L'esercito delle cose inutili - Un romanzo di Paola Mastrocola

L’esercito delle cose inutili
di Paola Mastrocola

Premessa
in cui Barbara vi spiega come le è stato regalato questo libro,
perché ci ha messo tanto a leggerlo, a capirlo, ma una volta capito,
non smette più di piangerci sopra

Sul perché le cose accadono o non accadono, lo so, siamo divisi in due. Metà pensa che non ci sia mai nessun perché e che le cose nella vita accadono perché han voglia di accadere. Metà invece pensa che c’è sempre una ragione, e la prova è che se non fosse così ne accadrebbero altre, di cose, e non proprio quelle che accadono. Io che ne so? Non mi ci metto neanche a dire chi ha torto o chi ha ragione. Ma mi stanno più simpatici i secondi, se no la vita mi sembra tutto un niente, qualcosa che se non c’è fa uguale.
L’esercito delle cose inutili, Paola Mastrocola

Ecco, questo non me l’aspettavo. E sì che dovrei essere abituata a meravigliarmi delle coincidenze della vita, soprattutto dei libri belli belli ma proprio belli che ti capitano tra coppa e collo (lo diceva mia nonna, sarebbe più corretto dire tra capo e collo, ma le piaceva di più la coppa, come affettato intendo, e si vede che poi ha deciso di cambiare il modo di dire, di farlo un po’ suo). E invece, dicevo, non me l’aspettavo che questo romanzo leggero, con quella copertina acquamarina, pure il mio colore preferito, e un asino che ti guarda con due occhi azzurri come i miei, potesse spiazzarmi in questa maniera.

Ma veniamo con ordine, che sennò non ci potete capire niente. Succede che mi regalano libri, nel senso di romanzi, narrativa contemporanea, storie insomma, però è anche un evento raro perché nessuno vuole prendersi il rischio di non incontrare i miei gusti (e sì che sono pure di bocca buona, ho le mie preferenze, ma non faccio la schizzinosa, tranne che con i cavoletti di Bruxelles, quelli sono cavoli vostri, letteralmente). Il Natale di due anni fa mi trovo questo libricino in un pacchetto appena scartato. La persona che me l’ha regalato sceglie sempre con cura gli oggetti da donarmi, non sono mai scontati o banali, so che nascondono dei messaggi, dei significati importanti (o magari sono io che ce li vedo, e furbescamente questa persona non nega mai che ci siano, vai a sapere!)

Lì per lì mi sono pure spaventata, prima per il titolo, L’esercito delle cose inutili, e poi perché in copertina c’è una frasetta ambigua. Vorrei vedere se capitasse a voi di leggere: “Lì erano tutti inutili ma felici.” Oibò, mi sta dando della ragazza inutile? (no, non userò la parola “signora”, almeno finché non arrivo agli ottant’anni, potete scordarvelo). Sta dicendo che sono inutile ma posso essere felice? Un po’ inutile mi ci sono sentita, anzi, mi ci hanno fatto sentire gli altri a dirla bene. E ci ho messo davvero molto, direi la maggior parte della vita fin qui, a trovare il mio posticino in questo mondo e una parvenza di scopo, qualcosa per cui svegliarsi la mattina.

Sorrido, che da piccola mi hanno insegnato a sorridere e ringraziare anche per i regali brutti, pure Babbo Natale che ignora quello che gli chiedo. Giro il libricino e comincio a leggere le parole della quarta di copertina, stampate belle in grande.
“Questo è un romanzo speciale, che ruota intorno a una domanda semplice e decisiva: cos’è che riempie davvero la nostra vita? Anche quando fai la cosa più inutile del mondo – che sia raccogliere conchiglie, trapiantare primule, trascinare stancamente i tuoi passi, invecchiare, amare qualcuno in silenzio – puoi trovare una scintilla di vita, un lampo di senso, uno scatto inaspettato. O persino te stesso. Perché l’inutilità – sembra dirci Paola Mastrocola con questa sua storia che coinvolge ed emoziona – è soprattutto un sentimento.”

Torno indietro sulle parole. Questo è un romanzo speciale, beh allora questo dev’essere anche un regalo speciale, mi piace molto, mi riempie lo stomaco di quelle farfalline magiche che ti fanno sentire leggera. Come avere un centinaio di Campanellino che a furia di svolazzarti dentro, trascinano su in alto in alto anche te. La domanda successiva mi colpisce invece al petto: cos’è che riempie davvero la nostra vita? Non lo so, o meglio, certo che lo so, ci sono tantissimi affetti e attività che riempiono le nostre giornate, ma spesso mi fermo a pensare a cosa resterà di tutto questo, nel dopo. Più che aver riempito la mia vita, avrò riempito un po’ quella degli altri? Questa è la domanda fatale.
Puoi trovare una scintilla di vita, un lampo di senso, uno scatto inaspettato. O persino te stesso. Tutto dentro questo libricino?! E’ un bell’impegno davvero. Una promessa tanto grossa. Così vado a sbirciare chi è l’autrice di questo romanzo.

