Se continua così…
Fahrenheit 451 di Ray Bradbury
A volte noi scrittori parliamo di un mondo che ancora non esiste, e per cento ragioni. (Perché è bene guardare avanti, non indietro. Perché quando l’umanità sta per imboccare un nuovo sentiero, con i rischi e le speranze che comporta, noi cerchiamo di illuminarlo. Perché il mondo del futuro è più allettante e interessante del mondo di oggi. Perché sentiamo il bisogno di avvertire e incoraggiare, capire e immaginare.) I motivi per occuparsi del giorno che verrà domani, e poi dei successivi, sono sfaccettati e numerosi quanto gli scrittori in circolazione.
Il romanzo di Ray Bradbury è un monito. Serve a ricordarci che abbiamo qualcosa di molto prezioso e che a volte diamo per scontato anche quello a cui teniamo di più.
Ci sono tre costruzioni che innescano il meccanismo della scrittura al futuro (potete chiamarla fantascienza, speculative fiction o come altro volete). Sono tre ipotetiche elementari:
“E se…?”
“Se solo…”
“Se continua così…”
La prima, una domanda sul senso del cambiamento, permette di staccarci dalla nostra esperienza quotidiana. (“E se domani arrivassero gli extraterrestri a darci tutto quello di cui abbiamo bisogno, ma a un prezzo?”)
“Se solo…” è l’ipotesi che apre alle aspettative più mirabolanti del futuro, ma anche ai possibili rischi. (“Se solo i cani potessero parlare. Se solo fossi invisibile.”)
“Se continua così” è la formula più vicina a un’autentica predizione, benché non tenti di anticipare un futuro plausibile nella sua complessità. Più semplicemente, questo tipo di letteratura prende un aspetto della vita di oggi, qualcosa che sia chiaro e noto a tutti e in genere un po’ preoccupante, e prova a chiedersi cosa succederebbe se quel dato fenomeno, e soltanto quello, diventasse il più importante e pervasivo della nostra civiltà, cambiando il modo che avevamo di pensare e comportarci. (“Se continua così, la comunicazione globale avverrà soltanto attraverso messaggi di testo e via computer, mentre la conversazione faccia a faccia tra due persone, senza la mediazione della macchina, sarà fuorilegge.”)
Come ipotesi rappresenta un monito e ci consente di esplorare mondi che hanno il valore di avvertimenti.
Introduzione di Neil Gainman al romanzo Fahrenheit 451 di Ray Bradbury
Questo è esattamente il motivo per cui non mi piace la fantascienza. Mi spaventa.
Non mi riferisco però a tutto il genere letterario, perché in realtà mi piacciono le storie dove l’uomo può spingersi oltre l’universo conosciuto, esplorare nuovi mondi e diverse civiltà, affrontare misteriosi pericoli, scoprire tecnologie rivoluzionarie, anche combattere gli alieni, quando si affacciano sul nostro piccolo pianeta per conquistarci. Adoro quindi Star Trek, fin da bambina ho guardato le serie televisive, dalla prima con i mitici William Shatner e Leonard Nimoy, fino all’ultima produzione cinematografica, dove Chris Pine resta il mio preferito capitano James T. Kirk. Di recente ho rivisto con interesse Indipendence Day del 1996 e con l’occasione ho scoperto è stato realizzato pure un sequel nel 2016, Independence Day – Rigenerazione, esattamente venti anni dopo dal primo film. Più vicino al mondo dei videogame, continua a piacermi, e non smetto di rivederlo, Ready Player One e in libreria ho intravisto anche un secondo romanzo, Ready Player Two. Come pure mi incanto davanti alla protagonista di Alita Angelo della battaglia, anche se piango troppo sul finale. Per non parlare del romanticismo meraviglioso di Passengers e di, questo forse pochi lo conoscono, Valerian e la città dei mille pianeti, con un cast straordinario.
In effetti, anche osservando il contenuto della mia libreria, la fantascienza la leggo poco, però la guardo molto sul piccolo schermo. Essendo ambientazioni differenti dalla nostra quotidianità, la mia immaginazione preferisce un aiutino e gli effetti speciali cinematografici di oggi sono davvero a livelli “spaziali”. Qualche volta decido di passare dalla pellicola alla pagina, come è capitato con The Martian di Andy Weir, anche se il romanzo (grande vittoria del self-publishing sull’editoria tradizionale, ricordiamocelo) l’ho trovato più ansiogeno del film. Spesso dovevo sospendere la lettura per mancanza di ossigeno!
Ma all’interno del complesso filone della fantascienza, ci sono altre trame che mi incutono terrore puro, nemmeno appartenessero al genere horror. Non ne avevo ben compreso la motivazione fino a poco tempo fa, quando ho intravisto il particolare che le collegava. Tanto più queste storie si avvicinano al nostro presente, mostrandoci i rischi della nostre scelte odierne, con risultati catastrofici in un futuro alquanto prossimo, tanto più mi lasciano addosso un senso di angoscia soffocante. Viaggiare ai confini dell’universo è al momento solo un’idea, se e quando si realizzerà di certo io non ci sarò più. Ma una Terza Guerra Mondiale che distrugge tutta la Vita, un’Intelligenza Artificiale che sovrasta l’Uomo o l’umanità stessa che perde ogni freno in nome di chissà quale Potere supremo… talvolta sembrano ipotesi davvero molto vicine.
Penso ai colpevoli innocenti, arrestati prima di compiere il fatto, in Minority report, dove persino i cartelloni pubblicitari riconoscono il passaggio degli individui per la strada, identità e preferenze completamente profilate, come pure le cattive intenzioni. Sussulto di fronte alla mente di un giovane scienziato morente caricata in un supercomputer per continuare a vivere e terminare i suoi studi, e forse conquistare e dominare la Terra, nel film Transcendence. Tremo per il terribile successo di Ava, il robot umanoide di Ex Machina che riesce a convincere un programmatore della sua reale intelligenza umana, persino di esserne innamorata, e di voler fuggire insieme a lui. E se avesse imparato anche a mentire?! Mi ha incuriosito invece il robot Chappie del film Humandroid, perché a differenza delle altre macchine con un’intelligenza già adulta, lui va istruito come un bambino piccolo, fiabe della buona notte comprese. Mi urta un po’ però l’idea che una coscienza umana possa essere trasferita ovunque con un paio di cavi elettrici.
