Liriope muscari. Potare è come editare

Potare è un lavoro lungo
(editare è un lavoro infinito)

Ci ho messo due ore sabato mattina, sotto un sole straordinariamente cocente, a potare le mie Liriope muscari (e ho scoperto solo ora il nome di queste piante particolari). Crescono in cespugli rigogliosi, perenni e soprattutto resistenti. Sono sul mio terrazzo da circa un decennio e ancora sopravvivono a una padrona così negligente, col pollice assassino suo malgrado. Le ho dislocate in tre punti: un vaso rettangolare enorme, peserà almeno venti chili, e lì la Liriope convive felicemente con una Pervinca che in maggio forma una cascata di fiori lilla giù dal poggiolo; un vaso rettangolare più piccolo, quasi la metà dell’altro, dove si vedono invece solo i grappoli colorati della Liriope spuntare sul finire dell’estate; un vaso rotondo inserito in una nicchia, in mezzo ad altri vasi di Garofani fucsia (mi ricordano tanto nonna Rina, lei ce li aveva bianchi però, disseminati tra l’orto e il giardino) e piccole Primule rosse e gialle variegate (Che catturare mai non si possa, quella dannata Primula Rossa? Uno dei miei romanzi preferiti).
Potare la Liriope è un lavoro estenuante. E’ una pianta sempreverde, la posso lasciare fuori anche d’inverno, facendo attenzione ad innaffiarla, meno che in estate quando va tenuta sempre all’umido, ma comunque necessita di un po’ d’acqua e concime pure a gennaio. Non tutti i vasi allo stesso modo perché qualcuna è esposta alla pioggia e qualcun’altra è più riparata dal muro dell’edificio. Però giunge in primavera con le sue lunghe foglie nastriformi provate dalla stagione fredda, tendono al giallo stinto, soprattutto se la padrona incosciente si dimentica le giuste cure. Se poi il disastro è particolarmente grave, le punte delle foglie diventano secche e marroncine, dandole un aspetto sofferente e smunto. La pianta va quindi potata, per rimuovere solo le punte o le foglie intere morte. Quest’inverno sono stata parecchio assente nel mio giardino e così sabato mattina ho “tagliato i capelli”. In effetti, con quei ciuffetti ricurvi mi sento davvero una parrucchiera che appronta un nuovo taglio primaverile sopra una testa malconcia per riscoprirne il colore naturale, il verde intenso delle nuove foglie che stanno crescendo dal terriccio. Ci sono persino le doppie punte da debellare su quella zazzera disordinata!
Quindi con sacrosanta pazienza mi sono messa d’impegno, forbici alla mano. Il problema della potatura della Liriope è il rischio di tagliare le foglie buone, soprattutto quelle nuove, di un verde smeraldo intenso. Vecchio e nuovo si intrecciano in un cespuglio ricco, si ingarbugliano in una trama così fitta che è difficile distinguerli, spesso le forbici mi scappano prendendo un gambo sbagliato ed è un attimo che si portino via per errore proprio ciò che volevo salvare. Bisognerebbe star lì foglia per foglia, e nelle zone centrali del vaso dove spuntano proprio i giovani virgulti devo muovermi con circospezione, ma alla fine cedo il passo alla stanchezza. Arriva un momento in cui il pericolo di recidere le foglie nuove supera il beneficio di cancellare il seccume.
Allora mi fermo. La guardo da lontano. Con una mano sparpaglio le fronde rimaste, come se stessi muovendo una chioma per il tocco finale. Osservo il risultato. E’ decisamente più verde ora. Una capigliatura sbarazzina. Prevale il colore della rinascita, ma resta qualche puntina sbiadita e qualche foglia rinsecchita nel mezzo. Non è perfetta, potrei tagliare di più, ma se poi rovino la pianta? Ne vale davvero la pena? Ho pure altri due vasi che mi aspettano ed è giusto che tutti abbiamo la stessa cura e attenzione. Se mi concentro solo sul primo, poi la mia pazienza precipita vorticosamente, le lancette dell’orologio mi richiamiamo all’ordine e con la fretta è garantito solo un risultato pessimo.
Dopo due ore, le mie Liriope (non sono certa che il plurale sia “liriopi”, tutti i siti di giardinaggio ne parlano al singolare) hanno assunto tutto un altro aspetto. Quasi quasi sembrano giovani piantine appena uscite dal vivaio. Beh, non male per un pollice nero assassino. Ai miei piedi giacciono le foglie recise, sparse per tutto il terrazzo a causa del venticello impertinente. Prendo la scopa e inizio a pulire, raccogliendo in un angolo tutto quel seccume. In mezzo però si scorgono rilucenti i miei errori, i lunghi nastrini di verde giada delle foglie fresche. Non ci posso più fare nulla, tocca lasciarli al loro destino, nel bidone delle ramaglie del giardino.
Terminata la pulizia e riposti tutti gli attrezzi, torno ad ammirare le piante.
Ed è lì, in quel momento, che penso alla scrittura.

