Fade Out - Dissolvenza - La storia di Liam e Caitlyn

Dissolvenza
(Fade Out)

Un nuovo racconto per Halloween della storia di Liam e Caitlyn, il quinto di questa fortunata serie. Dopo aver ritrovato il corpo del piccolo Edward, sepolto vivo all’interno di una vecchia cava, Liam aveva restituito a Lize il diario della sua defunta sorella Caitlyn. Se proprio c’era qualcosa che Liam doveva sapere, glielo avrebbe detto Caitlyn stessa, visto che ogni notte il suo spirito gli compariva accanto, leggera come una piuma, morbida come un cuscino, fredda come la morte.
Se avete perso le puntate precedenti, le potere leggere qui nella nuova pagina a loro dedicata: La storia di Liam e Caitlyn

 

Il velo tra i vivi e i morti si assottiglia nella notte di Halloween. E tu non sai più dove sei.
Devi stare attento. Rischi di perderti in uno dei due mondi, per sempre.

 

Era di nuovo il tramonto, il sole incendiava il cielo mentre si immergeva lentamente nell’orizzonte. Era quello il momento della giornata che Liam preferiva sopra ogni cosa, il momento in cui sentiva di tornare davvero a vivere, in un mondo parallelo a quello in cui era nato, il mondo in cui i morti vegliavano sui propri cari ancora in vita.
Liam uscì dall’ospedale, dove gli avevano tolto il gesso al braccio sinistro dopo l’ultimo incidente alla cava. Attraversò la porta del comprensorio nello stesso istante di un uomo che zoppicava su una sola gamba, l’altro ginocchio sanguinante per l’arto mancante. Usava una lunga spranga di ferro per appoggiarsi e trascinarsi in avanti. Guardando meglio, Liam si accorse che era un pezzo di guard-rail. Si salutarono con un sorriso, anche se allo sconosciuto erano rimasti pochi denti ad accompagnarlo e il cranio sfondato non esprimeva poi così molta allegria.
Qualcuno deve attendere Halloween per vedere i fantasmi. I più fortunati li vedono tutti i giorni all’imbrunire, pensò Liam. E c’era uno spettro biondo e molto carino che lo attendeva a casa. In camera da letto addirittura!
O almeno così credeva quando attraversato il parcheggio, vide avanzare controluce il profilo di Caitlyn, i capelli dorati all’ultima luce del giorno, la gonna ondeggiante alla leggera brezza serale.
“Spero non ci tornerai di nuovo a breve. Sembri avere una predilezione per gli ospedali” lo salutò lei con voce cristallina.
“Ehi, cosa ci fai qui Caitlyn? Non pensavo mi avessi seguito…”
Lei si fermò un attimo, titubante, poi proseguì il cammino per raggiungerlo. Nell’avvicinarsi, Liam mise a fuoco il suo viso e capì l’indugio della ragazza, nonché il suo terribile errore.
“Liam… sono Lize” mormorò appena lei.
“Oh, scusa, io… ” Merda, c’era cascato alla grande. Il vestito l’aveva confuso, Lize indossava quasi sempre jeans!
“Stai bene?” Lo stava scrutando curiosa, e delusa al contempo. Non era per lei quel sorriso che Liam le aveva rivolto.
“Beh, mi hanno fatto un po’ di anestesia, credo. Forse hanno esagerato.”
“E non avresti avuto paura di vederla? Qui, adesso …morta?!” L’ultima parola fu solo un sussurro.
Liam rifletté un minuto su cosa rispondere, doveva stare proprio attento. Dimenticava quanto folli potessero sembrare le sue reazioni agli altri che gli vivevano accanto. Loro non potevano vedere tutto quanto.
“No, non avrei avuto paura, in effetti. So che sembra stupido, ma preferisco pensare che lei non sia …morta. Preferisco credere che sia …da qualche altra parte, ecco.”
E in effetti era così. Caitlyn, o il suo spirito, particelle di una materia sconosciuta che solo per lui diveniva talvolta densa e consistente, tale da essere abbracciata, si trovava a poche miglia da lì. E lo stava aspettando. Solo per un secondo si chiese se questa sarebbe stata un’informazione piacevole per Lize.
Caitlyn gli aveva confidato che sua sorella era probabilmente innamorata di lui, ma Liam cercava di non complicare le cose. Del bacio che si erano scambiati in ambulanza, mentre lui stava male, non avevano più parlato. Allora, frastornato dal dolore, era convinto di baciare Caitlyn, anche se quelle labbra erano completamente diverse. Timide e ingenue. Calde, soprattutto.
Faticava ad ammettere che quel contatto l’aveva scombussolato.
“Questo è molto bello da parte tua” continuò Lize. “Spesso anch’io ho la sensazione che lei sia vicino a me, che guidi le mie scelte. Mi piace pensarlo, mi dà coraggio.”
Lize sollevò lo sguardo imbarazzato dalle proprie scarpe e puntò le sue iridi grigie, intarsiate di blu e torbide come il mare scuro in tempesta, negli occhi di Liam con determinazione. Così diverse, eppure così simili.

 

Quando Liam rientrò in casa e raggiunse la sua camera, Caitlyn stava leggendo un libro seduta sul bracciolo del divanetto e protesa verso la scrivania lì a fianco, dove Liam le lasciava aperto e disponibile uno dei romanzi di sua madre. Tutti vecchi classici sgualciti presi in prestito dalla piccola libreria del loro salotto, a cui fingeva di interessarsi lui. Doveva solo ricordarsi di farsi raccontare di tanto in tanto la trama da Caitlyn, nel caso sua madre lo punzecchiasse con qualche domanda.
Caitlyn si girava le pagine da sola, agitando svogliatamente la mano per spostare l’aria intorno al libro.
“Ancora Anna Karenina?” le chiese Liam mentre poggiava a terra lo zainetto.
“Non ho mai avuto tempo di finirlo. E adesso il tempo non mi manca.”
“Solo un fantasma può apprezzare la letteratura russa. Tolstoj poi, tra tutti i russi!”
“Non essere sciocco, questo è uno dei romanzi migliori della storia umana! Un amore contrastato, infelice e assoluto. Con un finale tragico. Anna Karenina abbandona una famiglia e un figlio per inseguire il suo cuore, nonostante tutte le difficoltà, ma alla fine ne rimane spezzata.” Le sfuggì un sospiro.
“Non sono convinto. Nessun vero amore dovrebbe avere un finale tragico, non credi?”
Caitlyn si alzò e gli si avvicinò con un fruscio. Posò una mano fredda sulla sua guancia, poteva sentire la barba appena pungente di Liam dopo una giornata intera dalla rasatura del mattino. Gli rivolse un sorriso malinconico, prima di rispondergli.
“Si, hai proprio ragione. Non ci può essere nessun amore con una morte di mezzo…”
Liam le afferrò il polso, trattenendo la mano che voleva fuggire via e fissandola altrettanto intensamente negli occhi.
“Sai che non volevo dire questo.”
Ma lei svanì in un soffio, lasciandolo a scrutare il vuoto, mentre sua madre si avvicinava a passi stanchi alla sua camera.
“Ceni con noi tesoro?”
“Ah si, arrivo mamma.”
L’accordo era che Caitlyn sparisse in presenza dei suoi genitori, soprattutto dentro casa, in modo che Liam non commettesse qualche stupido errore, guardando con occhi innamorati la sedia vuota davanti a sé al tavolo della cucina, o peggio partecipando a inesistenti dialoghi con la televisione spenta. Meglio togliersi le tentazioni di torno.
Questo confinava il loro rapporto alla sola camera di Liam, ma era un piccolo mondo perfetto.