Poi capita di intravvedere delle ombre o dei movimenti discontinui con la coda dell’occhio, mentre mi muovo velocemente concentrata in altre faccende. Mi blocco, mi volto ed è tutto normale. Mi resta la sconcertante sensazione di un’anomalia del sistema di Matrix, straordinaria trilogia dei fratelli Wachowski (no, non ho ancora visto il quarto film, sono molto indecisa se lasciare intoccata la perfezione della trilogia).
La fantascienza pone delle domande molto scomode e mostra eventuali risposte, ancora più scomode. Sono quelle risposte a spaventarmi.
Nonostante i miei pregiudizi però, ho continuato a leggere incuriosita questa introduzione di Neil Gainman, pluripremiato scrittore e fumettista di fantascienza, conosciuto per i romanzi American Gods e Coraline, ed alla fine è stato lui a convincermi a proseguire con le successive pagine di Fahrenheit 451 di Ray Bradbury.
Questo libricino, così piccolo e così potente, me lo sono ritrovato in casa, non un regalo per la sottoscritta ma l’acquisto di un altro componente della famiglia. Il titolo lo conoscevo già ovviamente, la sua fama è planetaria, impossibile non averlo mai sentito anche solo nominare. Più o meno tutti abbiamo anche un’idea della sua ambientazione principale, un futuro ipotetico dove i pompieri appiccano gli incendi, invece di spegnerli, per bruciare l’arma più pericolosa che esiste al mondo: i libri.
Bastava questo orrore a tenermi lontano dalla lettura, ma Neil Gainman sposta il focus dalla predizione sul futuro all’analisi del momento attuale. In fondo Fahrenheit 451 è stato scritto da Ray Bradbury ancora nel 1953 e quel suo futuro corrisponde al nostro presente. Quanto di quello che ha immaginato allora si è davvero realizzato?
Ecco da dove sono partita…
Molta gente pensa, ed è un errore, che la narrativa del futuro faccia predizioni: niente affatto, e anche se ci prova finisce col fare spesso una pessima figura. I futuri possibili sono cose grosse, composte di innumerevoli elementi e variabili: peccato che la razza umana abbia l’abitudine di ascoltare le ipotesi e poi di fare tutt’altro.
Per questo la speculative fiction non è efficace nel raccontare il futuro ma il presente. Prende un aspetto dell’oggi che ci preoccupa o sembra pericoloso e lo amplia, estrapolando le conseguenze fino a permettere al pubblico (ai lettori di adesso) di vedere cosa stia succedendo in realtà, ma da un punto di osservazione e un’angolatura inediti. Serve da monito.
Fahrenheit 451 è un esempio di narrativa speculativa, un racconto del tipo “Se continua così”. Ray Bradbury scriveva del suo presente, il nostro passato. Ci avvertiva di una serie di cose, alcune evidenti e altre, mezzo secolo dopo, meno facilmente identificabili.
Spieghiamoci: se qualcuno viene a dirci di cosa parla un romanzo, probabilmente avrà ragione. Se aggiunge che un qualsiasi argomento esaurisce quel romanzo, al novantanove per cento sarà in torto.
Un libro parla sempre di più cose: dell’autore, del mondo in cui è immerso e che affronta ogni giorno, delle parole che sceglie e del modo in cui le adopera. Parla di una vicenda e di quello che succede ai personaggi, delle polemiche o delle opinioni che vi sono contenute.
In genere, le opinioni di uno scrittore sull’argomento del proprio romanzo sono giuste e fondate: dopotutto era presente, quando è stato scritto. Ha dovuto mettere insieme ogni parola e sa perché ha usato un termine invece di un altro, ma è anche una creatura del suo tempo ed è probabile che non si accorga di ogni sfumatura.
Fahrenheit 451 di Ray Bradbury
Fahrenheit 451 è la temperatura a cui inizia a bruciare la carta e la cifra 451 campeggia sia sull’elmetto che sulla divisa di Guy Montag, il pompiere protagonista di questo romanzo. In questo futuro infatti ai pompieri non viene più richiesto di correre a spegnere gli incendi, anche perché gli edifici sono costruiti completamente ignifughi. La “milizia del fuoco”, nome che sottolinea come la vigilanza sia diventata invece un corpo militare, deve invece appiccare il fuoco per bruciare le case che contengono libri, di qualsiasi genere, forma e contenuto. Leggere e soprattutto possedere libri è considerato un reato contro la società, perché le idee tramandate attraverso i libri sono un ostacolo alla pace e alla felicità.
Guy Montag è soddisfatto del suo lavoro, gode dei colori mirabolanti del fuoco che sfrigola davanti al suo lanciafiamme e crede fermamente nella sua missione di pulizia della città da tutta quella carta pericolosa. Anche se questo sistema non sembra produrre persone felici. Quando torna a casa dalla moglie Mildred, la trova immersa in inutili conversazioni con degli sconosciuti attraverso la tele-soggiorno, un apparecchio televisivo che copre tre intere pareti della stanza, in attesa che Montag possa permettersi anche la “quarta parete” per una visione ancora più immersiva. Oppure lei giace sdraiata al buio della loro camera da letto e un lieve ronzio nelle orecchie, due piccole conchiglie che trasmettono programmi radio, per sconfiggere, o perpetrare, l’insonnia. Il peggio è quando la ritrova incosciente dopo aver ingurgitato tutta la bottiglietta di sonniferi ed è costretto a chiamare gli uomini del pronto soccorso, dotati di un potente Occhio che ripulisce lo stomaco e forse anche un po’ l’anima. Niente sorrisi, niente amore, niente emozioni. Si muore di noia in questo futuro, altro che felicità!
