I sogni chiedono rispetto. Dalle auto alla scrittura grazie a Horacio Pagani

I sogni chiedono rispetto

Questa è una riflessione che mi porto dietro da un paio d’anni, non solo per la scrittura, ma anche per altri ambiti della propria vita, da quello professionale alla forma fisica, dai viaggi per svago alle relazioni sentimentali, da un semplice passatempo alla realizzazione di qualcosa di unico che ci cambi l’esistenza. I sogni possono essere diversi e svariati per ognuno di noi, in comune hanno però l’idea di essere irraggiungibili nella realtà e possibili solo nelle nostre fantasie notturne. Sogni, appunto.

Qui però mi riferisco a qualcosa di cui possiamo avere parte attiva e che dipende in gran parte dalla nostra volontà e capacità.
Vero che non possiamo vincere il SuperEnalotto se non giochiamo la schedina, ma le probabilità di vincita sono infinitesimali e non derivano affatto da chi siamo noi e che cosa sappiamo fare. In fondo non vorremmo nemmeno vincere una grossa somma di denaro in quanto tale, ma proprio perché ci permetterebbe di raggiungere in poco tempo o più facilmente gli altri sogni che davvero ci interessano.

Parlo di quei sogni che sono lo scopo della vita, il motore del nostro entusiasmo, la linfa della nostra felicità. Quelli che troppo spesso vengono rinchiusi e abbandonati in un cassetto, perché è meglio lasciarli protetti e al sicuro che rischiare di vederli svanire in un fallimento. Eppure i sogni per qualcuno si avverano. “Sembra sempre impossibile, finché non viene fatto” diceva Nelson Mandela.
Ed è proprio in quel “fatto” la differenza.

E’ facile essere un sognatore quando le cose vanno bene, il difficile è rimanere sognatori quando le cose vanno male. I sogni poi chiedono rispetto per realizzarsi, il rispetto di seguirli con obiettività e pazienza. Soprattutto con tenacia e perseveranza.
Non si tratta dei sogni ingenui di bambini, il “Da grande voglio fare la ballerina” o “Voglio diventare un’astronauta” solo perché li abbiamo visti sull’ultimo cartone animato del pomeriggio. Ma dei sogni che si affacciano alla nostra mente quando iniziamo a scoprire il mondo, a chiederci cosa vogliamo davvero diventare in questa nostra unica avventura.
Quei sogni lì, che quando li trovi, non li devi mollare.

Anche se qualcuno riesce a sognare da piccolo e portare avanti quell’idea per tutta una vita. Ed arrivare talmente in alto da superare persino il suo sogno. Come ci è riuscito?
Forse non sapete chi è Horacio Pagani, ma dovreste almeno aver sentito nominare la Pagani Zonda.
O meglio ancora la Pagani Huayra. Auto da 3,7 milioni di euro.

Pagani Huayra Roadster, un'auto da sogno
Pagani Huayra Roadster

 

Horacio Pagani e le auto più belle del mondo

Horacio Pagani, classe 1955, ha sempre avuto un amore passionale per le auto.
Figlio di un fornaio e di una pittrice, cresciuto nell’isolata pampa argentina, un luogo basato prevalentemente sull’agricoltura, a 15 anni disse alla madre che da grande sarebbe andato a Modena, a disegnare e costruire le sue macchine. Da bambino costruiva modellini in legno di balsa o con le lattine del Nesquik (ndr. all’epoca era confezionato in latte di alluminio) o del gesso, materiali poveri e accessibili. Oppure le disegnava sui fogli di carta, nelle quattro vedute panoramiche e le mostrava agli amici, che un po’ ridevano e un po’ lo ascoltavano affascinati dal suo entusiasmo. Non c’erano supercar da poter toccare dal vivo, solo poche riviste d’automobili, con appena due pagine dedicate al Salone di Ginevra.

Chi lo convinse davvero che disegnare auto sarebbe stato il suo futuro fu Leonardo Da Vinci: più di cinquecento anni prima, nel Rinascimento, Leonardo aveva affermato che “arte e scienza possono camminare insieme, mano nella mano” e questa era un’incredibile rivelazione per un ragazzino combattuto nella scelta di queste due discipline.

Entrato come operaio di terzo livello in Lamborghini (perché in Italia c’è arrivato davvero a soli 21 anni!), dopo pochi mesi era già responsabile della sperimentazione sulla carrozzeria, nei tempi della scoperta dei materiali compositi nell’industria automobilistica, lavorando con i gruppi di progettazione della Lamborghini Diablo.

