La tecnica Feynman per imparare qualsiasi cosa

Il modo migliore per imparare qualsiasi cosa:
la tecnica Feynman

“Non ero un bravo alunno. Pensavo che l’apprendimento dipendesse dal numero di ore di studio. Poi ho scoperto qualcosa che ha cambiato la mia vita”.
Richard Feynman, Premio Nobel per la Fisica 1965

Sembra si siano messi tutti d’accordo. Una mattina Mister E. mi invia un articolo interessante per il blog: L’algoritmo segreto dietro l’apprendimento: la tecnica Feynman (i suoi link sono potenti, l’ultima volta mi aveva mandato in crisi con La differenza tra obiettivi e sistemi).
Lo stesso giorno nella scrivania a fianco della mia compare un libro datato: “La fisica di Feynman: elettromagnetismo e materia”, un’edizione stranissima della Zanichelli, rilegatura orizzontale, che affianca sulla stessa pagina la versione inglese e quella italiana (forse non si fidavano del traduttore?!). Poi la sera mi ritrovo in televisione un documentario che racconta la storia di questo brillante fisico, Richard Feynman, Premio Nobel nel 1965.
Potevo far finta di niente? Tanto si sa che sono una persona curiosa…

Avevo poi da poco terminato la lettura de “L’ordine del tempo” del nostro fisico italiano Carlo Rovelli, che mi aveva lasciato meravigliata di fronte a quel suo concentrato di Fisica, Filosofia e Poesia. Le loro ricerche non sono solo formule alla lavagna ed esperimenti con particelle nascoste, ci sono anche le grandi domande fondamentali a cui l’Uomo ancora cerca una risposta. E la bellezza dei misteri dell’Universo che questi studiosi sanno rendere sulla pagina quasi meglio degli scrittori. Touché!

Così prima ancora di leggere l’articolo sulla sua famigerata tecnica di apprendimento, ho iniziato a cercare notizie di questo fisico statunitense.
Richard Feynman non era un genio ordinario. Le sue lezioni sono state definite leggendarie, lo stesso Albert Einstein fu tra il pubblico del primo discorso di Feynman come studente laureato, e Bill Gates fu talmente ispirato dalla sua didattica da acquistare tutti i diritti delle sue lezioni e renderle pubblicamente disponibili in video su un portale Microsoft apposito (Project Tuva: Richard Feynman’s Messenger Lecture Series). Era un personaggio eccentrico: lui stesso amava definirsi fisico Premio Nobel, insegnante, racconta storie e suonatore di bongo, con un umorismo fuori dal comune.

Non gli piaceva scrivere, preferiva la parola verbale e dettare i suoi appunti (qualcuno asserisce che fosse una forma di dislessia non diagnostica la sua e che parlare lo aiutasse meglio a definire i concetti). Eppure a lui si deve uno dei manoscritti più romantici che io abbia mai letto.
Nel 1945 sua moglie Arline morì di tubercolosi alla giovane età di 25 anni, lui ne aveva solo 27, e dopo solo un anno Feynman scrisse questa bellissima lettera d’amore, che fu ritrovata solo alla sua morte nel 1988: Amo mia moglie, mia moglie è morta… 

Aveva davvero scoperto il modo migliore per imparare qualsiasi cosa?
Visti i suoi risultati, utilizzati poi da altri scienziati di valore, Stephen Hawking su tutti, direi proprio di si.

 

La differenza tra conoscere il nome di qualcosa e sapere davvero qualcosa

Richard Feynman era stimato per la sua capacità di sintetizzare e spiegare complesse nozioni scientifiche a studenti che non avevano alcuna conoscenza precedente della fisica delle particelle o delle scienze profonde. Aveva compreso la differenza tra conoscere il nome di qualcosa e sapere davvero quel qualcosa, in parole comuni comprensibili a tutti.