Poi un giorno incontra la nuova vicina, una giovane di nome Clarisse McClellan. Poche parole, qualche domanda impertinente, sono sufficienti a seminare il dubbio nella mente di Montag. Nella famiglia della ragazza non si guardano i programmi televisivi, si passa la serata a conversare. E di che cosa poi?! Lei non sembra minimamente attratta dai divertimenti della gioventù, come sfrecciare a massima velocità lungo le strade, dove i cartelloni pubblicitari sono lunghi fino a sessanta metri, unico modo per essere davvero visti, o perdersi nei Parchi Evasione, un concentrato di meraviglie per distrarre la mente da riflessioni insidiose. Eppure Clarisse sembra felice, sorride guardando il sole o ammirando i fiori spuntare dai giardini, si interroga sul passato perduto, quando le persone leggevano i libri e si scambiavano opinioni su quanto avevano scoperto in quelle pagine stampate. Qualcosa nella coscienza di Guy Montag comincia a scricchiolare. Le brevi chiacchierate con Clarisse quando rientra a casa dopo il lavoro sono per lui fonte di gioia, per contro all’indifferenza della moglie Mildred, sempre più assorta nell’inutilità della tele-soggiorno. Finché un giorno Clarisse sparisce, con tutta la sua famiglia, la loro casa vuota e silenziosa.
Mentre si interroga su dove sia finita la sua giovane amica, temendo per l’inevitabile, Guy Montag viene chiamato a bruciare una casa piena di libri e il suo capitano Beatty vuole che sia proprio lui ad appiccare il fuoco. Quando giungono sul luogo, vi trovano un’anziana signora che, fedele ai suoi compagni di viaggio, decide di lasciarsi morire nel rogo dei suoi preziosi libri. Da quel terribile incendio, che colpisce duramente l’anima tormentata di Montag, lui riesce a salvare un unico libro, nascondendolo sotto la divisa: una rara copia della Bibbia, forse proprio l’ultima rimasta nel mondo. Un atto impulsivo, dettato più dalla curiosità che dal vero intento di salvare dall’oblio parole sconosciute. Questa parte del romanzo, con il capitano Beatty che accarezza i libri, comprendendo i sentimenti contrastanti di Montag, mostrandogli l’incanto di tutte quelle storie, ma anche la loro nocività sull’essere umano, poco prima di accendere il lanciafiamme, è forse la più terribile, specie per le grida della donna mentre brucia assieme alla sua inestimabile libreria.
Proprio qui però che comincia la rivoluzione personale di Guy Montag.
Non avrei capito alcuni passaggi del romanzo se Neil Gainman nell’introduzione non avesse spiegato in poche righe il sentimento che pervadeva nella sua epoca, quanto l’avvento della televisione stesse monopolizzando le relazioni umane. Per certi versi, una trasformazione culturale paragonabile direi all’arrivo della rete Internet, dei social media e degli smartphone, per cui siamo tutti incollati su questi piccoli schermi quasi quanto la moglie Mildred rimane prigioniera della sua televisione a tre pareti. Forse per questo Fahrenheit 451 resta una lettura attualissima dopo tutto questo tempo dalla sua pubblicazione. Sono certa non smetterà di illuminare anche le nuove generazioni, così come sono certa che i libri saranno sempre salvati da qualcuno.
Dal 1953 è passato più di mezzo secolo. Nell’America del 1953 la radio, un mezzo di comunicazione relativamente moderno, era già al tramonto; il suo regno era durato circa trent’anni ma le nuove e attraenti trasmissioni televisive erano in costante ascesa, tanto che drammi e commedie radiofoniche stavano per scomparire per sempre, o erano costrette a reinventarsi in forma visuale nella “scatola per idioti”.
I canali dell’informazione mettevano in guardia sulle attività dei delinquenti giovanili, come i minorenni al volante che guidavano spericolatamente e vivevano per il brivido. Tra la Russia e i suoi alleati e l’America e i suoi alleati imperversava la Guerra Fredda, un conflitto in cui nessuno sparava o sganciava bombe perché sarebbe bastata una sola esplosione a precipitare il mondo nella Terza guerra mondiale, catastrofe nucleare da cui nessuno si sarebbe salvato. Il Senato moltiplicava le udienze allo scopo di estirpare i comunisti nascosti nella società, e la sera tutta la famiglia si riuniva davanti al televisore.
Negli anni Cinquanta circolava una battuta: per capire se a casa ci fosse qualcuno, un tempo bastava guardare se la luce era accesa. Adesso, nell’era della TV, se la luce era spenta. I teleschermi erano piccoli, le immagini in bianco e nero: per avere una buona qualità di visione era consigliabile tenere la stanza nell’oscurità.
“Se continua così,” avrà pensato Ray Bradbury “nessuno leggerà più i libri.” Le premesse di Fahrenheit 451 erano impostate. Bradbury aveva già scritto un racconto, Il pedone, che parlava di un uomo arrestato dalla polizia perché andava in giro a piedi. Il racconto era entrato a far parte di un mondo coerente e destinato a svilupparsi: la diciassettenne Clarisse McClellan di Fahrenheit 451 va a passeggio in un paese dove nessuno cammina più.
“E se i pompieri bruciassero le case invece di salvarle?” avrà pensato Bradbury, trovando finalmente la strada per il suo romanzo. Nel quale un pompiere di nome Guy Montag salva i libri dalle fiamme anziché bruciarli.
“Se solo i libri potessero salvarsi” deve essersi detto. Ma se li hai distrutti fisicamente, come vorresti conservarli?
Poi venne Il pompiere, un racconto che chiedeva di essere ampliato e accresciuto: la stessa esigenza del suo mondo in fieri.
