Chi ha spostato il mio formaggio? di Spencer Johnson

Chi ha spostato il mio formaggio?
di Spencer Johnson

I migliori piani di uomini e topi
spesso non centrano l’obiettivo.
Robert Burns

 

Su suggerimento della mia insegnante madrelingua, stavo cercando qualcosa da leggere in lingua inglese, qualcosa di scritto seriamente, non i soliti articoli in rete con taglio giornalistico acchiappa-click, soprattutto niente di noioso come la documentazione informatica. 😉
Mi sarebbe piaciuto provare con la narrativa contemporanea (ho già acquistato Romeo e Giulietta di Shakespeare con il testo originale a fronte, ma è stato scritto nel 1597, tutta un altro linguaggio!), ma ho già provato con qualche pagina della saga Outlander di Diana Gabaldon e mi perdo troppe sfumature delle parole per strada. Difficile conciliare lo studio della lingua e il piacere della lettura.
Impossibile poi farsi piacere certi tomi di saggistica in lingua inglese che girano per casa, da Partial equations for scientists and engineers di Stanley J.Farlow, pieno zeppo di brutte formule e studi di funzione, bleah e ancora bleah, a The mythical man-month. Essays on Software Engineering di Frederick P. Brooks, con qualche bella foto e citazioni interessanti, ma parla di software (e non è nemmeno mio!)

Fatto sta che una sera un libricino minuscolo abbandonato sul tavolino attira la mia attenzione. Copertina bianca con titolone rosso a tutta pagina e l’iconcina di un pezzetto di groviera, questo libricino pone una domanda strana e curiosa: Who Moved My Cheese? An Amazing Way to Deal with Change in Your Work and in Your Life (trad. Chi ha spostato il mio formaggio? Un modo sorprendente di affrontare i cambiamenti nel lavoro e nella vita).
Chi ha spostato il formaggio? Ma quale formaggio?! Che sia uno di quei manuali di coaching spiccio che fanno più danni del colesterolo? Inarco il sopracciglio. Quello che non vuole saperne niente di management sta riempiendo la casa di libri sul… management. 😀
Che poi finisco per leggere io, gratis.

Apro il libricino, leggiucchio in inglese qua e là, torno alla prefazione e cosa ti trovo? Una citazione di Robert Burns! Fermi tutti!
Robert Burns è uno dei poeti scozzesi più conosciuti, soprattutto perché scrisse poesie anche in lingua Scots, il dialetto delle Lowlands (in contrapposizione con il Gaelico delle Highlands). Talmente popolare in Scozia, da essere riconosciuto come “National Bard” (tr. il bardo nazionale) ed essere celebrato ogni anno il 25 gennaio in tutta la regione, durante la “Burns Night”, la notte dedicata a Robert Burns e alle sue meravigliose poesie. Le mie preferite sono Ae Fond Kiss (tr. Un bacio affettuoso) e A Red, Red Rose (tr. Una rosa rossa rossa), solo perché lette dalla voce di Sam Heughan, attore della serie televisiva Outlander e fondatore di My Peak Challenge, fanno ahem tutto un altro effetto. Cliccate sui link per ascoltarle. 😉

Robert Burns non può essere un caso (del resto, non è mai un caso che un libro si faccia trovare da me, sono sassolini da dio), così inizio a studiarmelo meglio questo libricino, partendo dal suo autore.
Spencer Johnson era un medico chirurgo e psicologo americano, autore di una serie di libri per bambini, ValueTales, ideatore e coautore del New York Times bestseller One Minute Manager, diventato il metodo di management più famoso in assoluto, con 15 milioni di copie vendute in 47 diverse lingue. Nonostante sia un saggio del 1982, non ho ancora letto L’One Minute Manager e nemmeno gli altri cinque libri successivi della stessa serie. Ne ho sentito parlare da chi si occupa di gestione di progetti a diversi livelli e complessità, ma non mi è mai capitato tra le mani. Aspetterò il giorno in cui comparirà da solo dentro casa e potrò leggerlo gratuitamente, afferrandolo dal comodino altrui. 😉

Però Spencer Johnson non era un manager, un uomo d’affari. Con una laurea in Psicologia alla University of Southern California e un’altra in Medicina presso il Royal College of Surgeons in Ireland, cercava solamente un modo per aiutare le persone a vivere meglio, con maggiore successo (parola qui usata in senso generico, qualsiasi cosa significhi per voi “successo” in relazione ai vostri desideri) e minore stress.
Di lui è stato detto: “E’ il migliore nel prendere in esame problemi complessi e a fornire soluzioni semplici che funzionano.”
Proprio così è nata la storia di Who Moved My Cheese? (trad. Chi ha spostato il mio formaggio?): fu elaborata in un momento particolare della vita di Spencer Johnson, quando fu costretto ad affrontare un cambiamento faticoso. Capì che la situazione meritava un approccio serio, ma che non poteva minare la sua salute con un eccesso di serietà, ed elaborò questa parabola – quattro topolini dentro un labirinto alla ricerca del formaggio – per aiutare sé stesso. Non era destinata ad essere pubblicata!

Ken Blanchard, coautore con Johnson proprio dell’One Minute Manager, dopo averla ascoltata e messa in pratica a sua volta, convinto della praticità e dell’efficacia di questa favoletta, lo esortò a scriverla per bene in un libro. Nella sua prefazione a questo Who Moved My Cheese? (trad. Chi ha spostato il mio formaggio?) dato alle stampe nel lontano 1998, Blanchard spiega come nel corso degli anni, raccontandola a varie riunioni e conferenze in giro per il mondo, si sia poi sentito dire dalle persone che questa storiella ha salvato carriere, matrimoni e addirittura vite umane. E poi dicono che i libri non cambiano la vita! Tzè! 😉

Nel 2018 questo libricino aveva venduto quasi 30 milioni di copie in tutto il mondo (1 milione solo nei primi 16 mesi dalla pubblicazione), tradotto in ben 37 lingue. Rimane uno dei libri di business più venduti (ma è davvero di business? io non sono d’accordo). Amazon lo ha dichiarato il “bestseller n.1 da sempre”. Con queste premesse, non mi sono fidata del tutto di leggerlo in inglese (e se poi capisco male? non trovo il formaggio e resto con la fame?! 😀 ), alla fine l’ho acquistato in italiano: Chi ha spostato il mio formaggio? Cambiare se stessi in un mondo che cambia in azienda, a casa, nella vita di tutti i giorni (ecco, preferivo il sottotitolo originale inglese…)

Devo dire che ho preferito l’edizione originale inglese in brossura, a 6,99 sterline (su Amazon a 8,07 euro), edita da Vermillion – Penguin Random House, invece della versione italiana rilegata in cartonato con sovraccoperta, a 14,90 euro, edita da Sperling & Kupfer. La sovraccoperta in questo piccolo volume è una vera noia, intralcia la lettura di questo piccolo libricino, che si dovrebbe tenere sempre a portata per un necessario ripasso. Con 30 milioni di copie vendute nel mondo, non c’è bisogno di abbellire il messaggio per venderlo meglio.
La brossura è la soluzione migliore, pratica ed economica. La infili di nascosto in uno scomparto della borsa di lavoro e te la rileggi durante la pausa caffè, se quel mattino hai bisogno di ripensare al tuo formaggio.
Che poi la domanda fondamentale è un’altra. Qual è il vostro formaggio?! 😉

 

Chi ha spostato il mio formaggio?
Ma quale formaggio?