Se potare è un lavoro lungo, difficile, imperfetto, editare è un lavoro infinito, soprattutto se non sai quando fermarti. Quando tagliare e rimaneggiare parti del testo rischia di portarsi via il buono della tua scrittura, oltre al seccume dell’inverno, all’imperfezione della siccità. Probabilmente un giardiniere, un professionista con alle spalle anni di esperienza, sarebbe giunto ad un risultato migliore del mio, forse in meno tempo, forse usando uno sguardo più accorti e degli strumenti migliori. Oppure nella fretta di passare ad altro incarico, si sarebbe accontentato di una potatura più leggera, lasciando molte più foglie secche di quante ne ho lasciate io, oppure tagliando il cespuglio in maniera massiccia, sacrificando molto più verde pur di rimuovere le parti morte.
Come nella scrittura, non c’è una soluzione perfetta e molto sta nelle decisioni, e nelle sensazioni, di chi tiene in mano le forbici. Se decidi di tagliare ogni scena poco riuscita, un po’ stinta e secca come quelle foglie vecchie, afferrandole una ad una pur di non recidere il verde rigoglioso del tuo testo, non finirai mai di editare. Passerai la vita con in mano le forbici, mentre l’estate si apre intorno a te.
Ma torniamo alle mie Liriope muscari. Il prossimo lavoro su queste piante sarà separarle. Eh già, sul vaso più grande sono nate delle nuove piantine che non hanno abbastanza spazio per crescere, quindi vanno tolte e rinvasate a parte, oppure piantate a terra. Ho già in mente un posticino in giardino dove la Liriope potrebbe creare una bellissima bordura, un’area con la giusta quantità di luce e ombra per lei. Perché quando una trama diventa troppo fitta, è il caso di togliere qualche scena e darle una vita tutta per sé.
Lo chiamano “spin-off”. 😉

 

Sharing is caring! Condividi questo post:

Comments (12)

Sandra

Apr 11, 2022 at 8:27 AM Reply

Bravissima che ti dai al giardinaggio nonostante non sia tra le tue attività preferite.
In quanto agli spin off, beh li adoro, ne sto giusto scrivendo uno, a fatica, ma con dedizione massima, un po’ come hai fatto tu con la Liriope.

Barbara Businaro

Apr 11, 2022 at 10:38 PM Reply

Il giardinaggio per quello non mi dispiace, è un modo per stare all’aria aperta, a contatto con la Natura. Purtroppo richiede tempo e devozione, direi quasi più della scrittura. Soprattutto molta costanza, non si può saltare un giorno. Alcune piante mi aspettano, come la Liriope, altre mi abbandonano, come le Kalanchoe. Quelle proprio non mi vogliono!

Daniela Bino

Apr 11, 2022 at 9:08 AM Reply

Bellissimo questo confronto tra potature di diversa natura.
Ricordo un episodio della mia adolescenza: giardinieri “esperti” potarono un pino secolare che dimorava in un bellissimo giardino vicino a casa mia. Ci passavo davanti tutti i giorni. Ammiravo quel pino ed ero un po’ invidiosa perché io, il giardino con un pino simile, lo possedevo solo nei sogni. Ahimè! I giardinieri esperti sbagliarono la potatura e il pino morì. Soffrii moltissimo.
Ergo, la potatura è un lavoro di grande responsabilità: serve amore e competenza. E, soprattutto, rispetto per chi ama e ha amato il suo capolavoro, indispensabile nel suo “giardino”.

Barbara Businaro

Apr 11, 2022 at 10:41 PM Reply

Ho visto potare un pino un mesetto fa, vicino al mio ufficio. Le fronde che davano sulla strada sono state tagliate quasi in verticale, togliendo il naturale aspetto a punta della pianta. Dall’altra parte, verso il giardino, è stato lasciato com’era. Il risultato è uno scempio, un’asimmetria scomposta. E ha iniziato a seccarsi… 🙁

odile

Apr 11, 2022 at 3:24 PM Reply

Ancora un testo che mi ha trasportata fuori… per me, giardinare e scrivere sono due manere di espremermi, di creare colle mani e la menta. Giardini sono luoghi per vivere il tempo a un’altra velocità, come si potessi vivere al tempo delle stagioni.? Non ho mai il tempo di creare il giardino dei miei sogni ma sono capata di fare chilometri di più per visitarne uno. In francia, c’è un’appelazione ufficiale per i giardi eccezionali, che sono tanto importanti dai musei itamiani per me. una manera di vedere e di capire come il giardinatore (??) ha vinto la natura come lo scultoreha vinto la terra o il marmo : da un’idea all’fine dell’opera… Dunque mi dico sempre “quando avro il tempo …” ma non ho mai abbastanza tempo … Poto rose, che crescono sole, ranuncoli, tulipani che annonziano la primavera… Mi accordo molto più di tempo per scrivere perchè scrivo spesso al letto prima di dormire, si dei quaderni come quando ero bambina… ne ho tanti, comminciati, dei quaderni … Sarebbe interessante di potare i miei quaderni …. Bacci fiorati