 

Mentre sua madre riponeva gli avanzi della cena in frigorifero e Liam sbrigava la tavola, riponendo i piatti sporchi nella lavastoviglie, John, il suo patrigno, sfogliava il giornale seduto sulla consunta poltrona del nonno. Nessuno aveva avuto il coraggio di toglierla da quell’angolo della cucina quando il nonno li aveva lasciati e all’inizio non gli piaceva affatto che John la utilizzasse come niente fosse, gli sembrava una mancanza di rispetto. Adesso invece sperava che il nonno fosse lì, nascosto dietro alla lampada da terra, a scorrere le notizie insieme a John, anche se Liam non poteva vederlo. Non tutti gli spiriti vogliono essere visti, gli aveva spiegato Caitlyn. E comunque lei gli aveva anche rivelato di non sentire altre presenze, in fondo il nonno se n’era andato contento, senza alcuna questione in sospeso.
“C’è stato un grosso incidente nella superstrada stamattina. Caspita, un camion ha preso in pieno una decapottabile, il camionista si è salvato, ma l’uomo alla guida dell’auto… squarciato dal guard-rail” affermò John scorrendo veloce le pagine.
“Si, l’ho visto. Era ridotto male davvero” ribatté Liam assorto sul ricordo.
“L’hai visto?” gli domandò sua madre sbarrando gli occhi. “Cosa ci facevi là?”
Liam si scosse. “Eh no, non intendevo questo.” Attento, attento a quel che dici, idiota, pensò tra sé. “Intendevo che ho visto la notizia in rete e il giornalista raccontava che era ridotto male davvero, ma no, niente foto.”
“Meno male. Ci mancherebbe che mettessero anche le foto, poi.”
“Avete sentito di quel runner trovato morto lunedì scorso ai confini del Bosco Vecchio su a Nord?” continuò John. “La polizia brancola nel buio… non sembra una rapina, non trovano un movente, non hanno idea di chi sia l’assassino.”
L’ultima frase fu sovrastata da un abbaiare secco e potente proveniente dal giardino. Liam si accostò alla finestra della cucina.
“Ma chi è quel cane?” chiese notando sotto al portico la sagoma di un quadrupede che scodinzolava e girava su sé stesso.
Sua madre si avvicinò per guardare. “Io non vedo niente…”
Liam che si era spostato per sistemare una pentola nel ripiano in alto, tornò alla finestra e il cane era ancora lì, gli lanciò un altro guaito prolungato, come una richiesta di aiuto. Poi osservò Caitlyn avvicinarsi all’animale, accovacciarsi davanti a lui e iniziare ad accarezzarlo sulla testa.
“No, adesso è andato via mamma. Sarà uno dei cani a passeggio la sera senza guinzaglio. Ci sarà il padrone sul marciapiede.”
Quindi anche i cani diventano fantasmi. E perché mai? Si sono dimenticati di nascondere l’osso?

 

Con la scusa di prendere una boccata d’aria fresca, Liam uscì sotto al portico per conoscere il nuovo amico. Per evitare di essere preso per matto quando sussurrava al vento, indossava gli auricolari agganciati al telefonino e fingeva di ascoltare, e canticchiare, la sua musica preferita. In questo modo poteva conversare con Caitlyn senza essere disturbato.
Lei stava seduta sull’ultimo gradino di legno rivolto verso il giardino e continuava a coccolare il nuovo venuto rannicchiato ai suoi piedi. Alla tenue luce della lampada dell’ingresso, Liam credette di riconoscerne la razza, sembrava un Border Collie nero, con qualche chiazza bianca qua e là, almeno dove si poteva ammirare il suo manto, perché in alcuni punti dell’animale restava solo lo scheletro con qualche brandello di carne in putrefazione. Era in dolce compagnia di mosche, o fantasmi di mosche, che gli svolazzavano intorno e sobbalzavano ad ogni suo movimento.
“Si chiama Layla” disse Caitlyn.
Al suo nome, Layla saltò sulle zampe posteriori e lanciò un “woff” di conferma.
“Bene, e come mai Layla è arrivata qui da noi?” Liam si accomodò sulla sedia a dondolo dietro di loro.
“Non so. Sta cercando qualcosa.” Caitlyn osservò il cane nei suoi grandi occhi e Layla, seduta e attenta, contraccambiò quella comunicazione muta tra spiriti. “Dice… cuccia.”
“Cuccia? Cioè dove abitava da viva, la sua casa. E cosa ricorda del posto?” Già era difficile trovare la provenienza di un fantasma umano, con un animale sarebbe stata una vera impresa, pensò Liam.
“Dice odori, odori diversi… Certo, è passato del tempo e non sente più la scia che può riportarla indietro.” Layla leccò la mano di Caitlyn, per ringraziarla del suo tramite.
“Non ci aiuta molto. Ci serve qualche particolare, un dettaglio da cui partire” insisté Liam.
“Bosco, pino. Tanta polvere.” Caitlyn continuava a leggerle il pensiero e tradurlo per lui “Di legno e di metallo. E rumore forte, che la costringeva a nascondersi dentro l’armadio delle coperte, per attutire il dolore alle orecchie.”
“Non sono mai stato bravo con gli enigmi, ve lo dico. Sarà difficile ricondurla a casa” sbuffò Liam stanco.
Layla dissentì con un abbaio fermo nella sua direzione.
“Non vuole questo. Dice che il padrone si è smarrito, non lei.” Caitlyn la accarezzò ancora sulla testa per tranquillizzarla.
“Il cane che perde il padrone?” Liam sorrise divertito.
“Si, è molto preoccupata. Si chiamava Dougal. Dice che si è perso nell’ombra.” Poi Caitlyn si voltò verso Liam, che si era avvicinato al suo fianco sullo scalino. “E che è pericoloso.”
“Ho pausa a chiederlo… perché è pericoloso?”
“Ha un fucile da caccia” continuò lei. Layla si accucciò a terra e abbassò la testa tra le zampe, con un lungo guaito.
“Ottimo, abbiamo smarrito un cacciatore. Non fa una piega. Io adoro i cacciatori, non vedo proprio l’ora di salvarne uno!”
Caitlyn gli rivolse uno sguardo incuriosito.
Liam sbottò e d’un fiato le raccontò che quand’era piccolo aveva avuto anche lui un cane, Chucky, un bastardino che aveva portato a casa suo nonno, salvato non si sapeva dove. Era stato il suo migliore amico per un’intera estate, finché un cacciatore lo aveva colpito a morte, fuori dal territorio di caccia. Anzi, Liam stava correndo dietro a Chucky per giocare e il cane gli aveva probabilmente salvato la vita, sacrificandosi. “Quindi non sono molto entusiasta di salvare un cacciatore, Caitlyn…”
Layla poggiò il suo muso sul piede di Liam e continuò a strofinarlo contro la scarpa.
“Dice che lui è un padrone buono. Che non ha mai cacciato prima.”
Liam accarezzò il pelo di Layla tra le due orecchie abbassate, era incredibilmente morbido al suo tatto. Layla lo osservò con i suoi occhioni giganti. “Prima… e adesso?” chiese lui, come se potesse rispondergli.
“Adesso non è più lui” tradusse ancora Caitlyn. “Dice che da quando è rimasto solo, non sa più chi sia. O cosa sia.”