Questa storia breve è di una sincerità disarmante e di una saggezza inquietante. Scritta per tutte le età, comprensibile anche ai bambini, richiede meno di un’ora di lettura (lo confermo, io ho perso un po’ di tempo ad appiccicare i post-it sulle pagine importanti), ma le sue intuizioni uniche possono durare per tutta la vita.
Chi ha spostato il mio formaggio? è una parabola semplice che rivela verità profonde, un racconto divertente e illuminante su quattro personaggi che vivono in un labirinto e cercano il formaggio per nutrirsi e sentirsi felici. Il formaggio è una metafora per quello che desideriamo nella vita, qualsiasi cosa ci interessi davvero, un buon lavoro, una relazione amorosa, la sicurezza economica, la casa dei nostri sogni, la salute fisica o la pace spirituale. E il labirinto di conseguenza è il luogo dove cerchiamo quello che desideriamo, l’azienda dove lavoriamo, la famiglia, la comunità dove viviamo, la società contemporanea.

I quattro personaggi sono due topolini, Nasofino e Trottolino, e due gnomi, Tentenna e Ridolino. I topolini rappresentano la semplicità, la modesta intelligenza dei roditori unita a un istinto ben sviluppato. Gli gnomi raffigurano la parte complessa dell’animo umano, la sofisticata materia grigia, ricolma di concetti elaborati e soggetta a una vasta gamma di emozioni. I loro comportamenti all’interno del labirinto rappresentano i nostri comportamenti umani, differenti di fronte al cambiamento, a seconda delle situazioni:

  • Nasofino fiuta il cambiamento per tempo e si muove di conseguenza (nell’originale inglese Sniff, fiutare)
  • Trottolino scalpita per entrare in azione, in qualsiasi direzione (in inglese Scurry, sgomitare)
  • Tentenna nega il cambiamento e vi resiste per paura di peggiorare la sua condizione (in inglese Hem, tentennare)
  • Ridolino impara ad adattarsi alla situazione solo quando capisce che lo aiuterà a conquistare qualcosa di meglio (in inglese Haw, parlare esitando)

La storia comincia con la quotidiana ricerca del formaggio: nonostante la loro diversità, ogni mattina topi e gnomi indossavano la tuta e le scarpe da ginnastica, lasciavano le loro casette e si addentravano di corsa nel labirinto per cercare il loro formaggio preferito. Non uno qualsiasi, ognuno aveva i suoi gusti, sia ben chiaro. Nasofino usava il suo fiuto per trovare la pista giusta e Trottolino si precipitava a tutta velocità nella direzione indicata dal compagno, magari ripassando ogni mattina lo stesso tratto del labirinto, senza una vera organizzazione. Tentenna e Ridolino invece facevano più uso del ragionamento e della capacità di apprendere dall’esperienza, per sviluppare metodi di ricerca più raffinati e metodici. Alcune volte avevano successo, altre si perdevano in lunghe elucubrazioni senza risultato.

Un bel giorno però tutti si ritrovano col proprio tipo di formaggio preferito in uno dei corridoi del Deposito di Formaggio F. C’era ampia disponibilità di formaggio in quel deposito, così da qual giorno, tutte le mattine, topi e gnomi si vestivano col loro abbigliamento da corsa e si recavano diritti al Deposito di Formaggio F, senza indugio. Con il tempo però adottarono degli schemi differenti: Nasofino e Trottolino si alzavano sempre di buonora, arrivavano al deposito, si toglievano le scarpe e se le appendevano al collo, per averle comode in caso di necessità. Tentenna e Ridolino invece cambiarono le loro abitudini, svegliandosi più tardi e camminando senza fretta verso il deposito, certi di trovare il formaggio allo stesso posto. Si toglievano le scarpe e indossavano le pantofole. Per essere più comodi, trasferirono le loro dimore più vicine al deposito. Non sapevano da dove arrivava il formaggio, né quanto effettivamente ce ne fosse nel deposito, ma il formaggio era lì e non si preoccupavano del resto.

Una mattina Nasofino e Trottolino, giunti sempre al consueto orario, trovarono il Deposito di Formaggio F completamente vuoto. Non erano proprio sorpresi della cosa, perché avevano già notato che il rifornimento stava diventando ogni giorno più scarso. Presero le scarpe appese al colo, se le infilarono e tornarono a perlustrare il labirinto, alla ricerca del Nuovo Formaggio. Non c’era molto altro da fare per loro.
Molto più tardi quel giorno, giunsero anche Tentenna e Ridolino e quando trovarono il deposito senza nemmeno una briciola di formaggio, cominciarono a disperarsi. “Non c’è più Formaggio! Non c’è più Formaggio! Dove è finito il mio Formaggio?!” Certi di essere nel giusto e di aver acquisito dei diritti sul loro formaggio, continuarono a presentarsi ogni giorno al Deposito di Formaggio F sperando di trovare nuovamente il loro formaggio. Ma era inesorabilmente vuoto.

Con il tempo notarono che i topi non si erano più presentati al deposito. Che avessero già scoperto un nuovo deposito? O che si fossero persi nel labirinto? O cacciati in qualche guaio, dato che il labirinto non era del tutto privo di pericoli?
Proprio pensando ai due amici roditori, immaginandoli già immersi in una nuova distesa di Nuovo Formaggio, completamente sazi e felici, Ridolino sentì la voglia di abbandonare il vecchio deposito e tornare nel labirinto alla ricerca del formaggio. Certo, il labirinto era pericoloso, soprattutto nei corridoi inesplorati, ma non era più pericoloso rimanere lì e morire di fame?
Tentenna però non ne voleva sapere. Per lui era più sicuro restare nel vecchio deposito, già così comodo, vicino a casa, e attendere che arrivasse il formaggio, nonostante i giorni passassero e si sentisse sempre più debole e stanco, senza il suo formaggio preferito.

