Partenze in salita - la vetta

Partenze in salita

Sono una donna da pianura. Nata ai piedi di una collina bassa, ho sempre abitato, e guidato, in pianura.
Complici le paure ancestrali ereditate dai miei avi, anche loro abitanti di pianura che si sono spostati pochissimo nella loro umile vita, ma soprattutto per colpa di una FIAT (acronimo di Fix It Again Tony, Aggiustala ancora Tony, come la chiamano gli americani) che mi si è spenta al momento più opportuno, ho sempre temuto le partenze in salita.
Non ricordo nemmeno se erano parte dell’esame di guida, forse si, ma abbiamo così pochi pendii asfaltati in queste zone che doveva proprio essere finta quella salita.
C’è stato però un periodo lavorativo, da giovanissima, in cui lungo il tragitto ce n’era una particolarmente fastidiosa: una bella salita con pendenza di quarantacinque gradi, non esagero, e in cima un bel semaforo. Se arrivavi lassù col rosso, nessun problema perché il primo della fila era già in piano. Il terrore puro era dal secondo classificato in poi.
E’ solo un gioco di piedi, mi ripetevano, senza considerare che io non sono un calciatore. Me ne stavo tutto il tempo a tenere il motore allegro e la frizione a metà corsa, pronta a scattare. Per evitare appunto di mettere il freno a mano, la marcia in folle e dover poi ripartire. Quella volta che ci ho provato, la stronza è morta.
L’auto aveva già un difetto di suo, per cui a bassi giri si spegneva. Ma questo non lo potevo spiegare alla colonna di guidatori incazzati dietro la sottoscritta, che pigiavano il clacson imperterriti, onorando mia madre e tutto il mondo femminile, perché il semaforo rimaneva verde due minuti e tornava rosso per due ore. E io in preda al panico di non dover indietreggiare con l’auto nemmeno di dieci centimetri, perché quello dietro mi era appiccicato.
Alla fine, ringraziando il mio sesto senso che i navigatori ancora non esistevano, ho trovato una strada alternativa, che passava per lo stesso incrocio ma dall’altro lato. Ho aggirato l’ostacolo, ma non l’ho superato.
Poi sono passata ai motori diesel, che difficilmente si spengono in salita. Così dicevano.
Sono riuscita a spegnerne uno in una stradina d’accesso poco ripida, fargli accendere una temibile spia di anomalia motore, scendere lentamente il mezzo da spento e senza servosterzo elettronico, ripartire non so con quale grazia dal cielo, e raggiungere l’officina autorizzata più vicina.
Quindi potete ancor meglio comprendere il mio sgomento quando l’estate scorsa all’isola d’Elba i carabinieri hanno trovato il mio accompagnatore con la patente scaduta e per tutta la vacanza potevo guidare solamente io, in un territorio che è tutto un saliscendi, con un’auto di città. Che se avessi un Range Rover 4×4 non mi preoccuperei, ma non me lo posso permettere e in centro non saprei dove parcheggiarlo.
La settimana sull’isola trascorse tranquilla, tranne per due passaggi in terreno scosceso e sterrato, pieno di quei bei sassi che fanno slittare il mezzo o riempiono la carrozzeria di bozzi.
No, io scendo e me la faccio a piedi.
Ieri però è accaduto qualcosa di strano. Senza rendermene conto, mi sono ritrovata esattamente all’orario di punta serale a percorrere la salita ripida di un cavalcavia trafficato. Senza pensarci, ho fermato l’auto, messo il freno a mano, la folle, rilassato il piede, alzato il volume del lettore perché la canzone era bella (Paramore, Brick By Boring Brick), canticchiato quel parappapà, tolto il freno a mano e ripartita. In salita. Due volte.
Arrivata in cima, il mio cervello ha sbroccato.
Ehi, no dico, ma che hai fatto? Partenze in salita, senza nemmeno chiedere il mio aiuto?!
Ci ho pensato su per tutto il resto del viaggio. Hanno fatto tutto i muscoli delle gambe. E che muscoli, nemmeno a vent’anni mi si vedevano i contorni della massa muscolare rispetto all’osso. A volte in palestra mi faccio paura da sola. L’allenamento To the Hell and back (All’Inferno e ritorno) del My Peak Challenge alla lunga sta dando risultati visibili. Soprattutto mentali.
Siamo già ad aprile.
L’anno è cominciato in salita per me e non vedo ancora la vetta, le nubi me la nascondono in mezzo ad un cielo azzurro. Si sono abbattuti tali tsunami sulla sottoscritta che chi sa, e mi vede comunque col sorriso, ne resta stupito.
Anche quando ho raccontato la mia storia personale ad un medico, tutto il mio passato, compresi incidenti e disgrazie che hanno influito sulla mia infanzia, la cosiddetta anamnesi, ho rischiato di doverlo rianimare io lì sul posto.
Il mio sorriso dà persino fastidio. Soprattutto a chi vorrebbe arrecarmi danno e di fronte ad uno sgarbo si aspetta che io mi arrabbi. Ma io lo so, e sorrido di più pensando alle tante altre cose belle che mi stanno intorno. La rabbia la sfogo in palestra semmai, tutta salute.
Le persone pensano che chi sorride non abbia motivo di dolore. Non è così.
I miei dolori li conosco, li so mettere tutti in fila uno ad uno, li chiamo per nome, so da dove arrivano e quali effetti mi possono provocare, ma non mi lascio più dominare da loro. Li tengo in un cassetto, non perché non voglia affrontarli, piuttosto perché non si vive nel passato. Si vive solo nel futuro.
E se mi fermo, riparto. Anche in salita.
Che nome dare a questa cosa?
Temo sia quello che comincia con vecch e finisce con iaia

