John Cleland, uno scrittore pagato per non scrivere più
Capita anche a voi di scoprire nuove future letture proprio dalle pagine che state già tenendo tra le mani?
Li chiamo “romanzi che escono dai romanzi”, una definizione da puro lettore certo, perché ovviamente si tratta di libri che hanno ispirato l’autore che state leggendo e che ha deciso di inserire nella sua storia una menzione d’onore nel frontespizio, una citazione di poche righe pronunciata da un suo personaggio o un riferimento simbolico ad una trama similare, ma con destini differenti. A volte questi richiami passano quasi inosservati, soprattutto ad una prima lettura, altre invece ti accompagnano lungo tutti i capitoli, con un parallelismo continuo tra i due testi e le vicende narrate.
Non è un segreto ad esempio che tutta la saga di Twilight di Stephenie Meyer è ispirata da grandi classici, che compaiono anche all’interno della storia. In Twilight Bella ci mostra Orgoglio e pregiudizio appena terminato, prima di scegliere Mansfield Park per una lettura sulla collina, abbandonata al capitolo 3 quando il nome del protagonista Edmund troppe le ricorda Edward. New Moon si apre con il film di Romeo e Giulietta e la rivelazione di Edward di invidiare la facilità con cui si è suicidato Romeo, non potendo vivere senza Giulietta, destino che a lui non sarebbe concesso se fosse morta Bella. In Eclipse troviamo Cime tempestose, le stesse cime innevate dove si decideranno la vita e il futuro di Bella, anche se per Edward non c’è nulla di romantico tra Heathcliff e Cathy che si rovinano la vita a vicenda. In Breaking Dawn invece compaiono sia Il mercante di Venezia, in quella pagina strappata dove Alice lascia un importante messaggio prima di fuggire per la salvezza dell’amica, che Sogno di una notte di mezza estate perché alla fine della straordinaria notte nel bosco, tutto troverà un senso ed ogni cuore il giusto posto.
Se pensate che questo non abbia avuto un impatto sui giovani lettori della serie, beh, vi sbagliate. Nel periodo di pubblicazione dei libri, e successivamente anche dei film, le vendite dei classici citati per ogni romanzo aumentarono sensibilmente, fino all’eccezionale picco di 125.000 copie della nuova edizione di Cime tempestose, con una copertina nera nello stesso stile di Twilight e una tagline di rimando “Love never dies” (Fonte: The New York Times e The Guardian) Quei “romanzi nei romanzi” hanno portato i giovani a riscoprire dei grandi classici, solo per immedesimarsi nei loro protagonisti preferiti.
Proprio in questo modo ho scoperto l’esistenza di un libro pubblicato a metà del Settecento, Fanny Hill. Memorie di una donna di piacere, dalle stesse pagine lette addirittura da Jamie Fraser (sospiro femminile dovuto) all’interno della saga Outlander di Diana Gabaldon, e del suo controverso autore John Cleland, uno scrittore pagato per non scrivere più, tanto peccaminosa, sconvolgente ed eccessivamente popolare era la sua scrittura!
Figurarsi se potevo trattenere la mia curiosità… 😉
Fanny Hill. Memorie di una donna di piacere
Le mie labbra, che sporsi verso di lui in modo che non potesse evitare di baciarle; lo irretirono e subito lo imbaldanzirono: e ora, con una fugace occhiata a quella parte del suo abito che copriva l’oggetto essenziale del godimento, scoprii senza dubbio alcuno il crescendo e il trambusto che aveva luogo laggiù; e poiché ero giunta sin troppo oltre per potermi fermare qui, non essendo io più affatto in grado di contenermi o di attendere i lenti progressi della sua virginale ritrosia, allungai di soppiatto la mano verso le sue cosce, in mezzo alle quali potevo sia vedere sia palpare un corpo duro e rigido confinato nei calzoni, e al quale le mie dita non riuscivano a trovar fine.
«Oh, aye?» borbottò scettico Jamie. Inarcò le sopracciglia e cambiò posizione sul fieno. Era al corrente dell’esistenza di libri del genere, ovviamente, ma – con Jenny che ordinava il materiale letterario a Lallybroch – non si era mai personalmente imbattuto in uno dei suoi esemplari. Il tipo di impegno mentale richiesto differiva un poco da quello necessario per affrontare le opere dei Messieurs Defoe e Fielding, ma un po’ di varietà non gli dispiaceva.
