinema, era spaventata da quanto accaduto oggi. Sai, la scarica elettrica, l’esplosione, la donna fulminata. Pare che Anne fosse appena uscita dal doposcuola e attendeva nostro padre per tornare.”
Scorgo la bugia nel suo sguardo, non ha il coraggio di fissare Liam mentre parla. Conosco bene Anne, viene a parlarmi alla mia tomba almeno ogni settimana. Tra le due sorelle è quella che mi rassomiglia di più come carattere, difficilmente qualcosa la terrorizza davvero. Sospetto invece che Lize l’abbia pagata per fingere di non stare bene, costringere i nostri genitori ad uscire e lasciarle il campo libero con Liam.
Sono seduti vicini sul divano, di fronte alla televisione accesa, ma nessuno dei due sta realmente guardando lo schermo. Nonostante siano rilassati tra schienale e cuscini, avverto della tensione tra loro, ma non riesco a definirla.
Lize si accosta ancora di più al corpo di Liam, appoggia la sua gamba sulle ginocchia di lui e poi si volta verso il suo viso. Con una mano avvicina la sua guancia e lo bacia sulle labbra, con molto trasporto e convinzione. Liam risponde a quel contatto, però non mi sembra così preso… O forse sono solo uno spirito egoista. Se gli volessi davvero bene, dovrei smettere di importunarlo, cogliere questa occasione di lasciarlo andare definitivamente, lasciarlo vivere il suo futuro. Ma non ci riesco. Non voglio che mi dimentichi, non è giusto.
La mia morte non è stata giusta, e in fondo io desidero solo quello che mi è stato tolto.
Le loro lingue continuano a intrecciarsi e studiarsi a fondo, mentre io mi ritiro in un cantuccio sotto il tavolo da pranzo lontano. Non voglio assistere, ma non posso nemmeno andarmene. Lize prende una mano di Liam e se la posa sul suo seno, sopra la maglietta leggera che non nasconde proprio nulla. Liam prosegue l’esplorazione di quella curva perfetta sotto le sue dita. Si lasciano prendere dalla foga entrambi. Lize cede con un sorriso di soddisfazione alle sue insistenze e si stende sul divano sotto di lui, ancora avvinghiati. Il loro bacio diventa sempre più ardito, le loro mani si muovono fameliche sotto i reciproci vestiti. Cerco di convincermi che questa è una cosa buona, loro devono vivere, sono io quella defunta per sempre.
Liam le mordicchia l’orecchio, a lei scappa un gemito. Lui scende a baciarle il collo, la clavicola, il seno visibile attraverso l’ampia scollatura, e nella frenesia del momento chiama senza pensare un nome che non conosce.
“Cait…”
Oh! La mia anima con un balzo si libra al soffitto, le mie particelle esplodono in ogni direzione, impazzite di gioia.
All’istante Lize si irrigidisce. “Cosa?”
Liam ancora non si ferma, la sua lingua scende dal seno lungo il petto di Lize, gioca più giù col suo ombelico, mordicchia l’elastico dei suoi slip.
“Che cosa hai detto?” chiede insistente lei, indecisa se proseguire. Le sue mani tra i capelli di Liam.
“Uhm… Cait…” mormora lui, completamente perso altrove. Sto volando rapida intorno al lampadario. Chissà se sente il profumo della mia felicità.
Con un scatto feroce, Lize gli solleva la testa e lo fissa negli occhi. “Che cosa hai detto?!” gli urla addosso.
Riportato alla realtà, Liam cerca di ricordare le ultime parole. “Io… non lo so… mi spiace…”
Ci ritroviamo entrambi sbattuti fuori di casa. Le scuse non sono servite a molto, mia sorella era furente, forse più con me che con Liam stesso.
Un po’ affranto e un po’ scioccato per l’accaduto, Liam cammina senza fretta per rientrare. Vorrei conoscere i suoi pensieri in questo momento.
Quando siamo nei pressi del giardino, mi viene un’idea.
Mi allontano dietro la siepe della vicina, raccolgo tutte le mie energie, concentrandomi in un solo punto. E poi torno indietro, nelle mie sembianze umane. Il buio della notte mi augura buona fortuna.
“Ciao!” La mia voce cristallina lo raggiunge, mentre cammino leggera verso di lui.
“Ehm… ciao!” Mi risponde con quel suo sorriso sghembo. Quando mi è mancato.
“Scusami, per caso hai visto un… gatto? Grigio, pelo lungo, un po’ ciccione.” Rido di felicità per questo momento. Quasi come il nostro primo incontro.
Liam si guarda intorno, ma non riesce a distogliere a lungo gli occhi dai miei. “No, niente gatti… Tu sei?”
“Cait… ” Decido di troncare il mio nome. Solo Cait, per oggi.
Noto un fremito delle sue pupille. Si sta chiedendo se sono la stessa Cait che ha nominato su quel divano.
“Piacere io sono…”
“Liam, lo so. Ci siamo conosciuti. Molto tempo fa.” I nostri sguardi sono ancora incatenati.
Non sono solida. Se lui non ricorda, né di me né degli altri spettri, non può entrare nel mio regno e toccarmi. Devo quindi stare attenta che non mi attraversi per errore, alzando una mano o accostandosi alla mia figura. Sarebbe la fine se si accorgesse, proprio adesso, che cosa sono esattamente, un’immagine proveniente da un altro mondo. Devo anche rimanere con i piedi ancorati al suolo, prestare attenzione di non sollevarmi a mezz’aria o di non sprofondare nel marciapiede. Ma non è affatto semplice frenare il mio entusiasmo, in questo momento.
Uno strano rumore colpisce la nostra attenzione, un crepitio annuncia una scintilla che corre veloce lungo i cavi elettrici, sospesi sopra le nostre teste lungo la via. Si sposta repentina lungo il quartiere, per poi esplodere in un boato lontano.
Ho resistito fino all’ultima molecola di energia, e poi mi sono dissolta nell’invisibile, appena Liam si è voltato per osservare la strada.
Ma sono felice, sono troppo felice.

 