 

Sharing is caring! Condividi questo post:

Comments (39)

Alessandro Blasi

Mar 30, 2019 at 7:00 AM Reply

Partenze in salita con l’auto: mi hai fatto tornare indietro di 30 anni al giorno dell’esame di guida. Abito in zona pianeggiante, la chiamano “piana di Firenze” non per sbaglio. Però di salite naturali ne abbiamo. Vivo alle pendici di un monte alto più di 900mt, abbiamo vicino il piazzale Michelangelo che non è molto ripido durante il tragitto ma chi ha una “Fix-it…” 127 d’annata sa bene che reggeva il minimo con i denti.
Torniamo all’esame. Siamo 4 diciottenni: uno alla guida dalla partenza della scuola guida, io ed altri due nella macchina a seguire. L’istruttore inizia a fare le sue congetture: “in caso di partenze in pieno va Tizio o Caio, altrimenti mandiamo Ale!”.
L’esaminatore punta verso la montagna ed indovinate dove fa accostare il ragazzo precedente? Proprio sulla salita, quella bella ripida.
In quel caso la mitica “Fix-it…” Tipo, che secondo me aveva il minimo truccato, fece la sua bella figura e la mia partenza in salita senza freno a mano andò alla grande.
Poi la vita ti mette di fronte ad altre rotture di balle che, in confronto, le partenze in salita con la Fiat 127 sembrano bazzecole.

Sandra

Mar 30, 2019 at 11:35 AM Reply

127 d’annata o dannata?
Che ce l’aveva mio nonno bianca e l’ha tenuta qualcosa come 18 anni e mio padre verde pisello. Un mito vero, vendette un sacco.

Barbara Businaro

Mar 30, 2019 at 11:51 PM Reply

Mi è tornato in mente dove facevamo le partenze in salita per la patente: c’è una strada che costeggia i colli leggermente in alto, ma a valle c’è tutto un complesso residenziale e le vie di accesso che salgono verso la strada principale appena un po’ in pendenza. Però la Fix-It… Punto della scuola guida era diesel! 😉

SILVIA

Mar 30, 2019 at 8:50 AM Reply

Io, al contrario, vivo in montagna, e qui le salite e i tornanti li devi affrontare anche per uscire dal vialetto di casa.
In compenso, ho sempre temuto la nebbia. Che qui da noi una volta non esisteva e adesso, vuoi questo pazzo pazzo clima, vuoi le risaie che toccano le montagne, invece sì.
Potrei raccontare della prima volta che ho dovuto affrontare la nebbia sul serio, e pure in autostrada, ma non voglio occupare troppo spazio qui nei commenti.
Posso solo dirti che la nebbia mi fa ancora paura e che io le paure non le so dominare. Ho imparato ad affrontarle con leggerezza e a lasciare che mi attraversino il corpo e se ne vadano.
La tua non è vecchiaia, come non lo è la mia. Non è nemmeno rassegnazione. È consapevolezza. Non uno stato, ma una condizione da recuperare ogni giorno: è quell’equilibrio tra poli opposti che ti permette di partire in salita senza spegnere il motore.