 

L’indomani Liam e Caitlyn si erano salutati all’alba come sempre: lei avrebbe vagato in giro con Layla, cercando di capire dove fosse la sua cuccia, la sua casa e soprattutto il suo padrone, mentre lui avrebbe chiesto informazioni su eventuali cacciatori scomparsi, anche se sul giornale del mattino non c’era nessuna notizia in merito. Ma la ricerca di Liam in rete non condusse nessun risultato e il pomeriggio, all’uscita dal laboratorio del signor Forrester dove lavorava part-time, decise di passare per il negozio di Joen, crocevia di tante persone e relativi pettegolezzi.
Attraversando soprappensiero la porta automatica all’ingresso, Liam si trovò addosso proprio Lize, che se ne stava andando con un’enorme scatola in braccio. Si chiesero scusa con un sussurro, entrambi imbarazzati.
“Oh ciao Liam!” esclamò invece entusiasta una voce dietro di lei. Lize era in compagnia della sorella più piccola. Anne aveva gli stessi occhi azzurri di Caytlin, ma aveva preso i capelli corvini del loro padre, scuri quanto quelli di Liam. Ogni volta che la vedeva, lui non riusciva a scacciare un pensiero folle, assurdo: se Caitlyn fosse ancora viva, se si fossero conosciuti e piaciuti comunque, se ci fosse stato un futuro insieme per loro due, una casa e una famiglia, la loro figlia avrebbe avuto probabilmente le sembianze di Anne. Gli si stringeva il cuore tutte le volte che lei gli sorrideva. Ma erano troppi “se” tutti in fila per poterli digerire senza star male.
Si salutarono di nuovo, con la promessa che si sarebbero rivisti la settimana successiva per preparare il compito di analisi matematica di Lize, con i temuti studi di funzione. Poi Liam raggiunse Joen al bancone in fondo, dove l’amico stava sistemando il registratore di cassa e prezzando qualche confezione da esporre alla vendita.
“Che ci faceva lei qui?” gli chiese Liam bruscamente.
“Buongiorno eh! E’ venuta a riprendersi il computer portatile che le avevo mandato in riparazione… perché?” Il sorriso sornione di Joen svelava che già conosceva quella risposta.
“Perché è riserva protetta. Non toccare. Non importunare. Non guardare nemmeno, almeno finché non avrà venticinque anni compiuti. O giuro che ti taglio le palle con l’accetta di mio nonno. Quella grossa.”
“Sei troppo geloso per non essere il suo ragazzo. O mi devi dire qualcosa forse? Novità?”
“No, nessuna novità” taglio corto Liam. “Allora, ti è arrivata la batteria che avevo ordinato?”
“Ah si, giusto stamattina col corriere.” Joen sparì nel retrobottega e ritornò con un pacchettino. “Guarda che questa è l’ultima che ho trovato, al prossimo giro devi cambiare davvero cellulare. Non è possibile che tu abbia ancora quella cianfrusaglia giurassica! Ci fai una pessima figura con le donne…”
“Tzè, tzè…” Quelle che interessavano a lui non sapevano che farsene del numero di telefono, pensò Liam.
Spense il suo vetusto telefonino e sostituì la batteria con quella nuova, già carica. “Perfetta! Ti devo un favore, ma adesso devo scappare, mi scade il parchimetro.”
“Aspetta, esco anch’io, prendo il borsone.”
“Il borsone?” chiese Liam mentre l’amico sollevava una pesante sacca sportiva e se l’infilava alla spalla destra.
“Si, vado in palestra.”
“Chi? Tu? E da quando?” ridacchiò Liam. Joen a scuola era stato sempre quello più incollato al divano e ai videogiochi. Le uniche attività motorie contemplate erano fittizie, su uno schermo.
“Ah ah, spiritoso. Da un mesetto circa. Meglio tardi che mai, no?”
“E che centro frequenti?” Un dubbio ribalzava tra le sinapsi di Liam.
“All’Arcadia.” Joen sorrise soddisfatto.
“Io ti strozzo. Ci va anche Lize, fatalità, eh! Guarda che non scherzo, hai capito?!”
Dopo aver chiuso il negozio alle loro spalle, si avviarono insieme verso il parcheggio. Lungo la via che attraversava la piazza, Liam riconobbe e salutò con la mano un caro amico di suo padre. “Salve, signor Thompson!”
Anche l’uomo, vestito con bel completo blu e una camicia candida, fin troppo elegante, alzò la mano per ricambiare.
Joen diede un’occhiata tutto intorno, leggermente incupito. “Liam…”
“Che c’è?”
“Il signor Thompson è morto un mese fa! Un infarto nella notte. Ti sei confuso con qualcuno che gli somiglia.”
“Ah. Può darsi. Non lo sapevo.” L’uomo invece passò loro accanto sul marciapiede, sorrise con affetto a Liam e poi scomparve in un soffio nell’ombra di un vicolo. Era di nuovo il tramonto, era di nuovo nel mezzo, questo gli ricordò la sua piccola indagine.
“Senti Joen, hai mica sentito in giro di qualche cacciatore scomparso di recente? Che non è più rientrato dall’escursione intendo. Dovrebbe chiamarsi Dougal, ma non ne sono certo.”
“No, non ho sentito niente del genere. Perché ti interessa?”
“C’è una …signora che lo cerca, ecco. Ma non riesce più a rintracciarlo.”
“Potresti provare a chiedere al circolo di caccia della Contea, hanno un forum online. Se è davvero di queste parti, loro lo conoscono di sicuro.”
Quasi si fosse sentita presa in causa, la “signora” Layla comparve improvvisamente al fianco di Liam e li seguì mentre camminavano. Sembrava alquanto agitata, dimenava la coda ben in alto, le orecchie ritte sulla testa, e abbaiava forte, quasi volesse partecipare alla conversazione di Joen
“Smettila!” sibilò Liam verso di lei.
“Eh? Che ho detto?” si interruppe l’amico vicino.
“Ah no, scusa, non tu.” Si passò una mano sulla tempia con stanchezza. “E’ il cane che mi dà fastidio…”
Joen si guardò nuovamente intorno senza notare nulla. “Ma quale cane Liam?”
“Ah, era laggiù… ” Mentire era meglio di niente, pensò Liam, e indicò un punto qualsiasi. “Non l’avevi sentito abbaiare?”
Alla sua destra Layla insisteva con dei guaiti bassi, che colpivano solo i timpani di Liam. Le diede un calcio sullo stinco ossuto per farla desistere.
“No, non ho visto il cane, e magari c’era, ma nessun rumore. Tutto ok? Hai una brutta cera oggi.”
“Uhm, no, in effetti ho mal di testa…” Non era vero, ma aveva tolto il gesso pochi giorni fa, e ancora prendeva farmaci, era plausibile dopotutto.
“E’ meglio che ti fai una bella dormita. Sembra che tu veda i fantasmi stasera.”
Fosse solo stasera, ridacchiò tra sé Liam. In effetti però, perché lì c’era Layla da sola? Si era persa anche Caitlyn adesso?!