Il sabato, nel primo pomeriggio quando l’aria è ancora tiepida, Liam va a correre all’aperto. Il medico gli ha raccomandato un po’ di attività sportiva, ma non gli piace rintanarsi in palestra con Joen, lo rende nervoso. A volte incrocia nei corridoi mia sorella Lize, mentre lui vuole stare da solo, senza alcuna pressione. Così si infila una tuta sgualcita, un giubbetto senza maniche, le fedeli Nike da basket e inizia a correre in direzione della periferia, verso la vecchia fabbrica di trasformatori, abbandonata da vent’anni. Se Anne non viene a trovarmi al cimitero, accompagno Liam lungo il percorso. Talvolta si mette a parlare da solo, e io fingo stia conversando con me anche se non può vedermi, come facevamo prima dell’incidente.
La strada è oramai in disuso, contornata dalla vegetazione che vuole riprendersi il suo posto. L’asfalto è rovinato, eroso dalle intemperie e dalle radici degli alberi che avanzano inesorabili. Ma la zona è tranquilla, solitaria. Niente rumore, niente smog, solo pace.
Liam non arriva mai alla fine del rettilineo, svolta sempre in un viottolo laterale che lo riporta dritto in città, con una tappa al piccolo caffè del signor Hobs, un luogo dove lo portava spesso suo nonno, a quel che mi disse. Questi particolari li ricorda ancora.
Oggi è piuttosto silenzioso, anche se la scorsa notte il suo sonno mi pareva finalmente sereno. Corre a velocità sostenuta, con più forza del solito.
Vorrei tanto potergli leggere nel pensiero ora, scoprire se c’è il mio nome ancora nella sua mente.
Si ferma un momento davanti ai cancelli della vecchia fabbrica diroccata, per riprendere fiato. Prende la bottiglietta d’acqua dal marsupio e beve una lunga sorsata. Osserva la facciata di mattoni scuri, le finestre sbarrate con assi di legno o pannelli di compensato. Qualche vetro ancora integro lascia vedere solo l’oscurità all’interno. Ogni tanto ne leggo sul giornale, qualcuno propone di ricavarne un nuovo centro commerciale.
“Perfetto per un film horror…” mormora Liam. “Zombie, vampiri o spettri.”
All’ultima parola le mie particelle sussultano, chiamate in causa.
Stiamo per riprendere la nostra corsa, quando un rumore proveniente dall’edificio attira la nostra attenzione. E laggiù, vicino al grosso portone fatiscente della fabbrica, osservo un’altra me. La mia stessa immagine, quando riesco ad essere visibile, ci scruta da lontano. I miei capelli, il mio viso, il mio stesso vestito bianco. Non può essere. Chi altri può prendere le mie sembianze in questa maniera?
“Cait!” urla Liam preoccupato. “Cosa ci fai lì?!”
Non sono io Liam, non sono io! Son qui con te! Ascoltami! Grido con tutta la mia energia, quella che mi è rimasta, ma non mi sente.
La ragazza dall’altra parte solleva un braccio e lo invita a entrare. Sempre più preoccupata, mi fiondo direttamente davanti a quella presenza, ma scompare prima che la possa raggiungere.
Quando mi volto per tornare da Liam, lo vedo far saltare il lucchetto della cancellata e attraversare il piazzale correndo nella mia direzione.
Accidenti, è sempre stato troppo curioso. Vattene Liam! Continuo ad urlare con tutta la mia voce, senza sortire alcun effetto su di lui.
Batte sul portone di legno dell’ingresso, ma non si apre, è inchiodato dall’interno. Si sposta dall’altro lato dell’edificio e trova una finestra con una tavola malconcia. Appena la tocca, cade ai suoi piedi in un tonfo. Con un balzo, entra nella vecchia fabbrica. Non mi resta che seguirlo e sperare.
Il buio avvolge l’interno, solo qualche flebile raggio di luce filtra dalle assi sconnesse alle vetrate superiori. Le mie particelle si mescolano con una pioggia di polvere grigia sospesa nell’aria gelida. Di tanto in tanto qualcosa scricchiola nella penombra. Alcune lampade si accendono e spengono all’improvviso, con un ronzio intermittente. Dell’altra me stessa non vi è però alcuna traccia.
Il cuore di Liam batte furiosamente, molto più di quanto facesse prima nella corsa. Fiutiamo un persistente odore di bruciato. Non di plastica e nemmeno di legno, piuttosto di peli bruciacchiati, di pollo in fiamme. O forse di carne umana rovente.
Avverto una presenza benigna alle mie spalle. Chi sei? Fatti vedere! Cosa vuoi da noi?
Non ottengo alcuna risposta, ma in un attimo qualcos’altro di più terribile si illumina di fronte a noi, all’altro lato dell’edificio abbandonato. Mi sento trascinare da una forza brutale, un’energia esplosiva. Cerco di assorbirne un po’, ma in realtà sembra essere lei a risucchiarmi nel vuoto.
Mi attira verso una palla luminescente, un enorme fulmine blu, accartocciato su se stesso.
Liam indietreggia spaventato. L’elettricità statica ha reso i suoi capelli dritti come aculei.
La palla cambia forma, strepitando furiosamente. I contorni disegnano una figura umana, si alza in piedi e rivolge le braccia al cielo, scaricando un lampo abbagliante per tutto il soffitto.
Nascosta nell’ombra ho raccolto tutta la mia forza, concentrata nella mia voce.
“Vattene di qui! E’ pericoloso Liam! Ti prego! Vattene! Io ti amo!”
Un barlume di ragione finalmente lo fa tornare indietro. Incespica mentre esce dalla finestra dov’era entrato. Scatta a perdifiato lungo tutto il piazzale, corre senza voltarsi mai indietro. Il mio spirito invece indugia nell’osservare la vecchia fabbrica, in cerca di spiegazioni.
Liam imbocca subito la stradina laterale che lo riporterà dritto in città, ma nel frattempo afferra il cellulare dal marsupio per cercare aiuto.
“Dove sei Joen?”

 

“Che succede amico? Hai l’aria sconvolta!” Joen ha accostato il furgoncino del negozio al marciapiede per far salire Liam al lato passeggero.
Il mio spirito, sempre più debole, trova riparo vicino alla borsa degli attrezzi dietro il sedile.
“Mi sono stancato troppo, forse ho esagerato con la corsa.”
Joen scruta lo specchietto laterale, prima di immettersi nel traffico della statale. “Sto andando da un cliente, al nuovo polo tecnologico poco fuori città. Alcune apparecchiature sono saltate, mi hanno chiamato per andare a controllare. Impulsi elettromagnetici, in qualche modo associati ai blackout di questi giorni. Mi accompagni? Poi ti porto a casa, al ritorno. Non dovrebbe essere una cosa lunga.”
“Va bene, non ho particolari impegni” sento rispondere Liam un po’ abbacchiato.
“Non esci con Lize questa sera?” Joen lo osserva di sottecchi, senza farsi notare.
“No.”
Restano in silenzio per qualche chilometro, poi Liam riprende la conversazione. “Ho rivisto quella ragazza.”
“Quella dell’ospedale?”
“Si. Cioè, non lo so se è la stessa dell’ospedale, magari quella era solo un’infermiera, chissà di cosa mi avevano imbottito… La sensazione però è che fosse proprio lei. Passeggia talvolta la sera davanti a casa mia, ieri però si è fermata con me, si chiama Cait. Te ne avevo mai parlato?”
Un fremito ricongiunge le mie molecole disperse.
“Cait… no, mai sentito questo nome, mi spiace. Una nuova vicina nel quartiere?”
“Non credo. Ha detto che ci conosciamo da tempo. Ed è lo stesso nome che l’altra sera mi è scappato fuori così, dal niente, mentre baciavo Lize.”
“Ah. La cosa si fa interessante allora. Scommetto che il mistero sta per essere svelato.” Joen gli rivolge un sorriso divertito.
Liam non ricorda che spesso, nelle nostre lunghe chiacchierate dopo il tramonto, accorciava il mio nome in Cait. La sua mente conserva quel dettaglio, in qualche remoto anfratto della sua memoria sofferente.
“Poi però oggi mi era sembrato di vederla alla vecchia fabbrica di trasformatori, alla periferia est, dove vado a correre.”
“Postaccio quello. Non credo proprio che una ragazza ci andrebbe. Forse un’altra allucinazione? Lo stress della corsa?”
“Si, forse… l’ho vista solo per un attimo, poi è sparita.” Liam fissa un punto nel vuoto fuori dal finestrino.
“Allora sono i farmaci. Dai amico, sono convinto che rivedrai quella giusta fuori da casa tua, e vi parlerete ancora.”
“Lo spero. Non riesco proprio a smettere di pensarla.”
Una piccola scintilla di energia riaccende il mio cuore spento. Siamo fatti dell’amore che gli altri provano per noi.
Liam annusa l’aria all’interno dell’abitacolo. “Senti questo profumo? Che cos’è?”
“Non sento niente. Viene da fuori?”
“No, io lo avverto qui. Qualcosa di fiorito, ma non so cosa sia. Forse mia madre ha cambiato l’ammorbidente, lo sento anche nella mia camera, me lo porterò dietro oramai…”
E’ il mio profumo Liam, la mia fragranza all’Iris, la traccia della mia felicità.
“Accidenti, che succede qua?” esclama Joen, guardando fuori dal finestrino. Nel parcheggio dove ci siamo fermati, si trovano ambulanze e auto della polizia, nonché un camion dei pompieri e diversi altri furgoni bianchi. Joen ferma il veicolo in una via laterale, prende alcune borse dal retro, alcune le affida a Liam, poi ci dirigiamo tutti verso l’area transennata.
“Ehi Mick!” Joen chiama uno degli agenti di polizia sul posto. “Che casino c’è?”
L’uomo si avvicina, spostando uno dei nastri che delimitano la zona circoscritta. “Un altro blackout, un’altra donna morta. Se però devi entrare nell’edificio, ti lascio passare. Ci sono sicuramente danni lassù.”
Attraversiamo il piccolo spiazzo e per un attimo osserviamo la scena del crimine, dove gli operatori stanno completando i rilievi. Un’altra giovane ragazza riversa a terra, immobile in una posizione scomoda. Il viso ci guarda severo, gli occhi bianchi senza pupille.
“Comincia a diventare strana la faccenda. Tu ne sai niente?” Joen evita di fissare a lungo il cadavere e si dirige veloce all’ingresso.
“Io? Perchè? Che c’entro?” Liam lo segue davanti all’ascensore.
“Prima… accadevano tante cose assurde e tu, non so come, le capivi.”
Liam si volta indietro, senza realmente vedere al di là della vetrata. “Assomiglia all’altra donna, non ti pare? Altezza, fisico, colore dei capelli.”
“Uhm, ora che ci penso, anche quella scomparsa, proprio in corrispondenza del primo blackout,” Joen schiaccia il tasto del quinto piano, “quella che ancora non hanno ritrovato… c’erano le sue foto sul giornale, aveva una fisionomia simile.”
“Tre blackout, tre donne. Già questo è sconcertante.”
L’ascensore si ferma con un piccolo campanellino. Liam esce per primo sul pianerottolo.
“Ma tre donne che si somigliano… sembra una caccia, non credi Joen?”