Davanti alle sue prodigiose dimensioni mi ritrassi di nuovo; eppure non potevo impedirmi di rimirare, e persino di avventurarmi a toccare, tanta lunghezza, tanta ampiezza di avorio animato! Ben tornito e modellato alla perfezione, un fiero turgore ne distendeva la pelle, così levigata e vellutata da poter competere con quella del più delicato punto del nostro sesso, e il cui squisito biancore era non poco messo in risalto da un ciuffo di riccioli neri tutt’attorno alla radice; e poi l’incarnato sfumato di viola della grossa testa e la serpentina azzurra delle sue vene componevano l’insieme più stupefacente di figure e colori in natura. In breve, mi si offriva al contempo come un oggetto di terrore e di delizia!
Jamie lanciò un’occhiata al proprio inguine e sbuffò brevemente a queste parole, ma girò ugualmente pagina, dedicando solo un brevissimo frammento di attenzione al fragore dei tuoni all’esterno.
Il cerchio di pietre, Diana Gabaldon
traduzione di Valeria Galassi
Devo ammettere che quando ho letto questo passaggio, ho sorriso non poco, soprattutto all’idea del cipiglio di Fraser, uomo di larghe vedute nonostante la sua epoca.
Ma lasciatemi spiegare il punto della storia per chi non conosce la saga Outlander di Diana Gabaldon (potete anche leggere il mio irriverente riassunto qui: Outlander spiegato agli amici).
Liberato dalla prigione di Ardsmuir, dove vi era stato incarcerato per aver partecipato alla rivolta giacobita, Jamie Fraser trova posto come stalliere nella proprietà inglese di Helwater, presso Lord Dunsany. Ed è proprio qui che lo troviamo a leggere nel fienile questo curioso romanzo preso in prestito dal fattore della tenuta.
Vive da solo Fraser, sua moglie Claire è tornata nel futuro già da un decennio, prima della sanguinosa battaglia di Culloden dove lui stesso credeva di morire (il romanzo alterna le vicende di Jamie nel passato e quelle di Claire nella Boston del 1968, che cerca tra gli archivi storici le tracce del marito scozzese). E sebbene non ci sia niente in quel romanzo che possa sconvolgere Jamie, avendo avuto con Claire un’intesa intima perfetta, oltre che un amore assoluto (e la serie Outlander è conosciuta per le sue scene erotiche, tanto che l’autrice ha scritto un piccolo manuale sulla loro scrittura: E adesso prendimi. Come scrivo le scene di sesso di Outlander), era comunque sua moglie e al talamo nuziale lui ci era giunto integro.
Il romanzo che sta leggendo raccoglie invece le memorie di una donna dedita al piacere come professione.
All’inizio credevo che quell’estratto non fosse vero, che si trattasse di una finta citazione, creata per l’occasione dalla stessa autrice.
Del resto, accade proprio più avanti nello stesso libro Il cerchio di pietre, quando Claire si trova a leggere nella saletta dei medici il tascabile rovinato de Il pirata impetuoso, «Una sensuale, avvincente storia d’amore, infinita come il Mare di Spagna!» (potete leggere quel paragrafo in questo mio post: Il pregiudizio del lettore). Diana Gabaldon sta infatti rispondendo a chi l’accusa di aver scritto poco più di un romanzo rosa e per spiegare la differenza tra il suo Outlander e uno di quei tascabili da edicola non rimane che metterne uno proprio in mano alla protagonista. Il pirata impetuoso mette subito in evidenza subito la differenza di linguaggio con le altre scene a cui ci ha abituato la scrittrice.
Ma la cosa più curiosa è che molte lettrici di Outlander si sono susseguite a chiedere dove potessero trovare il testo originale de Il pirata impetuoso, per continuare la lettura… E’ uno scherzo, quel romanzo non esiste.
Motivo per cui mi aspettavo che anche questo secondo riferimento fosse inventato e facesse parte dello stesso gioco, dato che Jamie Faser legge certamente libri, come Le avventure di Roderick Random, La storia di Tom Jones o Robinson Crusoe, ma non certo quel genere di letteratura diversiva.