 

Dal vialetto del giardino, intravvide Caitlyn seduta sotto il portico, lo stava aspettando. Anzi, li stava aspettando, perché Layla si nascose dietro i piedi di Liam e lo seguì mesta, quasi avesse paura. Di cosa può avere paura poi un fantasma?! Il peggio è già passato.
“Allora, ti sei persa il cane o il cane ha perso te?” la salutò Liam divertito. Si sedette accanto a lei, circondandole le spalle. A quell’ora in casa non c’era nessuno, sua madre era al circolo di lettura e John aveva il turno serale al magazzino.
“Mi è fuggita questo pomeriggio. Stamattina abbiamo vagato nei boschi intorno alla cava, ho pensato che magari qualche spirito era ancora intrappolato laggiù, c’erano dei pini prima che disboscassero, ma lei non ha avvertito nulla. Non era lì.”
Caitlyn sollevò la mano per accarezzare Layla, che le aveva messo il muso in grembo.
“Dopo ci siamo spostate a perlustrare il Bosco Vecchio, anche se non ci sono molti pini, ci sono per lo più faggi e abeti, bianchi e rossi, qualche quercia. Però c’era una segheria, oramai chiusa, che magari riceveva anche legname da fuori. Niente nemmeno lì. Nel tornare indietro invece è successo qualcosa… vero Layla?”
Il cane la fissò con i suoi occhi lucidi. Caitlyn annuì con il capo.
“L’avete visto allora?” chiese Liam.
“Più che averlo visto, ne ho sentito la presenza.”
“Ma il padrone di Layla o cos’altro?” Un brivido gli attraversò la schiena e non era l’aria fresca della sera, pensò Liam.
“Non lo so… non credo. Quello che ho percepito non era un pericolo, era un concentrato di odio puro. Stavamo percorrendo la strada asfaltata e poco più avanti di noi c’erano una signora con il suo barboncino a passeggio. Layla ad un certo punto ha iniziato a correre verso di loro, ad abbaiare senza sosta, gli saltava intorno, finché il barboncino l’ha sentita, credo, ed è scattato in avanti, trascinandosi dietro la signora, esasperata. Sembrava spaventato a morte. Sembrava che lei l’avesse spaventato a morte, di proposito.”
“Uhm, e per quale motivo l’avrebbe fatto?” rifletté Liam.
Layla gli rispose con un abbaio corto.
“Dice che era per salvarli. Che lui era lì, ed era molto arrabbiato.”
“Ma tu non hai visto niente…”
Caitlyn annuì sconsolata. “Mi sono buttata in mezzo al bosco, ho provato a rincorrere quella presenza, ma vedevo solo… ombre.”
“E lei come è arrivata da me?”
“Dice che ha provato a inseguirlo, ma poi l’ha perso, sparito. Ha girato a vuoto per un po’, finché non ha sentito il tuo odore e ti ha raggiunto.”
Layla scattò sulle zampe, attirata dallo sfrondare della siepe sul confine con il vicino. Tra le foglie spuntò prima la testa e poi tutto il resto del corpo del gatto tabby rosso della signorina Cloè, giustamente chiamato Garfield come il famoso fumetto. Alla sua vista, Layla perse la ragione: si precipitò verso di lui ringhiando a più non posso, senza ottenere alcun effetto dall’ignaro felino che procedeva placido la sua uscita. Quando gli fu addosso, essendo uno spirito, Layla gli passò attraverso senza alcun intralcio. Ancora più intestardita, si girò per tornare indietro, si lanciò nuovamente contro il gatto, oltrepassandolo di nuovo senza effetto. Garfield avanzava stancamente lungo il giardino, mentre Layla si ostinava a volerlo scacciare senza risultato. Una scena esilarante e assurda allo stesso tempo.
Liam e Caitlyn ne stavano ridendo quasi alle lacrime, quando all’improvviso Caitlyn si bloccò, sbarrando gli occhi oltre l’orizzonte, in trance, un blocco gelido immobile.
“Che succede?” le chiese Liam preoccupato, non l’aveva mai vista in quello stato. Era davvero spettrale in quel momento.
“Lize! Oddio, Lize!” gridò lei al vento. Poi si voltò verso Liam, tornata in sé. “Lize sta morendo, fai presto Liam!” e scomparve.

 

Non era passata nemmeno una settimana e Liam era di nuovo all’ospedale. Purtroppo però quello ferito gravemente non era lui.
Nessuno gli aveva risposto a casa di Lize, così si era precipitato in pronto soccorso e lì aveva trovato i genitori della ragazza, avvisati dalla polizia. Prima di cena Lize usciva sempre con Dorotea, il labrador che la famiglia aveva adottato poco dopo la morte della sorella, una compagnia con cui tentare di distrarsi e recuperare un po’ di gioia. Di solito stava fuori solo mezz’ora, ma non era rientrata. La polizia era stata allertata da qualcuno che aveva sentito degli spari nella zona e poi da un guidatore che l’aveva trovata riversa a terra in un lago di sangue, con il cane che abbaiava in mezzo alla strada per fermare le auto di passaggio.
Le avevano sparato, era stata colpita ad una gamba, ma soprattutto al fianco sinistro. Liam aveva atteso in sala d’aspetto con i genitori finché la stavano operando, Layla sdraiata ai suoi piedi. Caitlyn invece non aveva mai lasciato Lize per un istante ed era in sala operatoria accanto al chirurgo, sperando di non doverla accogliere nel suo mondo.
Dopo un paio d’ore, la portarono in una stanza. Liam la vide solo per qualche secondo, lasciando che al suo capezzale restasse la madre per tutta la notte. Lui si accontentò del divanetto all’ingresso, sorvegliato da Layla. Al mattino quando si offrì di dare il cambio alla donna, riuscì solo a salutare con un cenno Caitlyn, sdraiata vicino alla sorella, prima che i raggi dell’alba se la portassero via.
Si accostò alla ragazza, ancora in sedazione, pallida più del lenzuolo, avvolta nei tubi del respiratore e dei drenaggi alle ferite.
“Ti prego Lize, non mi fare lo scherzo di morire anche tu… ” mormorò stanco. “Sarebbe colpa mia.” La baciò sulla fronte fredda e per un attimo osservò le sue labbra, terribilmente tentato di svegliarla come in una favola.
Con un sospiro si sedette nella sedia a lato del letto e prese tra le sue la sua mano nivea, glaciale quanto quella della sorella. Si riaddormentò sfinito, con la testa poggiata alla sua anca.
Fu riscosso dal torpore quando giunse il medico per la visita di controllo e allora si accorse che Lize era vigile, gli occhi affaticati appena socchiusi, ma un debole sorriso solo per lui.
“E’ il tuo fidanzato?” chiese il dottore mentre valutava i parametri del monitor e sfogliava la cartella medica sullo schermo del tablet.
Lei rispose con un Sì decisa, seppure con voce flebile, mentre Liam replicò con un No malinconico.
Il medico rivolse un’occhiata di complicità e incoraggiamento al ragazzo e poi si allontanò nel corridoio.
Lize afferrò la mano di Liam e la strinse stretta, lui non ebbe il coraggio di rifiutarla. Anche se era sicuro che in un angolo di quella stessa stanza Caitlyn stava soffrendo due volte.

 