 

Al ritorno a casa, Joen lascia il furgoncino nel vialetto ed entra un attimo per salutare i genitori di Liam. Laggiù all’orizzonte, il sole si immerge nella notte e una nuova forza dal regno dei morti torna a ricompattare il mio spirito. Rinfrancata, ascolto le chiacchiere dei ragazzi dalla poltrona del nonno e poi li accompagno di nuovo fuori, quando Joen sta per andarsene.
Sotto il portico, Liam si blocca sorpreso. La sua incredulità è anche la mia, alla vista di un maestoso vascello ormeggiato giù nella via principale, immerso in un mare di nebbia fitta. Non riesco a trovare un significato alla sua presenza.
“Ma tu lo vedi?”
“Cosa?” Joen segue lo sguardo fisso di Liam in un punto specifico.
“Quello… lì, enorme, sulla strada.”
Joen osserva la carreggiata da nord a sud, senza notare niente di particolare. Le solite auto dei residenti, i bidoni della spazzatura, le cassette della posta, le siepi ben tagliate, qualche calcinaccio nella casa di fronte in ristrutturazione. “Ma quello cosa?”
“Io vedo… un veliero. Lo scafo prende dalla casa della signora Miller fino al garage degli Smithson. Tre alberi. Vele ammainate, non c’è vento. Sembra abbandonato, non mi pare ci siano persone a bordo, lassù.”
Liam scende lungo il vialetto e poi si volta verso l’amico. “Ma lo vedi? Ti prego, dimmi che lo vedi!”
Joen voleva rassicurarlo ma no, non c’era nulla ovviamente. Era davvero preoccupato per Liam, forse i farmaci erano troppo pesanti.
“No, non lo vedo. Mi spiace.”
“Sembra così reale…” Liam alza un braccio per toccare l’imponente scafo, pensando di afferrare solo l’aria. Invece percepisce sotto le dita la ruvidità del legno e l’umidità dell’acqua. Cammina lungo il marciapiede, lasciando scorrere la mano lungo la struttura. Ma poi ritrae la mano di scatto, spaventato dalla sua stessa follia.
Joen lo raggiunge, lo afferra gentilmente per una spalla, tirandolo verso casa.
“Vai a dormire Liam. Una bella nottata di sonno e magari domani andrà meglio.”
Liam annuisce e lo saluta mesto. Lo lascio rientrare da solo, perché intendo scoprire cosa si cela dietro questo veliero fantasma.
“Esci fuori!” grido all’oscurità che ci avvolge. “Lo so che ci sei! Eri tu oggi, alla fabbrica? Che fingevi di essere me?”
Un’ombra scura esce dal mare di nebbia ai miei piedi.
“Si. Ero io. Ti chiedo scusa, ma era necessario.”
“Chi sei?”
L’ombra avanza verso il cono di luce del lampione. Un marinaio dall’abbigliamento. Capelli canuti e viso segnato dalla sofferenza.
“Sono il capitano della Marie Rose, questo antico vascello. Saliamo dal mare per recuperare le anime dei defunti rimaste bloccate fra il mondo dei vivi e quello dei morti, e accompagnarli finalmente verso la pace eterna. Ho bisogno del tuo amico, del suo collegamento tra i nostri mondi per rintracciare l’anima dispersa che sono venuto a prendere.”
“Un traghettatore di anime dunque. E chi stai cercando?”
“Mio figlio. Purtroppo si è smarrito ed è tutta colpa mia. Il problema principale dei ragazzi è l’incapacità dei genitori che hanno. Ero troppo concentrato ad essere figlio, a rincorrere le attenzioni di mio padre, dimenticando di essere padre a mia volta. E questo è il risultato, mio figlio si è perso, inghiottito dalla rabbia che lo divora.”
“Era lui oggi, laggiù alla fabbrica? Quella cosa… così carica di energia?”
Il capitano sospira, le spalle ricurve sotto il peso della tristezza. “Sì. La rabbia è un’energia molto potente. La rabbia covata per molto tempo può trasformare le persone per sempre. La rabbia è il varco del male nel cuore. E lui ne prova davvero tanta.”
Per un attimo avevo temuto che fosse venuto per prendere il mio spirito, in fondo anch’io sono bloccata qui.
“Non siamo anche noi in questo stato per la rabbia?” gli chiedo affranta. “Le nostre questioni in sospeso… non sono la rabbia per la fine tragica che ci è toccata?” Cerco la risposta direttamente nei suoi occhi.
“No mia cara. Noi siamo qui per amore. Per l’affetto verso un figlio nel mio caso, Per l’amore profondo che provi per quel ragazzo, nel tuo.”