Paola Mastrocola non l’ho mai sentita, ma ammetto che in quanto a scrittori italiani sono piuttosto ignorante, mi potete scusare col fatto che sono tanti e non sempre i migliori sono quelli in classifica. Questo lo sappiamo. Vado a vedere l’aletta interna del libricino e scopro che Paola Mastrocola è stata vincitore del Premio Campiello nel 2000 e finalista al Premio Strega nel 2001. Poi un altro Premio Campiello portato a casa nel 2004. Accipicchia, un bel biglietto da visita. Ma Wikipedia invece mi rivela che Paola Mastrocola, torinese, è stata anche un’insegnante di Italiano e Latino nei licei, poi ricercatrice universitaria per la poesia contemporanea, ha tenuto corsi di scrittura creativa promossi dal Comune di Torino, ha collaborato con la casa editrice SEI per la scolastica, ma solo dal 2000 è diventata scrittrice di narrativa in pianta stabile, prima con Guanda e poi con Einaudi.

Insomma, le premesse erano buone ma incerte. Non volevo deludere la persona che mi ha regalato questo romanzo, e quindi sentivo anche un certo carico di responsabilità. Se poi non mi è piaciuto, come cavolacci glielo dico?! La prendo larga, larghissima, e intanto chiedo come mai la scelta è caduta su questo titolo. “L’ho trovato per caso”, ma nessuno di noi due credo al caso, c’è sempre una ragione, “e ha delle ottime recensioni, pare sia un libro da non perdere assolutamente.” Vorrei ricordare che non si regalano libri senza prima averli letti personalmente, ma decido di lasciar correre. A caval donato non si guarda in bocca. Chissà cosa ne direbbe Raimond, il protagonista della storia, un asino, oh sì, un asino, avete capito bene, di questo modo di dire. Perché dovrei guardare in bocca al cavallo? Per i denti. Non so se funzioni anche per gli asini, ma i cavalli con bei denti sono bestie che hanno mangiato bene, e quindi vissuto bene, e quindi vivranno e lavoreranno bene ancora per molto tempo. Un buon investimento.

Comunque, un po’ per pigrizia, un po’ per timore, quel libricino è rimasto nel comodino per un anno intero, fino al Natale successivo, più di un mesetto fa. E’ allora che mi sono decisa. Forse avevo un momento di inutilità e mi pareva appropriato. O forse era giunto il suo tempo.
Beh, le cose accadono perché devono accadere. L’ho letto. Ho fatto molta fatica a leggerlo. Perché è piccolo, leggero, eppure è un romanzo ricchissimo, denso, non pesante badate bene, ma proprio carico. Che una pagina delle sue valgono come almeno dieci o venti di certi altri libretti da classifica. Qui leggi e devi fermarti a pensare. E pensare è un’attività molto più difficile di leggere e basta.
Comunque, adesso ci provo a farvi un riassunto, ma senza svelarvi troppo. Che tanto, anche a conoscere la trama, vi assicuro che rimarrete sorpresi dello svolgimento. Come quando sali sulle montagne russe. Lo sai che giro fanno, le hai guardate da sotto per una buona mezz’ora prima di salirci, no? Ma quando sei lassù, è tutta un’altra storia. Appunto.

E siccome Raimond è un tipo davvero particolare, questa esperienza ve la racconto come farebbe lui, saltando tra le parole, scalciando tra le frasi, ragliando contro le virgole, titoli e sottotitoli che anticipano, incuriosiscono, non svelano nulla eppure ti tengono lì, saldo.
Mi ha talmente portato dentro il suo mondo, che sto cominciando a cianciare come lui e sono tentata di raccogliere un filo d’erba e masticarlo lentamente, solo per sentire che gusto ha. Ma torniamo al principio, e il principio ha la forma di una lettera. 😉

 

L’esercito delle cose inutili

Paragrafo 1
in cui Barbara vi racconta più o meno di Raimond, dell’incredibile incontro con Res,
del fantastico Paese delle cose inutili, pieno di prati suddivisi per attività inutili,
e pure di Garibaldi, fermo a fissare la luna