E poi che succede? Beh, vi dovete leggere il libro, mica ve lo posso raccontare tutto io! 😉
Dalla copertina posso solo dirvi che Ridolino affronterà il cambiamento, infilerà di nuovo le scarpe da corsa e si avventurerà da solo nel labirinto. Man mano che procederà lungo i corridoi ignoti, capirà qualcosa di più sulla sua esistenza e sul Formaggio, lasciando delle scritte sui muri che lo aiutassero nel futuro:

  • “Più importanza dai al Formaggio, più ne vuoi avere per te”;
  • “Che cosa faresti, se non avessi paura?”;
  • “Annusa spesso il Formaggio, così ti accorgi se diventa vecchio”;
  • “Seguire una direzione nuova aiuta a trovare il Nuovo Formaggio”;
  • “Se segui le tue vecchie convinzioni non arriverai mai al Nuovo Formaggio”.

La sua speranza è che l’amico Tentenna si decida a uscire dal vecchio deposito e le scritte possano aiutarlo a trovare la strada giusta per il Nuovo Formaggio.
Alla fine della sua avventura, Ridolino deciderà di scrivere un lungo riassunto di quanto imparato. E un’ultima, decisiva scritta sul muro. “Spostati con il Formaggio e goditelo!”

Who moved my cheese? Chi ha spostato il mio formaggio?

Siamo tutti topolini e gnomi
dentro un labirinto

Incredibile a dirsi, questa semplice favoletta è risultata divisiva dell’opinione pubblica, soggetta a parecchie critiche. Probabilmente perché è stata utilizzata quasi esclusivamente in ambito lavorativo e manageriale.
L’intento di Spencer Johnson, prima di tutto verso sé stesso, era di mostrare un modo per anticipare il cambiamento, adattarsi velocemente ad esso, gioire dell’opportunità positiva del cambiamento ed essere pronti a cambiare repentinamente, ancora e ancora. La vita è di fatto cambiamento, in ogni millesimo di secondo il nostro corpo muta, in tantissimi modi differenti. Qualche volta sorprendendoci con notizie bellissime, come una donna che scopre di essere in dolce attesa, altre purtroppo lasciandoci devastati e sofferenti, come quando ci troviamo a combattere un tumore e il percorso diventa davvero difficile, con un finale incerto. Ricordiamoci che Spencer Johnson era un medico innanzitutto.

Le posizione critiche giungono da due fronti. Il primo non si capacita dello straordinario successo di questo libro, dalla trama così banale e un messaggio talmente ovvio, di semplice buon senso, da offendere l’intelligenza del lettore. Come è possibile ricavarne qualsiasi beneficio?
Beh, questa storiella sarà anche scontata e ingenua, ma il suo insegnamento proprio no, considerato che sono attorniata da parecchi Tentenna, che si ostinano a rimanere nel deposito vuoto di formaggio con l’unico passatempo della lamentela per la mancanza di formaggio.
E vi dirò di più: quindici anni fa, probabilmente ero anch’io come lo gnomo Tentenna, magari mi avessero regalato questo libricino prima! Forse avrei fatto meno fatica a decidermi di uscire da quel deposito puzzolente! …e chissà se è un caso se ne sono uscita dopo aver comperato delle scarpe da ginnastica per tornare in palestra! 😀

Il secondo motivo di contestazione riguarda una differente lettura del messaggio di fondo della favoletta, dal momento che questo saggio venne distribuito ai dipendenti di alcune aziende poco prima di una riorganizzazione strutturale, nel tentativo di mostrare in modo ottimista o opportunistico quelli che erano in realtà cambiamenti sfavorevoli o ingiusti. Questa storiella di topi e gnomi che si adattano alla perdita del formaggio venne vista come un tentativo della gestione manageriale di far assimilare rapidamente e senza condizioni dei mutamenti nella gestione aziendale, anche se potevano rivelarsi professionalmente dannosi per il personale. Come dire: quando perdi il lavoro (finisce il formaggio), inutile polemizzare, restando fermi in attesa (nello stesso deposito vuoto), meglio infilarsi le scarpe e cercarsene un altro nell’ignoto mercato del lavoro (il labirinto).

Devo dire che lo stesso pensiero l’ho avuto leggendo proprio la prefazione di Ken Blanchard e il suo esempio, tratto dalla vita reale, in quanto all’utilità di questa storia: Charlie Jones, stimato cronista della NBC-TV, aveva fatto un ottimo lavoro per le gare di atletica delle Olimpiadi, ma il suo capo decise di rimuoverlo dall’incarico e assegnarlo invece le gare di nuoto e di tuffi. Non essendo esperto di quelle discipline, Charlie percepiva il cambiamento come una palese ingiustizia, lasciando che la rabbia gli rovinasse l’umore e il nuovo lavoro. Poi ebbe l’occasione di ascoltare la favola del labirinto e del formaggio, creando in lui un effetto straordinario, la visione di una nuova prospettiva. Il suo capo aveva solo “spostato il formaggio” e quindi Charlie decise di muoversi attivamente dentro il labirinto. Si impegnò nel nuovo impiego, scoprì che quella sfida lo faceva sentire più giovane e in breve, grazie ad ottimi risultati, il capo lo spostò ad un’altra mansione, ancora più prestigiosa del vecchio ruolo alle gare di atletica.

E se Charlie invece avesse avuto ragione di lamentarsi? Quello spostamento ad altro incarico, per il quale non era del tutto competente e preparato, non era forse un demansionamento ingiustificato?
La storia non dice di accettare passivamente il cambiamento: la prima reazione di Ridolino e Tentenna, alla sparizione del formaggio dal deposito, è di prendere a martellate i muri del deposito per controllare che il formaggio non sia semplicemente nascosto lì dietro, accertarsi che il deposito sia davvero vuoto come sembra. 😉

Mentre leggevo di queste critiche negative alla storia, mi è venuto in mente subito un altro esempio, preso direttamente dalle mie amicizie e simbolo di un cambiamento che non viene imposto dall’alto di una struttura gerarchica, quanto piuttosto dallo sviluppo tecnologico.
Torniamo indietro di quasi trent’anni, se non più. In quel periodo, le auto uscivano dal concessionario solo con la radio a bordo, con quelle dannate rotelline che spostavano le frequenze avanti e indietro lungo la scala FM. Solo i veicoli di lusso cominciavano a montare sul cruscotto un mangianastri di serie, per ascoltare la musica direttamente dalle proprio audiocassette. I veri cultori del suono portavano la propria auto in negozi specializzati, dove potevano scegliere tra una vastità di modelli di autoradio e casse acustiche di qualità professionale. Era il solo modo di avere qualcosa di più della semplice radio nei veicoli di fascia medio-bassa.