 

Il giorno successivo Liam sta ribaltando completamente la propria camera da letto e io seguo preoccupata tutto questo svuotare di cassetti della scrivania, rovistare nell’armadio tra i maglioni e le coperte, tirare giù dagli scaffali e aprire scatole piene di cianfrusaglie, passare tutti i quaderni e i libri in cerca di qualcosa, ma ancora non ho capito esattamente che cosa. Un oggetto, un foglio o un indizio?
Liam bofonchia qualche parola ogni tanto, senza alcun significato apparente. Me ne resto tranquilla, sospesa al lampadario, in attesa.
“Liam… tutto bene?” Sua madre compare davanti alla porta, spaventata dalla vista del pavimento pieno di materiale vario, alla rinfusa.
“Sto cercando una cosa mamma, ma non ricordo dove l’ho messa…” E’ in ginocchio di fronte all’ennesima scatola di cartone da svuotare.
“Vorrei aiutarti, ma questa camera la conosci solo tu. Vietato l’accesso, mi hai sempre detto.” Sua madre sorride divertita. Persino io ho memoria delle litigate furibonde tra loro due. Rischiava di piombare nella stanza mentre Liam stava parlando con una ragazza invisibile.
“Lo so mamma, questo lo so. Non preoccuparti. La troverò.”
Un pizzico di euforia scorre tra le mie particelle dissolte. E se stesse cercando me? La prova di un legame con quella Cait?
Adesso so cosa fare. Raccolgo le mie poche forze e mi muovo in uno scatto davanti alla piccola libreria a fianco della porta. Cerco tra i vari dorsi quel titolo, così importante per noi due. Eccolo, un romanzo consumato, un classico appartenuto a sua madre. Cime tempestose, una storia d’amore contrastata a causa delle convenzioni sociali, e una storia di spiriti affini che si ritrovano nella morte.
Mi concentro in un unico punto e riesco ad estrarlo dalla massa di libri dove è infilato. Poi richiamo tutta me stessa e lo lancio con quanta più energia riesco contro il muro di fronte. Si schianta nella parete e cade con un tonfo.
Liam si blocca di colpo, per vedere cosa è successo alle sue spalle. Non ha visto l’oggetto volare, sono stata attenta, ma adesso il romanzo è aperto a tre metri di distanza almeno da dove si trovava prima. Colgo lo stupore e la curiosità nel suo sguardo.
Si alza da terra, percorre pochi passi e osserva il romanzo sgualcito sul pavimento. Leggiadra sopra la poltrona al suo fianco, mi sembra di trattenere il respiro, ma non ho bisogno dell’aria. Fremo d’impazienza e spero che funzioni stavolta. Lì dentro Liam ha lasciato una prova del nostro amore, ne sono certa.
Si gira verso la libreria, per controllare il posto dove si trovava prima il libro. Si sfrega la mano al mento, pensieroso. Poi inizia a scorrere quelle pagine, qualche appunto segnato qua e là, delle sottolineature a matita. E un foglio di carta ripiegato.
Sul davanti, una scritta in pennarello nero. “Se mi dovesse succedere qualcosa, leggi questo.”
Lo avevamo preparato insieme, ma finora avevo paura di farglielo ritrovare, che fosse prematuro scoprire la mia esistenza, senza avermi vista almeno una volta, senza il dubbio che quelle allucinazioni siano molto di più che stupide immagini della mente.
Le mie molecole vibrano all’improvviso di gioia, il mio spirito sta rinascendo e ricompattando la sua energia. Liam sta leggendo di me.
Le sue pupille scorrono veloci le righe scritte dalla sua mano tempo fa. Si sta chiedendo se quella è pazzia, o verità.
Mi sta pensando, sta cercando di ricordare. Sento la forza del suo richiamo, una nuova vitalità scorre fluida nella mia essenza.
Se solo volessi, potrebbe vedermi in questo momento. Fuori dalla finestra si vede la notte scendere come un manto dal cielo. Ma quale visione di me potrei offrirgli? Il mio candido vestito etereo o il mio corpo mutilato e insanguinato? Non tutto che sono dipende dalla mia volontà, ma anche dalla sua. Non voglio correre rischi, per ora rimango nell’ombra.
Liam sospira, mentre rimette il foglio al suo posto e ripone il romanzo in libreria. Scorgo mille domande attraversare il suo volto.
Prende poi un’altra grossa scatola colorata dal ripiano poco sopra quello dei libri, la apre per controllare il contenuto.
“Eccola! L’avevo messa qui, che stupido. In un momento di fretta, senza pensare. Infilata a caso proprio!”
Dall’interno afferra una specie di maglia metallica ripiegata. Non so cosa sia e soprattutto cosa intenda farne Liam.
Suona il suo cellulare sulla scrivania, un nuovo messaggio. Risponde velocemente e poi afferra dall’attaccapanni il giubbotto per uscire.
Si ferma un momento davanti alla porta. La chiude e si volta verso l’interno della stanza.
“Se quello che ho scritto è vero…” La sua voce è chiara e sicura.
“Allora tu sei qui dentro, ma non ti posso vedere. Ancora non ti ricordo, Caitlyn. Ma lo desidero tanto.”
Quando esce di casa pochi minuti dopo, l’imponente veliero è ancora lì, comodamente adagiato nel mare di nebbia.
Ma stavolta Liam sorride.

 

Siamo di nuovo davanti alla casa dei miei genitori, nella veranda laterale. Mia sorella Lize ha chiesto un incontro con Liam, per chiarire quanto successo qualche sera fa, sul divano del nostro salotto. E’ lei ad aprirci la porta. Indossa uno dei miei maglioncini rosa, anche se mamma le aveva proibito di toccare le mie cose dopo la mia scomparsa. Ha un’aria mesta e sono davvero dispiaciuta per lei, nonostante tutto.
“Vuoi entrare?” chiede a voce bassa.
“No, preferisco di no. Anche perché non ho molto tempo, ho un altro impegno più tardi.” Liam non è arrabbiato, lo capisco dal suo tono, ma probabilmente non vuole alimentare altre speranze.
Per un attimo scorgo Lize smarrita a questa risposta. Poi però prende un lungo respiro e un po’ della sua determinazione. “Volevo scusarmi per averti buttato fuori di casa l’altra volta…”
“Non c’è problema. E’ stata colpa mia.”
“No, io… Sono stanca di essere chiamata con un altro nome, come se tu non fossi davvero con me, mentre…”
“Lo so, mi spiace. Ti assicuro che non volevo.”
“Non era nemmeno la prima volta. Non te ne eri accorto, ma avevi già usato quel nome, io avevo fatto finta di niente.”
Liam ci riflette un momento, probabilmente gli era sfuggito. Io però ero sempre presente, dispersa in mille particelle sofferenti.
“Mi spiace. Io non ricordo. Non ricordo noi due, tu ed io. Non ricordo nemmeno questa Cait, o Caitlyn, forse tua sorella, forse un’altra persona, forse solo la mia mente incasinata. Solo… io non ricordo.”
Lize si avvicina per abbracciarlo, ma Liam si sposta appena per evitare il suo contatto.
“E in questo momento non me la sento di continuare. Mi spiace.” Le ultime parole sono poco più che un sussurro.
Gli occhi di lei diventano lucidi in pochi istanti, le mani iniziano a tremare, le infila in tasca per non farsi vedere.
“Mi spiace Lize. Ma è solo per poco tempo. Solo finché non recupererò la memoria. Poi tornerà tutto a posto, lo so.”
Ma quando ricorderai Liam, lei ti avrà perso per sempre e tu correrai di nuovo tra le mie braccia, sospesi tra due mondi inconciliabili. Non sono certa di poter essere felice di tutto questo, per nessuno di noi tre. Però l’amore non si può imporre, credo Lize l’abbia capito stavolta.
“Ok. Ciao.” Riesce a dire solo questo, la voce rotta dall’emozione. Poi Lize rientra in casa, piangendo oramai a dirotto.
La seguo fin su per le scale, diretta in camera sua, dove sbatte la porta con un tonfo, poggiandovi la schiena. Non smette di singhiozzare e disperarsi, con l’impeto della sua adolescenza, così come capitava anche a me nelle giornate storte. Si lascia scivolare giù e si siede a terra, raccoglie le ginocchia e ci sprofonda il capo. Calde lacrime raggiungono il pavimento in moquette. Vorrei tanto abbracciarla, stringerla forte e farle capire che questo non è niente, passerà, arriverà altro, tante cose belle. Questo non è niente, non è la morte.
“Sono stanca…” mormora. “Sono stanca di essere scambiata per un ricordo di te, davvero. Non me lo merito. Non è giusto.”
Singhiozza di nuovo, e tira su col naso. “Vorrei che tu fossi qui… sarebbe tutto diverso.”
Posso tenerla lontana dal mio assassino, ma non posso proteggerla dalle lacrime sulla mia tomba.