Invece nel suo The Outlandish Companion, il compendio alla lettura della saga, Diana Gabaldon spiega che quello è un passo di Fanny Hill. Memorie di una donna di piacere di John Cleland, un notevole brano di pornografia del diciottesimo secolo (per lo meno, così era valutato a quel tempo) e che in effetti non era un caso la contrapposizione tra la lettura erotica di Jamie e quella più contemporanea di Claire.
Nell’Outlander Wiki potete poi trovare tutti i riferimenti letterari inseriti nell’intera saga, suddivisi per romanzo della serie, autore, titolo e momento in cui compare all’interno della storia: Literary References
Questo fornisce un’idea di quanto complesse sono le citazioni lungo l’arco narrativo, tenendo conto anche delle differenze temporali e culturali tra Jamie e Claire.
Ma se degli altri romanzi bene o male avevo già sentito parlare, questo Fanny Hill e il suo autore John Cleland mi erano proprio sconosciuti.
Mi è bastata una veloce ricerca su Google, per scoprire che oggi Fanny Hill. Memorie di una donna di piacere è considerato il capostipite della letteratura erotica mondiale, ma che nel diciottesimo secolo fu processato e proibito per parecchio tempo, continuando a circolare di nascosto nel mercato illegale, fino alla sua liberazione solo nel 1963, dopo che la censura assolse un altro magnifico classico, L’amante di Lady Chatterley (questo l’ho letto invece).
Quel che mi ha maggiormente incuriosito, e portato poi alla mia lettura di Fanny Hill, è stata la biografia stessa dell’autore, pagato per non scrivere più!
(Ce lo sogniamo di questi tempi noi, eh?! 😀 )
John Cleland pagato per non scrivere più
La vita di John Cleland risulta alquanto avventurosa, ma la sua memoria rimane legata a quest’unico romanzo.
Cresciuto in una famiglia ricca e inserita tra i migliori circoli letterari e artistici di Londra, Cleland era considerato un irrequieto e dopo soli due anni di studio venne espulso dalla Westminster School per cause sconosciute, certamente non economiche. Entrò nella Compagnia inglese delle Indie orientali, trasferendosi a Bombay per un decennio, finché il padre lo richiamò in patria perché stava morendo.
Nel 1748 Cleland fu arrestato e incarcerato per un debito non pagato. Proprio durante l’anno che rimase in carcere, Cleland completò il testo di Memorie di una donna di piacere, esistente come manoscritto da diversi anni come rivelerà successivamente ad un amico. Il libro fu pubblicato dall’editore in due puntate ancora durante la sua prigionia, nel novembre 1748 e nel febbraio 1749, ma poco dopo la sua liberazione Cleland venne arrestato nuovamente nel novembre del 1749 proprio a causa del romanzo e delle leggi sulla decenza allora vigenti.
Fanny Hill fu ritirato ufficialmente, ma continuò a circolare in edizioni piratate, una delle quali inserì anche una scena di sodomia a cui la protagonista assiste nascosta, versione disconosciuta dall’autore ma essendo il romanzo illegale nessuna azione era possibile per vietarne la diffusione.
Nel frattempo John Cleland tentò di scrivere altri romanzi, raccolte di racconti, opere teatrali, ma non ottennero alcun successo e nemmeno il clamore destato da Fanny Hill. Riuscì a sostenersi collaborando con riviste e occupandosi di revisioni e traduzioni di lavori altrui.
Il suo necrologio nella rivista Monthly Review, per cui aveva lavorato, affermava che gli era stato concesso un vitalizio del governo di cento sterline per impedire che scrivesse un’ulteriore oscenità come Fanny Hill. Ma nessuna prova di questo è stata mai rinvenuta nei documenti ufficiali, resta francamente un mistero.
Ma cosa diamine poteva aver scritto quest’uomo per destare tutto questo scalpore?!
Vi dirò che in Fanny Hill non ci ho trovato nulla di così scabroso, ma la mia è una lettura fatta in un’epoca totalmente differente, dove il sesso e l’erotismo sono stati largamente sdoganati dalla televisione, anche per quanto riguarda la narrazione del punto di vista femminile, la serie televisiva Sex and the city prima fra tutti.