Dunque questo romanzo nasce da un racconto, questo me l’ha reso automaticamente simpatico. 🙂
Per la verità scopro poi che sono diversi i racconti che hanno aiutato Ray Bradbury a sviluppare l’idea finale del romanzo. “Il pedone” lo trovate inserito nell’antologia Le grandi storie della fantascienza 14 curata da Isaac Asimov, ahimè da recuperare nei mercatini dell’usato perché non è più stato ristampato da Bompiani. “Il pompiere” invece è inserito nell’antologia Era una gioia appiccare il fuoco. I racconti di Fahrenheit 451 pubblicata da Mondadori ancora oggi. Dalle recensioni di alcuni lettori, in questa raccolta trovate anche il racconto “Molto dopo mezzanotte”, dove tre autisti dell’obitorio recuperano una giovane vittima di suicidio (forse la piccola Clarisse McClellan?), a quanto pare un’altra versione preparatoria di Fahrenheit 451, quanto meno una parte importante del suo impianto narrativo. Un romanzo così ricco ha in effetti richiesto una lavorazione lunga e attenta ad ogni dettaglio.
Bradbury decise di passare un po’ di tempo alla Biblioteca Powell dell’Università di California-Los Angeles, nel seminterrato della quale si noleggiavano macchine per scrivere a ore. Infilò alcune monete nella scatola e cominciò a battere sui tasti. Quando l’ispirazione scemava e aveva bisogno di una spinta, quando sentiva il bisogno di sgranchirsi le gambe, faceva una passeggiata nella biblioteca e guardava i libri.
Finché un giorno il romanzo fu completo.
Bradbury telefonò ai pompieri di Los Angeles e chiese a quale temperatura bruciasse la carta. 451 gradi della scala Fahrenheit, rispose qualcuno. Adesso aveva un titolo e non importava che l’informazione fosse rigorosamente esatta.
Il romanzo venne pubblicato e acclamato. I lettori lo amavano e ne parlavano: era una storia contro la censura, dicevano, contro il lavaggio del cervello e a favore dell’umanità. Parlava dei libri e del governo che controlla le coscienze.
Ne fu tratto un film di François Truffaut dal finale ancora più cupo, perché in esso la rete di sicurezza immaginata da Bradbury – imparare i libri a memoria – rappresenta con ogni probabilità un altro vicolo cieco.
Per la verità ad oggi sono due le trasposizioni cinematografiche dedicate a questo romanzo: il Fahrenheit 451 storico del 1966 diretto appunto da François Truffaut, di cui potete vedere qui alcuni spezzoni, e una nuova versione del 2018 di Fahrenheit 451, diretto da Ramin Bahrani, solo per la televisione americana HBO. Mentre il primo si avvicina all’immaginario dello scrittore, vista la vicinanza col suo tempo, quest’ultima pellicola è proiettata molto più nel nostro futuro, come potete osservare dal trailer. Non sono riuscita a vedere ancora nessuno dei due film, non sono facilmente rintracciabili, nemmeno in streaming. Un vero peccato non vengano mai programmati nella televisione nazionale, sarebbero molto più istruttivi di certi altri programmi…
Neil Gainman e il potere delle idee
Personalmente, ho letto Fahrenheit 451 da ragazzino e all’epoca non capivo Guy Montag, non sapevo perché facesse quello che faceva ma condividevo assolutamente il suo amore per i libri, che anche nella mia vita sono stati importantissimi. I grandi teleschermi a parete, invece, erano futuristici e implausibili quanto l’idea che le persone rappresentate alla TV potessero parlarmi, o che sarebbe bastato avere in mano un copione per farmi partecipare alla trasmissione. Fahrenheit non diventò uno dei miei libri preferiti: troppo cupo, troppo desolato per allora. Ma quando lessi il racconto Usher II in The Silver Locusts – titolo inglese delle Cronache marziane –, con maligna soddisfazione riconobbi il mondo degli scrittori messi al bando insieme alla loro immaginazione.
Riletto nell’adolescenza, Fahrenheit 451 era diventato un romanzo sull’indipendenza e la necessità di pensare con la propria testa. Parlava dell’importanza di conservare i libri e delle voci di dissenso che si alzavano tra le copertine. Si comincia col bruciare un testo sgradito e si finisce con le persone.
Rileggendolo da adulto, mi stupisce ancora. È tutte le cose che ho detto, certo, ma è anche un romanzo d’epoca. La televisione su quattro pareti di cui parla Bradbury è quella degli anni Cinquanta: spettacoli di varietà con grandi orchestre, comici grossolani e soap opera. Il mondo esterno è quello delle macchine veloci, dei teenager fuori di testa a caccia di sensazioni e di un’eterna guerra fredda che a un certo punto si surriscalderà. Di mogli che non escono di casa e non hanno identità se non in funzione dei mariti, di fuorilegge a cui si dà la caccia con i cani (anche se in questo caso si tratta di Segugi Meccanici): un mondo con le radici saldamente piantate nel 1950.
In effetti mi sono chiesta proprio questo: mi sarebbe piaciuto leggere Fahrenheit 451 da giovane, diciamo da adolescente? L’avrei compreso e apprezzato così come ora da adulta?
Credo di no, ma non solo per l’ambientazione lugubre e triste, lontana dalla spensieratezza di quei giorni. Leggevo romanzetti Harmony prestati da un’amica, alternati alle grandi indagini di Hercule Poirot, e da lì a poco avrei riscoperto i grandi classici, grazie alle edizioni economiche a 1000, 2000 e 3500 lire della BUR Rizzoli. Già, ancora le vecchie care lire.
Non credo ci avrei visto l’indipendenza come Neil Gainman per esempio, forse mi sarei piuttosto preoccupata per il riferimento alla Guerra Fredda e agli ordigni nucleari che tutto puliscono, dalle persone alle idee. Ma non l’avrei compreso appieno, perché occorre aver accumulato un po’ di esperienza e vita vissuta per andare davvero a fondo delle sue riflessioni.
Mi avrebbe forse spaventato addirittura di meno di quanto ha fatto ora. I libri sono salvezza e sì, chi ci proibisce di leggere questo lo sa benissimo.