Io è da un po’ che ricevo lettere. Ma le lasciavo lì, perché cos’altro dovevo farne? Le mettevo da parte, belle ordinate una sull’altra e manco le guardavo. Perché uno come me, cosa volete che se ne faccia delle lettere che riceve? Già è incredibile che riceva lettere, uno come me.
E invece poi di colpo, ieri, ne leggo una. L’ultima che mi arriva. La leggo. Me la consegnano come le altre, precisa uguale, e la metto sopra il mucchio. Ma più tardi la leggo. La apro e la leggo, ci pensate? Da lì me le leggo tutte quante a razzo, trenta o quaranta o che ne so. Tutte stanotte. Al contrario. Cioè le leggo andando indietro come i gamberi perché l’ultima era quella che mi veniva per prima. Ci passo la notte intera a leggerle, e anche un pezzo del mattino, sono un bel mucchio, non avete idea.
Tutto perché questa benedetta lettera che mi è arrivata ieri non era proprio per niente come le altre. Era terribile!
[…] Però adesso che l’ho letta non so proprio cosa fare, ed è per questo che voi dovete starmi a sentire. Cioè, sarebbe meglio. Perché una decisione la devo prendere, e non mi andrebbe di sbagliarla.
Non mi andrebbe proprio per niente di sbagliarla.

Il protagonista di questa storia è Raimond, un asino greco, color asino (immagino che intenda marroncino scuro, asino comune), altezza media, pancia bassa e schiena curva (segnale della vecchiaia, motivo per cui l’hanno anche operato, la dottoressa Claire se n’è occupata, amorevolmente), età tre quarti, così la definisce, ex isolano, ex randagio, inutile, adottato.
E’ lui che vi racconta la sua avventura, che parla (ok non è che proprio parla, gli asini mica parlano), diciamo che scrive, in prima persona. Beh, in effetti gli asini nemmeno scrivono, e come possono? Probabilmente qualcuno l’ha scritta per lui, va bene? Non fermiamoci ogni volta a far la punta agli stuzzicadenti. (Questo lo diceva mio padre, sia per suggerire di non essere troppo puntigliosi, sia per indicare qualcuno un po’ avaro, così spilorcio da riutilizzare persino gli stecchini).
Trascinandosi di capitolo in capitolo, da un argomento all’altro, con molte parentesi dove un po’ si perde, in mezzo al discorso, perché è uno che si distrae parecchio nella vita, vi spiega come è finito lì da sei mesi. Dove per lì si intende il paese delle cose inutili, Variponti.

Inizia un mattino di novembre, quando da asino randagio, gli capita di incontrare un tipo strano, dice di chiamarsi Res e di avere un posto per lui, invece di continuare a vagare da solo, nel baratro del futuro. Un posto per quelli che si sentono inutili, ma possono ancora essere felici.
Raimond ha vissuto quasi tutta la sua esistenza su un’isola greca, quale non lo sa proprio. Da giovane aveva portato massi pesanti, sacchi di cemento, mattoni e travi. Lavorava in un cantiere. Poi aveva cominciato a sentirsi stanco, la pancia cominciava a scendere, quasi a toccare terra, a furia di portare pesi su e giù per le stradine. Costruire dà molta soddisfazione, vedere edifici crescere dal nulla alzarsi su verso il cielo, ma è un’attività che sfinisce, indebolisce le gambe. Così Raimond si è ritrovato, insieme alla sua bella Agata, al servizio turistico-portuale, portare le valigie dei turisti negli alberghi. Con un solo problema, e mica un problema da niente. La cacca. (e per altro perderà proprio la sua cocciuta ma stupenda Agata proprio per colpa della cacca). Niente cibo e niente acqua durante il lavoro, perché ai turisti non piace la pipì per i viottoli. Figuriamoci il resto.

Poi una sera è giunto il suo turno. E’ arrivato il camion blu e li ha caricati tutti, una dozzina di asini stanchi. Hanno viaggiato tutta la notte e la mattina il camion sbarca. Non sono più sull’isola. Vengono lasciati lì, liberi di ciondolare nel nulla, randagi. Inutili.
Incontra questo Res, che è un libro. Esatto, proprio un libro, con una copertina e delle pagine. Ma tanto Raimond mica sa leggere!
Sia chiaro però che io ho capito cosa fossero Raimond e Res solo a pagina 42, anche se qualcosa di strano c’era pure nei capitoli precedenti. Per non parlare della copertina: c’è un asino lì, cosa ti aspettavi allora? Pianeti e astronavi?!
Questo Res lo conduce in questo posto incredibile, Variponti. E Raimond rimane lì per circa sei mesi, prima di leggere quella lettera terribile. Ma andiamo con calma, è Raimond che mi distrae. Com’è fatto questo paese delle cose inutili? Cose e persone, per la verità.