“Vedi quell’uccello? È un tordo dalla gola marrone, ma in Germania lo chiamano Pfleegel flugel, e in cinese lo chiamano Keewontong, in giapponese Towhatowharra, e così via. Ma anche se conosci tutti quei nomi, non sai ancora nulla dell’uccello. Tu sai solo qualcosa sulla gente, come lo chiamano quell’uccello. Ora quel tordo canta, e insegna ai suoi piccoli a volare, e vola così tante miglia durante l’estate attraverso il paese, e nessuno sa come possa trovare la sua strada.”

Conoscere il nome di qualcosa non significa che lo abbiamo capito. A volte parliamo utilizzando generalizzazioni carenti e offuscanti per coprire la nostra mancanza di comprensione profonda di quelle stesse definizioni.
Come quando a scuola ci capitava di imparare la lezione a memoria, e la sapevamo anche bene, tutta precisa come nel libro. Però poi il professore ci interrogava con delle domande che non trovavano corrispondenza con il testo che avevamo studiato, voleva essere sicuro che avessimo capito. Ci chiedeva un esempio pratico oppure se ne usciva con un “dillo con parole tue”. E lì cascava l’asino. 😀

“Per parlarci, dobbiamo avere parole, e va bene. È una buona idea provare a vedere la differenza, ed è una buona idea sapere quando stiamo insegnando gli strumenti della scienza, come le parole, e quando insegniamo la scienza stessa.”

Proprio da questa differenza, Feynman aveva sviluppato il suo metodo di lavoro, che è poi stato battezzato Tecnica Feynman. E’ un modo per verificare se comprendiamo l’idea o conosciamo solo la sua definizione. Iniziò ad utilizzarlo lui stesso quand’era ancora studente a Princeton, quando riorganizzò in un taccuino tutti gli argomenti della Fisica che non conosceva a fondo, smontandoli in tante piccole parti, cercando le incoerenze e dipanandoli via via in pensieri concisi e linguaggio semplice.

 

La tecnica Feynman in 4 mosse

La tecnica di Feynman è stata spiegata dal suo biografo James Gleick nel libro Genio: La vita e la scienza di Richard Feynman (si trova solo in lingua inglese, la traduzione italiana è purtroppo fuori catalogo, come tutti i libri veramente interessanti). Può essere applicata a qualsiasi argomento vogliamo imparare e prevede solo 4 semplici mosse:

1. Insegnalo ad un bambino

Identifica l’argomento e annota tutto ciò che sai al riguardo, ma scrivilo nella maniera più semplice possibile, come se lo dovessi insegnare ad un bambino di 8 anni. Questo significa che devi utilizzare termini chiari, perché i bambini non hanno lo stesso vocabolario degli adulti e soprattutto non comprendono il gergo tecnico. Niente acronimi o parole straniere. Puoi utilizzare esempi o paragoni, ma devono essere qualcosa di decifrabile per un bambino (magari con i suoi giocattoli). Inoltre devi essere breve, perché la capacità di attenzione di un bambino è limitata e se perdi il suo interesse anche solo per un attimo, la lezione non funzionerà affatto.
I punti in cui trovi difficoltà in questa prima stesura sono proprio quei punti che non conosci così bene come credi: è proprio quello lo spazio dove devi migliorare il tuo livello di comprensione.

2. Identifica le tue lacune di conoscenza

Riprendi i concetti che non sei riuscito a scrivere in parole semplici: cosa ti manca per completare quella spiegazione?
E’ sicuramente lì che si annidano le lacune della tua conoscenza. Forse stai saltando un passaggio dimenticando qualcosa di importante nel filo logico, oppure non sei in grado di semplificare un concetto perché devi spezzarlo in più parti, senza dare nulla per scontato.
Qui si torna a studiare, si aprono i libri e si consultano gli appunti di quell’area specifica che non abbiamo afferrato del tutto.
Possono aiutarti anche le domande che quello stesso bambino ti farebbe: Perché? Chi? Cosa?
Non lasciare nessun interrogativo senza risposta.