In quel periodo inizia anche a lavorare sui progetti di una propria auto, dato che la crisi del Golfo blocca il mercato e affonda alcune idee all’interno della stessa Lamborghini. Rischiando il tutto per tutto, fonda la Pagani Composite Research e la Modena Design. E nel 1999, il prototipo C8 viene presentato al Salone di Ginevra con il nome definitivo di Zonda, un forte vento caldo che soffia nelle pampas argentine ma anche il nome di un autodromo, “Autodromo El Zonda”, dove corse per l’ultima volta in Formula 3 una delle auto da gara che lui aveva disegnato, prima di partire per l’Italia. Un’auto senza tempo, un successo incredibile.

Oggi la Pagani Automobili costruisce auto da milioni di euro, in pochissimi esemplari, che vengono venduti sul rendering grafico, solo con il disegno, senza nemmeno il prototipo realizzato. Dopo la Zonda, è arrivata la bellissima Pagani Huayra che vedete sopra.
Un sogno di bambino che è divenuto realtà.

Che consiglio dà Horacio Pagani ai giovani che vogliono intraprendere questo percorso, o più in generale raggiungere il proprio sogno?

“Bisogna credere in sé stessi, nell’intuizione. Lavorare, lavorare molto, 90% lavoro e sudore, 10% talento. E quando ti trovi un ostacolo davanti, non è che è lì perché sei uno sfigato, è lì perché lo devi superare per dimostrare quel che sei, è parte del percorso.
Dobbiamo credo prendere spunto forse non più nemmeno dai nostri genitori, per chi ha 20, 30 o 40 anni… dobbiamo prendere spunto dai nostri nonni e dai nostri bisnonni, che hanno fatto fatica, che non avevano da mangiare, che hanno fatto la guerra, che non avevano il riscaldamento, che non avevano tutto il benessere che abbiamo noi oggi, per capire che veramente bisogna faticare.
Per chi dice che oggi è più difficile di prima, io penso all’opposto. Io credo che oggi ci sono delle opportunità soprattutto per aumentare, per incrementare le conoscenze che prima non c’erano. Cioè io in Argentina non trovavo un libro per studiare l’automobile, c’era qualche rivista, c’era qualche libro in inglese, oltretutto dovevo tradurlo per poter capirlo, pochissima roba. Oggi invece ragazzi, se qualcuno vuole studiare qualcosa del telaio, delle sospensioni, del motore, trovi di tutto. Vai nel telefonino e vedi tutto. Ok, dobbiamo anche stare attenti: una cosa sono le informazioni e una cosa molto diversa le conoscenze. Noi per poter fare delle cose abbiamo bisogno di conoscenze, non soltanto di informazioni. Tutta quella porcheria che ogni volta che apri il computer, che metti in moto il telefono la mattina, trovi un sacco di pattume, no? Quella lì non serve a niente.
Però c’è anche tanta conoscenza che uno può acquisire, perciò oggi è più facile secondo me, è più facile di prima. Ci sono molte più opportunità, se non la trovi qua vai in Cina, se no vai in Germania, vai in Argentina, insomma vai da un’altra parte ma le opportunità credo che ci sono. Non dico che sia facile, però le opportunità ci sono.”

 

Lo ascolterei per ore, perché le sue parole trasudano la meraviglia e l’entusiasmo per ciò che fa, ancora oggi a sessantacinque anni.
Se volete approfondire la sua conoscenza, questa è una delle sue video interviste migliori: Intervista a Horacio Pagani – Davide Cironi

E dopo aver visto questa, dove rivela di chiacchierare tutte le mattine con le auto parcheggiate nel suo studio, non mi sento più un’idiota quando chiedo scusa alla mia piccola per la frenata improvvisa o la buca sulla strada! 😀 😀 😀

I sogni chiedono rispetto
e niente distrazioni

Tornando alla mia riflessione, l’esempio di Horacio Pagani mostra il valore della tenacia: lui è rimasto fisso nel suo obiettivo fin da bambino, ha inseguito la sua passione nonostante le avversità e gli ostacoli lungo il cammino.
Forse è semplice raccontarlo quando si è raggiunto un apice così elevato, ma non conosco nessuno nella storia che abbia realizzato un sogno senza ammettere di aver lottato duramente, di essere caduto spesso, ma ogni volta di essersi rialzato con l’entusiasmo inesauribile di chi a quel sogno ci teneva davvero.