In pochi anni, complice la maggiore diffusione delle audiocassette al pubblico, l’abbassamento dei costi di produzione e la crescente richiesta da parte del consumatore, i produttori di automobili hanno cominciato ad installare di serie anche le autoradio con mangianastri sui veicoli. Gli acquirenti erano ben contenti di aggiungere questo optionals alla nuova auto, con poca spesa rispetto a quanto chiedevano i negozi specializzati, soprattutto nel dover lasciare il veicolo appena acquistato in mani differenti dal concessionario autorizzato.
I Nasofino del settore hanno subito annusato il cambiamento in arrivo e hanno spedito i Trottolino in avanscoperta, verso il mercato del tuning auto completo, non solo per quanto riguarda la musica all’interno del veicoli, oppure un allargamento dei negozi all’assistenza e alla ricambistica multimarca. I Ridolino si sono accorti in ritardo del mutamento del mercato e non sono tutti riusciti a correre ai ripari. I Tentenna si sono ritrovati a chiudere il negozio in fallimento, per mancanza di clienti e vendite.

In questo caso non c’è stata la sottomissione alle logiche aziendali, semplicemente il mercato era cambiato. Non era colpa di nessuno, né dei produttori di automobili che hanno risposto alla domanda, né dei consumatori che hanno espresso l’esigenza di semplificare il processo, né dello sviluppo tecnologico, inevitabile e continuo. Quanti di voi hanno ancora un lettore di videocassette VHS in casa?! 🙂

Se poi ci spostiamo nell’ambito della salute, il messaggio positivo di Chi ha spostato il mio formaggio? è decisamente più evidente. Che succede se un bel giorno ci troviamo in mezzo ad un incidente stradale e ne usciamo con le gambe paralizzate o addirittura amputate, costretti alla carrozzina per il resto della nostra vita? Rimarremo per sempre bloccati nel deposito vuoto a lamentarci della nostra sfortuna, del destino infame, oppure troveremo la forza per scoprire un altro modo sorridere?
Un esempio su tutti (ma non l’unico): l’energia della nostra campionessa paralimpica Bebe Vio e il suo sguardo luminoso sono lì a mostrarvi che si può affrontare anche quel cambiamento. Nessuno sta dicendo che è facile, occorrono comunque le scarpe da corsa per muoversi in un labirinto così insidioso, però è possibile. Il formaggio è stato spostato, non possiamo farci nulla, andiamo avanti.

Esiste anche il seguito di questa storiella: Chi ha spostato il mio formaggio? Il seguito. Liberati dagli schemi per raggiungere il successo nella vita e nel lavoro, pubblicato postumo alla morte di Spencer Johnson, scomparso nel 2017. Il titolo dell’originale è Out of the Maze. A Simple Way to Change Your Thinking & Unlock Success (trad. Fuori dal labirinto. Un modo semplice per cambiare il proprio modo di pensare e sbloccare il successo).
Lo comprerò? Nah, aspetto che compaia magicamente da solo sopra al comodino. 😀

 

Qual è il vostro Formaggio?

Come vi sentite rispetto al cambiamento, in generale? Siete più Nasofino e Trottolino, oppure Ridolino e Tentenna?
Che consistenza e che profumo ha il vostro Formaggio? Il vostro Deposito è ancora ben fornito? Le scarpe le avete appese al collo? 🙂

Ah, anche questa seconda citazione qui sotto, come la trovate all’inizio del libro, è di un altro scozzese, A.J. Cronin che sostituì lo stetoscopio di medico con la penna di scrittore. Dal suo romanzo Le chiavi del regno fu tratto il film Le chiavi del paradiso del 1944 con Gregory Peck. Secondo me, Spencer Johnson aveva un debole per la Scozia. 😉

La vita non è un cammino
semplice e lineare
lungo il quale possiamo procedere
liberamente e senza intoppi,
ma piuttosto un intricato labirinto,
attraverso il quale dobbiamo trovare
la nostra strada, spesso smarriti e confusi,
talvolta imprigionati in un vicolo cieco.
Ma sempre, se abbiamo fede,
si aprirà una porta:
forse non quella che ci saremmo aspettati,
ma certamente quella che alla fine
si rivelerà la migliore per noi.
A.J. Cronin

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Comments (22)

Daniela Bino

Giu 01, 2022 at 11:02 AM Reply

Non avevo mai sentito nominare questa “favola”, se vogliamo chiamarla così. Quante cose si possono imparare da poche righe che raccontano storielle ma non solo.
Sicuramente, lo regalerò ai miei uomini ma soprattutto a me. Il formaggio mi è stato spostato e talvolta sembrava sparito per sempre, come se qualcuno se lo fosse pappato al posto mio. E, come certi treni che passano e non tornano più, quel formaggio buono buono non era più stato rimpiazzato. Però se ne può sempre trovare un altro e, se non lì, magari da un’altra parte, chissà?! Potrebbe essere che ce ne sia uno ancor più buono.

Barbara Businaro

Giu 04, 2022 at 10:27 AM Reply

Prima regalalo a te stessa. Sia perché non si regalano mai libri senza averli letti, mi raccomando, sia perché per quanto ci sembra di aver imparato a spostarci in cerca di nuovo formaggio, non è così. Ce ne dimentichiamo. Rimaniamo in un deposito con del formaggio, ma nel frattempo i nostri gusti sono cambiati. E ci accontentiamo, invece di indossare le scarpe da corsa e uscire nel labirinto per qualcosa di meglio. 😉

Sandra

Giu 01, 2022 at 3:06 PM Reply

A parte che il titolo è stupendo, e Robert Burns, che conosco dai tempi delle superiori, è spesso citato dal nostro amico Alexander McCall Smith, questo libro è una vera scoperta.
Una sorta di allegoria che ci vuole mettere sulla strada giusta, formaggiamente parlando.
Il cambiamento imposto mediamente l’ho sempre subito, forse solo ora con la psicoterapia ho davvero cambiato, a proposito di cambiamento, il mio atteggiamento. Ora è tutto assai più facile, per quanto i tempi in cui mi sentivo vittima del sistema sono molto, molto, molto lontani. Sono contraddittoria: ex abitudinaria (decisamente Tentenna), ma anche assai determinata, in realtà alla fine ho sempre reagito. Al momento mi sento Ridolino e ho adorato le tracce che lascia sui muri, anche nell’ottica di un aiuto a Tentenna. I Tentenna hanno bisogno di una mano.