Intanto è un posto gigantesco. Non finisce mai. Ponti e ponticelli, stradine e stradicciole, che tu ne prendi una e ti ritrovi non sai dove e dici: Aiuto mi sono perso, e invece no, a un certo punto imbocchi un viottolo e, non sai come, sei tornato a casa.[…]
Qui è tutto prati. Un prato dietro l’altro, ognuno con la sua staccionata, il suo numero. Prato 29, 32, 86, così. Prati numerati. E in ogni prato c’è gente che fa la stessa cosa inutile, sempre quella.[…]
Facciamo un caso: i funamboli. Quelli che camminano sulla fune, chiaro? Cioè, prima tirano una fune, e ci vogliono due pali, due muri, due accidenti d’un qualcosa per tirarla in mezzo, questa benedetta fune. Bella tesa e alta fino al cielo. Poi loro ci camminano su. […] Be’, quello è il prato 83. Prato dei funamboli. Non trovi nessun altro se vai lì, solo funamboli. Se vai lì, fai quello: cammini sulle funi. Cioè, vai lì perché fai quello. Se ritagliavi stencil, andavi dai ritagliatori di stencil, prato 227, per dire…
[…]Chi invece vuole solo guardarli, i funamboli, prato 84. Lì ci sono gli spettatori di funamboli. Gente che sta a terra. Gli piace così. Non è che tutti sono nati per stare in bilico su un centimetro di corda traballante, ci manca solo.[…]
Se poi non vuoi passeggiare sulle funi e non vuoi nemmeno fare lo spettatore di chi passeggia sulle funi, metti che sei uno più tranquillo e magari hai anche poco equilibrio e ti piace solo star seduto nella vita, non c’è problema vai a vivere con gli occupatori di panchine. Prato 92. Lì si fa una cosa sola: si occupano panchine.

Poi ci sono gli allevatori di girini prato 125, i tagliatori di meloni prato 187. Ancora: i fabbricanti di aquiloni, i trapiantatori di primule, gli spulciatori di pallini dai maglioni di lana, i raccoglitori di conchiglie, e così via.
C’è pure Garibaldi, ma non so se sia un asino italiano, visto il suo nome. Garibaldi è proprio uno di poche parole, al contrario di Raimond che ciancia almeno per tre. E’ un tipo introverso Garibaldi, sta nel prato 72, con gli altri guardatori della luna. Stanno lì a fissare la luna tutte le notti, e per un po’ ci prova anche Raimond. Notte dopo notte, diventano amici e solo allora Garibaldi svela il suo segreto, di come è fuggito dal macello, di quel luogo orribile di cui Raimond non sapeva proprio nulla, per sua fortuna. Ferito, azzoppato, vecchio e inutile.
Eppure quando sarà il suo turno, pure Garibaldi vi stupirà. Ma non posso svelarvi niente, dovete arrivare alla fine del libricino per scoprirlo.
Comunque Garibaldi è il mio personaggio preferito. Starei volentieri a fissare la luna con lui. 😉

Paragrafo 2
in cui Barbara cerca di cogliere il significato della storia,
ma potrebbe anche essere una storia inutile, quindi senza significato,
ma felice, felicissima, da lasciarti in lacrime di gioia

E le lettere, direte voi? Tutte quelle lettere arrivano da un ragazzino, tale Guglielmo Strossi, della I C, undici anni, un po’ basso, un po’ in carne, capelli biondi, occhi azzurro-acqua. Vive a Torino con i genitori, una sorella più grande, Benedetta (la cocca di papà, secondo me pure un po’ stronzetta), e un fratellino più piccolo, Zachi, che passa la giornata sdraiato per terra a disegnare e colorare, ma al momento giusto se ne esce con le domande più toste, quelle che spiazzano. Soprattutto i genitori.
Così, finché Raimond si sposta di prato in prato per cercare la sua attività inutile, qualcosa di cui incapricciarsi davvero, per far contento Res, perché tutti devono avere qualcosa da fare lì a Variponti, giungono queste strane lettere. Ma Raimond le mette da parte perché non sa leggere, ovvio no? Finché un giorno Res, dopo avergli rivelato il suo nome completo (ah ma io non ve lo dirò, dovete andare a pagina 129 e seguire la sua storia direttamente lì, e ci rimarrete di sasso, statene sicuri!), decide di insegnargli proprio a leggere.
Ed eccolo finalmente che s’incapriccia! Ha trovato il suo prato! Raimond è un lettore, e che lettore signori miei!