Bisogna crederci anche quando costa fatica, 90% lavoro e 10% talento. Molti diranno che non hanno voglia di sacrificarsi, di fare tutti questi sforzi. Ecco, questo è un altro nodo cruciale: se lo sentiamo come uno sforzo, forse non è il sogno giusto.
Magari è il sogno di qualcun’altro, dei nostri genitori che ci hanno influenzato nelle scelte e noi li abbiamo seguiti, anche se in fondo laggiù una vocina ci sussurrava che non era la cosa giusta per noi. Se a nostra madre piaceva tanto suonare il pianoforte, la faremmo sicuramente contenta ad applicarci allo stesso strumento, ma è davvero quello che vogliamo? O magari preferiremmo una dirompente chitarra elettrica? O il suono profondo del basso? Oppure non ce ne frega niente della musica, il nostro sogno è battere il record dei centro metri a stile libero in una piscina olimpionica?

Il secondo passaggio essenziale per la mia riflessione me l’ha fornito poco tempo fa Riccardo Scandellari, in arte Skande, consulente e formatore in ambito di comunicazione digitale e marketing, nel suo articolo L’opportunità è un costo, riprendendo la stessa intervista di Horacio Pagani:

“Oggi, al contrario, abbiamo un mondo di possibilità, sostenute da brevi e superflue gratificazioni, nel quale molti smarriscono la strada, perché avere troppo significa scegliere, aumentando i costi e riducendo le opportunità.[…]Ti vengono presentate così tante possibilità, che scegliere un percorso ti impone di escludere tutto il resto. In questo caso a dettare legge non è lo stomaco, ma il tempo e le energie che hai a disposizione.[…]Puoi sprecare risorse se non hai un solido obiettivo prefissato o se sbagli le mosse. Un enorme puzzle che si compone di scelte corrette e di pezzi che non si incastrano con gli altri.[…]Oggi hai molte più risorse, ma richiedono tempo per analizzarle e la capacità di isolarle dal rumore delle distrazioni inutili. L’opportunità è il costo del nostro tempo.”

Dunque se per Horacio Pagani oggi è più facile perché ci sono molte più opportunità e conoscenze alla portata di tutti, per Riccardo Scandellari è più difficile invece, perché proprio questa moltitudine di opportunità ci distrae costantemente dal vero obiettivo.
Non sappiamo più qual è il nostro sogno, perché ne abbiamo troppi e tutti potenzialmente realizzabili.
Così si corre il rischio di saltare da un progetto all’altro, da un’occasione all’altra, disperdendo le nostre possibilità di riuscita. Questo è un grosso rischio che corrono soprattutto le persone con troppi interessi. Si dice “essere poliedrico”.

Alla fine dunque i sogni chiedono rispetto.
Non deriderli in presenza altrui, non deluderli con scelte inopportune, non sputarci sopra quando si sbaglia una mossa, non abbandonarli nel momento della difficoltà. Soprattutto i sogni non vogliono essere traditi, non amano le distrazioni e non vogliono essere ripudiati.
Se crediamo davvero in quel sogno, faremo di tutto per vederlo realizzato.

 

Quanto credi nei tuoi sogni?

Forse con parecchio ritardo nella scala della vita, ai miei sogni ci credo. Qualcuno è piccolo, qualcuno l’ho già realizzato, qualcuno è più maestoso e richiede più tempo, più impegno, più costanza. E per evitare di distrarmi con altre quisquilie, mi concentro sulla matrice di Eisenhower, perché Scrivere è importante, anche se non urgente 
E tu lettore, hai tolto qualche sogno dal cassetto?

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Comments (24)

Marco Amato

Feb 02, 2020 at 11:04 AM Reply

Ha più ragione Pagani che Skande. Skande per lavoro fa questo, vende pacchetti per altri e il pensiero positivo e la motivazione fanno parte del lavoro. Pagani trae quel che dice dall’esperienza di vita. Puoi dire quel che vuoi sulle distrazioni odierne, ma se nascevi nel settecento, in un luogo a centinaia di chilometri dal più vicino maestro di musica, le tue possibilità per diventare musicista erano pari a zero. Pagani nato nel nulla, per quel che riguarda le auto, ha dovuto compiere da giovane un immane viaggio della speranza con soltanto il suo sogno come abito. Tanti siculo americani sono diventati fra i più importanti cantanti, attori, registi del mondo. Se i loro nonni o bisnonni fossero rimasti in Sicilia, il massimo che Frank Sinatra o Frank Capra avrebbero potuto aspirare era diventare bottegai o contadini.
Il contesto crea le opportunità. Poi è arrivata la seconda più grande invenzione dopo la ruota, internet. E il mondo si è aperto per tutti.
Ciascuno ha il proprio sogno. Molti lo aspirano e basta. Altri ci provano. Alcuni si arrendono per paura di fallire. Pochi riescono. I sogni sono una selezione naturale. A volte dipende da te, il fallimento, a volte dalle condizioni avverse della vita. Di solito si è in lotta con entrambe le cose. Si è come quegli antichi soldati che con spada in mano si gettano nella mischia. Si combatte in un agone di caos. Nemici da ogni parte. Colpi, fendenti, parate. Sudore, polvere, ferite. Vincere la battaglia dipende da quanto sei forte. Da quanto ti sei allenato. Da dieci nemici che ti assaltano contemporaneamente. Dal desiderio di vincere una delle infinite battaglie.
Una volta un mio amico mi ha detto che raggiungere il proprio sogno non è buono. Perché una volta raggiunto diventerà un’abitudine e non si avrà più nulla da desiderare. Io gli ho risposto può darsi. Ma dipende da quanto ciascuno è soggetto all’inganno del sogno. Io, dovessi mai raggiungere il mio, direi una cosa soltanto. E adesso, me lo godo, da qui, fino alla fine.