Barbara Businaro

Giu 04, 2022 at 10:46 AM Reply

I Tentenna hanno bisogno di una mano, certo, ma nessuno può forzare qualcun altro al cambiamento. Dev’essere qualcosa che parte da noi stessi.
In un punto della storia, Ridolino torna indietro con qualche scaglia di Nuovo Formaggio, poca cosa ancora, per convincere Tentenna a seguirlo nella ricerca, ma Tentenna si rifiuta: “Non credo che il Nuovo Formaggio mi piacerebbe. Non è quello a cui sono abituato, io rivoglio solo il mio Formaggio e non ho nessuna intenzione di cambiare finché non mi ridaranno quel che era mio.”
Più avanti, di nuovo Ridolino pensa all’amico rimasto nel vecchio deposito: “Ridolino ebbe la tentazione di ritornare al Deposito di Formaggio F per vedere se Tentenna fosse ancora là, anche se non era sicuro di poter ritrovare la strada. Una volta incontrato Tentenna, credeva di essere in grado di indicargli la via per uscire dalla situazione disperata in cui si era cacciato. Ma poi si ricordò che aveva già tentato inutilmente di indurre l’amico a cambiare. Tentenna doveva trovare la via da solo, rinunciando alle vecchie abitudini e vincendo le sue paure. Nessun altro poteva farlo per lui, né sarebbe riuscito a convincerlo con le parole. Per farcela, Tentenna doveva intravedere in qualche modo il vantaggio di cambiare intimamente.”
Ed è così, lo vedo ogni giorno tra gli amici ma anche tra i peakers. La persona deve essere pronta al cambiamento, lo deve volere. Molti a parole dicono di voler cambiare, ma sono solo parole vuote. Il cambiamento comporta fatica (bisogna indossare le scarpe da corsa) e soprattutto coraggio (affrontare le paure del Labirinto). Preferiscono invece rimanere nel vecchio deposito e lamentarsi che il formaggio è sparito…

Grazia Gironella

Giu 01, 2022 at 9:50 PM Reply

Questa “semplice favoletta” mi dà materiale su cui riflettere, a partire dalla domanda di base: qual è il mio formaggio? Ci devo pensare, perché ho due o tre candidati, ma pare che conoscere il loro ordine gerarchico sia di una certa importanza. Quanto al mio modo di affrontare il cambiamento, mi riconosco un po’ in tutti i personaggi, con l’eccezione di Trottolino: no, non scalpito proprio per entrare in azione. Sono Toro, ehi! Mi piacciono i cambiamenti, li cerco attivamente, ma è un processo che parte da me. Quando i cambiamenti mi cadono in testa reagisco peggio, lentamente e malvolentieri. Interessante, però, questo libro… 🙂

Barbara Businaro

Giu 04, 2022 at 11:10 AM Reply

Eh già, la prima domanda non è tanto Chi ha spostato il mio formaggio? Piuttosto: Qual è il mio formaggio? 😉
Uno degli effetti della pandemia è che molte persone hanno capito che stavano considerando il formaggio sbagliato. Erano concentrati sul lavoro, dando per scontata la famiglia, l’amicizia, la socialità. Pensavano ad accumulare denaro, ma nel momento del vero bisogno non gli è servito un granché quel deposito.
Il cambiamento forzato a cui sono stati costretti li ha portati a rivalutare i propri gusti e la qualità del formaggio.
L’autore spiega anche che non siamo definitivamente uno o l’altro dei personaggi, possiamo essere tutti e quattro in momenti e situazioni differenti. Io sono Tentenna quando si tratta di spendere soldi (eredità del nonno), sono Nasofino quando avverto i guai a chilometri e chilometri di distanza, sono Ridolino la maggior parte del tempo, riesco a ridere delle mie sfortune, e sono decisamente Trottolino quando è ora di andare in ferie!! 😀

Elena

Giu 02, 2022 at 7:39 AM Reply

Ho letto l’articolo tutto d’un fiato perché, incredibilmente, nel laboratorio teatrale cui sto partecipando stiamo lavorando su una storia parallela. Non svelo il titolo ufficiale, ma i sottotitoli potrebbero essere ‘Sette personaggi in cerca d’uscita’ o ‘Chi ha chiuso il bar?’
Ecco, grazie per le riflessioni che potrebbero aiutare il mio personaggio.

Barbara Businaro

Giu 04, 2022 at 11:17 AM Reply

Benvenuta nel blog Elena. Ma che bello questo incrociarsi del destino! Contenta di avere scritto questo articolo allora giusto in questa settimana, quando può esserti d’aiuto (lo stavo rimandando da un po’). Si potrà vedere qualcosa di questo laboratorio teatrale? Lo mostrerete al pubblico, con uno spettacolo? In questo caso, so che la frase augurante è (anche se suona male, ma ha le sue origini storiche, giuro): “Tanta merda!” 😉

Marco Amato

Giu 02, 2022 at 9:28 AM Reply

E’ un libro che dovrei leggere. Anche perché con l’età sono sempre più scettico sulle formule magiche, sugli approcci alla vita da manuale, sugli aforismi che recitano frasi motivazionali che poi si incastrano poco con la vita reale.
E’ difficile essere soltanto una cosa. Essere soltanto l’interpretazione di un personaggio. Nella mia lunga vita da ragazzino a oggi, sono stato tante cose. Sono stato colui che credeva nel formaggio immaginario. Sono stato colui che ha avuto paura dei cambiamenti. Colui che ha tentennato. Colui che arrivato alla punta estrema dell’esasperazione il cambiamento se lo è cercato.
Ecco, non so se sono l’unico ad aver assaporato scenari diversi, ma per la vita degli altri che mi è data conoscere, anche tante altre persone hanno compiuto percorsi incasinati, con momenti della vita aperti al cambiamento, e altri momenti no, chiusi, arroccati per quel che magari avevano ottenuto dopo tante fatiche.
E più si va avanti con gli anni, più diventa difficile rimettersi in gioco, accettare o cercare i cambiamenti.
Io, che in questo periodo di vita sto provando a cambiare tutto, sento il peso della vita reale. Dei giorni in cui sorretto da un entusiasmo smodato penso di potercela fare, d’essere quasi invincibile, a momenti in cui il peso del cambiamento mi travolge e stende per terra. Ed ogni volta a rialzarsi, con la fatica e le ferite che si accumulano e non hanno il tempo di guarire. Avessi avuto questa forza d’animo a vent’anni le cose oggi sarebbero diverse. Però raramente a venti anni si sa cosa sia realmente il formaggio, cosa sia il cambiamento e cosa è la vita reale che ci sta nel mezzo.