3. Organizza e semplifica

Prendi tutto il materiale e organizzalo in un lungo discorso. Controlla di non aver utilizzato dei termini complessi, che risulterebbero difficili per il tuo bambino di 8 anni. Semplifica il più possibile, lasciando solo i pezzi più importanti della tua conoscenza sull’argomento.
Esercitati a leggere ad alta voce la tua storia e ascolta dove la tua stessa voce incespica. Capirai da solo dove il linguaggio smette di essere semplice e il discorso deve essere revisionato nuovamente.

4. Racconta la storia

Trova quel bambino di 8 anni e raccontagli davvero la tua storia!
Il test finale di questo lavoro è la capacità di trasmettere la tua conoscenza a qualcuno che ne è completamente a digiuno.
Se ci saranno ancora dei punti oscuri, e lo capirai dall’espressione interdetta del tuo pubblico, ricomincerai a lavorare dal punto 1.

Questa di Feynman non è solo una tecnica per l’insegnamento e la comunicazione, ma un vero e proprio modello mentale, una rottura del nostro processo personale di pensiero. Smontando pezzo per pezzo la nostra conoscenza, possiamo elaborare anche nuove straordinarie idee. Essere un percorso di apprendimento continuo, ma anche ispirazione per un lavoro più profondo.

 

Se non c’è il bambino, prova con la nonna!

Sembra una battuta, ma non lo è.
Perché quando ho letto l’articolo originale, ho pensato a tutte le volte in cui mi è stato detto che l’Informatica spiegata da me è semplice, perché anche gli altri non ne parlano così? E mi sono quindi ricordata di mia nonna Rina.

Il primo computer che entrò in casa nostra nel 1995 era uno sfavillante assemblato con processore Intel i386, memoria ram da 128 Kb (in commercio ora abbiamo 8 Gb, considerate che 1 Gigabyte corrisponde a 1.048.576 kilobytes, capite la proporzione?) e credo un disco fisso da 30 Mb, nessun lettore cd-rom (costavano un rene appena usciti e il masterizzatore ce l’aveva solo la NASA) ma un superlussuoso lettore floppy-disk. Ogni dischetto dall’eroica capienza di 1,44 Mb (e ci ho messo anni a spiegare a mia sorella quanti floppy ci stanno dentro un cd, perché il sistema è binario non decimale, forse non l’avevo capito bene nemmeno io? 😀 )

Ricordo lo stupore di mia nonna davanti all’enorme schermo 16 pollici a colori, grandezza dovuta alla profondità del tubo catodico, dove si vedeva solamente il desktop di Windows 3.1 con non ricordo quale immagine scenografica dell’epoca, a risoluzione 640 x 480. Davanti allo schermo, tastiera e mouse, ancora quelli con la rotella sotto che si incastrava con la polvere (oggi sono tutti a tecnologia laser, c’è la luce rossa al posto della rotellina). Il computer vero e proprio era sotto la scrivania, un box alto 70 centimetri che ingombrava a fianco della cassettiera senza più lasciare spazio ai miei piedi. Ma li teneva al caldo.
“Hai visto nonna che bello?” e puntavo le mani allo scatolotto di ferro e plastica che sembrava un asciugacapelli alla massima velocità.
“Oh, si si, bello…” Mia nonna continuava a fissare il monitor sopra la scrivania, scettica. Due milioni e ottocento mila lire per una televisione? Piccola anche?!
“Nonna, ma quello è solo lo schermo… Il vero cervellone è qui sotto! E’ lui il motore pensante, lo schermo ti mostra solo quello che sta pensando. E questi”, toccando tastiera e mouse, “sono il volante e il cambio per dirgli cosa fare.”
Nonna tira un sospiro di sollievo, finalmente sorridente e felice. Lo scatolotto fa più rumore, è davvero un motore, per forza che costa così tanto!
Beh, meglio questo compiuterr che il motorino, almeno sta seduta e non si fa male… 😉