Verso sera, con Lize oramai fuori pericolo e al sicuro tra le mura dell’ospedale, Liam si avviò per tornare a casa con un pensiero fisso: doveva assolutamente stanare quel cacciatore, che fosse o meno il padrone di Layla.
C’erano stati altri casi dopo l’incidente di Lize. Una donna si era ritrovata con una pallottola conficcata nella suola della scarpa da ginnastica, salvata dal suo pastore tedesco che avvisata la minaccia l’aveva trascinata di corsa il più lontano possibile. Una volta rientrata alla sua abitazione, si era accorta della calzatura forata e aveva avvertito la polizia. Un altro ragazzo stava facendo jogging accompagnato dal suo piccolo bracco portoghese, quando aveva chiaramente sentito degli spari nella sua direzione, aveva accelerato la corsa per ritornare alla sua Jeep parcheggiata a lato della strada e chiudersi dentro. Ma il cane non l’aveva raggiunto, l’aveva chiamato più volte dal finestrino abbassato, ma non l’aveva più ritrovato, inghiottito dal bosco.
“Ero lì accanto a Lize, quand’è caduta a terra colpita dallo sparo, e l’ho visto. Stavolta ho visto il cacciatore.”
Alla prima stella nel cielo, Caitlyn si materializzò, camminava vicino a lui. Dall’altra parte anche Layla li seguiva scodinzolando.
“Se n’è andato quando Layla mi ha raggiunto sul posto. Come se lei lo avesse messo in fuga. Ma per un solo istante ho sentito che era contento di averla trovata.”
“Uhm, quindi il nostro killer cacciatore sarebbe il suo padrone?” domandò Liam incuriosito.
Layla emise un lungo rantolo soffocato.
“Dice che Dougal era buono, un uomo perbene, gentile, premuroso, non ha mai alzato la voce con nessuno, e nemmeno le mani. Il fucile da caccia lo teneva solo per paura degli orsi, ma non l’ha mai usato.”
“Non ha senso. Tutto questo non ha senso” concluse lui.
Scese un silenzio pesante tra di loro. Non era solo la preoccupazione per l’assassino in circolazione, ma per quanto accaduto quella mattina con Lize. Gli era bastato uno sguardo mesto di Caitlyn per avere conferma che lei aveva assistito alla dichiarazione della sorella.
Layla scattò in avanti con una corsa, girò intorno alla quercia che si affacciava al marciapiede e si ripresentò con un osso in bocca, battendo col muso sullo stinco di Liam.
“Cosa vuole adesso?”
“Che giochi con lei. Tirale l’osso e lei te lo riporterà… Non hai avuto un cane anche tu?” gli sorrise Caitlyn.
“E dove l’hai trovato questo eh?” Liam si chinò per afferrare il testimone dalla fauci di Layla e lanciarglielo lontano.
Osservandola meglio, si accorse che le mancava una lunga costola, dalla parte dove il fulvo pelo non le ricopriva lo scheletro. Gli spettri erano senz’altro ingegnosi, pensò con un brivido lungo la schiena.
Senza rifletterci troppo, lanciò l’osso il più distante possibile. Ma il cane era velocissimo e glielo riportò ancora prima di vedere dove cadeva. Gli spettri giocavano sporco allora. Al secondo tentativo, finse di scagliare il giocattolo ancora più lontano, ma lo nascose dietro la schiena. Layla non si mosse, ma digrignò i denti con un suono basso e acuto di lamentela. Liam rise divertito e stavolta effettuò un tiro serio. Continuarono così fino a casa.
“Non capisco perché un uomo che ha perso il suo cane, debba uccidere gli altri…” Seduto sui gradini, Liam rimuginava sulla faccenda.
Layla tornò verso di loro dopo l’ultimo lancio, l’osso però era tornato al suo posto. Poggiò il muso sul ginocchio di Liam, rivolgendo i suoi occhioni al ragazzo.
“Dice che è per colpa sua” tradusse Caitlyn.
“Perché mai?” Liam accarezzò la morbida testolina del cane, che continuava a strofinarsi sulla sua gamba.
“Quando lei gli è morta tra le braccia, lui ha perso completamente la ragione. La sta cercando, ma è intrappolato dall’odio.”
“E quindi se ne va in giro ad ammazzare gli altri proprietari di cani?” chiese Liam alquanto confuso.
“Dentro ogni uomo ne vive un altro. Per alcuni il lato malvagio non esce mai, ma per altri… quando la sofferenza è troppa, si lasciano sopraffare dalla cattiveria, per riuscire a provare qualcosa di altrettanto potente.”

 

“Mi puoi procurare un giubbotto antiproiettile?”
“Eh? A che cazzo ti serve?!” ribatté Joen, non stupito da un’altra insolita richiesta dell’amico.
Liam era uscito di buon’ora, prima per passare in ospedale a salutare Lize, portandole una scatola di biscotti, qualche rivista femminile e dei fiori freschi, e poi per recarsi in negozio da Joen, in cerca di aiuto per la sua caccia.
“Devo portare Dorotea fuori in passeggiata al posto di Lize, ma c’è un killer che sembra avercela con i cani, anzi con i loro padroni.” Liam ticchettava le dita sul bancone, in attesa che Joen distogliesse lo sguardo da quell’ammasso di viti, circuiti e fili sparsi.
“Non se ne parla…” gli rispose l’altro.
“Joen non ti chiedo il permesso, tu procurami solo il giubbotto. Sicuramente tuo zio poliziotto ne ha qualcuno in centrale da prestarti.”
L’amico non gli rispose neppure, concentrato sulla piccola saldatrice sopra la scheda elettronica.
“Non ci sarà alcun pericolo, è solo una precauzione” aggiunse Liam per minimizzare.
“Facciamo che ne prendo due e vengo con te.”
“No, non voglio che tu corra rischi!” sbuffò Liam.
“Ma non hai appena detto che non ci sarà alcun pericolo?!” sogghignò l’altro.
“Si certo, ma…”
“Niente ma. Due giubbotti e ti accompagno. Oppure niente giubbotto e mi toccherà pedinarti lo stesso ogni sera, per stare tranquillo.”
“Cazzone!” gli sibilò Liam contrariato.
“Si, ti voglio bene anch’io” ridacchiò Joen, per poi tornare subito serio. “Come sta Lize?”
“Abbastanza bene, poteva andare peggio, è stato un bello spavento. Lo sparo al fianco per uno soffio non le ha preso il fegato… a quest’ora potevamo essere al suo funerale.”
Joen appoggiò la piccola saldatrice sul supporto. Sollevò sotto la lampada la scheda per verificare il risultato e poi iniziò a mettere ordine, riassemblando il tutto. Un’occhiata fugace gli mostrò la preoccupazione di Liam. “State insieme, vero?”
“No… te l’ho detto.”
“Perché no? Chiaramente ti piace, sii sincero, e lei sembra avere una venerazione totale per te. Quindi, che problema c’è?”
“Non posso. E’ la sorella di Caitlyn.” Liam gli diede le spalle, era più facile se Joen non gli leggeva la faccia.
“Caitlyn è al cimitero, sotto un mucchio di terra. Smettila di pensarci. E vai avanti con la tua vita.”
Liam avrebbe voluto gridargli che no, non era affatto così. O per lo meno, non era solo così. Pensò invece a un’altra scusa. “Lize è troppo giovane…”
“Mi prendi in giro? Per la differenza d’età? Andiamo!!” ribatté l’amico. “Max ha una relazione con una professoressa divorziata di quarant’anni, e David esce con la figlia del signor Cohen, ha due anni di meno della tua Lize!”
“Beh, mi sembrerebbe di approfittarmi di lei” concluse Liam. E questa era la verità.
“Sai cosa penso? Che non la meriti. Perché la sottovaluti, accidenti.”