Barbara Businaro

Mar 30, 2019 at 11:51 PM Reply

Io ci sono nata nella nebbia!! 😀
Ecco, saremmo una squadra perfetta io e te: tu con le partenze in salita e io a tagliare la nebbia!
Che qui da noi, quando c’è, la nebbia è una fetta di torta grigia e densa, da tagliare col coltello. Se ti va bene, segui la linea bianca in mezzo alla strada col naso incollato al parabrezza manco fossi un tossico in astinenza. Ma se va male, viaggi col finestrino abbassato e la testa fuori per vedere meglio! In autostrada sarebbe anche più semplice, con tutta la segnaletica, il traffico e i fari retronebbia obbligatori. Invece ci sono auto di colore grigio, le più difficili da individuare, che si ostinato a non accenderli. Se non a ferragosto…
Consapevolezza mi piace.

Elena

Mar 30, 2019 at 10:02 AM Reply

Che bel post Barbara. Mi è sembrato di averti accanto quando raccontavi della tua difficoltà di ripartire in salita. Gli ostacoli che combattiamo ogni giorno a un certo punto, come d’incanto, sono superati. Ciò che ci pareva impossibile diventa fattibile, approcciabile, istintivamente. Qualcosa è cambiato. Sarà il MyPeak Challenge o altro, non importa. Tu hai trovato dentro di te le risorse. Non c’è cosa più bella. Fai bene a celebrarla e a rallegrarti. Anche con una bella canzone rock che ti dia la carica di cui hai bisogno per restare salda in cima alla tua salita. Auguri

Barbara Businaro

Mar 30, 2019 at 11:52 PM Reply

Grazie Elena!
Un post scritto mentalmente tornando a casa, proprio dopo quelle due partenze in salita a sorpresa, e poi riportato di getto sul computer in mezz’oretta. Potrebbe quasi partecipare a #imieiprimipensieri, se non per qualche limatura per togliere le ripetizioni. 🙂

Sandra

Mar 30, 2019 at 11:33 AM Reply

Naaaa, non si chiama vecchiaia, si chiama in mille altri modi come resilienza e saggezza.
La vecchiaia è quella roba che rende necessari aiuti da più fronti, e tu riparti in salita da sola.
In discesa vanno anche i sassi, diceva mia nonna che è vissuta fino a 100 anni, di cui fino a 93 da sola, vedova da 5.
Chissà perchè ho l’impressione che questo post sarà commentatissimo di alto gradimento.
Go, Barbara, go!

Barbara Businaro

Mar 30, 2019 at 11:52 PM Reply

E avevi ragione, commentatissimo questo post, nonostante la pubblicazione di sabato, in un periodo di primi soli caldi e giardini fioriti che ci richiamano all’aperto come sirene.
Resilienza era una delle mie prime parole per l’anno nuovo, per il 2016, e poi a quanto pare non mi ha più abbandonato. 🙂

nadia

Mar 30, 2019 at 12:24 PM Reply

Come ho aperto il post e ammirato la foto mi si è aperto il cuore. Ah io adoro la montagna, ho pensato. Poi ho iniziato a leggere e mi sono detta, chissà con quale racconto Barbara mi stupirà e ho letto ardente. Non me lo aspettavo, lo ammetto, ma allo stesso tempo ti dico che mi hai sorpreso in maniera molto positiva. Il sorriso non nasconde nulla, anzi dimostra la vera tua essenza, quella che nessuno, e nessuna situazione potrà mai spegnere. Si chiama forza e porta il tuo nome e lo devi sbandierare anche nei momenti più dura, come vedi le partenze in salita sono solo pulviscolo negli occhi.