Barbara Businaro

Feb 03, 2020 at 8:37 PM Reply

Ah Marco, scrivere commenti lunghi porta il rischio di uscire fuori tema senza accorgersene…
Pagani confronta l’oggi con i suoi anni di gioventù, diciamo il decennio 1970-1980. Dunque il Settecento non entra proprio nel paragone, anche perché in quel caso dovremmo considerare le condizioni economiche e l’analfabetismo, e il discorso andrebbe appunto fuori tema.
Sono d’accordo che ciascuno ha il proprio sogno, molti lo aspirano, pochi ci provano e di questi alcuni si arrendono subito per paura di fallire. Poi ci sono anche quelli che cambiano sogno alla prima caduta o fingono che non gli interessa più. E questo è tradire il proprio sogno, raccontarsi frottole e bugie, tirare fuori degli alibi per la caduta, dare la colpa al contesto, all’ambiente, ai fantasmi, invece di tirarsi nuovamente in piedi. Pagani proprio questo dice: la sua passione era tale da risollevarlo ogni volta.
Nella scrittura, quanti ne conosci di aspiranti scrittori che si riciclano editor e correttori di bozze a pagamento? D’accordo che il mercato editoriale è difficile, ma quanti rischiano l’esperienza del self publishing? O quelli che non si lasciano distrarre dalle sirene incantatrici dell’EAP? Quanti ancora passano dalla scrittura di narrativa alla scrittura pubblicitaria o al copywriting? Perché è assolutamente lecito cambiare un sogno, dato che i sogni seguono l’evoluzione della nostra personalità, ma quando si cambia il sogno per non affrontare le proprie difficoltà? Quello è non rispettare il sogno, rifuggirlo, farsi appositamente distrarre da altro per avere una scusa.
Come quelli che non leggono perché non hanno tempo, ma passano i weekend su Netflix.
O quelli che si convincono di non poter dimagrire perché hanno le ossa grosse.

Sandra

Feb 02, 2020 at 11:32 AM Reply

Molto giusta la faccenda della distrazione, i sogni necessitano poi di grande progettualità, un mio insegnante disse: cercate di avere progetti più che sogni. Al sogno diamo quella connotazione un po’ magica che può sfociare nell’irrealtà. Sogni senza piedi per terra, quanti ne vediamo ogni giorno?
Invecchiando divento molto ma molto più concreta e pragmatica. Ho visto un sogno sgretolarsi (un figlio) e uno diventare immenso (la mia famiglia con l’Orso e i nipoti) e tanto mi basta.
In questo momento sogno che le lasagne in forno siano al top, visto che ho sperimentato una ricetta nuova e ho la twin e la nipotina a pranzo. Il lavoro c’è stato, il talento non lo so, sulla cucina vivo di dubbi. Un abbraccione.

Barbara Businaro

Feb 03, 2020 at 8:39 PM Reply

Non so com’erano le lasagne, ma si sentiva il profumo fin qua! 😀
Comunque ti ho pensata quando ho visto questa intervista: Arte e Scienza: Horacio Pagani si racconta
Dove lui dice: “Mio padre è sempre stato il mio idolo, perché è stato un uomo straordinario di valori, un grande lavoratore e ci ha lasciato comunque dei messaggi così fortissimi. Perciò per certi versi mio padre è un idolo, però non è che mi appoggiava in questo mio sogno. Non dico che era un ostacolo, però non avevo da parte di una persona da cui io volevo sentire certe cose, queste non c’erano. Non riusciva a comprendere nemmeno che cosa era, un ragazzino che voleva disegnare le macchine.”
Ergo, tornando al discorso di Marco, Pagani ha lottato anche contro un genitore che non lo comprendeva, a proposito del contesto.
Poi non dimentichiamoci che c’è anche il rischio di progettare troppo e non concludere nulla. Progettare va bene ma bisogna anche realizzare concretamente. Meglio progettare per gradi. 😉