 

Joen lo raggiunse con i due giubbotti antiproiettile a casa di Lize, dove Liam si era già preparato per uscire con Dorotea, una femmina labrador dal manto chiarissimo, tra il caramello e la panna, con cui era già in confidenza per i pomeriggi lì trascorsi con le ripetizioni di Matematica a Lize.
Non sapendo bene cosa aspettarsi da quella passeggiata, Liam aveva preparato lo zainetto con l’occorrente per un’escursione, kit medico d’emergenza compreso. In tasca aveva il suo fedele accendino Zippo, quello con l’aquila incisa sull’ottone, che gli regalò il nonno per i suoi dieci anni, l’età in cui i bambini non lo sono più, gli aveva spiegato.
Il corteo di caccia si apriva con Dorotea in testa, tenuta al guinzaglio da Liam con Joen che gli camminava di fianco. Dietro di loro si apprestavano Caitlyn e Layla, fuori dalla vista di Liam, ma comunque a portata del suo udito in caso di necessità. L’idea era di ripercorrere il consueto tragitto che utilizzava Lize e modificarlo all’occorrenza se Layla avesse riconosciuto la presenza del padrone.
“Ma vuoi solo portate a spasso il cane …o stai cercando qualcosa in particolare?” Joen non sembrava così rilassato come voleva far credere.
“In effetti, non mi dispiacerebbe trovare chi ha mandato Lize in ospedale” gli rispose Liam, concentrato a scrutare ogni angolo del bosco che fiancheggiava la strada.
“Quello è compito della polizia, noi ci mettiamo solo nei casini.” Joen si tolse il cellulare dalla tasca per controllare il segnale.
“Diciamo che la polizia non ha il mio …fiuto, ecco.” Non avevano Caitlyn tra l’organico, pensò divertito.
“Oh si, lo stesso fiuto che ti ha spedito dentro una cava, con della dinamite, mentre arrivava un mafioso. Ottimo fiuto il tuo!”
“L’ho mandato o no in prigione, mentre loro non ci sono riusciti per trent’anni?!” Liam sorrise trionfante.
Joen alzò le spalle, sconfitto. Tanto aveva ragione lui e l’importante era uscirne vivi.
Avevano quasi completato il giro, mancava solo un altro miglio prima di essere di nuovo nel quartiere, lontani dal limitare della foresta, quando Layla cominciò un lungo e soffuso ringhio di avvertimento.
“Si sta avvicinando” tradusse Caitlyn. “Lo avverto anch’io.”
Nei minuti successivi Liam udiva solo il suo battito accelerato martellargli furiosamente in testa. Guardava furiosamente da ogni parte, senza sapere dove il pericolo si sarebbe palesato. Vicino a lui Joen respirava con affanno, conscio che qualcosa era cambiato nell’amico.
Finché uno sparo gli sibilò tra le orecchie e Liam con una spinta buttò a terra Joen dentro il fosso per proteggerlo, accovacciandosi a sua volta in attesa.
Layla iniziò ad abbaiare in maniera convulsa di fronte a loro, Dorotea le si aggiunse accanto ringhiando nella stessa direzione.
Caitlyn si schierò al fianco di Liam pronta a difenderlo in ogni modo possibile.
“Joen, tutto a posto?” domandò tastando la gamba dell’amico.
“Si, sono intero. Cazzo, quello spara sul serio. E noi non abbiamo niente… che idea stupida!”
“Questo lo dici tu…” Liam aprì lo zaino ed estrasse una carabina compatta ad aria compressa, caricata con dardi anestetici, meraviglie ritrovate tra le cose del nonno in garage. “Se riesco a centrarlo, lo addormentiamo. E poi chiamiamo la polizia.”
Dal folto del bosco uscì la sagoma di un uomo con un fucile, anche Liam lo vide finalmente. Avanzò lento verso di loro, ma si fermò quando Layla mutò il suo abbaiare in un guaito flebile, simile al pianto di un bambino.
Liam ne approfittò per mirare con la carabina, ma quando fece partire il colpo, l’uomo si scompose in frammenti sempre più piccoli, fino a disperdersi in particelle scure che volteggiavano nell’aria. Un’ombra. “Si è perso nell’ombra” aveva detto Layla. E l’ombra gli stava fuggendo, in un turbinio scuro si stava allontanando.
“Cazzo, ma come la fermiano un’ombra? Non la puoi mica prendere!” sbottò Liam insoddisfatto.
“L’ombra non esiste dove c’è luce… devi dargli fuoco” spiegò Caitlyn. “Questo è l’unico modo.”
“Ma non si può dare fuoco a un’ombra!”
“Tu puoi. Per te, che lo vedi e lo senti, in bilico tra il regno dei vivi e dei morti, non è mai un’ombra. Per te, lui è corporeo.”

 

Nello zaino Liam aveva con sé della resina di pino, buona per accendere i fuochi. Raccolse un ramo secco dalla boscaglia, lo cosparse in fretta di resina e con l’accendino accese una grossa torcia, come gli aveva insegnato sempre il nonno.
“Joen, stai qui. Prendi la carabina e tieni al sicuro Dorotea, io torno subito.”
“Non lo puoi affrontare da solo!”
“Io non sono mai solo…” gli rispose serio Liam.
Insieme a Caitlyn e Layla, illuminato dal fuoco ardente, corse dietro all’ombra che fuggiva vorticando lungo la strada. Il giubbotto antiproiettile, pesante e troppo stretto, lo rallentava e lo lasciava senza fiato. Non era nemmeno molto allenato, avrebbe dovuto iscriversi in palestra anche lui in effetti. L’ombra però si allontanava sempre più veloce, scacciata dall’abbaiare continuo di Layla.
“Devo rischiare, accidenti. Altrimenti lo perdo.” Liam si tolse il giubbotto slacciando il velcro sui fianchi.
“Stai attento, non so cosa voglia fare. Non riesco a leggere i suoi pensieri. Qualsiasi cosa sia” mormorò Caitlyn davanti a lui.
All’improvviso l’ombra si ricompose nel cacciatore e gli sparò un altro paio di colpi. Liam si buttò a terra, tenendo sollevata solo la torcia. Dietro di loro, giunse correndo Joen e con la carabina cercò di colpire l’uomo, senza alcun risultato se non quello di contrastare le raffiche del suo fucile. Il cacciatore svanì nuovamente nell’ombra.
“Ma dove cazzo è andato adesso?” Joen sollevò sconcertato lo sguardo dal mirino.
Liam avanzò di soppiatto e riuscì a lanciare la torcia contro l’ammasso indistinto di oscurità che vorticava proprio dove prima si trovava l’assassino. L’ombra prese fuoco all’istante e la sagoma umana cominciò a bruciare in alte fiamme fino al cielo.
“Ma che cavolo…” Joen fissava la scena sbalordito.
Dall’incendio uscì lo spirito di un’altra persona che si trascinava smarrito, ma solo Liam poté vederlo.
“Dove sono? Che è successo?” La voce rauca era quella di un anziano.
Layla gli corse incontro abbaiando e saltellando gioiosa.
“Ma sei tu! Oh la mia piccola! Mi sei mancata tanto!” Si inginocchiò per abbracciarla. “Non volevo, non volevo ucciderti, lo sai?”
Layla non smetteva di dimenare la coda felice.
“Sono contento che sei di nuovo con me. Non ce la facevo a stare da solo.”
Svanirono insieme, questa volta in tanti puntini luminosi. Non ci sarebbero più state ombre.
“Povero Dougal, era stato lui ad ucciderla per errore, Layla, ecco perché non trovava pace” commentò Caitlyn. Non sentendo risposta, si girò indietro e vide Liam disteso a terra, una mano premuta sul ventre.
“Liam? Ti ha colpito!” Caitlyn fu subito da lui, vedendo il sangue scorrere sull’asfalto.
“Non immaginavo fosse così. Brucia dentro le viscere…”

 