“Non hai veramente capito qualcosa fino a quando non sei in grado di spiegarlo a tua nonna.”
Albert Einstein, Premio Nobel per la Fisica 1921

 

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Comments (20)

Nadia

Mar 02, 2019 at 7:34 AM Reply

Carina nonna Rina, e bello questo tuffo nel passato che ricordo perfettamente. Non solo tutto si è evoluto molto in fretta ma anche ridotto di prezzo, per fortuna.
Per quanto riguarda il metodo invece direi che davvero semplicità e paragoni sono la strada migliore per trasmettere i concetti. Se provo con il gatto?

Barbara Businaro

Mar 03, 2019 at 6:23 PM Reply

Tutta la tecnologia si riduce di prezzo quando si arriva alla produzione di massa. Chissà quanto costava la prima lavatrice! 😀
Eh, per provare con il gatto dovresti conoscere il gattese! Perché lì la questione è che loro non comprendono proprio il nostro linguaggio. Ma soprattutto i nostri usi e costumi! 😀

Giulia Mancini

Mar 02, 2019 at 9:30 AM Reply

Il concetto di spiegare le cose a un bambino o a una nonna mi trova molto d’accordo, capita troppo spesso che certi argomenti vengano spiegati dando per scontate tante informazioni basilari. Penso che ogni volta che si introduca un argomento sia necessario partire dalle basi. Interessante questo fisico, è bellissima la lettera scritta a sua moglie, da brividi.

Barbara Businaro

Mar 03, 2019 at 6:24 PM Reply

La lettera sì, è da brividi. Quando l’ho letta mi si è stretto un nodo in gola. Tra l’altro, un amore così giovane il loro che ricorda molto quel Love Story di cui ha scritto Sandra proprio qualche giorno fa: Abbiamo ancora bisogno di Love Story?

Marco

Mar 02, 2019 at 9:40 AM Reply

Mai sentito nominare. Né lui, né il suo metodo. Lo userò? Non credo. Immagino che abbia senso se sei giovane. Anzi, dovrebbe essere insegnato ai giovani perché capiscano come si deve affrontare una materia.

Barbara Businaro

Mar 03, 2019 at 6:25 PM Reply

Beh, Feynman il suo metodo l’ha sviluppato da giovane per studiare le proprie materie, per organizzarsi gli appunti e le idee, poi però ha continuato a perfezionarlo, sia per insegnare ai proprio studenti che per condividere le proprie ricerche scientifiche. E in fondo, non credi di usarlo un pochino anche tu quando scrivi per il blog e spieghi agli altri quel tu hai imparato sulla scrittura? 😉

Elena

Mar 02, 2019 at 10:38 AM Reply

Credo nella sincronicità duqnue hai fatto benissimo (era invetibile) a dare un peso a quei segnali e ad approfondire. Non conoscevo nulal di quest’uomo, mi ha incantato, specie la sua lettera d’amore, struggente.
Non credo ci sia nulla di rivoluzionario in ciò che dice se non nella semplicità in cui un grande fisico come lui lo dice. Esattamente il punto, mi pare.
Non ho più una nonna, ma ho un nipote, anzi due. Farò tesoro di questa testimonianza. Grazie Barbara

Barbara Businaro

Mar 03, 2019 at 6:26 PM Reply

No, in effetti non c’è nulla di rivoluzionario nei suoi concetti. Se non fosse per il periodo storico dove viviamo, in cui anziché condividere le conoscenze con chiunque ne faccia richiesta (Henry Ford diceva “C’è vero progresso solo quando i vantaggi di una nuova tecnologia diventano per tutti”), sta aumentando la distanza tra le persone. Nonostante mai come oggi abbiamo avuto così tanti mezzi di comunicazione, precisi e veloci, per ogni punto del globo, siamo invasi da false informazioni. Dobbiamo essere noi per primi a chiedere trasparenza e in parole che tutti possono capire.