Come buona parte della letteratura del Settecento, il romanzo è scritto in forma epistolare, è la stessa Fanny Hill che racconta la sua vita in due lettere distinte, le due parti in cui venne pubblicato la prima volta il testo. Non si conosce il destinatario delle missive, ma è chiara la mezza età della protagonista nel momento in cui narra le sue vicende, cercando di spiegare le motivazioni della sua condotta.
Malizioso, a tratti audace, soprattutto se consideriamo quando fu scritto, ma mai davvero volgare, quasi pudico in confronto alla letteratura erotica dei nostri anni, se pensiamo a Cinquanta sfumature di grigio di E.L.James. Le descrizioni sono quasi poetiche, mai sciatte o ridicole (è facile cadere nell’esilarante quando si scrive male di sesso), intrise di un entusiasmo fin troppo ingenuo. Fanny Hill è innocente perché strappata giovanissima ai genitori morti di vaiolo e rimasta completamente sola al mondo, in balia degli eventi. Trascinata a Londra da un’amica della madre, viene abbandonata a sé stessa e cade nelle mani di una ricca signora, in realtà la padrona di un bordello. Il candore della ragazza le mostra solo il gioco e i privilegi economici di una casa di piacere, ma è molto fortunata nei suoi incontri, non c’è mai violenza, nemmeno accidentale, non c’è mai sopruso o un incontro particolarmente sgradito a cui debba sottomettersi. Anche nella povertà, solo gentiluomini sembrano soccorrerla.
Mi riesce difficile credere in una sorte così benevola, pure quando eredita un enorme patrimonio dall’ultimo suo amante e riesce a ricongiungersi con il suo primo e unico vero amore, creduto disperso in mare.
John Cleland rivelò di aver scritto Fanny Hill per osare, per mostrare ad un amico che era possibile scrivere sulla prostituzione senza usare termini volgari. Da questo punto di vista, ritengo che abbia effettivamente raggiunto il suo scopo. Ancora oggi c’è chi definisce la sua prosa lirica e sensibile.
Quali altri magnifici classici?
E voi, cari lettori, quali altri romanzi avete scoperto grazie alle vostre stesse letture?
Quali altri classici hanno vissuto una seconda migliore vita lontano dall’epoca in cui furono scritti?
Volete sapere quale altro romanzo ho trovato tra le pagine di Outlander e di cui voglio leggere? Pamela, o la virtù premiata di Samuel Richardson, letto da Jamie Fraser durante la sua vita selvaggia nascosto nelle grotte tra le montagne sopra Lallybroch, fuorilegge ricercato e solitario.
Forse il titolo non vi dirà molto, ma se ci aggiungo che da questo libro è ispirata la serie televisiva, che ho adorato, Elisa di Rivombrosa? 🙂
Comments (27)
Brunilde
Mag 24, 2020 at 11:28 AM ReplyFatto! Già inserita la ” licenziosa” Fany Hill nella mia booklist.
Mentre leggo un romanzo spesso mi nasce la curiosità e la voglia di leggere altri libri ed è una gioia nella gioia ( di leggere ).
A me capita, ma più che altro si tratta degli altri romanzi scritti da un autore appena scoperto e che mi piace, oppure connessi a quello che sto leggendo per ambientazione e periodo storico.
Sostanzialmente, i romanzi sono come ciliegie: uno tira l’alto!
Barbara Businaro
Mag 25, 2020 at 7:39 PM ReplyBene, ci dirai poi cosa ne pensi di questo discusso romanzo. 🙂
Nel mio caso la curiosità era sul perché zia Diana abbia sentito di doverlo citare. Forse una delle sue letture consigliate per scrivere scene erotiche non scontate? Poi però leggendo devo dire che preferisco quelle di Outlander, più reali, non sempre idilliache, mentre in Cleland mi sembrano forzate, ingenuamente abbellite.
Senza contare che mentre lo leggevo, ridacchiavo immaginando un imperturbabile – quasi sempre – Jamie Fraser intento alla lettura.