Barbara Businaro

Mar 30, 2019 at 11:53 PM Reply

In realtà non è un racconto, non c’è una trama, un viaggio dell’eroe, i conflitti e tutta quella roba là. O forse si?!
La foto della montagna ci sta non solo perché c’è la salita, ma perché guidavo per tornare a casa dopo aver acquistato il mio primo paio di scarpe da trekking! Che mi servono per …ssssssshhh! 😉

IlVecchio

Mar 30, 2019 at 1:40 PM Reply

Signorina, qui l’unico Vecchio sono io, per cortesia. 🙂
Dal basso della mia vecchiaia, io che so delle tue tempeste, sono stupito della tua forza e della tua pazienza.
Però ricorda, e questa frase è tua da sempre, me la dicesti parecchio tempo fa: non si può salvare chi non vuol essere salvato…

Barbara Businaro

Mar 30, 2019 at 11:53 PM Reply

E’ vero, la dico spesso. Non si può salvare chi non vuol essere salvato.
Significa anche che il cambiamento inizia solo quando lo decidi tu.

Massimiliano Riccardi

Mar 30, 2019 at 2:52 PM Reply

Per mille motivi ho letto questo post con molta partecipazione. Sei brava, hai reso benissimo l’idea, non soltanto questo, sei stata capace di evocare molto, molto di più.

Barbara Businaro

Mar 30, 2019 at 11:53 PM Reply

Tutto questo con una FIAT?!
Pensa cosa posso fare con una Pagani Huayra… 😉

Darius Tred

Mar 30, 2019 at 4:09 PM Reply

Concordo con Sandra: non la chiamerei vecchiaia, ma saggezza.
Saggezza pura.

Barbara Businaro

Mar 30, 2019 at 11:54 PM Reply

Eh, ma i saggi sono sempre “vecchi saggi”… 😀

Giulia Mancini

Mar 30, 2019 at 6:27 PM Reply

Le salite non piacciono molto neanche a me, pensa che per arrivare una volta mi sono ritrovata a percorrere con l’auto la strada che porta al santuario di San Luca (una salita ripidissima), tanto che l’auto sembra ribaltarsi…ho sudato freddo, però quasi nulla al confronto con le salite delle strade di San Francisco, eravamo con una splendida Chevrolet a noleggio con il cambio automatico e muoversi in salita sembrava una vera impresa e dietro di noi avevamo un Cable car, uno dei bus tipici di San Francisco che suonava con incredibile energia perché ci muovessimo…
Comunque ti faccio i complimenti, ormai non temi più le salite e l’allenamento serve molto, anche quello al sorriso.

Barbara Businaro

Mar 30, 2019 at 11:54 PM Reply

Oh mamma! San Francisco è bella in salita, lo si vede anche nei film!
Ecco, magari per quelle strade lì dovrei allenarmi ancora un pochino. 😉

Giulia Mancini

Mar 30, 2019 at 6:29 PM Reply

La salita di San Luca è a Bologna, non l’ho specificato.

Barbara Businaro

Mar 30, 2019 at 11:55 PM Reply

Eh, ma avevo capito. 😉

newwhitebear

Mar 30, 2019 at 9:28 PM Reply

partenze in salita? Metaforiche e naturali tante ma la sfida l’ho vinta sempre – o quasi –

Nato e cresciuto in luogo dove la salita più ripida è un modesto ponticello, le partenza in salita non mi hanno mai spaventato,. Ripartire in salita sul fondo ghiacciato non è uno scherzo, lo ammetto, ma quando ho abitato a Bolzano l’ho fatto molte volte e senza problemi. Dicono che serve piede delicato e orecchio fine. Il piede per rilasciare la frizione al momento giusto. L’orecchio per sentire il numero di giri per non far morire il motore.