Io non sono più io quando leggo: sono tutti. Tutti gli uomini, le donne, gli asini, i cavalli, le salamandre… Sì, anche le salamandre. E i coccodrilli, le mosche, la Tour Eiffel, e il museo del Louvre con dentro il suo fantasma. Divento anche i fantasmi, gli assassini, i criminali mafiosi, e il vecchio e il mare, e Albertine, e la nonna di Marcel che muore… Divento tutta la gente del mondo, mi capite? Per questo, poi, non m’importa neanche più di essere qualcuno o no, o di essere così o cosà. Non sono! Mi capite bene, è chiaro?
[…]Mi piace leggere perché, quando sei lì che leggi, puoi anche a un certo punto chiudere il libro, e stare con l’aria assorta. E non c’è niente che ti spaventa, la fame, i calci in culo, la paura di morire… Diventi assorto e buonanotte, sei andato da un’altra parte, chi ti trova più?

Perdinci, lo capiamo bene eccome Raimond! Mi sono assorta talmente tanto che a Variponti c’ero anch’io. E mi piaceva proprio stare lì, seduta sull’erba umida la sera, a fissare la luna lassù in alto, quel suo sorriso largo, quello dove si nasconde lo Stregatto di Alice.
Ma ora Raimond sa leggere e apre l’ultima lettera, quella appena ricevuta. Guglielmo, poverino, è in difficoltà. I bulli della scuola, tal Dennis Cartozza in testa, gli hanno fatto una cosa bruttissima, vergognosa, devastante. Chiede aiuto a Raimond.
Ah, mi sono dimenticata di dirvi una cosa importante, mi distraggo anch’io come Raimond. E il punto è questo: Guglielmo ha adottato Raimond, è il suo asino “a distanza”, anche se Guglielmo per la verità voleva un cavallo “a vicinanza”, meglio ancora un cane per casa. Ma i suoi genitori, che sono davvero stravaganti, hanno pensato di regalargli un asino adottato. Per comprendere quando sia complicata la famiglia di Guglielmo, dovete sentire come scartano i regali a Natale: per ogni pacco, portato da Gesù Bambino, ci sono dei bigliettini dei genitori, che spiegano il valore simbolico del regalo ricevuto. Non importa che oggetto sia, quanto costa, a cosa serve. Sono i genitori a scrivere sul biglietto il senso di tutto.

Il pacco grande, cioè enorme, è per Zachi. E’ un parabordo. Lui lo scarta, con calma, tutto fiducioso, e gli salta fuori dal pacchetto questo grandissimo parabordo bianco. Hai presente quella specie di siluro di plastica che si mette fuori dalle barche per non farle sbattere? Avessi visto la faccia di Zachi… Lui si aspettava minimo un peluche gigante, con quel pacco. Secondo me si aspettava l’orso Baloo. Zachi va matto per l’orso Baloo… Invece era un parabordo. Almeno avessimo una barca…
Nel biglietto era spiegato il valore simbolico: Al nostro piccolo Zachi, per parare i duri colpi della vita senza rovinarsi la vernice.
La vernice? Un bambino di quattro anni? Ma quale vernice?

Quello stesso Natale, Guglielmo riceve una pergamena che certifica l’adozione di Raimond. Ed ecco che cominciano ad arrivare le sue lettere.
Il significato di questa storia? Penso sia questo, ma potrei sbagliarmi eh. Nessuno è inutile. In qualsiasi momento possiamo essere la differenza nella vita di qualcun altro, e anche solo per quell’istante noi avremo avuto uno scopo nella nostra esistenza. Un unico attimo di utilità, in cui tutto si sarà compiuto, magari usando proprio quella nostra caratteristica inutile.
Proprio dopo quella lettera terribile, Raimond raccoglierà tutte le sue forze e il suo coraggio per un’impresa epica. Con lui, tutti gli abitanti di Variponti, ognuno con la sua inutilità sulle spalle, lo affiancherà in questo suo viaggio incredibile. Pure i trapiantatori di primule, perché no? I fiori portano colore e allegria là dove i cattivi hanno ingrigito il cielo. Così l’esercito delle cose inutili decide di scendere a valle.

E poi arriverete al gran finale. Dove scoprirete davvero chi è Res, qual è il suo nome completo, cosa racchiude nelle sue pagine.
Ma di questo non vi dirò proprio nulla, nessun spoiler, come li chiamano adesso.

Hai presente D’Artagnan padre cosa dice a suo figlio? No, non hai presente perché non l’hai letto, I tre moschettieri. Accidenti, leggilo, è pazzesco. Il padre dice al figlio, senti qua: “Con il coraggio, non dimenticate, con il coraggio soltanto un gentiluomo oggi si fa strada.” Le senti, che parole? Ascolta come continua: “Chiunque trema un attimo, lascia forse sfuggire l’esca che, proprio in quell’attimo, la fortuna gli tendeva.” La fortuna, hai capito? Non tremare, Guglielmo, sii coraggioso. Se non tremi, la prendi al volo, l’esca. “Siete giovane, dovete essere coraggioso per due motivi: primo, perché siete guascone, secondo, perché siete mio figlio.”
Hai capito?
Tu non sei guascone, e non sei mio figlio.
Ma io sono il tuo asino.