Barbara Businaro

Giu 04, 2022 at 12:15 PM Reply

Non ci sono formule magiche e nemmeno approcci da manuale, è una semplice storiella, una parabola dove ognuno può trovarci persino una lettura e un insegnamento differenti. Mi spiace che non ti aiutino le frasi motivazionali, per me sono una vera manna! Su Instagram seguo @monitorthebeat per mantenermi focalizzata sulla corsa, oltre a tutto il mondo My Peak Challenge…
Nessuno chiede di essere soltanto una cosa: i quattro personaggi semplificano i nostri comportamenti, ma noi li adottiamo via via, non siamo “solo” Trottolino o “solo” Tentenna. Siamo tutti e quattro insieme, in vari momenti, di fronte a diversi cambiamenti.
Mi spiace che tu senta il peso degli anni come un macigno, invece di usare l’esperienza come un paio d’ali. Posso capire le tue difficoltà, non sei l’unico a credere che l’età sia un ostacolo (sai quante volte mi sento dire, rispetto al mio consiglio di tornare in palestra e rimettersi in forma, che “oramai a questa età non cambio più”? devo essere arrivata al fantastiliardo…). Posso dirti che sono più in forma adesso di quando avevo vent’anni, posso dirti che mi fa meno paura adesso il cambiamento di quando uscivo dalle superiori e ho molta più forza d’animo ora, che ho persino tagliato legami famigliari importanti, di quando vivevo accudita e protetta, in teoria, dai miei genitori. E non sono l’unica, non sono un’eccezione, nel mondo My Peak Challenge (come in altre community eh), è pieno di gente che ha sfidato il cambiamento. Conosco persone che hanno rivoluzionato la propria vita a 60-65 anni, dimagrendo 45-70 kg tra allenamenti e dieta, invertendo persino gli effetti di un diabete di tipo 2, senza ricorrere a chirurgia bariatrica. Il primo cambiamento però è stato di “mindset”. Se la mente non ci supporta, non faremo mai nessun passo, nemmeno il più piccolo. Non è un processo facile, nessuno lo dice (e chi lo dice, mente).

Direttamente dal libricino: “Confesso che a tutta prima mi aveva dato un po’ fastidio la semplicità, direi quasi l’ovvietà, della storiella, che mi sembrava tutt’al più adatta a qualche volenteroso scolaretto. Ma poi ho capito che il vero oggetto del mio fastidio ero io stesso, e più precisamente la mia incapacità di vedere l’ovvio e reagire efficacemente ai cambiamenti. Quando mi sono reso conto che i quattro personaggi della storia rappresentavano altrettanti aspetti della mia personalità, è stato semplice decidere a chi volevo somigliare, e sono rapidamente cambiato. In seguito, ho fatto leggere la storia ad alcuni colleghi, i quali poi l’hanno passata ad altri, con il risultato che in breve la nostra attività ha preso ad andare molto meglio, perché la maggior parte di noi aveva capito come adattarsi al cambiamento in modo più positivo. E molti altri, come me, hanno ammesso di averne tratto giovamento anche nella vita privata.
C’è stato però anche qualcuno che ha sostenuto di non averci ricavato niente. Io credo che o avevano imparato la lezione in precedenza e la stavano già mettendo in pratica, oppure, come spesso capita, erano convinti di sapere già tutto e perciò psicologicamente chiusi a nuovi apprendimenti. Quindi non riuscivano a spiegarsi per quali ragioni tanti altri riuscivano a trarre beneficio da una storiella apparentemente banale.”

Marco Amato

Giu 08, 2022 at 11:42 PM Reply

Grazie per avermi ricopiato un così ampio stralcio del libro.
Forse ti sono sembrato eccessivamente pessimista. E’ che a volte la stanchezza prende il sopravvento.
Ho intrapreso già due anni fa il mio cambiamento. Prima non volevo. Poi ne sono stato costretto. E visto che dovevo subirlo il cambiamento, ho deciso di guidarlo fin dove io desidero che arrivi. Dicevo che non mi occorrono più le frasi motivazionali, perché quando il cambiamento diventa un tutt’uno con la tua vita, quando il tuo obiettivo diventa la meta finale del cambiamento, funziona per selezione naturale. Molti restano zoppi dentro il cambiamento. Altri non hanno la volontà o la forza necessaria per condurlo lì dove il nostro sogno ci attende. Io ho passato un momento difficile il natale scorso. Con la sola forza delle mie braccia dovevo spostare almeno 50 tonnellate di prodotti. Ma a darmi il sostegno fondamentale è stata una cosa strana.
Anni fa avevo immaginato una storia per una sceneggiatura, dove il protagonista si ritrova a dover compiere un’impresa ritenete da tutti impossibile. E la cosa strana è che un personaggio inventato da me, un essere immaginario, in quei momenti difficili è diventato il mio modello d’ispirazione. La sua forza, la sua determinazione, la sua voglia di non mollare a poco a poco sono diventati la mia forza, la mia determinazione.
E soprattutto in questi anni di cambiamento, ho imparato che non è tanto importante cambiare. Sopra una montagna ci si può arrivare con un elicottero. Si atterrà in cima e ci si gode il panorama. Ma una vittoria del genere non avrebbe un grande valore. Il valore di salire in cima alla montagna non è soltanto godersi il panorama, ma la fatica di scarpinare per ore e giorni, fra le ripide pareti. Il valore è lo sbucciarsi le mani. Scivolare e restare penzoloni attaccato alla corda. Solo la fatica, il tormento, i rimpianti, la voglia di mollare e la tenacia del non farlo, possono rendere unico il tuo sforzo.
Così un giorno, travolto dalla cieca voglia d’andare avanti nel progetto in corso, mi sono reso conto che mi stavo stressando più del dovuto, più del necessario. Non è importante soltanto arrivare, ma la cosa più importante è godersi il viaggio. Ogni alba e ogni tramonto. Ogni sconforto e ogni euforia, sono la parte di te che vibra fra sogno e cambiamento. Sei tu che respiri e che provi a dare il meglio di te stesso nell’immane caos dell’entropia.
La mia strada potrebbe portarmi a un fallimento. Il non raggiungere i miei obiettivi. A subire un cambiamento monco. Una vita mai realizzata. Ma anche il fallimento non sarà così doloroso se quel tentativo è stato il viaggio che sei riuscito a goderti.

