Non so più chi sei. Il cigno quale simbolo di vanità

Non so più chi sei

Durante una passeggiata con un amico un sabato mattina per le viuzze del mio vecchio quartiere mi capitò un fatto estraniante.
Eravamo entrambi concentrati nella nostra accesa conversazione a tema economia mondiale, su fronti e pareri opposti. Dall’altra direzione del marciapiede giungeva un giovanotto che la mia mente riconobbe come un compagno del liceo, anche se non lo vedevo da parecchio. Lo salutai con un buongiorno e un sorriso, interrompendo la mia arringa. Il ragazzo mi rispose con educazione ma restituendomi un’espressione incerta, distratto pure lui da altre facezie mentali. Pochi metri oltre, il mio amico mi chiese chi fosse costui e come lo conoscevo.
“Quello è Tommaso no? Veniva a casa a studiare con me, l’hai anche visto un paio di volte.”
“Tommaso? Tommaso l’ho presente. Ma quello aveva almeno vent’anni meno di lui! Da quant’è che non lo vedi davvero Tommaso? E’ ingrassato, gli è spuntata una pappagorgia e una calvizie incipiente. Forse quello poteva essere suo nipote, perché non mi risulta abbia figli maschi.”
Lì per lì diedi colpa alla stanchezza, però l’accaduto mi lasciò molteplici dubbi sulle mie capacità.
Ero davvero convinto fosse proprio lui, compagno di banco e di partita al pomeriggio, nel momento in cui lo avevo salutato, perché il mio tempo si era fermato all’ultima volta e all’ultima immagine che avevo di Tommaso. Ma il tempo di Tommaso era ovviamente andato avanti.
Questo per dire che invecchiamo, invecchiamo davvero tutti. A volte la nostra mente lo dimentica ed è lo specchio inarrestabile a mostrarci la cruda realtà. A meno che non vogliamo nascondere l’avanzare del tempo dietro una foto clandestinamente modificata.
L’inganno aumenta con l’impiego della tecnologia e con esso le mie proverbiali pessime figure.
Per immediatezza della comunicazione mi sono adattato pure io ai messaggini di nuova generazione sul telefonino. Mio malgrado, mi ritrovo inconsapevole inondato di Buongiorno e Buonasera, di faccine in varie smorfie e immagini irriverenti, di conversazioni in gruppi di cui non ho richiesto l’adesione e, pur togliendomi, vengo nuovamente inserito. Persino i venditori di ciarpame non suonano più al campanello di casa ma inviano un messaggino sul cellulare. La nuova frontiera della pubblicità, senza l’eleganza di Mike Bongiorno.
Dall’altro canto ci sono pure discussioni interessanti, quali gruppi di lettura, di hobbistica, di sorveglianza di quartiere, di acquisto solidale. Lunghe disquisizioni con immagini di profilo che sostituiscono i volti delle persone, alcune delle quali mai incontrate dal vivo, anche a causa della socialità ridotta di quest’ultimo anno.
Una di queste persone mostra un’immagine giovanile di sé, una donna di aspetto gradevole, ammiccante nel suo largo sorriso, un viso luminoso e lunghi capelli setosi, nerissimi. Quando casualmente mi sono ritrovato davanti questa signora, direi coetanea, all’ufficio postale, l’imbarazzo e lo sconcerto erano palpabili. Non l’ho riconosciuta.
Mi ha fermato lei e ho attribuito la colpa alla degenerazione della vista, di nuovo, con imminente visita dall’oculista per il cambio degli occhiali. Sono stati dieci minuti terribili per il sottoscritto, cercavo di dissimulare con aplomb inglese il mio avvilimento nel constatare la sua debolezza. Abituato a colloquiare con questa bella foto, mi sono imbattuto in una persona completamente diversa, reale, vera, senza modifiche, senza filtri abbellenti, con parecchie rughe in più e fili d’argento tra i capelli. Lo stesso effetto quando, vado per supposizione sia chiaro, si è trascorsa tutta la serata in compagnia di un vistoso, seppur velato, décolleté e una volta appartati si rivela essere frutto solo di un ingegneristico intreccio di elastici e imbottitura. Tra l’altro in ambedue le occasioni, nulla toglie allo charme e all’intelligenza di una donna, se non la bugia stessa, l’eccesso di vanità.
Quando siamo ritornati alla comunicazione a distanza, quell’immagine giovanile e il sotterfugio che nascondeva mi disturbavano. Le parole avevano perduto la loro potenza, le sue mi suonavano vuote e finte come quella foto. Non so più chi sei, avrei voluto solo rispondere.
Ho preso coscienza invece della sua estrema fragilità e la considero con ancora maggior delicatezza.
In qualche modo, è responsabilità degli uomini che rincorrono le sottane della gioventù perduta se le donne si sentono in dovere di inseguirla a loro volta. Ma se la bellezza è negli occhi di chi guarda, piuttosto che alterare un’immagine, meglio preferire un osservatore più acuto.

Non togliermi neppure una ruga. Le ho pagate tutte care.
Anna Magnani, al suo truccatore

 

Vecchio viaggiatore di panchine avatar Guest blogger: Vecchio viaggiatore di panchine
Di lui sappiamo poco o niente. Se non che viaggia parecchio, ci scrive da luoghi lontani, a volte anche senza muoversi affatto. Colleziona foto di panchine, ognuna delle quali ha contribuito al suo spirito ed alla sua penna.