Paragrafo 3
in cui Barbara vi spiega che Variponti non esiste, anche se l’ha cercato,
e parecchio, con Google, però nella postilla del romanzo l’autrice cita un rifugio degli asinelli,
e lì potete adottare anche voi il vostro Raimond

Postilla
Esiste un posto, vicino a Biella, a 70 chilometri e 700 metri da Torino, per essere precisi. Si chiama Rifugio degli Asinelli. Ci arrivano asini da tutta Europa, randagi, malati, vecchi, abbandonati, e lì trovano casa. Se ci andate potete vederli passeggiare per i prati, accarezzarli, fotografarli e, volendo, adottarne uno. E’ un posto bellissimo. Reso direbbe: E’ il posto adatto.
Paola Mastrocola

Lo ammetto: dopo aver letto questa postilla mi sono fiondata su Google, cercando Variponti. Niente, non esiste il nome, nessuna indicazione geografica valida. Però il Rifugio degli Asinelli c’è eccome! Lo potete vedere subito anche voi sul sito ufficiale, dove potete sul serio adottare un asino a distanza (ma anche andarlo a trovare, organizzate una bella gita, per dargli di persona un po’ di biada): www.ilrifugiodegliasinelli.org
Non so se ci sia ancora Raimond, se sia tornato indietro dal suo ultimo viaggio, e se per caso in un angolo se ne stia fermo, con il muso all’insù, anche Garibaldi. Però dalle foto mi sembrano belli felici. Saranno anche inutili (ne siamo proprio sicuri?), ma felici.
E caspita, su quel prato vorrei passeggiare anch’io insieme a loro. Chissà, la primavera è alle porte!

Conclusione
in cui Barbara finisce nuovamente in lacrime, ancora facendosi tante domande,
ma con la certezza di aver letto un libro bello, che non diventerà mai un Reso

Eccoci al finale. Continuo a rileggere le ultime pagine, quelle che Raimond si è rifiutato di leggere, furbo lui. Aveva già capito tutto, non male per essere un asino, un asino vecchio, inutile, con le zampe che scrocchiano, e cagasotto come gli diceva sempre la sua Agata.
Questa è un’altra cosa particolare, che voi non lo sapete, perché non l’ho mai detto tanto in giro, ma Agata è un nome che mi è caro. E trovarlo dentro questo romanzo, beh, è un po’ strano. Come mai mi sia legato addosso… è un’altra storia, facciamo un’altra volta.
Devo prendere un altro fazzoletto, ne ho già tre fradici sopra il tavolo. Perché è questo che fanno i libri belli belli ma proprio belli. Piangi a dirotto alla fine. Oh, se non capita a voi, non so se è perché siete fortunati e quella sbilenca sono io. Può essere, però a me piace se un libro mi fa piangere. E non perché ci sia morto qualcuno ma perché la trama è filata via liscia e sono tutti contenti, più o meno. A parte Dennis Cartozza, con il sedere di fuori, dopo il morso di Garibaldi…
Ho ancora tante domande, tutte affollate nella testa, tipo che dovrei scriverla io una lunga lettera alla signora Mastrocola, ma chissà quante ne ha già ricevute, e si sarà anche stufata di rispondere. So che questo libro non diventerà mai un Reso. Oh no, adesso ci trovo un posticino in libreria, non so ancora dove, in qualche scaffale, dove possa trovarsi bene, al caldo, coccolato, in famiglia con tutti gli altri, che sono tanti sì, ma gli voglio bene, nessuno escluso. Un altro fazzoletto e quella vocina che mi ronza in testa. E’ sempre quella di quando finisco un libro bello bello ma proprio bello. Miseriaccia, ma perché non l’ho scritto io?!
Niente, sarà per il prossimo.

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Comments (16)

Daniela Bino

Feb 07, 2022 at 9:47 AM Reply

Mi hai incuriosito e penso proprio che farò in modo di procurarmi al più presto una copia di questo rimanzo speciale.
E lo farò perché anch’io, come Raymond, “Io non sono più io quando leggo: sono tutti.” e perché sono stata salvata dall’adozione di Shannon, la mia pelosona scozzese (un’adozione incredibile perché effettivamente non ero io a salvare ma ad essere salvata),… e lo farò per moltissimi motivi ancora, soprattutto la curiosità di leggere il “tutto” raccolto in “poche” pagine.