Questa scena non c’è nella serie televisiva di Outlander, ma non fatico ad immaginarmela recitata, quel sopracciglio inarcato, quell’accomodarsi meglio tra il fieno, quello sguardo assorto e sconcertato sotto i capelli rossicci…
Sandra
Mag 24, 2020 at 11:48 AM ReplyParto dal fondo, io Pamela me lo ricordavo, o meglio hai smosso un ricordo: la mia prof. di inglese delle superiori che parlando del romanzo inglese dice PamIla, pronunciato con la I.
Oddio, davvero c’è scritto “tanta lunghezza?” Piuttosto esplicito, per me un po’ troppo, ma come ho già avuto modo di dire io sono quacchera.
Dunque, di sicuro avrò letto libri che ne contenevano altri ma al momento non mi viene in mente nulla.
Barbara Businaro
Mag 25, 2020 at 7:40 PM ReplyEcco, io Pamela lo pronunciavo con la “e”, anche perché lo sento molto poco inglese come nome proprio di persona! 🙂
In quanto a Fanny Hill, questi sono i passaggi più “puritani”. Volevo inserire altri estratti, ma non era facile senza rischiare di offendere qualche lettore (e magari pure gli algoritmi di Google). Non è un caso che non si trovino citazioni di questo libro in rete. Comunque no, non ti ci vedo in effetti a leggere questo romanzo, se non per studio stilistico o documento storico. Perché è comunque rappresentativo di un’epoca.
Maria Teresa Steri
Mag 24, 2020 at 2:03 PM ReplyI libri nei libri, una cosa che ho avuto occasione di sperimentare anche io! Bello scoprire titoli o anche citazioni che ti colpiscono mentre leggi una storia. E’ una delle magie legate alla lettura ^_^
Invece Fanny Hill io lo conoscevo già! Pare strano visto che non vado matta per gli erotici, eppure… Non l’ho mai letto ma sapevo della sua esistenza perché un’altra autrice di erotici – Erica Jong – ne ha scritto una nuova versione in “Fanny”, diciamo una riscrittura della storia in chiave più moderna. E quest’ultimo l’ho letto un bel po’ di anni fa!
Barbara Businaro
Mag 25, 2020 at 7:42 PM ReplyEh ma ai giorni nostri di romanzi erotici ce ne sono fin troppi, anche per la specifica categoria di “professioniste del sesso”.
Il primo che mi viene in mente è Diario intimo di una squillo perbene (The Intimate Adventures of a London Call Girl) di Belle de Jour, e ancora non si sa quanto sia romanzo e quanto storia vera, sebbene l’autrice si sia poi rivelata. Ne hanno tratto una divertente serie televisiva, Diario di una squillo perbene (Secret Diary of a Call Girl) con Billie Piper nel ruolo della protagonista. Credo di aver visto tutte le stagioni andate in onda in Italia, con il secondo doppiaggio di MTV, perché tifavo per il povero amico Ben… 😉
Rebecca Eriksson
Mag 24, 2020 at 7:19 PM ReplySono sempre curiosa e quando trovo una citazione che mi incuriosisce da quando c’è internet tendo a cercarla. Ma così a freddo non riesco a ricordarmi cosa derivi da dove. Sicuramente ho trovato “Il romanzo della foresta” di Ann Radcliffe.
Barbara Businaro
Mag 25, 2020 at 7:44 PM ReplyLeggo dalla quarta di copertina de Il romanzo della foresta su Amazon: “Il romanzo della foresta apparve con clamore nel 1791 e diventò il libro con cui tutti i grandi del XIX secolo letterario dovettero confrontarsi: fu d’ispirazione per Jane Austen, John Keats, Mary Shelley, Honoré de Balzac, E.A. Poe, Charles Dickens e Wilkie Collins. Un romanzo pioniere del genere gotico, che con la cura di Massimo Ferraris è qui proposto in una nuova traduzione, la prima integrale in italiano.”
Mi attira, mi attira eccome. Ma 7,99 euro per un ebook, di un classico per altro, mi sembra una follia pura!