Marina

Mar 02, 2019 at 3:18 PM Reply

I consigli di Feynman sono condivisibili: semplificare il linguaggio in modo che anche un bambino (l’equivalente di una persona che non conosce nulla di quell’argomento: metti io con il computer, ecco, sono ai livelli di tua nonna, o giù di lì!) possa arrivare alla comprensione, dovrebbe essere un monito costante. Certe volte, quando rileggo qualcosa che ho scritto, mi scoraggio, perché mi accorgo che mi capisco da sola, uso spesso termini ai quali potrei serenamente rinunciare senza modificare il senso di quello che sto raccontando. Questa è un’altra cosa su cui sto lavorando: semplificare e alleggerire il mio stile, rimanendo coerente con la mia visione della scrittura.

E comunque, al premio Nobel ho rivolto grandi applausi per un altro motivo, che puoi immaginare: quella lettera alla moglie defunta, ma che cos’è! (In questo momento, io: occhi a cuore e sorriso da ebete. E pensavo di non essere tanto romantica!)

Barbara Businaro

Mar 03, 2019 at 6:26 PM Reply

Proprio come l’insegnante deve farsi comprendere dagli studenti, anche gli scrittori devono farsi capire dai lettori. E’ pur vero che la bellezza di certi romanzi sta anche nel linguaggio scelto, però rientriamo nei gusti che sono soggettivi. Come l’ultimo libro che hai letto, Che cosa fanno i cucù nelle mezz’ore di Carla Fiorentino: ti ha colpito l’uso delle parole, senza mai scadere nel volgare, nonostante l’argomento difficile, come il rinvenimento di una soffitta piena di oggetti erotici del caro padre estinto. Sicuramente però quel tipo di narrazione allontanerà altre tipologie di lettori proprio per quelle stesse espressioni.
La lettera di Feynman a sua moglie è amore puro. Impossibile non sciogliersi!

Rosalia Pucci

Mar 02, 2019 at 3:51 PM Reply

Bellissima la lettera alla moglie, sono qui ad asciugarmi gli occhi:) Non conoscevo il metodo del fisico, ma lo metto in pratica con i miei alunni e i miei figli. Semplificare è difficilissimo malgrado le apparenze, e ridurre i grandi concetti perché siano comprensibili a tutti è la vera sfida della trasmissione del sapere. Mi hai fatto fare un tuffo nel passato, ai primi anni novanta, quando cercavo di capire il DOS e scoraggiata pensavo che il computer non facesse per me. Ricordo che a mia suocera tentai di spiegare che il virus informatico non era un pericolo per la salute, ma a giudicare dall’espressione di diffidenza con cui mi guardava “ciacciare” (così diceva) non credo ne fosse mai stata convinta :))

Barbara Businaro

Mar 03, 2019 at 6:27 PM Reply

Eh già, tu come insegnante di sicuro conosci l’arte della semplificazione ai tuoi alunni. 🙂
Non ricordo di aver spiegato a mia nonna dei virus informatici, se n’è andata prima dell’avvento di internet e una volta gli antivirus scansionavano subito i floppy e i cd-rom, prima di dargli il tempo di far danni.
E comunque ancora oggi mi capita di usare il DOS, quando il signor Windows non vuole saperne…

newwhitebear

Mar 02, 2019 at 5:04 PM Reply

Belli i 4 punti di Feynman. Bisogna rifletterci e spiegarli bene ai nostri politici 😀
A proposito di tempi remoti. Ho qualche anno più di te. Ho programmato il progetto di una carrozza ferroviaria (disegno e calcoli con gestione del plotter di stampa) su un calcolatore con 32kb di memoria con la tecnica dell’overlays – mi spiego. C’era un nucleo sempre presente in memoria e uno spazio dove a turno si caricava la funzione da elaborare – 😀 tempi eroici quelli. Oggi si ragiona a gigabyte di memora e terabyte di memorie di massa. Forse nonna Rita non capirebbe nulla di quello che diciamo.