Barbara Businaro

Giu 12, 2022 at 12:44 PM Reply

La stanchezza ci sta, in un certo qual modo fa parte del processo di cambiamento. Quelli che stanno fermi sul divano e sulle proprie posizioni, stai sicuro che stanchi non sono. 😉
Curioso però che sia stato un tuo personaggio immaginario a darti sostegno… in un certo senso, è così anche per me. La spiegazione che mi sono data è che colui/colei rappresenti il nostro alter ego, quello invincibile però, che non si scompone per niente e non si preoccupa di nulla (e risponde alla domanda di Ridolino: “Che cosa faresti, se non avessi paura?”) Siamo pazzi? Mah, se lo siamo, lo siamo in due ed è già qualcosa. Però penso che per poter scrivere ci voglia anche, qualche volta, una dose di pazzia. 😀

“Ma io non voglio andare tra i matti” osservò Alice.
“Beh, non hai altra scelta” disse lo Stregatto: “Qui siamo tutti matti. Io sono matto. Tu sei matta”.
“Come lo sai che sono matta?”, disse Alice.
“Per forza” disse lo Stregatto, “altrimenti non saresti venuta qui”.
Alice nel paese delle meraviglie, Lewis Carroll

Giulia Mancini

Giu 02, 2022 at 10:27 AM Reply

Conosco bene questo titolo, ne avevo sentito parlare più volte in occasione di vari incontri “formativi” fatti nella mia vita lavorativa, una volta dovevo prepararmi per una selezione e sono stata lì lì per comprarlo, poi ho dirottato su Lavorare con intelligenza emotiva di Goleman.
Il fatto che si legga in un’ora mi invoglia a comprarlo (ultimamente faccio fatica a leggere, sono indietro con tutto e sono molto stanca), mi sembra una storia bella e poi voglio scoprire il finale, mi hai incuriosito…
Riguardo al cambiamento ne ho affrontati (e subiti) talmente tanti nella mia vita che ora mi sento abbastanza temprata per poterne affrontare di nuovi, l’ultimo è stato quest’anno con il secondo incarico che mi hanno rifilato al lavoro e che mi sta costando lacrime e sangue, spero di sopravvivere. Nella vita invece tra cambiare città, divorzi, traslochi e malattie gravi ho fatto un bel callo anch’io. Il cambiamento più difficile è quello che deve partire da dentro (parlo per esperienza) se sono io a dover decidere è molto più dura, mi è capitato con il matrimonio, era molto più semplice andare avanti per inerzia anche se stavo male, ci è voluta una malattia grave a farmi capire che dovevo cambiare vita (si dice che il corpo in qualche modo si ribella e manda dei segnali). Sul lavoro i cambiamenti lì ho quasi sempre subiti se c’era da fare qualcosa la facevo rimboccandomi le maniche, l’unica volta che ho provato a cambiare io non è andata troppo bene, un posto che nessuno voleva prima quando mi sono fatta avanti io è diventato ambitissimo…
Se leggo il librino del formaggio ti faccio sapere…

Barbara Businaro

Giu 04, 2022 at 12:43 PM Reply

Beh, non credo che questo libricino ti avrebbe aiutato per quella selezione, non è un saggio scientifico al pari di quello di Goleman, che non ho letto ma scopro ora dalla scheda dell’editore. E’ una storiella semplice che induce alla riflessione. Si legge in un’ora e poi si torna indietro a rileggere i punti salienti (motivo per cui ci ho appiccicato i post-it, per fare prima 😉 )
I cambiamenti subiti, nonostante siano costretti dall’esterno, magari improvvisi e laceranti, ci costringono a reagire, non possiamo fare altro. Siamo in ballo e dobbiamo ballare. Ma dici bene: non sono mai altrettanto faticosi quanto i cambiamenti che devono partire consapevolmente da noi. E’ proprio lì che conosciamo il nostro Tentenna. Rimandiamo sempre al futuro, aspettiamo l’occasione giusta, non siamo convinti del cambiamento, piuttosto ci diciamo che la situazione presente migliorerà e non sarà necessario alcun cambiamento. Preferiamo l’inerzia e l’abitudine al cambiamento. Eh lo so, ci ho messo un bel po’ anch’io. Per quello dico: avessi letto prima questo libricino. Ma poi, siamo sicuri che se l’avessi letto allora sarei stata più veloce a maturare il mio cambiamento? Forse sì, forse no…
Se lo leggi, torna poi qui a dire la tua. 😉

Stefano Franzato

Giu 02, 2022 at 12:03 PM Reply

Le citazioni di Burns e di Archibald Joseph Cronin (1896-1981, “La Cittadella” sceneggiato del 1964 con Alberto Lupo cfr: https://www.raiplay.it/programmi/lacittadella-losceneggiato, “E le stelle stanno a guardare”; anche da questo la Rai trasse nel 1971 uno sceneggiato con Loretta e Daniela Goggi; altri titoli noti di questo prolifico autore che nei 4 volumi della Storia della Letteratura Inglese che studiai a Ca’ Foscari non trovai riportato: lo chiesi ad un mio docente che spiegò l’assenza della sua inclusione definendolo “un artigiano della penna”) mi han fatto pensare ad alcuni pensieri di Blaise Pascal “L’uomo non è che una canna, la più debole della natura; ma è una canna pensante.” “Tutta l’infelicità degli uomini proviene da una cosa sola: dal non saper restare tranquilli in una camera.”
Sostanzialmente, da quello che dici, la favoletta suggerisce di stare al passo con i cambiamenti della vita e non irrigidirti nel non volerlo fare. Dobbiamo farlo anche se non vogliamo: basta pensare ai cambiamenti del nostro corpo cresciamo e cambiamo.

Barbara Businaro

Giu 04, 2022 at 1:04 PM Reply

“Tutta l’infelicità degli uomini proviene da una cosa sola: non saper restare tranquilli in una camera.”
E questo vale doppio per una peaker come me! Riesco a stare ferma solo con un (buon) libro in mano, viaggiando con la mente se non con il corpo…
Sarà stato anche “un artigiano della penna” (utilizzato in maniera dispregiativa?) ma il romanzo La cittadella di Cronin è stato bestseller pluripremiato. Mostrando la negligenza nella medicina britannica, ha contribuito a promuovere la creazione del loro servizio sanitario nazionale. Di lui leggo che era uno scrittore veloce, una volta deciso di abbandonare la medicina per la scrittura. Amava scrivere in media 5.000 parole al giorno, ma pianificava meticolosamente in anticipo tutti i dettagli delle sue trame. Mica tanto artigiano. 😉

Renato Mite

Giu 02, 2022 at 7:02 PM Reply

Barbara, concordo con te.
Io ho letto questo libro in italiano un po’ di tempo fa e, secondo me, riesce a cambiarti qualcosa dentro, fosse anche a livello inconscio.
Dico questo perché prima tentennavo, ora mi sembra di avere le scarpe al collo e muovermi più agilmente fra i cambienti, anche se non è facile.
Per quanto riguarda il mio deposito, credo di non averlo ancora trovato ma di esserci vicino. Quando lo trovo, dovrò stare attento al diminuire delle scorte, quindi rileggerò il libro come suggerisci.