Barbara Businaro

Apr 11, 2022 at 11:07 PM Reply

“Giardinare” è una parola stupenda, mi piace molto, ma purtroppo non esiste nel vocabolario italiano. Diciamo “fare giardinaggio”, non so perché. E chi si occupa di giardinaggio, è un “giardiniere”. 🙂
Anche qui in Italia abbiamo giardini che sono veri e propri musei della Natura. A pochi minuti da casa mia, c’è questo bellissimo giardino monumentale, con tanto di labirinto di bosso: Giardino di Villa Barbarigo a Valsanzibio. E nei miei desideri c’è quello di raggiungere Versailles e perdermi nei suoi infiniti giardini (perché il mio cartone animato preferito è Lady Oscar, The Rose of Versailles 😉 ) Ma poi come te preferisco scrivere e leggere. Magari seduta al sole in giardino.

Giulia Mancini

Apr 12, 2022 at 6:23 AM Reply

Lo sai che ti invidio vero? Avere uno spazio verde in casa con delle piante da potare è la mia mancanza più grande. Niente giardino, niente terrazzo, niente balcone, io mi devo accontentare della scrittura ma che non mi fa stare all’aria aperta e questo comincia a mancarmi molto.
Gli spin off sono uno spunto interessante di scrittura, io ne ho in mente uno ma non so se e quando vedrà la luce.

Barbara Businaro

Apr 14, 2022 at 6:25 PM Reply

E io ti invidio invece il centro di Bologna, con tutti i suoi servizi, i suoi divertimenti, le sue occasioni mondane o letterarie, pure un aeroporto internazionale lì a portata (e perché io arrivi a invidiare un aeroporto… 😀 😀 😀 ) Purtroppo il verde in città è difficile da trovare in una dimensione privata, o costa un occhio della testa. Bisogna uscire fuori, in periferia. Qui sono sul limitare della campagna, sempre più attorniata da nuovi condomini, sempre più brutti, sempre più quadrati, tutti come degli enormi loculi. Fanno una tristezza… ma tanta gente, specie dopo il lockdown, sta spopolando la città proprio perché si sono resi conto dell’importanza di uno spazio verde intorno. Ti auguro di trovare l’occasione giusta. Incrocio le dita per te! 🙂

Giulia Mancini

Apr 15, 2022 at 6:32 AM Reply

Il centro di Bologna è pieno di meravigliosi giardini, sembra incredibile ma è così, sotto i portici, in interni privati puoi scoprire degli spazi verdi che non ti aspetti, ovviamente si tratta di palazzi antichi e costosissimi assolutamente fuori dalla mia portata, c’è qualcuno che ci vive comunque perché ricco di famiglia o di eredità…

Barbara Businaro

Apr 16, 2022 at 11:17 AM Reply

Come a Padova, anche qui abbiamo chiostri meravigliosi nascosti dietro le mura dei palazzi antichi in centro città. Però io preferisco i giardini all’aria aperta, essendo comunque nata in campagna. 🙂

Luz

Apr 15, 2022 at 11:26 AM Reply

Pensa questa metafora a quanti aspetti della vita può adattarsi.
Da quando abito in collina, dovrei acquisire abilità nuove, dovrei lasciarmi attrarre dal giardinaggio. Mi sa che ci dedico un post, perché devo appellarmi all’aiuto altrui per capire come farmene conquistare. La cosa in sé sarebbe bellissima, devo lavorare su me stessa. Potare equivale a editare, dici bene, ma il taglio giusto è un’arte ed è giusto che venga fatta da chi ne sa qualcosa.

Barbara Businaro

Apr 16, 2022 at 11:59 AM Reply

Potare le piante per favorirne la crescita, editare un manoscritto per migliorare la storia, tagliare le relazioni tossiche per concentrarci sulle amicizie belle, fermare i pensieri negativi per abbracciare solo le idee luminose… eh, questa metafora può ampliarsi in mille significati. 😉
La potatura, come la scrittura, è un’arte che si può imparare e affinare, col tempo e la dedizione. Come tutte le arti, qualcuno vi è naturalmente portato, qualcun altro deve faticare di più, ma non vuol dire che tutti possiamo averne dei risultati soddisfacenti. Si comincia sempre a piccoli passi, una piantina alla volta.

Leave a comment

Rispondi a Barbara Businaro Annulla risposta