Un giovane lettore di oggi, per non dire di domani, dovrà immaginare prima quel passato e poi un futuro che gli si adatti.
Nonostante questo, il cuore del libro resta immutato e le domande che Bradbury si pone sono importanti, autentiche.
Perché abbiamo bisogno delle cose che i libri ci danno? Perché continuiamo a chiedere poesie, saggi e racconti? Gli autori non concordano, ma gli autori sono esseri umani e perciò fallibili o sciocchi. Dopotutto i romanzi dicono bugie, parlano di gente che non è mai esistita e di cose che non hanno mai fatto. Perché dovremmo leggerli o preoccuparcene?
Forse perché il narratore e il suo racconto sono due cose distinte. Non dobbiamo dimenticarlo.
Le idee, e in modo particolare le idee scritte, hanno un potere speciale. Sono il modo con cui trasmettiamo i pensieri da una generazione all’altra. Se perdiamo i racconti a cui ci siamo affidati, perdiamo la storia condivisa, che è gran parte di quello che ci rende umani. Calandoci nella mente di altre persone, la narrativa ci offre empatia: vediamo le cose con gli occhi di altri perché la narrativa è una bugia che parla di cose vere, ora come allora.
Ho frequentato Ray Bradbury negli ultimi trent’anni della sua vita, per me un’autentica fortuna. Era simpatico e gentile ed è rimasto un entusiasta fino alla fine, quando era così vecchio da essere diventato cieco e costretto sulla sedia a rotelle. Era affezionatissimo a molti aspetti della vita e nutriva un’assoluta devozione nei confronti di giocattoli, film, racconti e libri. E adorava l’infanzia.
Questo libro mette in scena il suo amore. È la lettera di un innamorato dei libri ma allo stesso tempo, io credo, è una lettera rivolta alle persone e al mondo di Waukegan, Illinois, la città del 1920 in cui Bradbury è cresciuto e che ha reso celebre con il nome di Green Town nell’Estate incantata, il romanzo sull’infanzia.
Il potere delle idee travalica il tempo. Sia che raccontiamo il nostro passato, sia che immaginiamo il futuro, quello che viene trasmesso in una storia sono le idee dell’uomo, le sue emozioni, le sue preoccupazioni, la sua esistenza. Nulla della storia di un romanzo di finzione esiste davvero, tranne le idee. Per questo libri come Fahrenheit 451 attraverseranno molte epoche di questo pianeta conservando tutto il suo potere. Fosse anche bruciata l’ultima copia, qualcuno ne conserverà intatta la memoria. 😉
E in quanto alla lettera d’amore di Ray Bradbury verso i suoi libri, mi è parso proprio di sentire questa sua adorazione nel monologo del capitano Beatty. Poco prima di appiccare il fuoco alla casa della donna anziana, quando invadendo quelle stanze cariche di volumi ammassati, il capo dei pompieri spiega cinicamente a Montag la natura diabolica dei libri e delle storie in generale, ma rivela di conoscere così bene quelle trame, quei filosofi, quei pensieri. Le sue parole suonano una dichiarazione d’amore, forse un innamorato deluso, ma comunque un odio così malcelato dietro un sentimento ancora vivo.
Avete letto questo romanzo?
So già che la mia prossima lettura di fantascienza sarà un romanzo ucronico, un testo che ho evitato per molto tempo per il periodo storico in cui è ambientato e da cui prende un’altra direzione: L’uomo nell’alto castello (conosciuto anche con il titolo La svastica sul sole) di Philip K. Dick. Mi hanno invitato ad una lettura condivisa, non sappiamo ancora esattamente quando, perché gli spazi liberi da incrociare sono diversi, ma si farà. Il romanzo è lì nel mio comodino.
Ma per quanto riguarda Ray Bradbury mi è stato più volte suggerito di leggere l’altra sua opera famosa, Cronache marziane, una raccolta di racconti legati dal tema della conquista e della colonizzazione di Marte, che sarebbe dovuta cominciare addirittura nel nostro, già lontano, 2001…
Come ho detto all’inizio, se qualcuno viene a dirci qual è l’argomento di un libro, probabilmente avrà ragione; ma se aggiunge che un argomento qualsiasi possa esaurirlo, sbaglierà senz’altro. Per questo le cose che vi ho raccontato di Fahrenheit 451 – l’affascinante monito letterario di Ray Bradbury – a voi sembreranno incomplete. Il libro ne parla, certo, ma contiene molto di più. Quello che voi stessi troverete nelle sue pagine.
(Per concludere, nei giorni in cui discutiamo se gli ebook siano o no libri autentici, mi piace l’ampia definizione finale che Ray Bradbury offre dei libri in genere, quando dice che non dobbiamo mai giudicarne uno dalla copertina e che alcuni sono racchiusi in una veste dalla forma rigorosamente umana.)
Introduzione di Neil Gainman al romanzo Fahrenheit 451 di Ray Bradbury
Comments (22)
Giulia Mancini
Gen 31, 2024 at 6:41 AM ReplyUn libro come Fahrenheit 451 (che però non ho ancora letto) è sempre attualissimo perché anche oggi viviamo immersi e ipnotizzati dai social e dalla televisione (in cui si parla dei social qualora qualche post ti sia sfuggito), quindi l’intuizione dell’autore che allora intuiva il potere di ipnotizzare il popolo della televisione è più giusta. In fondo c’è chi con la televisione ha vinto le elezioni e ha comprato e svenduto l’Italia per trent’anni. Ora ci sono i social e chi li usa per manipolare la realtà (che sia per vendere un prodotto oppure per influenzare l’opinione pubblica). La fantascienza ha sempre un po’ anticipato quello che poteva avvenire nel nostro mondo, oggi sembra più che mai vicina la predizione del primo film Terminator con le macchine che dominano il mondo. Potrebbe avvenire o, in qualche modo, sta già avvenendo in questa realtà sempre più immersa nella tecnologia. I romanzi di fantascienza prendono un concetto e ci fanno riflettere esasperandolo. Quei mondi dispotici in cui i poveri sono relegati fuori a morire (non sono sicura ma il film si intitolava Oblivion dove i ricchi e potenti vivevano in un pianeta verde mentre i poveri restavano sulla terra ormai ridotta allo stremo) assomiglia al nostro mondo occidentale che lascia sempre più ai margini i più deboli.