Elena

Feb 02, 2020 at 6:05 PM Reply

Non conoscevo Horacio Pagani, ma il fatto che sia argentino lo rende subito simpatico! Siamo di fronte a gente che rischia del suo, che ha un sogno imprescindibile, un sogno necessario, totalizzante.
La tua riflessione è giusta e sana: le persone poliedriche (spesso mi sento tale) soffrono di eccesso di interessi e obiettivi, si stancano, si distraggono, si lasciano andare alla tristezza quando perdono l’orientamento. Capita, a me, come sanno i lettori del mio blog, qualche tempo fa è capitato.
La cosa che più mi ha colpita di questo articolo è il diritto ai nostri sogni. Un diritto che dobbiamo esercitare contro tutti e contro tutte, anche contro noi stessi quando perdiamo appunto l’orientamento. Difendere le ragioni profonde di scelte che non sono sempre comprese o compatibili con le nostre realtà quotidiane, ma che hanno il diritto ad essere rispettate. Vale per la scrittura e per qualunque altra cosa.
Ecco, questo concetto di rispetto per i nostri sogni ho amato.
Grazie e buona domenica

Barbara Businaro

Feb 03, 2020 at 8:41 PM Reply

Il brutto delle persone poliedriche è che si lasciano distrarre facilmente, il bello è che si entusiasmano per tutto quello che fanno e quindi non soffrono mai la noia. Quando sento qualcuno dire che durante il weekend si è annoiato sul divano, lo guardo stranita… tra lettura, scrittura, allenamento, pittura, bricolage vari, per me è impossibile! 🙂
Il rischio di disperdere energie però è forte. Da quando ho il blog, e ho ricominciato a scrivere, ho rifiutato veramente tanti altri progetti, ho imparato a dire di no, a volte con tristezza e la feroce domanda “E se fosse quella l’opportunità giusta? La mia svolta?” Non rinuncio al My Peak Challenge perché è merito di quella community se sono tornata a credere in me stessa e nei miei sogni, non posso fare a meno della palestra perché sono proprio gli allenamenti ad avermi aiutato a migliorare la concentrazione. Ma ho rifiutato l’incarico di ghostwriter per tre volte, progetti di collaborazione vari per almeno una trentina di volte (anche perché i termini economici sono sempre nebulosi) e recentemente pure l’ingaggio per due saggi sulla scrittura, con lo spettro dell’EAP. Però ho cambiato lavoro e finché non termino la fase di formazione iniziale, il mio tempo libero è poco e riservato alla scrittura. Con il massimo rispetto. 😉

Giulia Mancini

Feb 02, 2020 at 7:14 PM Reply

Coltivare i sogni è importante, tutto sta anche a quando cominci a sognare, ci sono quei sogni che sono talmente radicati che ti inseguono tutta la vita. Nel mio caso la scrittura ce l’ho in testa fin da ragazzina, poi l’ho accantonata per un periodo mentre costruivo la mia vita tra università, lavoro e matrimonio, ma il pallino è rimasto lì. Pagani ha ragione, se vuoi inseguire un sogno bisogna perseverare e faticare, perché il 90% è duro lavoro, nel senso che un romanzo bisogna scriverlo, poi revisionarlo, poi riscriverlo poi rileggerlo ecc ecc e, nel frattempo, bisogna non lasciarsi distrarre da altri obiettivi che possano disperdere le energie.

Barbara Businaro

Feb 03, 2020 at 8:41 PM Reply

Si potrebbe pensare che la fortuna di Pagani sia quella di essere cresciuto in una famiglia che l’ha sostenuto. Ma se leggi la mia risposta a Sandra, con l’altra video intervista, lui si rammarica di non aver avuto parole di appoggio dal padre. Non ha nemmeno potuto studiare, ha lavorato sempre come operaio e l’unica laurea l’ha avuta Honoris Causa dall’Università di Modena e Reggio Emilia nel 2018. Non ricordo dove l’ho letto, sembra che per un periodo ha vissuto con la moglie anche in tenda, per capire le condizioni avverse in cui si è trovato prima di realizzare il suo sogno.