 

Lascio mia sorella Lize addormentata sul suo letto, abbracciata al suo cuscino, sfinita dalle lacrime. Ma al sicuro, almeno per questa notte. In un sospiro, mi ritrovo vicino a Liam. Sta camminando al buio sulla strada deserta che porta alla vecchia fabbrica di trasformatori. Non può proprio aspettare di cacciarsi nei guai? Le mie preghiere sono però esaudite quando in lontananza compaiono i fari del furgoncino di Joen.
Si ferma proprio davanti a noi.
“Ho provato a chiamarti ma il telefono è spento” esordisce Joen scendendo dal veicolo.
“Non è spento, è isolato. Nella maglia in ferro e magnetite regalatami dal nonno. Per proteggerlo dagli impulsi elettromagnetici, quelle che hanno rovinato l’elettronica dei tuoi clienti.”
“Uhm, geniale. Il telefono sarà salvo, ma tu?” Joen sorride, mentre si siede sul cofano del furgoncino a braccia conserte. “Lize mi ha chiamato piangendo, è preoccupata per te.”
“Sto bene.” Liam solleva le spalle incurante.
“Vi siete lasciati? Ammesso che siate mai stati insieme…”
“Già, avevi ragione tu amico. Non ero impegnato con Lize. Ma c’era un’altra ragazza.”
“Quella dell’ospedale?”
“Si.” Il mio spirito gioca in circolo felice, tutto intorno a Liam.
“…che è quella che ti passeggia davanti casa?”
“Credo proprio di sì.”
“Ma hai recuperato la memoria?”
“No, purtroppo no. Però ho lasciato qualcosa di scritto in giro, in caso di necessità.” Liam sorride soddisfatto dell’idea.
“Chissà perché questo non mi stupisce affatto.” Joen si alza dal cofano e si dirige verso il retro del furgoncino. Apre le pesanti portiere e inizia a rovistare all’interno.
“Come hai fatto a trovarmi?” gli chiede Liam.
“Beh, ho i miei sistemi… Ma non era difficile. Potrei scommettere che hai visto qualcosa alla fabbrica e vuoi tornarci.” Joen si gira verso Liam con un ghigno furbetto. “Avrei preferito di giorno, ma ho capito che ti muovi solo di notte, come Batman. Vero?”
“Sì, funziona solo di notte.”
Joen estrae dal furgoncino uno zaino da trekking e inizia a riempirlo di varie cose, prese da diverse scatole lì dietro.
“Ma dove stai andando?” Liam lo osserva allarmato.
“Tu hai uno zaino, io ho uno zaino. Vengo con te, ovvio. Ho ancora i giubbotti antiproiettile di mio zio, eccoli qua, me li ha lasciati.” Gli lancia uno dei giubbotti, per indossarlo. Sono talmente contenta di questa sua premura che vorrei abbracciarlo e ringraziarlo.
“Nessuno ci sparerà.” La sua voce è ostile, ma si toglie il giubbotto sportivo e si infila lo stesso quello antiproiettile.
“Magari ci sparassero, sarebbe una cosa normale!” sbotta Joen. “Temo succederà di peggio, come l’ultima volta al cimitero.”
Lasciamo il veicolo lì, a debita distanza dal pericolo, e camminiamo lungo la strada deserta. Non ci sono lampioni in quest’area abbandonata, solo la luna illumina debolmente la zona. Ma quando le nuvole la coprono, l’oscurità diventa impenetrabile.
Joen stringe ancora di più la torcia tra le mani, l’unico raggio di luce ai loro piedi.
Attraversiamo la cancellata in ferro divelta e poi il parcheggio infestato dagli arbusti. Nella penombra chiunque potrebbe nascondersi dietro le loro fronde scure. Passiamo anche vicino al fossato che serpeggia intorno alla fabbrica, l’acqua nera e stagnante non restituisce alcun riflesso alla torcia. Quanto profondo e pericoloso può essere, si stanno domandando entrambi.
“Cosa stiamo cercando? Ricordami perché accidenti sono qui” bofonchia Joen agitato.
“Perché mi vuoi bene e mi caccio sempre nei guai.”
“Non è sufficiente…”
“Perché ieri ho visto un blocco di energia qui, non so nemmeno come definirlo. Si muoveva alla stessa velocità delle scintille lungo i cavi che creano tutti questi blackout. E questa è una fabbrica di trasformatori, c’è ancora del materiale all’interno. Forse una correlazione?”
Le lampade alogene fissate al muro di mattoni della fabbrica iniziano a ronzare tutto intorno. Una si accende e illumina qualcosa lì a terra.
Il cadavere di un’altra giovane donna, un’altra vittima di questa follia inspiegabile.

 