Barbara Businaro

Feb 07, 2022 at 9:57 PM Reply

Sono contenta che questa recensione strampalata (scritta nello stesso stile del romanzo, puoi andare a curiosare sull’anteprima di Google Books: L’esercito delle cose inutili) sia riuscita ad accendere la curiosità. 🙂
Anche Guglielmo sarà salvato dall’adozione di Raimond, perché nonostante la distanza e la differenza di linguaggio, Raimond farà valere la sua presenza al momento opportuno. Chi ha salvato chi non è facile da capire.

Roberto

Feb 27, 2022 at 4:54 PM Reply

Incuriosito dalla presentazione di Barbara ho acquistato subito il libro, ma ha dovuto aspettare il suo turno. Lo sto leggendo da un paio di giorni, sono a buon punto. E’ un libro straordinario, suggestivo, curioso. La scrittura di Paola Mastracola, che conoscevo solo di nome, scorre come acqua fresca, limpida, ironica. Se conoscete Stefano Benni troverete molti punti di contatto, mi fermo qui e corro a finirlo, ma mi sentivo in dovere di condividere le mie prime impressioni…

Barbara Businaro

Feb 27, 2022 at 10:30 PM Reply

Ohhh, grazie Roberto! Grazie di essere passato a lasciare le tue impressioni! 🙂
Sono contenta che ti piaccia. Ecco, di Stefano Benni devo ancora leggere qualcosa, anche se lo conosco di fama e ho riso alle lacrime di fronte alla Luisona, la pasta sempiterna, nel film “Bar Sport” con Claudio Bisio, tratto dall’omonimo romanzo.

Roberto

Mar 06, 2022 at 11:11 AM Reply

(attenzione contuene spoiler) Finito e metabolizzato. Un libro stupendo, strampalato, triste, allegro, ironico e terribile. Ci ho messo qualche pagina per capire che Raimond e Res erano un asino ed un libro, mi è piaciuto moltissimo il fatto che, nonostante il fatto che si parlasse di animali e cose, non ci sia stata la tentazione di umanizzare i protagonisti. Quando Raimond impara a leggere mi è parsa la cosa più normale del mondo, pensandolo come asino e non come essere umano.

Molto belle tutte le citazioni, alcune attualissime, visto il periodo che stiamo vivendo, ho sottolineato molto. L’ho letto sul Kindle, chi di voi lo usa?

Barbara Businaro

Mar 07, 2022 at 7:42 PM

Sono contenta ti sia piaciuto! In effetti anch’io ho trovato “normale” che Raimond potesse leggere. In fondo, cosa ne sappiamo noi della vita segreta degli asini? Forse un po’ meno “normale” che Res, un libro, se ne vada in giro, “camminando” per strade e prati. Magari lo fanno anche i nostri libri eh, quando noi non siamo li a vederli. 🙂

Giulia Mancini

Feb 07, 2022 at 9:59 AM Reply

Nella vita sono quasi sempre le cose apparentemente inutili che donano felicità, forse danno felicita proprio perché inutili. Bello il rifugio degli asinelli, sono andata a vedere il sito, davvero commovente, tra l’altro io adoro gli asini, sono creature molto intelligenti a dispetto di quanto si dica solitamente, esperienza diretta di ricordi di infanzia (mio zio aveva la campagna e il loro asino era quasi una persona di famiglia).

Barbara Businaro

Feb 07, 2022 at 10:07 PM Reply

Che gli asini siano creature intelligenti sì, l’ho sempre saputo. Più dei cavalli che se la tirano parecchio! 😀
Credo di averne visto qualcuno in campagna da bambina, non da mio nonno però, che aveva solo un paio di mucche. Ne ho un ricordo vago, perché nel giro di pochi anni tutti là intorno hanno smesso di tenere bestie, non era più conveniente per le piccole famiglie, hanno resistito solo gli allevatori veri.
Tra l’altro, per chi fosse di Milano, c’è un’altra associazione di cui mi ha parlato un mio carissimo amico: Gli asinauti (ehehe, chissà perché me ne ha parlato?! 😀 )
Loro sono associazione sportiva dilettantistica, coinvolgono bambini e ragazzi in varie attività nella fattoria, compreso il trekking con gli asini.

Roberto

Feb 07, 2022 at 1:14 PM Reply

Il tuo racconto/commento mi ha talmente intrigato che l’ho appena ordinato! Grazie 🙂

Barbara Businaro

Feb 07, 2022 at 10:09 PM Reply

Caspita! Sono contenta di averti intrigato! Mi raccomando: dopo la lettura, quando sarà, senza fretta, ripassa di qua a dirci come l’hai trovato.
In rete ho trovato qualche recensione negativa, piuttosto spicciola però. Penso sia un libricino che richiede il suo giusto tempo. 😉

Sandra

Feb 07, 2022 at 5:13 PM Reply

La Mastrocola la conoscevo di fama, in più ho letto un suo romanzo di cui ho rimosso il titolo ma che mi piacque molto, saranno passati almeno 15 anni.
Mi soffermo anche sull’interessante aspetto del post “regalare libri-tentando di azzeccare i gusti del destinatario”. Apprezzo sempre chi ci prova, chi mi regala libri che ho detestato, come la Avallone, perché appunto mostra di averci pensato con notevole impegno.
Piangere dirotto alla fine? Concordo, grande segno di gradimento.