Daniele Imperi

Feb 03, 2020 at 8:58 AM Reply

Mai sentiti nominare Pagani e quelle auto 😀
Anche per me oggi è più difficile, ma non solo per via delle tante opportunità, soprattutto per l’epoca e il paese in cui viviamo.
Istituzioni e burocrazie e accordi con paesi esteri ci mettono di continuo i bastoni fra le ruote, spegnendo ogni voglia di fare.
Ho dovuto togliere parecchi sogni nel cassetto. Non tutti possono comunque essere realizzati, a prescindere dall’impegno.
Adesso i miei sogni sono 3, due dei quali forse realizzabili.

Barbara Businaro

Feb 03, 2020 at 8:43 PM Reply

Noi le Pagani le possiamo vedere solo sul Quattroruote! 😀
Non so come fosse l’Argentina di quegli anni, ma dubito fosse migliore del nostro paese attuale.
Certo è che ai giovani di oggi io dico sempre e solo due cose: cerca di uscire dalla casa dei tuoi genitori il prima possibile, perché anche se non è bello consumare lo stipendio in affitto, devi vivere la tua vita senza il condizionamento della loro generazione; cerca di andare a studiare/lavorare all’estero per un periodo, perché vivere in un altro paese è una delle esperienze formative migliori, apre la mente a nuove possibilità. Qui in effetti la gerontocrazia continua a fare danni…

nadia

Feb 03, 2020 at 7:07 PM Reply

A seconda della fase della vita che ho vissuto ho cambiato i sogni che avevo. Inutile dire che arrivata al momento di diventare madre niente mi ha più appagato quanto quello. Inutile altrettanto dire che poi mi sono mancate mille altre cose di minore conto, e per nulla essenziali che invece ora mi appagherebbero e renderebbero più confortevole la vita.
Quando il mio sogno è stato scrivere e ci sono riuscita, superando ostacoli e complessità di ogni ordine e genere, arrivare al risultato mi ha aiutato ad aumentare l’autostima. Ora però sono molto indecisa se vivere con i piedi piantati per terra o con la testa tra le nuvole, visto che pare le due cose non riescano ad andare d’accordo. I sogni servono, soprattutto se si trasformano in un lavoro che sa di artigianale, che lascia spazio alla creatività e permette di mantenersi, ma i sogni diventano pericolosi se boicottano la vita e le sue necessità. Come per le altre cose devono trovare equilibrio. Li vedo come massima espressione di un individuo consapevole e coerente, indispensabili per dare sale alla vita, motore per non perdersi mai d’animo.

Barbara Businaro

Feb 03, 2020 at 8:51 PM Reply

Qui nessuno ha vinto il SuperEnalotto, facciamo tutti parte di chi ha una famiglia e/o un tetto da mantenere, bene o male. I sogni per forza si devono conciliare con questa realtà. Del resto non è che Pagani ha lasciato l’Argentina senza un soldo in tasca o ha vissuto in Italia senza un lavoro con cui sfamarsi. Dal lunedì al venerdì lavorava come operaio, il weekend si dedicava alle proprio idee. Per questo dice che occorre proprio lavorare duramente, senza mai rifuggire le proprie responsabilità.
Ti direi di tenere i piedi piantati per terra per i tuoi figli e ogni tanto dare un’occhiata alle nuvole. Anche perché una mamma che coltiva i suoi sogni ha sicuramente una marcia in più! 😉

Barbara Businaro

Feb 03, 2020 at 9:04 PM Reply

Ringrazio anche Riccardo Scandellari in persona che questa mattina ha ricondiviso il mio articolo sulla sua bacheca in Twitter. Non avevo nemmeno inserito i tag, ma i suoi tool di monitoraggio (migliori dei miei senza dubbio) mi hanno beccata subito. 😀 😀 😀 

Grazia Gironella

Feb 03, 2020 at 10:13 PM Reply

Bellissimo post. Certo che ho dei sogni nel cassetto, ma credo di non focalizzare le mie energie sul loro raggiungimento come fanno persone del calibro di Pagani. Cammino verso di loro, questo sì; sono abbastanza costante, a volte corro anche, ma non è la stessa cosa, se non altro perché amo diverse cose, e non ne ho in mente una sola. Credo che ci sia spazio anche per questo. La dedizione assoluta, però, va riconosciuta, sennò sembra che chi ha successo ci sia arrivato per c**o e basta.