Proverò a cercarlo nel mercato dell’usato. 😉
Giulia Mancini
Mag 25, 2020 at 12:26 AM ReplyFanny Hill l’ho letto circa tre anni fa, lessi da qualche parte che era uno dei capostipiti della letteratura erotica e l’ho cercato in eBook, è stata una lettura leggera che mi ha fatto sorridere per le descrizioni erotiche audaci ma mai scabrose o volgari, però immagino cosa deve aver suscitato all’epoca in cui uscì. Tutto sommato è un romanzo d’amore con un lieto fine 🙂
C’è Carofiglio che cita spesso dei libri nei suoi romanzi (tanto che è grazie a lui che ho letto Tenera è la notte di Scott Fitzgerald), credo sia un bel modo per far scoprire altri libri al lettore
Barbara Businaro
Mag 25, 2020 at 7:45 PM ReplyParlare di libri dentro i libri, mettere un altro romanzo nella vita dei protagonisti, sentirne forte il riferimento lungo tutta la storia è sicuramente il modo migliore per portare ai lettori nuovi stimoli, fargli conoscere nuovi mondi narrativi, e dare un aiuto concreto all’editoria. Sui classici poi è difficile sbagliarsi. 🙂
Darius Tred
Mag 25, 2020 at 10:16 AM ReplyL’ho sempre detto io che i tuoi post sono di tutt’altro spessore!
😀 😀 😀
Barbara Businaro
Mag 25, 2020 at 7:45 PM ReplyNon è una questione di dimensioni, ma di qualità! Del post… 😎 😎 😎
Darius Tred
Mag 25, 2020 at 10:07 PM ReplyIo, con “spessore”, mi riferivo proprio alla qualità. Tu a cosa ti riferivi, scusa? 🙂
Barbara Businaro
Mag 25, 2020 at 11:58 PM ReplyAlle dimensioni in byte. Del post. Che avevi capito, ah?! 😀
Luz
Mag 25, 2020 at 6:18 PM ReplyPerò, Frazer non si fa mancare nulla. 🙂
Proprio ieri vedevo in tv il film – vecchiotto – tratto da L’abbazia di Northanger della Austen. La trasposizione non è niente di che, io purtroppo non ho mai letto il romanzo. Nella storia si ripete più volte la citazione del romanzo I misteri di Udolpho, di Ann Radcliff, scrittrice del secolo precedente rispetto all’autrice. La Austen prende letteralmente di mira il romanzo tanto in voga nell’Inghilterra dei primi decenni dell’Ottocento, facendolo passare per quello che è, un intreccio per ragazze svenevoli, sciatto e inverosimile. Il solito acume di zia Jane.
Mi piace l’idea che attraverso saghe giovanili i ragazzi si incuriosiscano attorno a romanzi citati o letti dai protagonisti. Se questo è un modo per avvicinare ai libri, è davvero una gallina dalle uova d’oro.
Mi piace anche qualcosa che non è propriamente quella descritta nel tuo bel post, ma può assomigliarle: quando da un romanzo molto noto si estrapola una delle storie e si crea uno spin-off per un’altra narrazione, che diventa un secondo punto di vista. È il caso de La bambinaia francese della Pitzorno, che crea un delizioso intreccio attorno a uno dei personaggi che lavorano nella dimora di Rochester.
Barbara Businaro
Mag 25, 2020 at 7:53 PM ReplyMi hai riportato alla mente due libri importanti: L’abbazia di Northanger l’ho letta, in una di quelle edizioni cartonate per bambine, e caspita avevao dimenticato il riferimento al romanzo Udolpho, ero probabilmente troppo piccola per coglierlo, e soprattutto senza possibilità di andare autonomamente in libreria. Forse dovrei rileggere quel libro di Jane Austen e dopo proprio quello di Ann Radcliff.
E poi La bambinaia francese della Pitzorno, ricordo il post che ne hai scritto sul tuo blog. Aspetta và, che aggiungo un po’ di titoli in lista, sia mai che resto senza!
Grazia Gironella
Mag 25, 2020 at 9:10 PM ReplyNon ricordo se ho mai letto qualcosa ispirata dall’avere trovato il titolo in un altro libro. Mi ha fatta sorridere il pensiero di qualcuno che viene pagato per NON scrivere… se il fatto è vero, chissà come l’ha presa l’autore. Di certo non deve essere stato facile, in quel periodo storico, venire fuori con qualcosa che andava contro il moralismo imperante, anche se poi la gente leggeva l’erotico sottobanco.