Barbara Businaro

Giu 04, 2022 at 1:06 PM Reply

Non so se mi abbia cambiato qualcosa o se, nel mio caso s’intende, abbia confermato quello che ahimè ho dovuto imparare da sola. Però sì, è un libricino da tenere sempre pronto alla rilettura. Bene han fatto a inserirci le grafiche con il formaggio, in velocità possono bastare anche quelle per un ripasso. 🙂

Luz

Giu 05, 2022 at 6:49 PM Reply

Che dire, un librino molto utile e anche necessario. Io questa resilienza sento di possederla, me la sono riconosciuta proprio nel cambiamento. Ne ho vissuto di ogni tipo. Anzitutto il cambiamento di vita trasferendomi in altra regione, cosa che ho desiderato fin da piccola. Ci sono stati moltissimi momenti di sconforto, perché ricominciare da zero è quasi un’impresa eroica, ma proprio in quel cambiamento c’era tutta la risorsa cui attingere.
Il cambiamento della famiglia e dei suoi assetti dopo la morte di mio padre. Il dolore che chiudi in un forziere dentro di te perché non prenda il sopravvento e la volontà di fare da sostegno agli altri, abbattuti, compresa una sorella che diceva “non metterò più piede nella nostra casa di famiglia senza di lui, soffro troppo”. Invece in quel cambiamento trovammo nuove forze, nuovi scenari, con mamma che diventa il fulcro del valore affettivo familiare.
Il cambiamento dovuto alla pandemia, anzi la rivoluzione, in tutti i sensi. Cambia il lavoro, cambia il teatro, si incrinano alcuni rapporti, non più nutriti dalla frequentazione. Cambiano i blog. Ecco, questo è un cambiamento vero, un mutamento di rotta col quale devi avere a che fare, volente o nolente. Le strade sono due, lasciarti abbattere o fare quello che c’è scritto in questo prezioso librino, reagire, inventare, cambiare in armonia col cambiamento, ma non lasciare morire niente. Fra pochi giorni, dopo 3 anni, torno in scena con lo spettacolo del laboratorio ragazzi. Ho dovuto reimparare tutto, io e chi collabora vicino a me, dal come si fa in poi. E la tensione è tanta. Non stiamo avvertendo lo stesso entusiasmo attorno a questa esperienza perché è un ricominciare da capo. L’energia e la passione sapranno renderla una buona esperienza. Il rischio è lasciarsi abbattere fino a vedere una crepa che sarebbe pericolosissima.

Barbara Businaro

Giu 06, 2022 at 12:04 AM Reply

Cambiamenti desiderati, cambiamenti subìti, cambiamenti repentini, cambiamenti in lentissimo divenire. Ce n’è davvero per ogni tipo, hai ragione. Eppure non è da tutti accettare il cambiamento e spostarsi con esso. A volte il tempo aiuta, altre invece è una continua procrastinazione.
Capisco molto bene quell’entusiasmo smorzato che accompagna il vostro ritorno in scena. Non è esattamente “tornare a prima”, ma un andare avanti, con ahimè nuove consapevolezze acquisite. E’ lo stesso timore che ci ha accompagnato in Scozia per il My Peak Challenge Gala, di nuovo in presenza dopo due anni di rinvii. Sapevamo che non era “tutto come prima”: ci portavamo dietro le mascherine, l’abitudine di restare distanti almeno un metro, boccettine di gel disinfettante e l’ultima consuetudine di chiedere se il nostro abbraccio può dare fastidio (nonostante il vaccino, le mascherine, ecc. ma comprendendo che per alcuni la paura è ancora forte, soprattutto per i fragili). Alcune peaker hanno rinunciato al viaggio, proprio perché “non sarebbe stato lo stesso”, non come le altre volte, come prima della pandemia. Questo ha rischiato di influenzare anche il nostro spirito, noi che abbiamo deciso di rischiare di vedere rovinate le nostre aspettative. Come hai detto tu, l’energia e la passione l’hanno resa comunque una buona esperienza. Andrà bene anche per voi, ne sono assolutamente certa! 🙂

Giulia Mancini

Giu 05, 2022 at 9:54 PM Reply

Eccomi qui, ho comprato l’ebook e l’ho letto, credo sia davvero un bel librino, molto stimolante.
Sai qual è la frase più interessante: cosa faresti se non avessi paura? È proprio così siamo bloccati dalla paura, io lo sono, vorrei cambiare alcune cose della mia vita ma faccio fatica a decidere, ho paura di pentirmi della scelta fatta, ma poi ho paura che se non scelgo mi pento di non aver scelto.
Infine mi chiedo ma è davvero quello il mio formaggio?

Barbara Businaro

Giu 06, 2022 at 12:19 AM Reply

L’hai già comprato e letto, ottimo! 🙂
“Cosa faresti se non avessi paura?” Quella lì è una frase che colpisce dritto dritto. E’ quella che mi è rimasta più impressa, perché sì, sono sempre le paure a bloccarci. Come recita quel proverbio, “sai quel che lasci, non sai quel che trovi”. Da adolescente, in famiglia hanno usato questa frase fin troppo spesso, come una minaccia. Volevano insegnarmi il buon senso oppure nascondevano le loro paure in merito al mio futuro? La seconda, ora lo so.
Così adesso cerco proprio di non farmi limitare dalle mie paure (come prendere l’aereo per andare in Scozia: la Scozia sta là, ci vuoi andare si o no? Si, e allora pigliati sto aereo! 😀 ). A volte faccio la tabellina con i pro e i contro di una decisione, questo mi obbliga a ragionarci a mente lucida (e magari ridere delle stupidaggini che scrivo sulla colonna dei contro). Altre cerco di capire quali sono i rischi e le probabilità, o se c’è una via di mezzo per limitare gli eventuali danni, se non dovesse andare come spero. Però mi do un tempo massimo, poi decido. Perché l’indecisione è molto più pericolosa di una decisione sbagliata. Come in strada: quanto pericolose sono le auto guidate da persone insicure?
Poi certo: è quello il mio formaggio? o qualcun altro mi fa credere che quel formaggio mi piace, mentre in realtà io vorrei mangiare altro?
Basta che dubitare del proprio formaggio non sia invece un modo per eludere la decisione… 😉

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