Barbara Businaro

Feb 04, 2020 at 12:14 AM Reply

Se ami diverse cose e dai spazio ad ognuna, sei poliedrica anche tu, benvenuta nella squadra! 😀
Diciamo che ci sono sogni grandi che prendono tutto il cassetto, e che non ci voglia un baule, e sogni più piccoli che possono stare insieme, seguirli un po’ l’uno e un po’ l’altro, alternati. Penso al mio sogno di andare in Scozia: ci sono andata, ma penso anche di ritornarci. Penso all’altro mio sogno di recuperare il mio fisico: “Eh, dopo i 30 anni non si dimagrisce più!” mi dicevano, tzè… sono dimagrita e ho scoperto che posso avere due bicipiti, non li avevo mai visti, nemmeno a vent’anni! O all’altro mio sogno di incontrare la scrittrice Diana Gabaldon: l’ho conosciuta, le ho parlato, le ho stretto la mano, forse a breve la rivedo anche!
Ecco, forse è per quello che non ho ancora terminato la prima stesura di IPDP… la mia dedizione non è ancora completa…

Maria Teresa Steri

Feb 04, 2020 at 9:00 AM Reply

Che storia incredibile! Sono contenta che tu l’abbia condivisa, con calma guarderò anche il video dell’intervista. Ecco, storie come questa danno una grande carica, almeno a me. Di certo i sogni meritano il rispetto di chi ci sta intorno, ma soprattutto di noi stessi. Il problema è proprio che troppo spesso dubitiamo dei nostri sogni, non ci crediamo abbastanza, non al punto almeno da investire tempo ed energie in misura tale da fare la differenza. Poi, i risultati non dovrebbero incidere, non almeno sul potere dei sogni.
Anche sul pericolo di distrarsi dall’obiettivo sono d’accordo. Ai giorni nostri anzi è difficile restare concentrati in generale, perché abbiamo troppi input e informazioni, oltre che opportunità. A monte andrebbe fatta una scelta di obiettivi e attenersi a quelli. Ma qui si torna sempre alla domanda: quanto ci crediamo?

Barbara Businaro

Feb 05, 2020 at 6:38 PM Reply

Anche a me questo tipo di storie danno carica ed entusiasmo, ti fanno credere che davvero tutto sia possibile. L’ho condivisa con alcuni amici fuori rete e la reazione invece è stata opposta: “Sono solo motivatori, vendono aria fritta, è sempre facile parlare, vorrei vederli al posto mio, sono casi unici, c’è chi lavora duramente una vita e non arriva da nessuna parte…” Che è la reazione di chi nel suo inconscio sa di dover cambiare abitudini per migliorare, ma ne è spaventato. Quindi si deve “assolvere” dicendo che tanto non serve a niente, non vale nemmeno la pena di provarci, sarebbe una fatica inutile. La mia risposta in quel caso è semplice: “Sarà come dici tu, però a me ha fatto un gran bene. Non sono milionaria, ma sto decisamente meglio di qualche anno fa, quando reagivo come te.”
Alla fine si riduce proprio a questo: quanto crediamo in noi stessi e nei nostri sogni? 😉

Luz

Feb 04, 2020 at 8:25 PM Reply

L’esempio di grandi sognatori che strenuamente hanno lavorato per realizzare il proprio progetto fa sempre colpo, fa pensare. Se ce l’hanno fatta, a quei livelli, vuol dire che il talento era autentico.
I sogni hanno qualcosa di sacro, vanno coltivati, accarezzati, curati. Io ne ho realizzati alcuni, molti altri restano ancora da realizzare. Vorrei vorrei vorrei… non si smette mai di desiderare e di crederci, ma come riporti nel tuo articolo senza impegno massimo non si va molto lontano. Nel mio piccolo, cerco di tenere alta l’intensità dei miei sogni. Vivo anche abbastanza ancorata alla realtà, ho imparato a difendermi da velleità troppo più grandi delle mie potenzialità.
Oggi penso anche che i sogni debbano avere attorno a sé le persone giuste, non semplicemente quelle che incoraggiano a nutrirli, ma coloro che collaborano alla loro realizzazione in realtà. Per esempio, stamattina ci siamo fatte una bella chiacchierata io e una mia collega di Lettere molto simile a me, appassionata, sognatrice, tenace, salda. Stiamo progettando un festival del libro per ragazzi nella cittadina in cui lavoriamo, qualcosa di ambizioso e molto in là delle possibilità che abbiamo adesso, ma viviamo appieno la fase della progettazione, lei ha già incontrato il sindaco, c’è tantissimo da fare. Questo perché eravamo stufe di sapere una “città del libro” trasformata in una perenne festa di panini e porchetta e giostrine due o tre volte all’anno. Eh no, deve esserci molto di più. Vogliamo creare un evento permanente, fare rete. Progetto ambizioso, il nostro sogno, forse uno dei tanti, ma impossibile rinunciarvi.