Barbara Businaro
Mag 25, 2020 at 11:50 PM ReplyQuella di essere stato pagato per non scrivere più è stata la riga della sua biografia che mi ha acceso la curiosità. Se leggevo solo di un romanzo erotico scandaloso, forse aveva meno presa sul mio interesse (L’amante di Lady Chatterley l’ho letto, e anche lì non ho poi trovato tutta questa indecenza).
Forse all’epoca essere pagato per non scrivere poteva essere considerato un disonore. Ma oggi, ammesso che fosse tecnicamente possibile, come verrebbe considerato?
Elena
Mag 25, 2020 at 9:52 PM ReplyFanny, in nomen omen!
Molto bello quel passaggio e bella l’idea di citare qua e là nella sua saga testi talvolta esistenti e altre volte totalmente inventati. Lascia il lettore sempre sul chi va là e lo costringe ad approfondire. Il risultato è che non finirà mai nel dimenticatoio 😉
Oggi quel brano non fa scalpore, eppure è molto ben descritto e quasi sembra di toccarlo quel membro. Qui credo che lo scandalo maggiore non sia nel vedere ma nell’immaginare. E nel ruolo di una donna che desidera e si prende ciò che vuole. Per quell’epoca, decisamente rivoluzionario!
Barbara Businaro
Mag 25, 2020 at 11:57 PM ReplyGià, Fanny che si pronuncia come “funny” divertente, e “Hill” come collina, montagnola, pendio. 😉
Per molto tempo (e sospetto ancora oggi), “Fanny Hill” è utilizzato come nomignolo dispregiativo per una donna, proprio dal riferimento del romanzo. Come dici tu, a leggerlo oggi non c’è nulla di così scabroso, Samantha Jones di Sex and the city era ancora più ardita, e nemmeno per sostentamento! Lo scandalo era la possibile rivelazione che per una donna l’atto sessuale non fosse l’oneroso disturbo di una vita coniugale agiata e della costruzione di una famiglia, ma un vero piacere, qualcosa da ricercare fine al solo godimento. Mi chiedo: all’epoca l’avranno letto solo gli uomini? Non dimentichiamo che è comunque scritto da un uomo. 😉
Tiade
Mag 26, 2020 at 10:29 AM ReplyAl momento non me ne viene in mente nessuno.
Gli ultimi due libri letti, “Buskashì” (Gino Strada) e “Gli anni spezzati. Il commissario”, non mi sembra ne contenessero. Ho intenzione di rileggere Buskashì per prendere delle note, chissà mai.
Nel tuo scritto invece mi è saltata all’occhio un’altra cosa. Due termini: pornografia ed erotismo.
La differenza fra i due è una questione che mi sono trovata spesso a dibattere, bastian contraria, e “… senza usare termini volgari… ” per me è una chiave di lettura.
Mi piacerebbe molto leggere altrui opinioni, specialmente al femminile, sarebbe interessante un tuo post sull’argomento, sulle differenze e sull’attualità del tema diversamente espresso.
Dico subito che per me erotismo e pornografia non sono termini equivalenti.
Un saluto collettivo. (scusa se sono uscita dal seminato)
Barbara Businaro
Mag 26, 2020 at 11:48 AM ReplyNon sei affatto uscita dal seminato Tiade, anzi, ci stavo pensando! (Ma non è che leggi pure nel pensiero?! 😀 )
In effetti, la parola “pornografia” è pronunciata proprio da Diana Gabaldon nel suo The Outlandish Companion, ti riporto il pezzo nell’originale inglese (non c’è traduzione italiana pubblicata di questo saggio):
Following the publication of Voyager, I had letters from some readers amused by the parallels of Claire’s and Jamie’s reading matter—that Claire should be reading a modern romance novel (The Impetuous Piéate) 11 on pages 255—256, while Jamie was reading what they assumed to be the eighteenthcentury equivalent. In fact, what Jamie is reading is Fanny Hill: Memoir of a Woman of Pleasure , a fairly notable piece of eighteenth-century pornography by John Cleland, published in 1747.12 (Jamie does in fact read “romances,” too—he recounts stories from The Adventures of Roderick Random and The History of Tom Jones, a Foundling to his men at Ardsmuir, and later discusses Samuel Richardson’s Pamela (which is somewhat closer to a modern-day romance, in terms of its subject matter)* with Lord John Grey—but he is likely reading Fanny Hill for purposes other than mental diversion).