Barbara Businaro
Feb 01, 2024 at 11:08 PM ReplyEcco, il film Terminator non l’ho considerato perché contenendo anche l’idea del viaggio nel tempo (la macchina viene da futuro, per uccidere la madre del capo dei ribelli che sta annientando il dominio delle macchine) è qualcosa di lontano dai nostri giorni. Vero che potremmo arrivare al dominio delle macchine, sullo stile di Matrix, ma allora mi muovo proprio su quella pellicola che rende molto meglio – ahimè – la drammaticità di quel futuro.
Oblivium è un film con Tom Cruise che ho visto, ma dalla trama che mi hai riportato credo tu ti riferisca a Elysium (nome molto simile in effetti!) con Matt Damon, operai che vive sulla Terra tra i poveri, e Jodie Foster, ministra della difesa della stazione Elysium, riservata solo a pochi eletti, ricchi e potenti. Una storia assolutamente attuale, hai proprio ragione. Infatti anche quel film mi piace poco, mi lascia amareggiata.
Daniele
Gen 31, 2024 at 8:53 AM ReplyL’ho letto anni fa e da poco anche Cronache marziane, diverso, ma molto bello. A spaventarmi no, per me sono solo finzione e leggo fantascienza per puro intrattenimento e curiosità.
Non sono però d’accordo con quanto scrive Gainman sulle tre costruzioni ipotetiche elementari che innescano il meccanismo della scrittura al futuro, perché mi sembrano riduttive. Ho provato a individuarle nell’elenco di racconti di fantascienza che sto scrivendo e in molti casi alcune storie le ho forzatamente fatte rientrare in “Se continua così…” o “E se…”.
Barbara Businaro
Feb 01, 2024 at 11:10 PM ReplyDa lettore non mi sono mai soffermata sulle costruzioni di una storia di fantascienza. Mi addentro nel romanzo e intuisco che si stia cercando di dare una visione del futuro e/o un’interpretazione dell’odierno. Magari prossimamente ci metterò più attenzione, per vedere se ce ne sono altre.
Se pensi che i tuoi racconti possono spaziare altrove, non forzarti in un canone precostituito. Credo poi che la fantascienza non abbia queste limitazioni in termini di mercato editoriale. E in ogni caso, potresti diventare un precursore di un nuovo filone… 🙂
Stefano Franzato
Gen 31, 2024 at 9:00 AM ReplyIo lo lessi molti anni fa. E non lo capii. Era troppo fuori dai miei schemi mentali bruciare i libri. Che vengono e poi vanno, anche presto presi nel vortice editorial-commerciale degli Editori che presentano sempre le loro “novità” senza dare l tempo di capire e interorizzare i libri già presentati impedendoci di comprendere chi tra quegli autori avrà la probabilità di restare nella Storia della Letteratura Italana e facendocene dimenticae altri magari validi ma ormai deceduti he non fanno pù “novità”. SE vanno e veengono così, i libri che necessità c’è di bruciarli? vanno già al macero e per dimenticarli può bastare il più delle volte il “fuori catalogo” degli editori. Già qui in Italia nonostante le “novità” presentate quotidianamente si sa: si legge poco. E dalla cultura presentata dai candidati ai vari quiz televisivi si capisce che di libri ne devono aver letti ben pochi e in un arco di tempo di meno di 50 se no 40 anni. Che dire Barbara? Sotto questo aspetto sono anche contento di avere ormai 67 anni e di poter avere un margine di tempo abbastanza lungo per poter capire e giudicare il mio presente. Ciao
Barbara Businaro
Feb 01, 2024 at 11:11 PM ReplyAhimè, il discorso sul macero dei libri (con 60 mila nuovi titoli all’anno in Italia, e sempre meno lettori in giro, non oso pensare quante copie vadano distrutte in meno di un anno…) e pure del Fuori catalogo, per un breve momento l’avevo pensato anch’io. Poi mi sono detta: ci sono le biblioteche dove almeno una copia cartacea viene conservata, ma siamo pure nel mondo digitale e quindi spero anche un ebook sia sempre disponibile, da qualche parte. Però – e questo lo dico contro il mio stesso interesse – siamo sicuri che tutti i libri pubblicati meritino di essere conservati?! Se penso a certe letture appena sfogliate in libreria, direi di no. Triste, molto triste. Guarda caso, Ray Bradbury cita praticamente solo classici, non suoi contemporanei.
Sandra
Gen 31, 2024 at 2:00 PM ReplyLetto l’anno scorso, ho postato la mia breve opinione nel blog nei libri di quel mese.
Mi aspettavo qualcosa di molto diverso, ma ero disinformata io. Accanto a pagine di rara bellezza sul valore dei libri, ho trovato la fantascienza che non amo. Rimane un libro immenso, direi imprescindibile per chi legge.
Tu poi vai oltre sottolineando il “Se continua così” ecco, siamo in una delle epoche più buie dal dopo guerra e non ho fiducia in nulla, le menti illuminate e le brave persone esistono, eccome, ma le vedo tutte un po’ rassegnate, mi metto anch’io tra le brave persone, e lo sono molto.
Barbara Businaro
Feb 01, 2024 at 11:12 PM ReplyNonostante tu non ami la fantascienza, hai ben compreso l’immensità di questo romanzo. Significa che è riuscito a passare oltre il suo genere letterario, notevole risultato.
Le brave persone esistono è vero, non so se considerarmici tale, almeno ci provo, pur con tutti i miei difetti e pregiudizi ereditati. Cerco di non rassegnarmi e provare a migliorare. Un altro pensiero: forse anche Ray Bradbury era una brava persona, rassegnata del suo tempo. Forse ognuno di noi lo è, in età adulta, quando le promesse della gioventù si rivelano vane.