Luci, luci, buio, luci, buio, buio, luci, luci. Penombra.
La penombra gli piaceva di più. Era abituato alla penombra, non era buio completo e nemmeno troppa luce accecante.
Non viveva forse anche lui nella penombra, un po’ al buio e un po’ alla luce, un po’ tra i vivi e un po’ tra i morti?
Si girò nella penombra. Ci mise qualche istante a capire cosa fosse, un corpo ferito e dolorante, e dove fosse, sopra un materasso rigido profumato di disinfettante, e con chi fosse, il solito pulsare del suo battito sul monitoraggio cardiaco.
Con fatica Liam aprì gli occhi.
Era notte, la penombra della stanza si accompagnava alla penombra delle luci cittadine fuori della finestra.
Una figura bianca attrasse la sua vista offuscata.
“Non dovremmo più vederci in ospedale… ” disse con voce impastata dai farmaci. “Non è un luogo propriamente romantico.”
“Ti prometto che questa è l’ultima volta” gli rispose Cailtyn. “Ci salutiamo quando vieni colpito, ferito, mezzo ammazzato. E ti aspetto direttamente a casa, continuando a leggere il mio libro.”
“Uhm, no. Preferisco sempre averti al mio fianco.”
“Non c’è problema. Ovunque sei, io ti trovo.” Si avvicinò per baciarlo sulla fronte.
“Uhm, e come fai?”
“Perché sei tu. Ai fantasmi non serve il GPS. Seguono …l’amore.”
Era arrossita? Non poteva, eppure a Liam sembrava di vedere un tenue rosa accendersi sul suo viso d’alabastro.
Dal canto suo, il monitoraggio tradì l’emozione di Liam e il suo battito accelerato a quelle parole.
“Cosa fa signor Runnels? Si emoziona per un fantasma?” gli chiese divertita lei.
A Liam scappò una risatina, soffocata dal dolore al torace.
Caitlyn si alzò di scatto. “Sta arrivando …qualcuno.”
La maniglia della porta girò con un lieve cigolio, il battente si mosse per lasciar entrare Lize, in pigiama e ciabattine. Era ancora ospite delle stesso ospedale, probabilmente nello stesso reparto, sebbene Liam non avesse cognizione di dove fosse ricoverato lui.
Le sorrise per tranquillizzarla, come lei aveva fatto pochi giorni prima.
“Come stai?” gli sussurrò Lize all’orecchio.
“Benissimo…” rispose un po’ rauco.
“Sono venuta a farti compagnia.” Si sedette sul letto al suo fianco e si distese, poggiando la testa sullo stesso guanciale, vicino al suo viso. Poi infilò le gambe sotto le stesse lenzuola, accostandole a quelle di lui.
Aveva intenzione di dormire lì? Spaventato dal contatto con quel corpo caldo, dal respiro tiepido sulle sue orecchie, Liam reagì nella maniera più umana e il monitoraggio pulsò impazzito l’attrazione istintiva per quella ragazza.
Lize si strinse ancora di più a lui.
Mentre ai piedi del letto, Caitlyn si fece piccola piccola e svanì, con un sorriso triste.

 

Quando lo dimisero dall’ospedale, un paio di giorni dopo Lize, fu Joen a riportarlo a casa in auto. Liam non poteva ancora camminare a causa dei punti sull’addome. Tutto sommato, gli era andata bene anche stavolta con tutti gli organi vitali illesi. Il suo angelo custode, biondo e con gli occhi azzurri ma senza ali, l’aveva protetto nuovamente.
Joen però continuava a tempestarlo di domande, a cui non poteva dare una risposta.
“Senti, ma quello che è successo, ehm, quel fuoco umano spuntato dal nulla, ma tu sapevi esattamente che era lì quando gli hai lanciato la torcia contro… come facevi a saperlo?”
“Fortuna” Liam si strinse nella spalle.
“Non è che devi dirmi qualcosa?” insistette Joen.
“No. Proprio no.”
“Uhm, tipo che è meglio che non ne so niente, per caso?”
“Esatto.”
“Ma tu stai bene? Tutto a posto?” Fermi al semaforo, Joen fissò l’amico a lungo.
Liam sorrise tranquillo. “A parte la fasciatura stretta, sto bene. Sto molto bene.”
Alla fine del “grande fuoco” come lo chiamava Joen era rimasto solo il fucile. Da quello avevano rintracciato col numero di serie il proprietario, tale Dougal Wood. L’avevano trovato morto da un mese nel suo chalet in mezzo al bosco. Viveva da solo, non aveva parenti diretti. “Qualcuno ha detto che aveva un cane tra le braccia…” gli riferì Joen.
Arrivato a casa, salite le scale con fatica e raggiunta la sua camera, Liam vi ritrovò Caitlyn seduta sul suo letto a sbirciare il quotidiano aperto sulle pagine di cronaca.
“Non sei più venuta a trovarmi in ospedale…”
“Sapevo che eri in buona compagnia.” E prima che potesse protestare, lei aggiunse: “Sai, per me va bene se tu stai con Lize, sarei più che contenta per voi due.”
“Questa non la bevo, nemmeno per un istante” rispose acido Liam.
“No, davvero, sarebbe meglio così, per tutti. Pensaci.”
“Cosa c’è sotto Caitlyn? Cosa mi nascondi?” Qualcosa la turbava, non lo stava guardando dritto negli occhi, tanto per cominciare.
“Beh, abbiamo un problema…”
“In genere qui sono io ad avere problemi. Mi hanno appena fatto un foro sullo stomaco!”
“Non hai visto il giornale, vero? Non te ne sei accorto?” Gli indicò un trafiletto sul foglio steso sul suo letto. “Il mio assassino è ancora vivo ed è libero, fuggito durante il trasporto da un penitenziario ad un altro.”
Con il cuore pesante, Liam afferrò il giornale e lesse il fretta.
“Se tu fossi il ragazzo di Lize, io sarei più tranquilla, mia sorella sarebbe più protetta…”
“La proteggerò comunque, ma non mi puoi chiedere questo.”
“Non ci può essere nessun amore con una morte di mezzo…” gli sussurrò Caitlyn dissolvendosi nel buio.
Liam rimase da solo a pensare, stanco e provato. E se avesse ragione lei, dopotutto?

 

(c) 2020 Barbara Businaro

Note finali:
Cinque è il mio numero fortunato e questo è il quinto racconto della stessa serie. Cinque anni fa (!!) non avrei mai immaginato di scrivere una serie di questo tipo, trovando ogni anno una storia plausibile all’interno dello stesso tema. E invece in cantiere ci sono altri tre racconti e penso di arrivare tranquillamente a dieci (ma chissà, i Seether hanno appena rilasciato un nuovo album…)
Dietro ogni titolo c’è infatti una canzone di questo gruppo, ho deciso di mantenere questo schema dopo la prima fortunata melodia, Walk away from the sun, che mi ha regalato i due protagonisti e mi ha fatto esplodere tra le mani tutto questo incanto.
Il cane fantasma è arrivato davanti alla mia porta con quel “auuuu” nell’ultima parte di Fade Out dei Seether e poi quel “so tell me the story” in mezzo al testo sembrava proprio una richiesta di aiuto, trova la mia storia. Io però non ho mai avuto un cane, solo gatti, così ho dovuto documentarmi sul comportamento canino. Il nome di Layla mi ronzava in testa, deriva dalla parola araba “laylah” che vuol dire “notte” o “scura come la notte”, perfetto per il mio contesto (mi sono ricordata dopo che un’amica ha in effetti una cagnetta Laila, italianizzato con la “i”). Ho scoperto poi che i fantasmi leggono libri, eh già, e mica romanzi da niente, i russi addirittura! Complice il tomo di Anna Karenina che mi attende sul comodino. Qualche difficoltà l’ho avuta col capire chi era il cattivo, ma mi ha aiutato Stephen King, non per niente il re dell’horror, con questa frase “Dentro ogni uomo ne vive un altro” dal suo racconto 1922 in lettura, frase che ritrovate come cameo nel mio testo.
E infine c’è anche la mia zia preferita, Diana Gabaldon, che su Twitter a chi le ha chiesto, a proposito del suo Outlander, come sapeva il fantasma di Jamie di ritrovare duecento anni dopo la sua amata Claire esattamente in quel luogo, ha risposto: “He knows because he loves her. Ghosts don’t need GPS.” Lo sapeva perché la amava. I fantasmi non hanno bisogno del GPS.
😉

Volete sapere come continua? Trovate l’indice di tutta la serie qui: La storia di Liam e Caitlyn

 

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Comments (21)

IlVecchio

Ott 31, 2020 at 2:59 PM Reply

Pure se sono troppo vecchio per il genere, mi è piaciuto il rovesciamento da buono a cattivo, da cattivo a buono.
Sarebbe ora di farne un romanzo. : -)

Barbara Businaro

Ott 31, 2020 at 3:49 PM Reply

Ci sto pensando, ci sto pensando… 😉

Maria Grazia

Ott 31, 2020 at 3:00 PM Reply

Molto bello!