Barbara Businaro

Mar 03, 2019 at 6:30 PM Reply

I nostri politici non solo non riescono, ma non vogliono essere chiari. Usano gli inglesismi per darsi un tono, ma se poi gli chiedi di spiegarti il concetto solo in italiano, non ne sono capaci. Fermane uno per strada e domandagli cos’è lo spread, come viene calcolato e perché dovrebbe essere un indicatore della nostra economia… 😉

Marco Amato

Mar 02, 2019 at 6:19 PM Reply

Ecco come l’interconnessione moderna genera i risultati. Per prima Facebook mi ha fatto vedere il link della lettera condiviso da Elena e solo adesso il tuo post (e fra l’altro pur essendo iscritto al tuo blog non mi è arrivata la notifica via mail… gomblotto).
Feynman lo conosco per gli studi amatoriali sulla meccanica quantistica, ma non lo conoscevo per la bellissima lettera d’amore e per queste sue “regole” sull’apprendimento, che poi, proprio lui, dovendo spiegare l’incomprensibile meccanica quantistica per la logica umana, ne aveva proprio bisogno.

Ed effettivamente credo che grazie al tuo post, posso trarre degli spunti interessanti al suo metodo. Anzi, lo adotto subito per spiegarvi cosa è il Big Bang.
So che mi guarderete brutto: “Marco vuol spiegarci cosa è il Big Bang?” Lo sanno anche i bambini!
Beh vi confesso che io a 43 anni, con infarinatura scientifica, passione astronomica, studi di ogni ordine e grado, non lo avevo ancora capito. E dubito che la maggior parte delle persone lo conosca, perché il metodo scolastico per insegnarlo è semplicistamente sbagliato!
Tutto nasce da una domanda fatta dal compare Salvatore in chat.
Per scrivere il suo secondo romanzo mi aveva chiesto: perché l’universo è rappresentato a forma di imbuto, ovvero che da da un punto si espande verso un’unica direzione e non come sarebbe logico da tutti i lati, così come avviene in una esplosione
Ci ho riflettuto e la mia risposta è stata: non lo so. Aspetta che chiedo in un gruppo Facebook frequentato da scienziati e vediamo cosa ci rispondono.
A quanto pare la mia domanda sul gruppo ha avuto successo e ha scatenato più di cinquanta commenti e ciascuno con esempi più o meno complessi mi ha spiegato cos’è il Big Bang, una cosa diversissima da ciò che si impara a scuola. Da tutta questa mole di spiegazioni confusa, posso però adesso adattare il metodo di scomposizione di Feynman e spiegare a un bambino cosa è il Big Bang.

Partiamo dalla cosa più scontata ed errata. Il Big Bang non è un’esplosione. Non è mai esploso nulla.
Escludiamo la seconda: l’universo non è in espansione.
Escludiamo la terza: l’universo non ha un centro in cui ha avuto origine il tutto.

Capirete che distruggendomi i tre capi saldi fino a qui imparati, la mia contro domanda agli esperti è stata: E allora il Big Bang cos’è?