Luz
Gen 31, 2024 at 7:31 PM ReplyEcco quel che si dice un “classico”. Perché ancora oggi ha qualcosa da dirci, e sembra, è vero, che stia parlando a noi, che siamo il futuro di quanto viene raccontato. Dietro la distruzione dei libri c’è una grande metafora, e mi piace questa lettura a più livelli che il romanzo permette. Lo lessi da giovanissima, non lo ricordo se non come lettura che mi fu imposta e non apprezzai più di tanto, quindi ci hai visto giusto: leggerlo a 14/15 è dura. Oggi possiamo coglierne l’importanza, può appassionarci. Il film di Truffaut lo conosco bene perché mi è capitato di proporlo in due classi. I ragazzi non appaiono annoiati, segno che, nonostante sia un film datato, il tema in sé attrae e fa pensare.
Barbara Businaro
Feb 01, 2024 at 11:16 PM ReplyMi consoli Luz, in due modi. Primo, confermando che è un romanzo difficile da leggere in adolescenza. Secondo, raccontando che i ragazzi sono incuriositi dal film. Ok, non è il romanzo – e sappiamo che nei libri c’è sempre di più di quanto viene messo nella riduzione cinematografica – ma è già qualcosa. La storia li incuriosisce. In questo modo il semino della curiosità, che magari coltiveranno in futuro, al tempo giusto, è già piantato. 🙂
Marco Amato
Gen 31, 2024 at 11:49 PM ReplyArticolo lungo, approfondito e che suscita tante sensazioni, un po’ come il libro di Bradbury. Quindi per cercare di essere sintetico mi dedico direttamente alle mie considerazioni eretiche. Eretiche, ovviamente, per la narrazione corrente del mondo. Un po’ tutti noi sappiamo, anche perché fomentati dai bias cognitivi, che il nostro tempo fa schifo, è in declino, che siamo lobotomizzati da tv e social, che cricche di potenti comandano i nostri destini, che siamo allo sbando e non ci sono più le mezze stagioni. Eh, forse visti i cambiamenti climatici, che non ci sono più le mezze stagioni, da luogo comune, risulta la cosa più vera dell’intera narrazione comune.
Comunque, qual è il paradosso del libro di Bradbury? Che per certi versi viene visto un po’ come profetico.
Ma se andiamo ad indagare sulla realtà delle cose, i libri, non vengono bruciati nel nostro tempo, che sarebbe il tempo fantascientifico di Fahrenheit 451. Bradbury quando scrive ha di certo viva l’esperienza nazista. Hitler bruciava i libri. Ma per secoli a mettere a bando i libri e persino a organizzare bei falò era la chiesa cattolica. I libri si bruciavano nel passato, non nel futuro. Bradbury riteneva che il libro sarebbe stato messo in crisi dalla televisione, ma viceversa, l’arte che è stata travolta e uccisa dalla televisione è la settima, il cinema.
I libri non sono mai stati un’arte popolare, ma sempre e solo un’arte di nicchia della società. Storicamente, per secoli il teatro, e poi il cinema dai primi del ‘900, hanno rappresentato la vera arte delle masse.
La fantascienza, come genere artistico, è probabilmente la più potente rappresentazione dell’esistenza umana. L’ignoto del futuro contrapposto al nostro smarrimento interiore di singoli e di specie.
A volte, molti si sorprendono quando faccio notare che nel racconto di Ali Babà e i Quaranta Ladroni delle Mille e una Notte, ciò che per quei tempi era immaginazione fantastica, ovvero la parete che si apre da sola con la parola Apriti Sesamo, per noi oggi è un qualcosa di estremamente normale che sperimentiamo nei negozi o in una casa domotica. Il fantastico e la fantascienza, a volte, spesso, smettono di rimanere fantastico e fantascienza e diventano genere contemporaneo. Asimov, con i suoi robot, fra pochi anni smetterà d’essere fantascienza per diventare genere contemporaneo.
E invece Bradbury, con tutto il suo fascino di metafora sul libro da bruciare, ha cannato ampiamente, con buona pace di Neil Gayman stesso.
Ecco, avrei tante altre considerazioni da fare, ma mi sa che sono già andato troppo lungo. Ma colpa tua. Doppia colpa tua. Perché primo, hai scritto un post estremamente interessante. Perché secondo, fai emergere la mia anima eretica.
Lo so, sono pronto per essere messo al rogo, però, anche se non sono di carta, visto il mio amore per i libri, mi sa che anch’io brucio alla temperatura di 451 gradi Fahrenheit. 😛
Barbara Businaro
Feb 01, 2024 at 11:32 PM ReplyNo, i libri al nostro tempo non vengono bruciati… che sennò produciamo ulteriore CO2 e inquiniamo pure! XD
Ma come ha giustamente ricordato Stefano, oggi i libri vanno al macero o Fuori catalogo per mancanza di lettori. Non corrisponde a “impedire” la lettura, ma il risultato mi pare per certi versi il medesimo. Da una parte fingiamo di promuovere la vendita di libri, dall’altra certi bonus vengono poi impegnati sugli store che vendono videogames, musica e film in dvd, senza alcuna verifica.
Come tutte le cose, capiremo il vero valore dei libri quando rischieremo di perderli per sempre. Questo ci sta dicendo Ray Bradbury. Che sì, era spaventato dall’idea dei libri che bruciano, non solo ad opera dei nazisti, ma anche nel regime sovietico. Lo infastidiva anche il controllo della stampa e delle pubblicazioni nel suo stesso paese, da qui l’idea che i pompieri nella sua storia fossero direttamente comandati dal potere.
…beh, allora anche lo Specchio della Regina cattiva di Biancaneve? E diciamolo che quello è Google Home! XD
Mondo in Frantumi
Feb 01, 2024 at 9:59 PM ReplyI semi del futuro, immaginato o reale che sia, sono piantati oggi.