Entriamo nell’edificio dalla stessa finestra usata l’altra volta da Liam. Il mio spirito li precede per sicurezza, ma appena varco il perimetro della costruzione qualcosa cambia all’improvviso. Di nuovo quella forza oscura sta risucchiando tutte le mie energie, quelle poche che ho conservato per proteggere i miei due amici. Mi appiattisco al suolo, perché qui avverto meno l’effetto del vortice energetico che mi svuota.
All’interno c’è ancora quel terribile puzzo di bruciato e Joen solleva il collo della felpa fin sopra il naso. Persiste anche l’elettricità statica che rizza i capelli di Liam, mentre quelli di Joen sono troppo corti per notare la reazione.
“E quello che cos’è?” Joen indica un punto nel mezzo dell’ampio salone dove ci troviamo.
“Quello è proprio ciò che avevo visto… ma cosa sia, non lo so.”
Liam avanza lentamente verso la palla di scariche elettriche, alcune sfuggono alla sua forma e colpiscono le pareti, illuminando il salone di blu e violetto. Come allertata da presenze estranee, la palla reagisce intensificando la sua attività. Una delle scintille colpisce un vecchio trasformatore abbandonato, provocando una terribile esplosione di metallo ed energia.
“Liam, torna indietro!” gli sibila Joen, dando voce anche ai miei pensieri sconnessi.
Sono sempre più debole, incapace di qualsiasi movimento. Le mie particelle si stanno disperdendo, assorbite da una potenza sconosciuta. Se non trovo modo di oppormi, finirà con l’annullarmi per sempre. Di me resteranno solo le ossa sepolte in cimitero.
Liam decide di aggirare l’ostacolo, gli gira intorno a distanza per capire se una visuale differente offre qualche altro elemento. Ma un’altra scintilla, molto più intensa delle altre, lo colpisce in pieno petto.
“Liam!” urla Joen correndo verso di lui.
La scarica però non ferma la sua corsa, come ci si aspetterebbe. Il flusso luminoso è continuo dalla palla energetica, il lampo afferra il corpo di Liam e gli corre tutto intorno, quasi una mano invisibile lo tenesse in pugno. E io non posso fare nulla… sono allo stremo… poche particelle indistinte nell’aria… fatico anche a tenere insieme i miei pensieri…
“Caitlyyyyn!”
Liam urla il mio nome a perdifiato, più e più volte. Ricorda, ora ricorda tutto. Mi sento invadere da un’energia impetuosa, le mie particelle si ricompongono velocemente nella mia essenza e riesco a staccarmi dal giogo che mi stava annientando. Sono subito al fianco di Liam e con un semplice movimento lo strappo dalla scarica elettrica, abbracciandolo stretto. Ora che sono forte, ora che siamo di nuovo insieme, niente e nessuno può fermarmi.
Quasi volando, sposto con cautela Liam verso un riparo improvvisato, lo stesso muretto basso dove si è nascosto Joen.
“Mi dispiace, mi dispiace Caitlyn… ” Balbettando, alza un braccio per accarezzarmi la guancia. Sono più solida che mai, e i suoi occhi non mollano i miei nemmeno per un istante.
Ma sono ancora invisibile per il povero Joen, che osserva l’amico stranito, incapace di spiegare i suoi movimenti nell’aria.
“Ho rischiato di perderti vero?” Liam mi tocca i capelli, le labbra, le mani. “Mi dispiace, non succederà più, te lo giuro.”
“Non importa, ora sono qui” riesco a rispondergli, ebbra di felicità.
La palla nel frattempo si è innalzata al soffitto, rivelando nuovamente la figura di un uomo, avviluppato nella sua energia malefica.
Liam tenta di rialzarsi dalle mie ginocchia.
“Quella cosa… quel mostro, dobbiamo fermarlo. Tu sai chi è?” mi chiede a bassa voce.
“Un’anima smarrita, accecata dalla rabbia.”
“E come facciamo a bloccarlo?
“Non lo so Liam, davvero non lo so.”

 

“Questa è un’idea stupida.” Accovacciato per terra, Joen continua a fissare il mostro elettrico dall’altra parte del salone.
“Affatto, questa è la nostra unica salvezza!” Liam chiude dietro di noi un cancelletto metallico.
“Una gabbia?!” esclama Joen irritato.
“Una gabbia di Faraday. Non stavi mai attento alle lezioni del professor Murney?” Liam inizia a rovistare dentro lo zaino.
“Non lo sopportavo proprio quello.”
Dopo aver strappato Liam dalla scarica elettrica, il mostro non ci ha dato molto tempo e con un’altra scarica ad alta intensità ha distrutto il muretto dietro il quale ci riparavamo. Abbiamo corso lungo il perimetro della fabbrica, fino a trovare delle strutture con barre di ferro.
“Se tenterà di colpirci, il fulmine si fermerà al metallo, conduttore di elettricità, e poi finirà al suolo, mentre noi qui dentro siamo protetti. Probabilmente le usavano nella vecchia fabbrica, per testare i trasformatori senza rischiare. L’importante è non toccare il contenitore, perciò tieni le mani lontano dalle traverse.”
Joen ritira veloce le dita che aveva proprio appoggiato alla struttura.
Liam chiude lo zaino con un sbuffo. “Non ho niente di utile e non mi viene in mente niente…”
Mi rannicchio vicino a lui, quanto mi sono mancate le sue spalle e il suoi abbracci.
“Se è un’anima persa è qui per delle questioni in sospeso. Quali sono?” mi sussurra all’orecchio.
“E lo chiedi a me?” risponde Joen distratto.
Sorrido del divertente malinteso. “Non lo so Liam. Dovrei cercare di connettermi al suo spirito, ma non ho poi così tanta forza.”
Mi guarda preoccupato, mentre con la mano sposta i miei capelli. “Posso aiutarti in qualche modo?”
“Si, facendomi uscire da questa gabbia” lo rimbrotta Joen.
Scoppiamo a ridere entrambi. “Dovresti toccarmi Liam…” Sollevo la mia mano verso la sua e lui la afferra, portandosela alle labbra.
Joen lo fissa sbigottito. “Ma che cav…?!”
Lascio che l’amore di Liam mi scorra all’interno, come un fluido benefico che ricompatta tutte le mie particelle, dandogli forma e significato. Al contempo mi concentro su quell’essere informe a pochi metri da noi, tentando di comunicare.
Chi sei?
Jonathan, Jonathan Wilson.
Perché sei qui?
Per vendicarmi.
Di che cosa?
Mia madre ha rovinato la mia vita. Mio padre ci ha abbandonato per colpa sua. E poi è morta, lasciandomi solo.
In quel preciso momento un boato interrompe la nostra conversazione. Dal muro più in fondo dell’edificio entra piano, aderente alla pavimentazione, una nebbia grigia e densa. Si muove a ondate, fino a invadere tutta la fabbrica. Dietro di essa compare prima il pennone orizzontale, poi lo scafo di prua e la statua dorata di una donna, infine tutto il veliero con le vele spiegate al vento immaginario.
“Caspita! Questa sì è un’entrata ad effetto!” esclama Liam divertito.
Dalla nebbia risale anche il suo capitano della Marie Rose.
“Jonathan, finalmente ti ho trovato. Sono tuo padre.”
Il mostro concentra tutta la sua forza elettrica verso il nuovo arrivato, senza alcun risultato. Il capitano si avvicina alla sua massa fluorescente, come se nulla potesse fermarlo, e lo accoglie tra le sue braccia. Come d’incanto, l’energia si smorza e restiamo tutti al buio.
“Ma che succede? Perché si è… spento?” Joen non può entrare nel regno dell’altrove.
Resta solo lo spirito smarrito di Jonathan che finalmente si ricongiunge con suo padre e la serenità.
Solo per un breve istante, si voltano verso di noi.
Grazie, mi avete riportato da mio figlio. Ora verrà con me, lo traghetterò nella luce.
“Ma mi spiegate che succede?!”

 

Recuperato il cellulare di Liam, ancora funzionante dentro la maglia in magnetite del nonno, abbiamo chiamato i soccorsi. Stanno recuperando il cadavere della giovane donna nel parcheggio, oltre a indagare sulle cause della morte e mettere in sicurezza tutto l’edificio.
Liam è seduto sul pianale dell’ambulanza, le portiere aperte dopo che il medico l’ha visitato. Lo sto abbracciando forte, ancora non ci credo di essere di nuovo insieme. Joen si libera dalle domande della polizia e torna da noi.
“Come stai?” Le occhiaie e l’aria sbattuta di Joen mostrano la preoccupazione delle ultime ore.
“Sto bene. Davvero.”
“Stavolta ti avevo davvero visto spacciato. Sembrava tu stessi andando a fuoco e poi quell’urlo disumano…”
Liam gli stringe l’avambraccio. “Lo so, mi spiace. Ma sto bene. Ora… ricordo, tanto per cominciare. Ricordo bene chi sono e cosa sono capace di fare.”
Joen annuisce, poco convinto. “Le allucinazioni? Ci sono ancora?”
“No. Cioè sì, ma non sono proprio allucinazioni.”
Liam ha deciso alla fine di aver bisogno di un alleato e Joen è l’unico di cui si possa fidare. Sono cresciuti insieme fin da bambini, è più di un fratello. Non gli piacciono le stranezze, ma comprenderà quella di Liam. Anch’io sono contenta di questa scelta. Abbiamo compreso che non posso essere sempre io a proteggere il nostro amore.
“Hai urlato il nome di Caitlyn. E poi ti muovevi e parlavi come se fosse stata lì presente… che significa?”
“Secondo te? Le conosci anche tu le storie che ci raccontava mio nonno da piccoli.” Liam sorride mestamente.
“Mi stai dicendo… che vedi i fantasmi?!”
“Li vedo, li tocco. E li bacio anche.”
La faccia sconcertata di Joen è alquanto comica. Probabilmente ha in mente qualche film horror.
“Beh, solo quelli carini” prosegue Liam.
Una risata sommessa gli accarezza l’orecchio, prima di sentire le mie gelide labbra sul suo collo.