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Comments (8)

Giulia Mancini

Apr 11, 2021 at 9:14 AM Reply

Viviamo sempre più in una realtà artefatta, è vero. Mi è capitato di non riconoscere qualcuno perché avevo in mente l’immagine di molti anni prima. Con i social poi la situazione peggiora, mettiamo in rete solo le immagini migliori, magari di qualche anno prima per nascondere le rughe e il tempo che passa.

IlVecchio

Apr 12, 2021 at 6:33 PM Reply

Per comprendere meglio, complice la figlia adolescente dei vicini di piano, mi sono fatto scattare qualche foto tra il giardino e l’androne, chiedendo poi di modificarle con questi nuovi sortilegi tecnologici. Il risultato è diabolicamente perfetto, l’inganno non è visibile se non per una strana patina aurea intorno al viso. Però non mi sono riconosciuto. Ancora più, non mi sono piaciuto affatto. Mi sono così ricordato dei nativi americani, i quali non volevano farsi fotografare perché secondo le loro credenze quelle immagini rubavano loro l’anima.
La mia sensazione è proprio quella.

Brunilde

Apr 11, 2021 at 10:55 AM Reply

E’ un’arte difficile, quella di accettare il tempo che passa. Purtroppo, per vanità o gioco di ruolo, noi donne siamo maggiormente legate alla capacità seduttiva della nostra immagine. C’è un momento, nella vita di una donna, che rappresenta una sorta di spartiacque: quando si accorge di essere diventata invisibile. L’attenzione che aveva sempre catalizzato, anche solo entrando in una stanza, svanisce, gli sguardi maschili, di ammirazione, e anche femminili, di valutazione e comparazione critica, non ci sono più. Potrebbe essere nuda, o avere un vaso da fiori in testa: non se ne accorgerebbe nessuno.
E questi sono tempi diabolici, in cui apparire sembra più importante di essere.
Quindi grazie, gentile viaggiatore di panchine, per l’indulgenza che hai riservato alla signora di cui parli, intuendone la fragilità. L’intelligenza e la sensibilità maschile sono davvero un grande balsamo per le ex belle ragazze ( come me, ovviamente! ), forse l’unico vero rimedio alla paura di invecchiare.

IlVecchio

Apr 12, 2021 at 6:43 PM Reply

Non c’è donna più seducente di colei che sa usare lo sguardo, la parola e i modi gentili, anziché trucco, parrucco e ancheggiamenti. Per questo sostengo, con convinzione, che la signora della mia riflessione non ha assolutamente bisogno di modificare la propria immagine, per altro aggiornandola di continuo.
E’ pur vero che la prima copertina di un libro ci attrae, ma lo acquistiamo solo se la descrizione del contenuto in quarta ci convince davvero che sarà una lettura gradevole o in sintonia con i nostri gusti.

Barbara Businaro

Apr 11, 2021 at 12:09 PM Reply

Stai parlando di me? Eh? Stai parlando di me?! 😀 😀 😀
Ho trascritto questo testo per la pubblicazione sorridendo, ma no, non puoi parlare di me perché la mia immagine è quella, niente filtri, niente fotoritocchi. Ci ho messo 8 anni a cambiare la foto di profilo, è vero, perché io sono selfie-impedita e non si trova mai un fotografo decente in casa… Certo come tutte le donne uso il make-up, nemmeno tanto, detesto il fondotinta per dire e con l’eyeliner ho combinato pasticci inenarrabili. Però mi mostro anche scarmigliata e distrutta dopo l’allenamento, con il sudore che ha sciolto ombretto e piega, perché la fatica si deve vedere eccome. Penso che le mie ragazze, le mie peaker, abbiano bisogno di essere spronate, motivate, incoraggiate, non ingannate.

IlVecchio

Apr 12, 2021 at 7:22 PM Reply

Ci rileggeremo tra dieci anni e vedremo se qualcosa nel mentre sarà cambiato. : -)

Sandra

Apr 11, 2021 at 12:19 PM Reply

Alterare un’immagine, vero, perché questo fanno i filtri maledetti sui social.
Non me ne ero resa troppo conto fino a quando non sono approdata su Instragram.
Prima il ritocco era appannaggio delle vip e in rari casi di noi gente very normal people, tipo mia madre nelle foto – rare odia farsi fotografare – al mio matrimonio che ha chiesto un appiattimento rughe, molto ben riuscito, va detto. Era l’unico modo per avere una sua foto senza occhiali neri. Vabbeh.
Che falsità dietro a quei filtri. Non c’entrano nulla con la giusta luce per una foto o una buona piega dal parrucchiere.
Abbiamo passato la misura quando l’apparenza è diventata così importante. Difficile sottrarsi, ma non impossibile.

IlVecchio

Apr 12, 2021 at 7:33 PM Reply

Possiamo scegliere di essere veri. Tanto nella foto per la carta d’identità non è ammesso alcun ritocchino. Riguardo le mie vecchie fototessera con malinconia, anche se sono orribili. Chi avrebbe oggi il coraggio di pubblicare la propria?

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