È vero, la distopia spaventa perché la sentiamo vicina, ma forse questo disagio può diventare uno spunto per guardare a noi stessi e al mondo che ci circonda in modo diverso… per poi magari decidere di cambiare qualcosa.
Barbara Businaro
Feb 01, 2024 at 11:45 PM ReplyBenvenuto nel blog “Mondo in frantumi” 🙂
Il mondo per te va in mille pezzi, invece che a fuoco dunque. Sono ottimista e credo nella ricostruzione, mi piace poi la tecnica giapponese del Kintsugi, la riparazione con l’uso dell’oro. Di recente poi ho scoperto che le perle nascono dalla ferita di un’ostrica prodotta da un granello di sabbia, una bella metafora.
Certo preferisco prevenire i disastri, quindi ben venga la fantascienza con tutti i suoi moniti!
Marina
Feb 04, 2024 at 3:31 PM ReplyCome sai non amo molto il genere fantascienza, ma il distopico devo dire non mi dispiace. Questo è un libro letto relativamente da poco (poco prima di trasferirmi a Roma, dunque una decina di anni fa) e posso affermare con sicurezza che è une delle storie più incredibili che io abbia mai letto: la scena della signora che si lascia morire dentro casa insieme ai libri e il finale… bellissimo! Ci sono romanzi che hanno fatto la storia perché sono stati precursori di una realtà puntualmente verificatasi (e che dire di 1984?) e forse proprio per questo rimangono fortemente suggestivi. Oggi nessuno vuole bruciare i libri, ma la deriva del politically correct e la culture cancel stanno facendo disastri. L’analisi di Gaiman interessante, il ruolo della televisione, anche quello abbiamo visto e appuriamo ogni giorno cosa sta producendo. Chissà se avessi letto il libro da giovane cosa ne avrei pensato! ma secondo me è un romanzo che si apprezza con la consapevolezza dell’importanza di certe cose che arriva solo con l’età e l’esperienza. Serve una buona dose di capacità critica per apprezzare nel modo giusto i temi affrontati in Fahrenheit. Non ho visto i film, però!
Barbara Businaro
Feb 05, 2024 at 7:32 PM ReplyEcco, mi ha ricordato un altro grande romanzo, 1984 di George Orwell, che devo aver letto alle superiori, ma del quale non ricordo niente. Di solito questo indica una lettura forzata e incompresa. E un altro che dovrei rileggere, con la saggezza dell’età adulta, è La fattoria degli animali, sempre di Orwell. Quello lo lessi più tardi, già all’università, ma temo che comunque qualche sfumatura non l’ho compresa. Queste sono riletture che aggiungono sempre qualcosa. 🙂
Daniela Bino
Feb 13, 2024 at 7:51 PM ReplyAdoro la fantascienza! Ho visto tutti gli Star Trek, anche gli ultimi che hanno sbancato al botteghino. Ma, non so se lo sai, io sono cresciuta con Spazio 1999 e un pacchetto di crackers in mano, Li ho guardati e riguardati.
E la fantascienza mi piace anche su carta: Asimov è stato immenso.
In famiglia abbiamo acquistato e divorato “Fahrenheit 451” e abbiamo arso alla temperatura alla quale bruciano i libri (pure un tizio con baffetto malefico aveva attuato questa “pulizia” del suo mondo assurdo dai libri e Indiana Jones ha commemorato quell’evento nel suo terzo episodio, con a fianco un magistrale Sean Connery).
Bruciare i libri: ogni volta che sento un ragazzo che frequenta il liceo e non ha mai letto “Pinocchio”, “Il signore degli anelli”, “Il buio oltre la siepe”,… mi fa riflettere. Per questi personaggi, Fahrenheit 451 sarebbe sprecano, non capirebbero il senso.
Barbara Businaro
Feb 15, 2024 at 10:29 PM ReplyEcco, Spazio 1999 mi manca, almeno non credo di aver visto quella serie, ma magari chissà, forse sono io che non me lo ricordo. 🙂
Di Asimov devo ancora leggere qualcosa su carta, mi hanno suggerito Il ciclo delle Fondazioni per cominciare. Guarda caso ho rivisto giusto domenica il film con Will Smith I, robot tratto proprio dagli scritti di Asimov. E attualissimo, ora più che mai, con l’Intelligenza Artificiale osannata sui luoghi di lavoro…
Andrea Cabassi
Feb 22, 2024 at 11:14 AM ReplyAspè, il film di Io Robot non ha praticamente niente a che fare con gli scritti di Asimov… e se vuoi leggere qualcosa di suo, per iniziare di suggerisco Abissi d’acciaio (che è anche il primo romanzo della Grande Saga Galattca)!
Barbara Businaro
Feb 23, 2024 at 6:07 PM ReplyIo Robot lo pubblicizzavano proprio come ispirato da diversi racconti di Asimov, addirittura alla fine della pellicola i credits riportano “suggested by the book I, Robot by Isaac Asimov”. Però ho cercato ora, visto il tuo commento, e leggo che ci sono le Tre Leggi della Robotica di Asimov e che il nome della dottoressa Susan Calvin è preso dai racconti, anche se il personaggio differisce. Sono ancora più curiosa allora di leggere i racconti originali di Asimov! 😉
Andrea Cabassi
Feb 22, 2024 at 11:10 AM ReplySecondo me dovrebbe essere introdotto nel programma di letteratura della scuola media!
Barbara Businaro
Feb 23, 2024 at 6:06 PM ReplyNon lo so. Come diceva Luz, che è professoressa di Lettere in un liceo classico, i suoi ragazzi sono interessati all’argomento, come pure al film, nonostante sia datato.
Ma metterlo come lettura obbligatoria già alla scuola media, mi sembra prematuro. Va bene che cambia poco dalla terza media alla prima superiore, ma quasi quasi io lo metterei come lettura della quarta o della quinta superiore.