Barbara Businaro

Ott 31, 2020 at 3:50 PM Reply

Oh ma grazie!! 😀

Barbara Businaro

Ott 31, 2020 at 4:04 PM Reply

Comunque il primo a spaventarmi oggi è proprio il mio coach col suo tweet… avesse mai letto il mio racconto?! 😀
Dovete sapere che l’ho scritto all’interno del 2020 Cycling Challenge, creato da My Peak Challenge per Marie Curie: 20 minuti al giorno di pedalata per 20 giorni (perché il numero 20? Perché 20 sterline sono il costo di un’ora di assistenza infermieristica specialistica), che io ho trasformato in “Writing Edition”, ovvero almeno 20 minuti al giorno di sola scrittura creativa. Per cui ogni sera, ho pubblicato sul gruppo My Peak Challenge lo “stato avanzamento lavori” e ieri sera ho chiuso questo racconto con 810 minuti e 7.329 parole totali. 😉

Giulia Mancini

Ott 31, 2020 at 8:46 PM Reply

Sono passati cinque anni? Caspita non me ne ero accorta, sono volati!

Barbara Businaro

Nov 01, 2020 at 11:14 PM Reply

A chi lo dici!!! 😮

Daniela Bino

Ott 31, 2020 at 11:35 PM Reply

Commovente e ben scritto! La descrizione dell’amore incondizionato che questa cagnolina ha dimostrato, il dolore del suo padrone,… sono emozionata. Quello che hai raccontato e le parole che hai utilizzato mi hanno colmato il cuore di una tenerezza sconvolgente. Sembra che anche tu capisca perfettamente ciò che di prova quando un essere scodinzolante ti gira attorno alle caviglie per annusarti e capirti. Liam e Caitlin hanno ricongiunto due anime come è giusto che sia. Stupendo!

Barbara Businaro

Nov 01, 2020 at 11:17 PM Reply

Cosa vuoi… c’è un po’ di Arthur qui, anche un pizzico di Sonny, qualcosina di Marte, l’agitazione è tutta di Pedro, la voglia di giocare è di Diablo, la zampa è di Baldo, le corse sono quelle di Kiss. Non ho mai avuto un cane, ma ne ho conosciuti molti. 😉

Daniela Bino

Nov 02, 2020 at 10:10 AM Reply

Ci vuole una grande sensibilità per tradurre ogni piccolo segnale che i nostri amici pelosi lanciano verso noi umani. King Arthur ha portato gioia nella nostra famiglia completandola. Ci osserva e ci preserva, ci accudisce quando siamo in giro per il mondo e saprebbe sempre come tornare a casa da noi. Non capirebbe un castigo o un gesto cattivo nei suoi confronti perché lui a noi non farebbe mai nulla di male. Tu sei stata doppiamente brava perché hai saputo cogliere tutto questo senza aver mai posseduto veramente un cane ma hai sempre amato quelli delle persone che conosci. Questo ti fa onore, Barbara.

Barbara Businaro

Nov 03, 2020 at 11:36 PM Reply

Ho comunque avuto una gatta fantastica, Simba, che mi ha insegnato parecchio sulla convivenza con un animale domestico e come comunicare a gesti, invece che con le parole. 😉

Elena

Nov 01, 2020 at 8:04 AM Reply

Anche se detesto Halloween, il racconto è molto bello e la scrittura ha fatto un balzo in avanti. Concordo, fanne un romanzo. Alla fine mettendo insieme tutto ci sei quasi

Barbara Businaro

Nov 01, 2020 at 11:19 PM Reply

Hai detto bene: la scrittura ha fatto un balzo in avanti. Non di qualità o stile, direi di sicurezza. Se vado a leggere il primo racconto adesso, mi strappo i capelli!! 😀 😀 😀
Quindi potrei arrivare al nono racconto, e poi mi butto nella revisione totale. Mi basterà un anno sabbatico?! 😉

Grazia Gironella

Nov 02, 2020 at 9:01 PM Reply

Brava Barbara! Ho messo insieme tutti i racconti in un file pdf, che trasferirò sul reader. Alla fine ho aspettato abbastanza da far diventare i racconti quasi un romanzo, come piace a me. 😉

Barbara Businaro

Nov 03, 2020 at 11:38 PM Reply

Ecco, se l’autore non si sbriga a scrivere un romanzo, ci pensano i lettori a far da sé! 😀 😀 😀
Credo ti accorgerai del salto quantico dal primo racconto all’ultimo allora. Per farne un romanzo occorre “armonizzare” lo stile.

Darius Tred

Nov 04, 2020 at 9:41 PM Reply

Spin-off ?
Qualcuno ha detto spin-off ??

No?
Boh, mi era sembrato…
Dev’essere stato un pensiero veloce. Veloce… e forse dissolto.
😉

Barbara Businaro

Nov 05, 2020 at 11:03 PM Reply

Spin-off? Non credo che nessuno voglia rischiare con i fantasmi… 😀 😀 😀

Sandra

Nov 07, 2020 at 11:13 PM Reply

Sgrunf, dopo una settimana non l’ho ancora letto, faccio troppa fatica sullo schermo. Scusami.
Però inizio coi complimenti per la costanza.
A quante battute totali sei con queste 5 puntate?

Barbara Businaro

Nov 08, 2020 at 12:41 AM Reply

Sai che puoi sempre stampare il pdf della pagina e inviarlo al Kindle? 😉
Ho fatto giusto oggi il conto delle battute totali dei 5 racconti: 199.856 caratteri, spazi inclusi.
E no, non ci avrei mai scommesso un centesimo!! 😀

sandra

Nov 08, 2020 at 12:19 PM Reply

Vero grazie, mi dimentico sempre di questa funzione del Kindle.
Ma ti prego, trova una conclusione di 30 mila battute e mandalo a qualche editore. Anzi no, scrivi una sinossi e mandala a Plesio, prima che chiuda di nuovo la ricezione dei manoscritti, se poi vorrà l’intero testo lo concludi. Davvero, è un’opportunità rara.

Barbara Businaro

Nov 09, 2020 at 9:28 PM Reply

Ci ho pensato su, ma sono arrivata alla conclusione che in quel modo mi farei prendere dalla fretta di pubblicare, rovinando una bella storia.
Perché non è possibile ora una conclusione da 30 mila battute, ci sono diversi conflitti aperti che non possono essere chiusi con un taglio così netto, frettoloso, giusto per inviare il tutto ad un editore. Di certo ci sono altri 3 racconti prima del finale, che sarebbe un altro racconto, quindi altri 4 racconti sicuri. Vorrei poterli scrivere tutti di fiato, ma il tempo libero è quel che è, poco, pochissimo. Se questa storia ha un futuro come pubblicazione, lo avrà anche senza cedere alla fretta. 🙂

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