Barbara Businaro

Feb 05, 2020 at 6:39 PM Reply

Avere qualcuno che collabora con te attivamente, condividendo praticamente parte del tuo sogno, è sicuramente anche meglio di chi ti incoraggia, a volte senza conoscere o comprendere esattamente le nostre difficoltà.
Se non altro con lo sviluppo di internet possiamo trovare facilmente questi collaboratori al di fuori del nostro territorio. Penso alle problematiche logistiche dei tempi di Radionauta, per cui una semplice telefonata interurbana costava tantissimo, per non parlare delle fotocopie e i costi postali per le spedizioni dei cartacei. Questioni del tutto superate oggi, dove per il gruppo italiano di MPC usiamo email, archiviazione cloud, tre social con pubblicazione centralizzata, un piano editoriale ad accesso condiviso e riunioni in videochat, estero compreso.
Per quanto riguarda il festival del libro, sono certa che se ci sei tu non potrà che essere straordinario! E spero che ce ne racconterai nel tuo blog. Magari qualcuno vorrà copiarti in altre città italiane! 😉

Marina Guarneri

Feb 07, 2020 at 10:27 AM Reply

Ahia, con me caschi male! Io sono stata un’amabile sognatrice per anni, solo che paradossalmente i sogni mi hanno portato talmente lontana dalla realtà che, alla fine, mi hanno arrecato più danno. Io dico che per inseguire i sogni devi anche avere il carattere adatto, perché non puoi formularli e aspettare che si realizzino per virtù dello Spirito Santo. Ecco, io, a un certo punto, pensavo fosse sufficiente la preghiera per ottenere certi obiettivi e tanto mi bastava. Ovviamente non sempre è stato così, ma alla lunga ho esaurito la polvere di stelle, però noto anche che rimanere senza sogni non mi ha abbrutito né fatto diventare una persona senza aspettative. Vivo con meno grilli, ma con quotidiani traguardi, che già arrivare a fine giornata serena e senza rimproverarmi nulla mi pare un obiettivo da favola.

Barbara Businaro

Feb 07, 2020 at 11:19 PM Reply

Il rischio di volare tanto in alto con i sogni, da staccare troppo i piedi da terra, è che poi quando cadi ti fai parecchio male e non sei più disposto a riprovarci. Sognare quindi, ma con una piccola zavorra, almeno finché non avremo rinforzato per bene le ali.
E sullo Spirito Santo… mi hai fatto tornare in mente una vecchia barzelletta. 😉

Un uomo va in chiesa, si inginocchia davanti al crocifisso e inizia a pregare.
“Signore, ti prego, fammi vincere al SuperEnalotto! Non ti chiederò altro, ma fammi vincere al SuperEnalotto!”
Tre giorni dopo si ripresenta e prega ancora più convinto:
“Signore, anche se finora non mi hai ascoltato, ti prego: fammi vincere al SuperEnalotto!”
Tre giorni dopo ancora, si inginocchia nuovamente e prega con ancora maggior fervore:
“Signore, anche se finora non mi hai ascoltato, ti prego: fammi vincere al SuperEnalotto!”
E ancora tre giorni dopo si ripresenta in chiesa:
“Signore, anche se finora non mi hai ascoltato, ti prego: fammi vincere al SuperEnalotto!”
Dall’alto, la statua di Cristo sbuffa.
“Figliolo, io ti farei anche vincere, ma quando pensi di giocarla questa schedina?!”

Marina Guarneri

Feb 10, 2020 at 8:56 AM Reply

Ahahah, la barzelletta è perfetta! Certe volte capire che le cose si avverano se attivi un processo perché ciò avvenga salva da ogni delusione lamentata. La manna dal cielo è solo un luogo comune abusato. 😉

Rebecca Eriksson

Feb 22, 2020 at 11:35 AM Reply

Sono completamente estranea al mondo delle auto e ammetto che non lo conoscevo. Trovo però sempre affascinanti le storie di chi “si è fatto da solo”. Io non ho un carattere determinato, anzi, la mia insicurezza mi rallenta parecchio nella realizzazione di progetti, ma sicuramente so cosa voglio e cosa no.
Quindi un po’ a rilento e con passo incerto cerco sempre di raggiungere i miei obiettivi.

Barbara Businaro

Feb 24, 2020 at 10:30 PM Reply

Le storie dei “self-made man” ci aiutano a mantenere viva la speranza che anche noi possiamo avere la nostra occasione. In questo caso poi non si tratta di una biografia romanzata dove le difficoltà sono stare aggiunte sullo sfondo, Pagani è davvero partito dal nulla, lavorando duramente. I momenti di dubbio e incertezza li ha avuti pure lui, ammette di aver rischiato e il rischio è socio dell’incertezza. Ma sapeva quel che voleva e cosa no. Direi che è già un buon punto anche per te. 😉

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