 

(c) 2022 Barbara Businaro

Note finali:
Ogni anno rileggo l’ultimo episodio pubblicato e ogni anno non mi sento all’altezza di proseguire. Mi stupisco di quanto ho già scritto, quasi non mi riconosco e comincio a buttare giù la nuova storia con un’ansia da prestazione incredibile. Quando arrivo alla fine del nuovo racconto, uscendo da una specie di trance ipnotica, mi guardo indietro e… davvero l’ho scritto io?!
L’idea di Liam che perde temporaneamente la memoria, rischiando di perdere anche Caitlyn, mi era venuta molto tempo fa, forse ancora intorno al racconto numero 3. Non ricordo se stavo guardando un film o leggendo qualcosa, ma c’era una frase che suonava circa così: “Noi siamo la nostra memoria, tutto ciò che siamo e conosciamo è nella nostra memoria.” Avendo perso una prozia per la demenza senile, conosco molto bene gli effetti tragici della perdita della memoria e della propria identità. Che succede quindi se Liam dimentica di poter vedere e toccare gli spiriti dei morti, soprattutto il suo legame con Caitlyn? L’unica che conosce questo segreto è Caitlyn stessa, nessun altro lo sa. Era poi un bel finale ad effetto, lì in ospedale, sentirlo chiedere: “Scusa, ci conosciamo?”
Sapevo anche di voler scrivere un pezzo dal punto di vista del fantasma. Anche il primissimo racconto sono stata tentata di scriverlo con parti in prima persona di Caitlyn, ma ho resistito. E addirittura ho resistito fino all’episodio numero 7. Ma qui ho dovuto per forza di cose cedere alla tentazione: se Liam non ricorda niente, chi diamine la racconta questa storia?!
😀
Poi ho cominciato a pensare alla sfida: non solo immedesimarmi in uno spettro, con tutto ciò che comporta, anche se ho una fervidissima immaginazione a sostenermi, ma soprattutto… la crisi del settimo anno! Proprio al numero 7 dovevo decidermi di correre questo rischio?!
In effetti si poneva il problema più arduo: come accidenti gliela faccio recuperare la memoria adesso al povero Liam? Quale altro fantasma, spettro, animale, umano, non umano, mostro o “cosa” può aiutarlo a recuperare i suoi ricordi? Un’altra botta in testa? Un’altra coltellata, un’altra pallottola, un altro osso rotto? Mi stavo arrovellando su questo dilemma una sera, durante un temporale, e tre fulmini hanno squarciato l’orizzonte. Elettricità. Scariche elettriche. Blackout. Tesla. Impulsi elettromagnetici. Gabbia di Faraday. Magnetite. Tutta quella roba lì, e qualche litigata con lo scienziato di casa (lui guarda estasiato i lampi dal terrazzo, contando i secondi al tuono, io vado a rifugiarmi come un gatto sotto il tavolo, lontano dalle finestre). Continuava a dirmi: “no, non funziona così, non ha senso, non puoi stravolgere la Fisica!” Mentre io rispondevo: “Siamo nel regno del fantasy, io sono l’autore e faccio quello stracavolo che voglio! Con un minimo di coerenza. Non quella della Fisica, ma la mia.”
😀
Così è saltato fuori l’uomo-elettrico, il cattivo della storia. Ma le sue ragioni quali sono? Con chi è arrabbiato? Perché uccide? Qual è il suo scopo? “Il male non ha sempre uno scopo, talvolta è fine a sé stesso.” Sì, vero, ma ho bisogno di qualcosa di più, nelle mie storie.
Poi durante la mia visita all’Amerigo Vespucci attraccata a Venezia, l’amica che mi accompagna mi racconta di averla vista, anni addietro, spuntare all’improvviso in mezzo alla nebbia mentre lei viaggiava in traghetto. Me la sono immaginata ma tre secondi dopo io l’ho vista ormeggiata davanti la casa di Liam. “No dai, non lo posso fare, è un’assurdità!”
Quando ho iniziato a scartabellare i vecchi appunti (perché ogni anno scrivo annotazioni anche per i racconti successivi) trovo un articolo che avevo salvato da parte, quello sulla Leggenda del caligo, la nebbia che accompagna le anime verso la pace. Perfetto, ho pensato, su quella nebbia io ci faccio navigare un veliero fantasma!
Infine ho letto un romanzo bellissimo in questi giorni: Sei ancora qui. I still see you di Daniel Waters. L’ho scoperto tramite un film straordinario in seconda serata, ma il libro è decisamente di più. Ve ne racconterò in un prossimo post sul blog, ma intanto posso dirvi che i suoi fantasmi, seppure diversi dai miei, mi hanno ispirato parecchio. “Non era necessario morire per diventare un fantasma.” riferito alla madre di Caitlyn è preso dalla pagina 118 del romanzo. Anche la frase “I fantasmi sono la parte peggiore.” proviene da lì, a pagina 10. Mentre leggevo, quelle parole mi colpivano ed entravano nella mia storia.
Ultima annotazione. Ho cominciato ad abbozzare il racconto mentalmente ai primi di ottobre. L’ultima settimana ho scritto 16.800 caratteri di sola “struttura”, le azioni nelle varie scene tracciate a grandi linee. Poi dal venerdì pomeriggio senza interruzione fino alla domenica sera (ho chiuso alle 19:20) ho scritto tutto il racconto fino al totale di 61.566 caratteri. E con questo settimo, la serie è giunta al totalone di 324.822 caratteri. Un numero che mi fa paura persino dei fantasmi!
Ah già, un’ultima cosa, per le malelingue che sempre me lo chiedono. Oh sì, questo racconto è autobiografico. Le mie particelle in questo momento aleggiano sopra le vostre spalle. So cosa state facendo.
😉

Volete sapere come continua? Trovate l’indice di tutta la serie qui: La storia di Liam e Caitlyn

 

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Comments (16)

Barbara

Ott 31, 2022 at 11:21 AM Reply

Misterioso, intrigante, coinvolgente, ma soprattutto comunque scrittura che ti entra dentro!

Barbara Businaro

Nov 01, 2022 at 11:16 AM Reply

Sembra che stia commentando me stessa! 😀 😀 😀
No, lei è Barbara G. e di solito mi segue e legge da Facebook.
Sono contenta ti sia piaciuto. “Scrittura che ti entra dentro” è proprio una bella definizione! ❤

IlVecchio

Ott 31, 2022 at 11:44 AM Reply

Non sono certo il lettore-tipo di questo genere, vista l’età. Eppure l’ho letta e mi è piaciuta. Se torni indietro a rileggere il primo racconto, si nota un’accelerazione notevole dei tuoi progressi. Te l’ho già detto al telefono, mi ripeto: devi, sottolineo il devi, prendere coraggio e mettere tutto insieme.