Barbara Businaro

Feb 07, 2022 at 10:21 PM Reply

Quindici anni indietro dici… Ha scritto tanto Paola Mastrocola, il titolo potrebbe essere Una barca nel bosco del 2004 oppure Più lontana della luna del 2007? Cercando notizie su di lei, ho trovato un altro romanzo che potrebbe diventare una prossima lettura: Non so niente di te, un laureato di Economia alla Bocconi, studente ad Oxford, che si nasconde nella campagna inglese per allevare pecore.
Non è la Scozia, ma mi intriga ugualmente. 😉

Marina Guarneri

Feb 12, 2022 at 3:59 PM Reply

Io mi ero già innamorata dell’asinello su fb, figurati se non penso che valga la pena leggere questo libro!
Di solito, ma solo per il mio innato pregiudizio, non amo i romanzi che abbiano come protagonisti animali, sono prevenuta su cani e gatti, però! questo mi pare, invece, molto originale, soprattutto perché la storia lo è.
Mi piace molto lo stile, cioè questo modo di parlare dell’asino caratterizza proprio bene la voce del protagonista. Poi, sarà anche che io adoro gli asinelli, dico sul serio, mi fanno troppa simpatia! Ecco, io lo adotterei uno! Insomma, mi hai convinta: ne terrò conto.

Barbara Businaro

Feb 15, 2022 at 4:10 PM Reply

In effetti cani e gatti in libreria hanno anche un po’ stufato. 😀
Ma questo Raimond è unico. Semplice, ma di una semplicità disarmante. Scritto da qualcuno che gli asini li ha capiti bene, direi. Lo stile è speciale, all’inizio si fa un po’ fatica (forse perché siamo troppo omologati da altri letture?), ma deve aver richiesto molta cura, niente è messo lì per caso. Riuscire a lasciarmi nel dubbio di “cosa” siano Raimond e Res per quaranta pagine! Eppure non sono “umanizzati”, sono semplicemente “vivi”.
…e aspetta di scoprire la storia di Res! Magistrale! 😉

Luz

Feb 14, 2022 at 7:20 PM Reply

Le citazioni sono tutte stupende. Pensa che le ho letto a voce alta, “drammatizzando”, e sai che funzionano benissimo come monologhi? Un gioiellino questo libro, davvero. E tu sai descrivere a meraviglia le tue emozioni. Sono fermamente convinta anch’io che il Caso spesso lasci il posto al Destino. Forse detta così non è poi tanto bella, ma insomma sono convintissima che le cose non accadano per caso. Se poi si tratti di destino non saprei.
Conoscevo Paola Mastrocola perché anni fa tentai di leggere il suo Togliamo il disturbo, che abbandonai a metà perché è un ritratto troppo spietato (e troppo vero, purtroppo) del deragliamento della scuola. Io che cominciavo a vacillare per seria mancanza di motivazione per una burocrazia che ho è diventata nostra signora e padrona, percepii quel libro come una pugnalata, lo dovetti abbandonare. Scrittrice e insegnante di talento, lei.

Barbara Businaro

Feb 15, 2022 at 5:07 PM Reply

In effetti, molti paragrafi possono essere utilizzati come monologhi, si prestano bene. Raimond ha il “vizio” del flashback continuo, in mezzo al suo presente nebuloso. La storia comincia a delinearsi man mano che si mettono insieme tutti i pezzi sparsi dei flashback. Mettici che alcune sono riflessioni mirabili, come quella che ho messo all’inizio sul perché accadono le cose. Sono vere chicche, disseminate qua e là. Ho riempito il libricino di post-it! 😉
Ho visto anche i saggi di Paola Mastrocola nella sua biografia, e rintracciato qualche pezzo di intervista. Immagino sia molto triste doverle dare ragione osservando la scuola “da dentro”. Per quel che vedo “da fuori”, la differenza la fa il singolo insegnante, anche quando quell’insegnante crede che tutti i suoi sforzi siano inutili… Torniamo al significato di questo libro.
Credo che ti farebbe bene leggerlo. Di più: sarebbe un romanzo da consigliare anche ai ragazzi. 🙂

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