Barbara Businaro

Mar 30, 2019 at 11:55 PM Reply

Piede delicato e orecchio fine. Sul piede delicato conta molto anche la postura. Con quella Fiat soffrivo di brutti mal di schiena per la posizione tutta storta a destra, verso il cambio, e troppo allungata sui pedali dove faticavo ad arrivare. Sono passata alle giapponesi, seduta più comoda e cambio in alto. E questa non si è mai spenta in salita. Non ancora. 😀

Marina

Mar 30, 2019 at 10:02 PM Reply

Mi unisco al coro : “quanta saggezza in queste parole”! E quanta… posso permettermi? Delicatezza. Non so, ti vedo sempre spavalda, battagliera, sicura di te e qui ho visto, invece, una Barbara più dolce, più introspettiva, che mi è piaciuta molto.
Io, nella vita, ho sempre affrontato tutto col sorriso, perché non mi sono mai autocommiserata e non ho mai voluto far pesare le mie sofferenze o i miei cali emotivi agli altri. Per questo non giudicherei mai il sorriso altrui come indice di superficialità; ho subito giudizi del genere e ho saputo fare di questo un metro di valutazione per pesare le persone: dietro i miei sorrisi c’è un mondo, se non sei capace di scoprirlo, ciao! Se esistono strade in salita, evidentemente ci sono anche quelle in discesa: non si può mica salire per sempre! 😉

Barbara Businaro

Mar 30, 2019 at 11:55 PM Reply

Battagliera si, spavalda non sempre, e sicura di me… ahi ahi, no.
Piuttosto con l’età (vedi che la vecchiaia c’entra!) ho raggiunto la sfrontatezza assoluta nel buttarmi in ogni cosa, o la va o la spacca, che non ho più tanto tempo da perdere. Finora è andata bene.
E’ un po’ effettivamente che non trovo qualche bella discesa, verso il mare magari…

Tiade

Mar 31, 2019 at 11:33 AM Reply

Salve Barbara.
Sì, ci risono.
Come la tua auto ogni tanto mi fermo e poi devo ripartire in salita.
Metaforica e no visto che mi sono temporaneamente trasferita e ora i chilometri da fare a piedi non sono più tre ma sette. In discesa. Peccato che le discese al ritorno si trasformino in estenuanti salite. Inutile esporre il dito visto che le rare auto di passaggio non si fermano e io, benevolmente, le accompagno con una serie di “auguri” non proprio da signora. Ma io “non sono una signora”.
In compenso a me non si è fermata l’auto, mi è solo morto il pc. Una ripartenza in monopattino, ovviamente in salita.
Il lavoro? Non c’è. Pue quella una salita.
Daccapo.
La vita è tutta una salita, come il leopardo del Kilimangiaro che tende alla vetta. Che arrivi il più tardi possibile.
Un abbraccio col fiatone.

Barbara Businaro

Apr 02, 2019 at 12:04 AM Reply

Però, anche il tuo anno è iniziato in salita, con un bel po’ di ripartenze!
Faremo fiato e resistenza con tutto questo allenamento. E alla fine non ci accorgeremo nemmeno di quanta strada abbiamo percorso, se non guardando i puntini rimasti a valle. 😉

Rosalia Pucci

Apr 01, 2019 at 2:10 PM Reply

Che emozione scoprirti così intimista! Sei riuscita a trasmettermi questi pensieri con una grazia unica. Sì, l’Elba è un’isola perfetta per il rallye. Per anni ha ospitato le gare del campionato mondiale, pensa, proprio per le sue stradine che si inerpicano per colline e piccoli monti, o, grazie alle curve panoramiche “mozzafiato”. A proposito… ritorni?

Barbara Businaro

Apr 02, 2019 at 12:25 AM Reply

Magaaaaaaaari! Non lo so. Purtroppo quest’anno le mie ferie sono un punto nebuloso. Saranno solo due settimane in agosto, credo. Se mi muoverò, sarà un last second! Ma non è detto che alla fine io non torni proprio da quelle parti! 🙂

Maria Teresa Steri

Apr 02, 2019 at 9:54 AM Reply

Che bel post, ho avuto una sensazione positiva leggendolo. Quello che penso è che nelle circostanze più faticose le persone forti riescono a mettere in gioco risorse che magari neppure sapevano di avere. E a sorridere, inaspettatamente. In ogni caso spero con tutto il cuore che prestissimo tu possa cominciare a intravedere la vetta.