C’è proprio “pornography”, credo lo intenda però in riferimento alla considerazione che se ne ebbe alla prima pubblicazione, motivo per cui venne poi processato. Anche perché fin troppo spesso ai nostri giorni l’intera saga Outlander è accusata di essere “porn soft”, soprattutto da quando è stata portata in televisione da attori in carne ed ossa, parecchio bravi, da sfiorare ogni volta l’Emmy Awards. Quindi non può essere che Diana Gabaldon usi quel termine alla leggera verso un altro romanzo.
La differenza tra pornografia ed erotismo? Bella domanda, ma non credo sia solo una questione di termini “volgari”, la cui percezione cambia con l’evoluzione della civiltà, della lingua e della censura, quanto piuttosto di “intenti”. Sia di chi scrive, sia di chi legge. E ancora di più in chi guarda.
(E se fosse un guest post tuo, Tiade? O scritto a quattro mani, insieme? 😉 )
Tiade
Mag 27, 2020 at 3:02 AM ReplyInvito interessante il tuo. Molto. Parliamoci, il mio contatto l’hai.
Per scrivere ho scritto, quasi per scherzo o forse per sfida, con plauso dell’editore e sommo rincrescimento della editor che voleva trasformare il tutto in qualcosa che apparteneva più a lei che a me. È un argomento sul quale mi trovo spesso a discutere con mio figlio, che, ovviamente, non concorda. Per questo ho preso la palla al balzo per potermi confrontare. Anche io penso non sia solo questione di termini. Ne ho dato una definizione all’editore, da cui mi sono sottratta con garbo, mio e suo, non volendo intrescarmi più con Amazon, ma per ora mi astengo dal riferirla non volendo in alcun modo condizionare il pensiero altrui prima di aver sentito altre campane.
Barbara Businaro
Mag 28, 2020 at 12:16 AM ReplyParliamoci si! Più avanti però, questa settimana sono di supporto all’MPC Virtual Gala per la community My Peak Challenge e il mio gruppo Clan McPeakers.
Poi sarò in pacata agitazione per il 9 giugno, che se riesci a raggiungere un’edicola o spedirci qualcuno, potresti trovarmi lì. 😉
Dopo quello, potremmo proprio pensare ad un articolo sulle odissee dell’erotismo. No, non è un caso che utilizzo questo termine…
Tiade
Mag 28, 2020 at 12:10 PM“… se riesci a raggiungere un’edicola o spedirci qualcuno… . Sorrido.
Sentiamoci via mail… quando puoi e quando ritieni. Di sicuro io non scappo. Manco a volerlo.
Vorrei le ali…
Marina Guarneri
Mag 31, 2020 at 4:07 PM ReplyBeh, ho sorriso: la descrizione erotica calata in quel periodo storico poteva dar vita a scandalo, oggi, ovviamente, non più. Non volgare, ma molto esplicito: nessuna pornografia, ma tanta sfacciataggine (coraggio) per un’epoca che censurava pure la descrizione di un viso, se di andava sui particolari di una bocca. “La prigioniera” di Proust, quinto volume della Recherche, fa un sacco di rimandi a opere famose scritte da grandi autori, Balzac, Racine e, devo dire, qualche volta mi è venuto il ghiribizzo di approfondire quelle conoscenze (a parte che è pieno di citazioni colte che, a stare dietro a tutte, si rischia l’alienazione, con Proust ti rendi conto di quante cose ci sarebbero da leggere e da scoprire…)
Barbara Businaro
Giu 03, 2020 at 12:31 AM ReplyLa Recherche di Proust è già di per sé un classico a cui rimandare. Pensavo piuttosto a romanzi moderni, direi dell’ultimo trentennio o quarantennio, che contengono citazioni di opere classiche (difficilmente credo si citino libri dello stesso periodo, o forse si?) E chissà chi ha avuto l’ardire di inserire proprio un estratto dal tempo perduto di Proust! 🙂