Ecco la risposta alla Feynman:
Immaginate che prima del Big Bang l’universo sia un puntino. Tutta la materia concentrata in quel punto. E immaginate che a un certo momento (e non sappiamo perché) quel puntino non è che scoppia, ma inizia a estendersi.
Sì, proprio così, un puntino che comincia a estendersi in tutte le direzioni.
Ciò che c’è all’esterno del puntino è il nulla, quel che c’è all’interno il tessuto spazio temporale.
Quando con una penna tracciamo un puntino su di un foglio e questo puntino comincia a estendersi cosa succede?
Succede che l’inchiostro comincia a diluirsi in microscopiche macchie che si allontanano fra loro. Ecco, le macchie d’inchiostro sono la materia: galassie, stelle e pianeti.
Perché questo puntino universo si estende? Non lo sappiamo infatti chiamiamo questa forza energia oscura.
Quindi il puntino che si allarga, non si sta espandendo, ma si sta distendendo.
E’ come se l’universo fosse lungo un metro. Non è che estendendosi diventa un metro e mezzo e poi due e poi cinque o dieci, no, semplicemente il metro rimane tale e si “estendono” soltanto i centimetri diventando più larghi.
E cosa significa in termini pratici? Che se noi siamo una porzione di puntino che si estende, noi siamo al centro dell’universo. Ogni punto, anche la galassia a miliardi di anni luce è una porzione di centro. Questo perché un tempo lontano lontano anche con Cassiopea, eravamo vicini vicini. 😛

Barbara Businaro

Mar 03, 2019 at 6:31 PM Reply

Eh, ma te ancora al Big Bang stai? Sono anni che già si parla di Big Bounce e Big Crunch, nonché del Multiverso (cioè infiniti Universi paralleli). E Rovelli lavora da anni sull’assenza della variabile Tempo da tutte le equazioni (per cui il concetto stesso di viaggio nel tempo si annullerebbe). Però non chiedermi di spiegarti tutta sta roba… 😀
PS. La notifica via mail è arrivata anche a me solo stamattina, nonostante sul server dica che è partita ieri alle 7.15. Quale complessa teoria quantistica bisognerà utilizzare per comprendere questo disallineamento?! 🙁

Darius Tred

Mar 02, 2019 at 6:35 PM Reply

Ecco, brava. Mi hai ricordato che nella mia coda di lettura ho proprio “Sei pezzi facili”… 😉

Barbara Businaro

Mar 03, 2019 at 6:32 PM Reply

Allora le “Sette brevi lezioni di fisica” seguivano i “Sei pezzi facili”! 😉
A me incuriosisce invece quel https://www.amazon.it/scherzando-Feynman-avventure-scienziato-curioso/dp/8808066274” rel=”noopener” target=”_blank”>«Sta scherzando Mr. Feynman!» Vita e avventure di uno scienziato curioso:

Per dare un’idea dell’unicità del personaggio, basta pensare che il futuro premio Nobel venne scartato dall’esercito americano perché “psichicamente deficiente”.

Probabilmente avrebbero scartato anche me! 😀 😀 😀

Stefano Franzato

Mar 03, 2019 at 10:37 AM Reply

Molto interessante e fuori dal comune per un blog letterario. Da come descrivi i tuoi inizi, vedo che io ho iniziato prima di te con uno ZX Spectrum 16KB con registratore a cassette e televisore. I primi floppy che ho usato ero quelli d 5 1/4 da ben 360 Kb di capienza. Del disco fisso ne avevo avuto solo vagamente sentore. Non saprei dire se, ora come ora, ho scritto più programmi didattici (in basic – varie versioni- Pascal e, ultimamente, in javascript) o racconti. Il museo (ormai) dei miei trascorsi informatici (solo in parte) è qui: http://feps.sourceforge.net/index.php. La maggior parte credo non funzioni con le ultime release di Windows. Ho perfino fatto un piccolo editor html che a suo tempo è stato apprezzato: http://tinyhtml.sourceforge.net/. ciao

Barbara Businaro

Mar 03, 2019 at 6:32 PM Reply

I floppy grandi da 5 pollici e 1/4 me li ricordo anch’io, ce li avevamo a scuola alle superiori (quindi molto tempo prima che io potessi anche solo pensare di avere un computer casalingo). Ma ancora prima c’era il caro vecchio Commodore 64 visto solo una volta alle medie. Ho invece colleghi che hanno lavorato con i primissimi computer a schede forate, ma sono ancora miei colleghi, lontani dalla pensione. 😉
La velocità della tecnologia digitale è impressionante, è un’accelerazione assurda.

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