Barbara Businaro

Apr 02, 2019 at 1:21 PM Reply

Oggi l’oroscopo dice che dovrei vedere la vetta dopo il 17 aprile. Ma è da gennaio che continuano a dire “dopo… dopo… dopo…” questi oroscopi!
Paolo Fox dice sempre “non credete agli oroscopi, verificateli”. Bene, ho verificato che sono tre mesi che non ne azzeccano una! 😀 😀 😀

Maria Teresa Steri

Apr 02, 2019 at 1:36 PM Reply

Eh gli oroscopi “generici” (quelli basati solo sul segno) è difficile che ci prendano, pure quando sono fatti da uno in gamba, bisognerebbe vedere che transiti hai tu nello specifico. Se mi mandi data, ora di nascita e luogo ti ci do un’occhiata 😉

Barbara Businaro

Apr 02, 2019 at 7:39 PM Reply

Mandate via mail. Vedrai che ho troppi pianeti in transito e il vigile sta facendo casino… 😀 😀 😀

Maria Teresa Steri

Apr 05, 2019 at 9:31 AM

😀 😀 😀 In un certo senso è proprio così!
(Ti ho risposto poco fa)

Luz

Apr 03, 2019 at 6:53 PM Reply

È vero, c’è qualcosa di bello e strano in questo post. Strano in senso positivo, coinvolgente.
Capisco questa intuizione, che parte nel momento in cui fai una riflessione sulla tua vita, attraverso l’aggancio a un ricordo.
Le mie salite, quando imparai a guidare, erano come te il mio incubo. Al primo esame pratico fui bocciata proprio perché la macchina si spense. O meglio, la feci spegnere io, in bilico su quella strada in salita, io novellina e dietro un ingegnere-carogna che quel giorno ne bocciò 5 su 8. Quando si dice la sfortuna. Però avevo tanto da imparare, e mi ci misi paziente.
Se col tempo sono diventata una provetta guidatrice con quel gioco tutto di piedi su frizione e acceleratore, nella vita le salite mi hanno messo a dura prova. Ci sono stati momenti durissimi, per certi aspetti tragici, molto critici. Le mie salite dovevano arrivare quando la vita bussa e ti dice che in fondo non sei cresciuta del tutto, almeno non emotivamente.
Le prove sono state una specie di auto da fè, fino alla salvezza, la mia consapevolezza. Adesso, preferisco strade in pianura e posso affrontare le salite. Mi sento a disagio con le discese. Con quel baratro in pendenza che ti si apre dinanzi e tu non puoi che frenare. Ecco, le discese adesso mi sono ostili. Devo fermare il passo e affrontarle senza che ti ingoino.

Barbara Businaro

Apr 03, 2019 at 11:50 PM Reply

Realisticamente, le discese non mi spaventano: in auto uso il freno motore, a marce basse, mentre a piedi scendo lateralmente per non stressare le caviglie. In senso figurato, una volta raggiunta una vetta non vorremmo mai andarcene da lì, ma le discese sono l’unica maniera di arrivare ad un’altra vetta vicina. L’importante è non scendere a valle. 🙂

meteora

Apr 19, 2019 at 12:24 PM Reply

https://scrivoquindiesistoblog.wordpress.com/2019/04/19/micro-pensiero-numero-quattro/
Ciao ti ho citato in questo post..spero di averti dato l’indirizzo giusto.

Barbara Businaro

Apr 19, 2019 at 1:26 PM Reply

Non era quello giusto, ma ho rimediato io in un click. 😉
Grazie della citazione.
E’ vero che nei cassetti ci andrebbero i sogni. E che le sofferenze passate andrebbero nello zainetto.
Ma qualcuno mi ha insegnato a fare il contrario: le sofferenze che a lungo andare pesano, le lascio nel cassetto, lo chiudo anche a chiave, che non s’inventino di uscire fuori a far danni. I sogni me li porto dietro nello zaino, perché sono più leggeri e perché così ce li ho pronti all’occorrenza.
Cosa sarebbe una vita senza sogni?

Meteora

Apr 19, 2019 at 4:02 PM Reply

https://scrivoquindiesistoblog.wordpress.com/2018/01/26/cose-di-carta/
Invece in qs sei stata d’ ispirazione.Ciao

Leave a comment

Rispondi a Barbara Businaro Annulla risposta