Sul fatto che sei dietro di me e sai cosa sto facendo, devo cambiare il codice del mio bancomat adesso? : -)

Barbara Businaro

Nov 01, 2022 at 11:50 AM Reply

Sono cosciente che rileggendo tutta la storia dal primo racconto si sente una certa differenza, non credo sia solo una questione di progressi quanto anche di maggiore fiducia nella storia, nei personaggi, e nelle mie capacità. Sulla questione di “mettere tutto insieme”, non credo lo farò prima della fine della serie, per due motivi: questo metodo funziona, per quanto strampalato, e un metodo che funziona non si cambia; temo lo sgambetto di non rispettare la scadenza di Halloween, non si scherza con gli spiriti! 😉

…ti ho già svuotato il conto! 😛

Daniela Bino

Ott 31, 2022 at 12:08 PM Reply

Che suspense! Ho atteso trecentosessantacinque giorni e non è stato vano. Un racconto ricco di pathos, arrivato ad hoc perché mai come quest’anno sento l’avvicinarsi della festa dei morti: odo la voce di persone che non ci sono più, volate via troppo presto. La mia amatissima nonna, quest’anno anche la mia mamma, mio cugino Giuliano (il capitano di bordo, che mi faceva sorridere con tutte le sue avventure marinare). Ho atteso con impazienza il ritorno di Liam e Caitlin, giunto per ricordarmi che il velo che separa i due mondi è sottile: chi non c’è più accompagna le nostre giornate grazie ai ricordi che rimangono impressi nella mente e nel cuore e costituiscono quell’immortalità dei nostri cari che lenisce il rammarico di non averli più con noi.
E Caitlin… così effimera e così umana! nei suoi sentimenti! Una figura delicata e determinata. Chissà cosa ci aspetterà il prossimo anno?! Ma dobbiamo per forza lasciar passare trecentosessantacinque giorni? Sicura?

Come sempre, lodi, lodi, lodi!

Barbara Businaro

Nov 01, 2022 at 11:55 AM Reply

Dobbiamo per forza aspettare trecentosessantacinque giorni? Ma no, se vuoi te lo dico subito come finisce: lei muore.
Ah no, aspetta, è già morta. Azz, mi devo inventare un altro finale allora. La facciamo resuscitare? Incontra uno spiritello maschile e si dimentica di Liam?
Liam alla fine cede alle lusinghe umane di Lize? Oppure vivranno così, uno da una parte e uno dall’altra, finché morte non li ricongiunga?!
Mah, non lo so, ci penso ancora un po’… 😛

Giulia Mancini

Ott 31, 2022 at 1:43 PM Reply

Sono contenta che Liam abbia recuperato la memoria, soprattutto per Caitlyn. Alla fine questa serie di racconti può diventare un libro, brava Barbara e buona notte di Halloween

Barbara Businaro

Nov 01, 2022 at 11:58 AM Reply

Grazie Giulia. Può diventare un libro, ma come? Rivedendolo tutto e riassemblando i racconti in capitoli? Oppure rivendendo i racconti in quanto a stile, per uniformarli, ma lasciandoli come singoli episodi? Ci sto pensando su, ma voglio anche solo godermi questa storia. Perché per me Liam e Caitlyn sono essenzialmente un bel viaggio. 🙂

Barbara s.

Ott 31, 2022 at 7:33 PM Reply

Letto tutto d’un fiato!!! Bello!!! Bellissimo!

Barbara Businaro

Nov 01, 2022 at 12:07 PM Reply

Ecco un’altra Barbara! 😀 😀 😀
Lei è Barbara S. una persona fantastica, scrittrice, di testi teatrali. Motivo per cui ci siamo capite al volo. 😉
Grazie, sono contenta di sia piaciuto. Se poi l’hai letto tutto d’un fiato, ho fatto bingo! ❤

Minnie

Nov 01, 2022 at 12:38 PM Reply

Bellissimo!! Mi sono sentita lei per tutto il tempo!! Grazieeeee!
Non scrivo molto qui, ma sto giro ci tenevo a dirlo!

Barbara Businaro

Nov 01, 2022 at 3:05 PM Reply

Allora grazie, grazie, grazie per essere passata a scriverlo! ❤ ❤ ❤

Paola

Nov 03, 2022 at 12:24 PM Reply

Che meraviglia! sono completamente d’accordo con IlVecchio: una maturità, una crescita, una capacità di scrittura palpabile. Adesso sei una scrittrice che per hobby fa il consulente informatico.
E poi il racconto con la voce di Caitlyn è splendido; oltre a venir fuori dalle parole l’amore immenso e profondo che prova per Liam, è spettacolare la descrizione del suo espandersi, ricompattarsi, esplodere in base alle sue emozioni.
Era un anno che non leggevo più, l’ultima cosa che avevo letto per intero è stata l’avventura 2021 di Liem e Caitlyn, sono felicissima di esser riuscita a leggere d’un fiato un racconto e che sia stato proprio questo racconto. Grazie di cuore perchè è merito tuo

Barbara Businaro

Nov 03, 2022 at 5:15 PM Reply

Quando ho letto la notifica di questo commento sul telefonino, ho avuto i miei cinque minuti di emozione straripante. ❤ ❤ ❤
Sarò anche una scrittrice che fa il consulente informatico per hobby, ma come consulente informatico mi pagano, come scrittrice faccio ancora la fame…
Però metto nel bilancio sia la soddisfazione personale (devo dire che ho chiuso questo racconto davvero contenta di come è scritto, è sempre tutto migliorabile, ma di questo sono alquanto soddisfatta, ed è raro che io lo sia così con le mie storie) sia il divertimento, quel momento di svago e relax, di chi passa a leggermi. Sapere che dopo un anno difficile sia stato proprio questo racconto a riportarti alla lettura, è come la Mastercard, non ha prezzo! 🙂
Poi resto invece basita su quanto a volte i lettori riescano a vedere oltre l’autore stesso: quel “espandersi, ricompattarsi, esplodere in base alle sue emozioni” di Caitlyn io non l’avevo del tutto compreso. Oh sì, l’ho scritto io, ma io la “vedo” e semplicemente la riporto sulla carta. Non avevo fatto questa associazione, ma se mi fermo e ci penso, sì, le sue particelle riflettono ciò che prova il suo spirito. Dovrò tenerne conto in futuro. 😉

Darius Tred

Nov 09, 2022 at 11:15 PM Reply

Non so perché ma quando sono arrivato al veliero fantasma ho pensato subito all’Amerigo Vespucci ben prima di arrivare alle tue note finali.
Ho letto con gusto. E ovviamente con il consueto ritardo, anche perché questa storia me la godo meglio leggendola con il silenzio della notte. E la notte di Halloween non è mai una notte silenziosa…

Ah: sono arrivato alla fine con una mezza idea di fare uno spin-off.
Non autorizzato, ovviamente. Anche se, come si sa, le mezze idee vengono sempre dai mezzi cervelli…

Barbara Businaro

Nov 10, 2022 at 4:07 PM Reply

Te lo dico io perché hai pensato all’Amerigo Vespucci prima di arrivare alla fine: perché tu mi segui e leggi i miei post. 😉
No, la notte di Halloween non è mai silenziosa, i lupi mannari fanno troppo casino appena vedono la luna… per non dire delle streghe che vanno a gozzovigliare in palestra…
Temo la mezza idea, chissà cosa salterà fuori …dalla zucca. 😀 😀 😀

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